Una nuova vita in Sudafrica

Stanchi di vivere tra quattro mura. Di lavorare 15 ore al giorno, sette giorni su sette. Paolo Croce e sua moglie Barbara hanno finalmente detto addio alla loro vecchia vita e dal primo luglio dello scorso anno sono i nuovi gestori della Guest House Kaia Tani”, in Sudafrica.

Dopo aver messo in vendita la loro casa, la gelateria che avevano in provincia di Milano e tutto quello che era possibile vendere, comprese le biciclette, comprano un biglietto di sola andata per Phalaborwa, piccola cittadina della provincia del Limpopo dove a farla da padrone è la natura con i suoi straordinari paesaggi e i suoi tanti animali, al punto che non è difficile incontrare nei dintorni elefanti che camminano indisturbati.

Un posto unico di cui Paolo e Barbara si innamorano immediatamente fin dalla loro prima vacanza nell’autunno del 2013.

Anche il loro è un amore nato per caso, merito dei loro rispettivi padri, compagni di naja. Durante una rimpatriata tra commilitoni, Barbara conosce i genitori di Paolo che invitano lei e suo padre a trascorrere il Natale a Milano. È

il 1997 e per Paolo è subito colpo di fulmine. Un po’ meno per Barbara che dopo avergli rifilato ben tre “no”, e dopo una lunga amicizia, cede alla corte di Paolo con tanto di convivenza a partire dal 2001. Si sposano nel gennaio del 2013. Insieme gestiscono in provincia di Milano una gelateria d’asporto, dedicando moltissimo del loro tempo a questa attività.

Fino a quando, ancora una volta per caso, leggono su un sito una recensione entusiastica che parla della Guest House “Kaia Tani” a Phalaborwa. Decidono così di concedersi una vacanza in Sudafrica e poi ancora un’altra e un’altra ancora. Fino a quando quella vacanza non si trasforma in scelta di vita.

vivere in sudafrica

Paolo, quando e perché tu e tua moglie Barbara avete preso la decisione di lasciare tutto e trasferirvi a vivere in Sudafrica?

«Tutto è nato nell’ottobre 2013 quando con una coppia di amici trascorriamo una serata in un ristorante di Milano.

Ci troviamo divinamente bene e, dal momento che ci piace premiare chi lavora con professionalità, decidiamo di scrivere una recensione positiva su un sito. È qui che per la prima volta vediamo il Kaia Tani. Risultato: nel novembre 2013 andiamo in vacanza in Sudafrica. Una bellissima esperienza al punto che dopo appena un mese, per Natale, faccio trovare a Barbara i biglietti aerei con partenza i primi di gennaio per ritornarci.

Barbara, mentre siamo in vacanza, un po’ per scherzo e un po’ seriamente, inizia a lanciare il sasso per un trasferimento. Torniamo in Sudafrica nel novembre 2014. Zone diverse questa volta, ma Kaia Tani come meta finale. P

ian piano valutiamo l’idea di aprire una gelateria in Sudafrica, ma un’attività del genere in questo Stato non ti permette di guadagnare abbastanza per vivere, a meno che non si decida di fare impresa in grandi città. Noi però eravamo, e siamo, innamorati di Phalaborwa: piccola cittadina che ha proprio tutto compresa la porta di ingresso al Kruger Park, uno dei più importanti parchi del Paese.

 

Pensiamo allora di abbinare alla gelateria una pizzeria d’asporto, ma l’idea non ci convince. Parlando poi con il precedente proprietario, che aveva intenzione di vendere, riflettiamo sull’acquisto del Kaia Tani. Così, rientrati in Italia, riunione immediata con il commercialista e il Family Banker. Ok, il passo si può fare».

Quali sono stati i passaggi successivi?

«Mettiamo in vendita la casa e dopo un solo mese è venduta. Ormai non si torna più indietro. Traslochiamo temporaneamente in un appartamentino. Proviamo a vendere l’attività, ma senza riuscirci. Non demordiamo.

E con un po’ di incoscienza, che non può mancare in queste decisioni, nel febbraio 2016 firmiamo comunque il contratto per l’acquisto del Kaia Tani. La gelateria è ancora lì invenduta. Prepariamo intanto gli innumerevoli documenti che il Sudafrica ci ha chiesto con l’aiuto di un avvocato a Johannesburg e organizziamo il container per il Sudafrica.

Siamo a marzo 2016. Tutti i documenti sono stati consegnati all’Home Affair del Sudafrica e al consolato del Sudafrica di Milano per la valutazione del caso. Per concludere: finalmente vendiamo la gelateria nell’aprile 2016.

Il Business Permit dal Sudafrica ci viene rilasciato la mattina del 3 giugno 2016. Prenotiamo immediatamente l’aereo per il 5 giugno e arriviamo al Kaia Tani il 6 giugno 2016. Inizia così la nostra nuova vita. Dal 1° luglio 2016 siamo ufficialmente i nuovi proprietari della Guest House».

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Non deve essere stata una scelta semplice. Come sono stati gli inizi a Phalaborwa?

«Non è stato assolutamente facile e con tante preoccupazioni quasi giornaliere, sia prima di lasciare l’Italia che quando siamo arrivati in Sudafrica. Le mentalità sono completamente diverse, professionalmente parlando.

La lingua non ha aiutato. In compenso sono arrivate tantissime soddisfazioni personali e da parte dei nostri ospiti. Sì è vero, c’è stata tanta incoscienza, ma se non si tenta non si ottiene nulla».

Cosa non andava nella vostra vita al punto tale da spingervi a una decisione del genere?

«Io e Barbara, prima di partire, avevamo una gelateria d’asporto in provincia di Milano. Abbiamo sfruttato al massimo l’attività lavorando 14-15 ore al giorno, sette giorni su sette. Fino a quando abbiamo tirato le somme e abbiamo visto che le nostre vite si svolgevano dentro 4 mura. Stanchi e vogliosi di dedicarci un po’ più di tempo, abbiamo preso in esame la vendita del locale».

Avete visitato molte città del Sudafrica. Perché la scelta è ricaduta proprio su Phalaborwa?

«Perché sembra fatta su misura per noi. Quando pensavamo all’Africa, le prime cose che ci venivano in mente erano natura e animali. Phalaborwa è l’unica cittadina con l’ingresso del Kruger e non devi fare almeno 30 minuti di strada prima di entrarci. Inoltre c’è tutto, anticalcare a parte (scherzano). Ci sono dei supermercati, certo non delle dimensioni di quelli italiani, c’è un aeroporto che la collega giornalmente con Johannesburg e una piccola clinica. Insomma, un ottimo mix tra wild & comfort».

Stanchi di vivere in 4 mura, di lavorare sette giorni su sette 14/15 al giorno. Come è cambiata la vostra vita dopo il trasferimento?

«Premettiamo che il trasferimento non è stato facile, tra innumerevoli incartamenti da presentare allo Stato sudafricano, un buono sforzo economico e soprattutto due mentalità commerciali completamente diverse.

Io (Paolo), sono nato in una famiglia di commercianti/artigiani sostenendo una vita lavorativa assolutamente stressante sia per le ore dedicate all’attività, sia per i ritmi. Arrivare in un Paese che giustamente ha ritmi più tranquilli mi ha spiazzato, mi sembrava di non concludere mai nulla.

La domanda giusta che bisogna porsi in questi casi è: chi è l’ospite in Sudafrica? La risposta è “Noi”. Siamo noi che ci dobbiamo quindi adattare a loro. Beh, delle ricadute in cui, anziché camminare, corriamo ci sono ancora, ma la nostra vita è cambiata. Siamo molto più rilassati.

Abbiamo imparato che, se non ci si fa prendere dal panico, tutto è risolvibile. Ci dedichiamo del tempo sia come coppia che come singoli individui. Un vantaggio che ci è rimasto dalla vita “precedente” è apprezzare le minime cose: mangiare all’aperto che per i sudafricani rappresenta la prassi, sentire gli uccellini cantare – e qui di “canti” ce ne sono realmente tanti -, semplicemente mettersi sulle sdraio in giardino a fine giornata e guardare un’infinità di stelle».

Da pochissimi mesi avete preso in gestione la Guest House Kaia Tani, come stanno andando gli affari?

«Molto bene e abbiamo tantissime soddisfazioni. Forse perché ci sentiamo anche noi ospiti della nostra stessa Guest House e di conseguenza ci comportiamo come tali. Ci fermiamo tantissimo tempo a chiacchierare con i nostri ospiti, scambiando esperienze di viaggio o semplicemente parlando del più e del meno.

Quando ci chiedono dei consigli, ci sentiamo partecipi della loro vacanza. Dobbiamo ammettere che l’atmosfera, famigliare ed amichevole, è molto aiutata sia dal fatto che il Kaia Tani ha solo 6 camere sia perché il rapporto con gli ospiti inizia molto prima che giungano da noi».

In che senso?

«Nella prima e-mail che riceviamo di solito ci richiedono la disponibilità delle stanze e un preventivo. Noi rispondiamo dando i dati e allegando anche le escursioni che proponiamo con relativi prezzi e durate.

Se interessati, ci rispondono chiedendoci anche un aiuto su come impostare il viaggio. Da qui è un susseguirsi di mail che creano da subito un rapporto amichevole con i nostri ospiti. Una volta arrivati è Barbara a relazionarsi di più con loro accompagnandoli anche durante le escursioni».

Quali sono stati i passaggi burocratici che avete dovuto affrontare per rilevare il Kaia Tani?

«A parte gli innumerevoli documenti che abbiamo dovuto presentare allo Stato del Sudafrica per farci dare il permesso di lavoro, oltre all’obbligo di assumere almeno 5 dipendenti e avere una certa cifra su un conto corrente in una banca sudafricana, per il resto è tutto semplificato.

Non esistono i notai in Sudafrica. Sono gli avvocati che fanno tutto. Mettendo in contatto l’avvocato dell’acquirente con quello di chi vende e i rispettivi commercialisti, il gioco è quasi fatto».

Come è la situazione in Sudafrica per chi vuole fare impresa?

«La cifra iniziale da investire richiesta dal Sudafrica è abbastanza sostanziosa, ma poi hai la possibilità di lavorare serenamente. Abbiamo un’IVA fissa del 14%, una tassazione del 28% e un rapporto con gli organi di controllo alquanto umano.

Cosa significa: se ho sbagliato pago con relativi interessi ma ho la possibilità di dialogare e dimostrare le mie ragioni. Quando hai uno Stato che non ti uccide con le tasse e non ti incute timore con continue “minacce”, lavori assolutamente in regola e dedichi il tuo tempo pensando a come incrementare il tuo lavoro e non a come sopravvivere».

Quanto costa aprire, o come nel vostro caso rilevare, una Guest House in Sudafrica?

«Il Sudafrica prende in esame solo investimenti minimi di 5.000.000 rand che, con il cambio attuale, corrispondono a circa 365mila euro.

Non è finita. Come dicevamo prima, hai l’obbligo di assumere almeno 5 dipendenti di cui il 70% devono essere sudafricani.

Detto questo, si ha la possibilità di presentare un prospetto anche con cifre minori purché si garantisca che l’attività che si andrà ad aprire porti un beneficio anche al Sudafrica. Se lo Stato lo ritiene interessante, ti chiede un colloquio per esporre al meglio le tue idee.

Ecco la collaborazione tra cittadino e Stato. Attenzione però: prima della scadenza del permesso di lavoro, controllano se hai realizzato ciò che hai detto. Se sì, puoi restare. Altrimenti torni a casa».

Una struttura piccola e accogliente che piace moltissimo agli ospiti, tanto da essere stata insignita del prestigioso “Certificato di eccellenza” del portale TripAvisor. Parlateci della vostra Kaia Tani.

«Siamo noi due, Barbara e Paolo, e lavoriamo gomito a gomito con 5 dipendenti che, nel nostro caso, sono tutti sudafricani: un manager, due donne per le pulizie, un giardiniere e un cuoco per le cene.

Descrivere il Kaia Tani non è facile perché, essendo i proprietari, lo abbiamo nel cuore. Semplifichiamo ripetendo ciò che dicono i nostri ospiti e che dicevamo noi quando lo eravamo: è una piccola oasi. Inoltre si trova ad 1 km e mezzo dalla porta di ingresso dell’importantissimo Kruger ed è vicinissimo a tutti i servizi di cui si può aver bisogno giornalmente.

Abbiamo solo 6 camere: 3 con letto matrimoniale di grandi dimensioni, 2 Family studiate per accogliere i genitori e un figlio, e una Suite/Honeymoon. Tre delle stanze hanno il tetto in paglia mentre le altre hanno una controsoffittatura in legno.

Tutte sono arredate secondo lo stile del luogo senza dimenticare i comfort a cui si è abituati: aria condizionata, televisione con ricezione satellitare, cassaforte, frigorifero, asciugacapelli e ovviamente bagno con doccia (e anche vasca nella Suite/Honeymoon).

Esternamente c’è un giardino dove rilassarsi o prendere il sole, piscina all’aperto, un bar ben rifornito anche con liquori di importazione, e un soggiorno con libri in varie lingue e televisione. Facciamo anche il caffè all’italiana».

Il punto di forza della Guest House?

«Oltre allo stupendo ambiente, è l’assistenza che diamo all’ospite: dalla cena preparata da uno chef alle torte e focacce fatte direttamente da noi con metodo italiano; dall’assistenza via mail prima di arrivare qui fino ai consigli su escursioni e visite.

Sarà poi l’ospite a decidere se farle con una guida o semplicemente con la propria auto. Ad esempio il Kruger Park può essere visitato anche da soli perché semplice da girare e sicuro, se si seguono poche ma importanti regole che illustriamo a ciascun nostro ospite appena giunto al Kaia Tani.

L’unico consiglio che diamo è di fare almeno un safari di 10-12 ore con una guida. Il professionista, infatti, ha un occhio allenato e avvista animali che un turista non vedrebbe. Inoltre insegna loro il comportamento da tenere con ciascun animale. Pensiamo all’elefante: tanto buono, ma se non lo si conosce può diventare molto pericoloso».

Tante le recensioni entusiastiche. Che tipo di clientela si rivolge a voi?

«Con l’Italia lavoriamo tanto direttamente tramite mail. Collaboriamo anche con qualche tour operator e abbiamo anche delle prenotazioni con dei siti on-line. La nostra clientela è multietnica: dagli europei a tutto il resto del mondo. Lavoriamo anche con i locali che spesso vengono per lavoro a Phalaborwa».

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Quali sono i servizi che offrite?

«Proponiamo una colazione internazionale o all’italiana: ovvero con torta casalinga, cappuccio o caffè e succo d’arancia fresco se siamo in stagione.

Poi assistiamo il più possibile l’ospite sia prima della sua partenza aiutandolo a pianificare il viaggio, sia durante i giorni che trascorre nella nostra guest house offrendo escursioni di vario tipo, organizzandole e concatenandole a seconda degli orari di partenza per sfruttare al meglio il tempo».

Phalaborwa è famosa per i suoi magnifici paesaggi, la natura, la fauna. Ma come si vive qui e quali sono le principali differenze con l’Italia?

«Phalaborwa offre una vita semplice. Non ci sono cinema, non ci sono discoteche o divertimenti vari. Il motivo è semplice: la vita giornaliera inizia molto presto. Gli uffici e le scuole aprono alle 7.00. Tanta gente, lavoratori e scolari, deve percorrere diversi chilometri di strada a piedi, per questo ci si alza all’alba ossia circa alle 5.30.

Di sera, nelle proprie abitazioni, solitamente si cena tra le 18 e le 18.30 e si va a dormire tra le 20.30 e le 21».

Che tipo di opportunità, lavorative e di vita, ci sono oggi in Sudafrica per chi vuole trasferirsi?

«È un Paese in espansione ma non è semplice iniziare una nuova vita qui. È opportuno valutare con tanti sopralluoghi se l’attività che si ha in mente di avviare possa essere accettata da un popolo con abitudini completamente diverse da quelle italiane.

Faccio un esempio: un negozio di abbigliamento italiano può essere una buona idea se aperto a Johannesburg o in grandi città dove ci si può permettere un tipo di vita e si vive meno “wild”, selvaggiamente. A Phalaborwa si vive per circa 9 mesi all’anno in pantaloni corti e maglietta. Se vendi giacche e cravatte non è il massimo».

Che consigli dareste a chi come voi due sta pensando a un cambiamento radicale di vita?

«Di valutare bene perché il passo è molto importante sia economico che di vita, e di non giudicare il luogo passando solo 20-30 giorni, magari in vacanza. Viverci è completamente diverso. Tornare indietro è difficile e a volte impossibile. Detto questo: si vive una volta sola. Se realmente ti senti convinto, provaci. Se non rischi – chiaramente in modo ponderato – vivi solo di rimpianti e non migliorerai mai la tua vita».

Si sente spesso parlare del “mal d’Africa”. Anche tu e Barbara sul sito del Kaia Tali vi definite una coppia malata di questo sentimento di nostalgia per il grande continente. In cosa consiste esattamente?

«L’Africa è Africa. Appena scendi dall’aereo, ti senti già parte di essa, dei suoi problemi ma allo stesso tempo ti senti appagato. Non so come spiegarlo. È difficile descrivere un sentimento che solo in Africa abbiamo provato. Sarà forse per la semplicità nel vivere; il rispetto umano tanto sentito in un popolo che ha subito una vita di schiavitù nella propria terra. Proprio non so. Fatto sta che quando ti allontani, ti manca».

E l’Italia vi manca?

«Per il momento poco perché è solo da qualche mese che ci siamo trasferiti. Certo, le origini non si dimenticano. L’Italia è una terra bellissima e unica, con una storia alle spalle, arte, cultura. Ogni singola regione ha da offrire molto di più di tanti Stati interi nel mondo.

Credo che a tutti gli italiani pianga il cuore nel vederla in una situazione così difficile. Noi non ci sentiamo dei traditori del nostro Paese, nonostante molti ci abbiano giudicato così. Abbiamo semplicemente deciso di cambiare vita in una terra più volte visitata e vissuta, e che ha conquistato il nostro cuore».

Quali sono i vostri progetti per il futuro?

«È ancora presto per pensare al futuro. Per il momento stiamo cercando di vivere ogni giorno il nostro sogno che fortunatamente, e con un po’ di incoscienza, abbiamo realizzato».

Per scrivere a Barbara e Paolo questo è il loro indirizzo e-mail: info@kaiatani.com

Questo il sito internet della loro Guesthouse www.kaiatani.com/Italian/index.html.

Questa, invece, la pagina Facebook del Kaia Tani www.facebook.com/KaiaTaniGuestHouse

A cura di Enza Petruzziello