Mirta, in pensione a Corralejo (Fuerteventura)

Cresce sempre di più il numero dei pensionati che decidono di lasciare l’Italia e di trasferirsi in un posto lontano, possibilmente al caldo, dove poter vivere una vita tranquilla e dignitosa. Spagna, Brasile, Bulgaria, sono solo alcune delle mete preferite dai nostri connazionali.

In questa nuova sezione, insieme a loro, esamineremo i vari processi burocratici affrontati per il trasferimento della pensione nel Paese ospitante, oltre a chiedere come e in cosa è cambiata la loro vita all’estero.

La nostra prima tappa è in Spagna, a Corralejo, dove Mirta, insieme a suo marito Rino e a suo figlio Luca, si è trasferita stabilmente dal 2009. Qui, grazie al clima eternamente primaverile, Mirta e Rino possono vivere gli anni della pensione in compagnia dei propri figli e soprattutto serenamente e dignitosamente.

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Quando avete deciso di trasferirvi a Corralejo, in Spagna? E quali sono state le pratiche avviate per il trasferimento della pensione?

Una piccola premessa. Noi trascorrevamo l’inverno qui a Corralejo e l’estate a Caorle. Questo per quasi due anni, fino a quando nel 2009, abbiamo deciso di risiedere stabilmente a Corralejo. Per quanto riguarda la domanda di trasferimento della pensione, abbiamo gestito tutto da qui:

– iscrizione all’AIRE (anagrafe degli italiani residenti all’estero).

– abbiamo chiesto il NIE e successivamente l’assistenza sanitaria, per me e per Luca, poiché siamo a carico di mio marito.

– per quanto riguarda il trasferimento della pensione inpdad all’estero, mio marito Rino ha comunicato all’INPDAP ora.

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INPS, la nostra nuova residenza, così da poter ricevere tutta la documentazione fiscale, successivamente ha richiesto il bonifico della pensione sul conto corrente spagnolo. Tutto è stato abbastanza semplice e veloce. Ogni anno mandiamo la documentazione in cui si attesta che io e Luca siamo a carico di mio marito e quest’anno ci è stata richiesto il certificato in vita, che abbiamo firmato dinanzi al Giudice di Pace. Con Luca, l’iter è stato più complicato. P

urtroppo la pensione sociale e l’indennità di accompagnamento non seguono la persona oltre confine (proprio così dice il paragrafo), cosa a noi sconosciuta… Così l’assegno ci è stato tolto immediatamente e per poterlo percepire nuovamente, abbiamo dovuto aprire una nuova pratica qui in loco, per il riconoscimento d’invalidità. Quando ci fu tolto l’assegno, scrissi all’ufficio delle politiche sociali del Parlamento Europeo, chiedendo il motivo per il quale una persona disabile non fosse libera di scegliere dove vivere e loro mi risposero dicendo che una volta usciti dal Paese avremmo perso i benefici economici, ma che, allo stesso tempo, avremmo potuti richiederli nel Paese di destinazione.

Sì, ma nel frattempo come si fa ad andare avanti?

Noi siamo stati 11 mesi senza percepire sostegno economico e 11 mesi sono tanti…. Comunque, dopo l’accertamento dell’invalidità qui in Spagna, a Luca è stato riconosciuto l’86% di invalidità, pari al 100% italiano e ad ottobre, dopo la visita fiscale di controllo, gli è stato dato il riconoscimento definitivo di minusvalia – invalidità e percepisce 544 euro al mese.

Abbiamo avuto problemi anche con il contrassegno per disabili, poiché quello italiano non aveva alcuna validità qui in Spagna, o meglio sarebbe bastato far apporre un timbro dal console per poterlo utilizzare anche qui, ma questo l’abbiamo scoperto solo dopo averlo rispedito in Italia, dietro richiesta dei vigili urbani di Caorle.

Per fortuna, dopo aver ottenuto il riconoscimento dell’invalidità e dopo un periodo di circa 9/10 mesi, abbiamo ottenuto il contrassegno. Diciamo che al principio non abbiamo avuto il tempo di annoiarci per tutte le problematiche affrontate. Te ne dico un’altra: per quanto riguarda l’interdizione di Luca, al principio ci avevano detto che avremmo potuto far autenticare l’interdizione italiana con l’apostilla, invece, nel momento in cui siamo riusciti ad ottenere la copia dell’interdizione, ci hanno detto che non valeva nulla.

Quindi avete avuto il vostro bel da fare per risistemare in modo ottimale la situazione. Ma per quanto riguarda Luca, la pratica è stata svolta velocemente o avete dovuto aspettare parecchio tempo prima di essere sottoposti a visita? Successivamente, la pensione l’hanno erogata subito o avete aspettato come accade in Italia?

Per inoltrare la domanda di riconoscimento dell’invalidità siamo andati dall’assistente sociale, abbiamo compilato un formulario, abbiamo allegato i certificati medici italiani attestanti l’handicap di Luca (il tutto tradotto e firmato dal console) e il certificato dello psichiatra del centro di salute mentale. Dopo 10 mesi Luca è stato chiamato per la visita fiscale, dove gli è stata riconosciuta una disabilità dell’86%..tutto questo nell’autunno 2010. Ad aprile del 2011 abbiamo iniziato a percepire l’assegno di 502 euro, ora aumentato a 544 euro al mese.

Questo è stato il primo riconoscimento provvisorio, a luglio 2013 ne è seguito un altro, questa volta d’ufficio. Abbiamo presentato di nuovo tutta la documentazione certificante la malattia di Luca e successivamente ci hanno inviato il riconoscimento di invalidità permanente.

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I tempi di attesa sono stati simili a quelli italiani, con la differenza che l’assegno ci è stato pagato senza arretrati. Nel 2014, dopo 5 anni di residenza certificata, potrò richiedere l’assegno di sostegno che equivale ad un importo di circa 200/250 euro, un aiuto economico che il comune concede a chi assiste il disabile, simile alla nostra indennità di accompagnamento.

Prima ci veniva fornito il “solievo familiar”, ma a causa della crisi quest’ultimo ci è stato tolto. Comunque non possiamo lamentarci, qui le medicine non sono care, paghiamo il 10% sull’importo, mentre in Italia spendevamo molto di più.

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Di cosa si tratta il “solievo familiar”?

Funzionava così: per sei mesi l’anno il Comune assumeva persone, che si occupavano per alcune ore dei disabili per un numero massimo di 6 ore la settimana. Da noi venivano due volte a settimana per circa 3-4 ore, salvo inconvenienti.

Questo ci dava la possibilità di uscire per prenderci un caffè. Come accennato prima, purtroppo è stato tolto immediatamente quando è iniziata la crisi. C’è sempre il servizio di “cura personale”, che consiste in un aiuto fornito per lavare il malato che ne ha bisogno, ma noi non ne usufruiamo perché non ci serve.

Per quanto riguarda tuo figlio, ci sono agevolazioni per i disabili? E cosa molto importante, ci sono barriere architettoniche come in Italia?

Premetto che Luca è affetto da oligofrenia grave, da epilessia e paraparesi spastica. In casa cammina liberamente, ma quando usciamo usiamo la carrozzina. Per quanto riguarda la richiesta della carrozzina, quest’ultima ci è stata consegnata senza problemi dietro l’invio del documento di invalidità e referto di visita ortopedica.

Ci vengono erogati anche i pannoloni, anche se con la crisi sono contati: uno ogni 8 ore. Ormai ci siamo abituati a questa situazione ed abbiamo sempre cercato di essere autonomi, Luca poi ha una disabilità psichica, per cui non abbiamo bisogno di attrezzi che ci aiutino a gestirlo. Per quanto riguarda le barriere architettoniche, ora anche qui la situazione sta migliorando, i marciapiedi sono stati adeguati, in alcune spiagge hanno messo dei cammini per le carrozzine.

Mi sembra che ci sia buona volontà da parte dell’amministrazione, oltre tutto siamo in zona turistica.

Riuscite a vivere una vita tranquilla con la pensione?

Sì, sinceramente noi qui viviamo molto bene da pensionati. Come accennavo prima, i farmaci li paghiamo al 10% e oltretutto qui in Canaria costano molto meno che in Italia, anche perché già da diverso tempo si fa uso dei generici.

Sia Luca che mio marito Rino usufruiscono di un’ottima assistenza sanitaria, con visite di controllo periodiche, tutto con esenzione. Tutto funziona più che bene, questo lo possiamo dire in tutta franchezza.

Perché avete scelto di trasferirvi? E perché avete scelto proprio la Spagna?

Abbiamo scelto o siamo stati scelti? Qui in Corralejo vivevano già i nostri due figli, Mirko con la sua compagna Eva e Sara con Nel. Nel 2007 è nata Lia, figlia di Mirko ed Eva, e noi abbiamo cominciato a passare sei mesi qui e sei mesi in Italia.

Luca all’epoca frequentava un centro diurno e nel 2009, dopo trasferimenti semestrali, l’Ussl ci ha comunicato che non era più possibile assentarsi per così tanto tempo. Luca poteva assentarsi dal centro diurno solo per un mese, al contrario non gli sarebbe stato più possibile continuare a frequentare il centro. Quello fu un brutto periodo per mio marito, cardiopatico, che cominciò ad avere dei problemi, e per Luca che si trovò a vivere un momento abbastanza complicato.

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Così decidemmo di dimetterlo dal centro diurno e di tornare qui a Corralejo per vedere un po’ come si mettevano le cose. Avevamo fatto anche il biglietto di ritorno, ma non lo abbiamo usato. Anzi, abbiamo deciso di risiedere stabilmente qui ed ora sono ormai 4 anni che ci viviamo.

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Potresti spiegare ai lettori cos’è l’apostilla?

E’ una certificazione che convalida, o almeno, dovrebbe convalidare sul piano internazionale l’autenticità di qualsivoglia atto pubblico o atto notarile, riconosciuto dagli stati che hanno sottoscritto la Convenzione dell’Aia.

Dico dovrebbe, perché nel mio caso, così non è stato. Come accennavo prima, Luca è stato interdetto in Italia dal tribunale, con una sentenza emessa dal giudice nel 1996. Arrivati qui, ci siamo informati ed abbiamo chiesto ad un avvocato in Italia di chiedere copia della sentenza in tribunale, che successivamente avremmo dovuto consegnare al tribunale spagnolo. P

urtroppo però l’avvocato in Italia, forse per mancanza di tempo…, non ha potuto evadere la nostra richiesta, così abbiamo contattato l’ambasciata e dopo circa 10 mesi abbiamo ottenuto la copia. Nel frattempo ci siamo informati meglio e ci è stato detto che con questo benedetto “sello Aia” non avremmo potuto fare assolutamente nulla, perché non riconosciuto.

Quindi abbiamo dovuto aprire una nuova procedura, ovviamente tutta a pagamento, che ci ha permesso di avere l’interdizione spagnola per Luca, importante secondo noi, per tutelare il suo futuro.

Hai mai pensato a come sarebbe stata la vostra vita se foste rimasti in Italia?

Sì, capita spesso che mio marito ed io ci pensiamo. L’Italia l’abbiamo sempre nel cuore, è la nostra terra, ma qui abbiamo la famiglia. I miei figli sono andati via di casa abbastanza presto, quindi ora finalmente siamo qui tutti riuniti, come un piccolo clan.

Siamo nonni e ci godiamo appieno questa opportunità. Qui con loro ci sentiamo anche più sereni, il futuro ci spaventa meno. Da non sottovalutare poi, che viviamo a Fuerteventura, terra aspra e bellissima, con un clima eternamente primaverile. Che dire di più? Ci sentiamo fortunati e questo ci basta!

Di Nicole Cascione