Lavoro: debuttano nuovi poli in grado di attirare talenti lavorativi

Stanchi di aspettare la vostra grande occasione in un paese che non riconosce i vostri meriti? Non perdete le speranze, adesso è il lavoro ad andare dal talento. Dopo tanti cervelli in fuga, finalmente arriva una buona notizia. Mentre aumentano i trasferimenti alla ricerca di opportunità professionali, si sta assistendo a una piccola inversione di marcia: sono sempre di più i lavori che si stanno spostando alla ricerca di giovani talentuosi.

Molti, infatti, gli investitori internazionali attratti da alcuni paesi dotati di talento creativo a costo ragionevole. Tra questi: la Cina, la Corea del Sud, le Filippine e il Vietnam nella regione Asia-Pacifico; Malta, Slovenia, Cipro e Moldavia nella regione europea; Turchia, Giordania e Tunisia nella regione Mena; e Panama in America Centrale.

A dirlo è lo studio “Global Talent Competitiveness Index (Gtci) 2015-16”, pubblicato da Insead, istituto di direzione aziendale internazionale, e fondato sulla ricerca condotta in collaborazione con Adecco Group e Hcli (Human Capital Leadership Institute di Singapore). Secondo la ricerca, la mobilità è diventata ormai un ingrediente chiave dello sviluppo di talenti. Il dibattito sulla migrazione deve però passare anche da emozioni a soluzioni. Solo adottando una prospettiva orientata al talento, gli Stati trarranno vantaggio dalla gestione della circolazione delle persone.

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«I lavoratori non qualificati continuano a essere sostituiti da robot – si legge nel report – mentre gli algoritmi determinano la delocalizzazione dei lavoratori della conoscenza». Insomma se da un lato la tecnologia e altri fattori continuano a ridefinire la mobilità, dall’altro i lavoratori della conoscenza ne subiscono le conseguenze e tale evoluzione segnala la possibile delocalizzazione di interi settori di attività. Alcuni potrebbero dover lavorare virtualmente da casa per diversi datori di lavoro, altri invece saranno costretti a riqualificarsi e trasferirsi lontano per trovare lavoro. «In un mondo caratterizzato dalla circolazione di talenti, città e regioni rivestono dunque un ruolo sempre più importante nella gara per aggiudicarsi il talento globale – continua lo studio -. Agilità e branding delle città sembrano essere discriminanti più critiche rispetto alla dimensione, poiché sempre più metropoli adottano politiche creative per attirare i talenti da tutto il mondo».

Debuttano, inoltre, nuovi poli in grado di attirare talenti. Mentre gli Stati Uniti, Singapore e la Svizzera da sempre rappresentano mete privilegiate dai talenti, la concorrenza potrebbe inasprirsi tra i poli emergenti come Indonesia, Giordania, Cile, Corea del Sud, Ruanda e Azerbaigian, a fronte dell’incremento dei lavoratori interessati a queste destinazioni sempre più interessanti. «La scarsità delle competenze professionali – si osserva – affligge i paesi emergenti: i gap nelle competenze professionali persistono nei paesi emergenti come Cina, India, Sudafrica e soprattutto in Brasile, dove le capacità dei talenti mostrano segni di indebolimento su tutti i fronti. Anche alcuni paesi ad alto reddito come Irlanda, Belgio e Spagna cominciano a manifestare lo stesso fenomeno».

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Un modello da seguire è sicuramente lo sviluppo eccezionale del settore dell’elettronica di Taiwan, grazie ai lavoratori rimpatriati dalla Silicon Valley. Nuove tecnologie potrebbero insomma creare nuove sfide per i lavoratori aventi livelli diversi di competenze: l’automazione sta annientando i lavori non specializzati; gli algoritmi potrebbero determinare la delocalizzazione delle posizioni che richiedono competenze di livello medio.

Naturalmente le opportunità di istruzione superiore rimangono un fattore chiave nella capacità di attirare e fidelizzare i talenti, un fattore di richiamo sempre più irrinunciabile coincide con la professionalità delle imprese e delle pratiche di gestione, come dimostrato dall’ottimo posizionamento in classifica dei Paesi nordici che brillano in termini di meritocrazia, gestione professionale e attenzione verso lo sviluppo dello staff. Un aspetto particolarmente importante per la generazione del millennio, formata dai leader creativi del futuro.

«L’evoluzione del mondo del lavoro – commenta Alain Dehaze, Chief Executive Officer per Adecco Group che ha curato il rapporto – procede a un ritmo senza precedenti, introducendo grandi opportunità e sfide: 200 milioni di persone sono disoccupate e l’automazione mette a rischio circa 1 posto di lavoro su 2. A fronte dell’inarrestabilità di digitalizzazione e invecchiamento, l’indice Gtci conferma il ruolo prioritario della mobilità dei talenti al fine di potenziare la competitività e bilanciare eccedenze e carenze di competenze a livello internazionale».

«I paesi che vantano una reputazione d’eccellenza nel talento – conclude – dimostrano che, per attirare i talenti, i governi devono investire nell’istruzione e negli hub di conoscenze, nonché snellire la burocrazia e semplificare i mercati del lavoro. Le imprese dovrebbero promuovere la mobilità dei talenti e investire nell’iperconnettività per capitalizzare sulla tecnologia, sfruttare le opportunità offerte dall’economia globale e creare posti di lavoro».

Di Enza Petruzziello