Dal West al Web: il progetto Italiani Di Frontiera

E’ il percorso che ha seguito Roberto Bonzio, giornalista a Milano dell’agenzia di stampa internazionale Reuters, nato a Mestre, cinquantaquattro anni fa, ideatore del progetto multimediale Italiani di Frontiera (www.italianidifrontiera.com).  Un catalogo di ottimismo e creatività.

Tutto è cominciato da un soggiorno con famiglia a Silicon Valley, culla mondiale dell’hi tech a sud di San Francisco. Sei mesi in California  gli hanno cambiato la vita, e dato uno spunto per realizzare un blog, che è diventato un sito articolato. Da quell’esperienza, poi, sono derivati conferenze multimediali, seminari per manager con cui gira l’Italia. Presto persino un libro e una web tv.  “Ci sono andato di mia volontà – spiega Roberto- trovando tutto, ripeto tutto, su Internet. Casa, scuola per i figli, auto comprata e rivenduta, tutti i contatti e tutte le idee. Oltre all’attrezzatura (computer, macchine fotografiche e videocamera con cavalletti e luci). Sono partito solo con due piccoli contratti di collaborazione, facendo anche il ricercatore di tendenze. E’ stata un’avventura sulle orme di italiani capaci ieri e oggi di tentare imprese e percorrere strade nuove. Scoprendo tra storie, idee e personaggi di talento, come  tanti casi di successo su una ribalta globale,  non abbiano richiesto di rinnegare storia e radici, bensì di farne tesoro”.

Roberto Bonzio e famiglia frontiera

Gli italiani di Silicon Valley sono diventati un osservatorio eccezionale per scoprire il prezioso contributo all’innovazione che molti connazionali offrono ogni giorno e che sarà una via d’uscita alla crisi.

“Ma – aggiunge il giornalista- con il mio progetto voglio anche dare un messaggio di fiducia a tutti coloro che, Italiani di Frontiera lo sono tutti i giorni, in patria”. E l’agenzia Reuters ha deciso di recente di sostenere il mio progetto faidate con il proprio marchio, cosa che credo non abbia precedenti”.

Ci racconta come ha deciso di andare in California?

Volevo fare un’esperienza formativa con  tutta la famiglia (moglie biologa insegnante, figli oggi di 18 e 20 che hanno fatto un semestre alla Gunn High School). E’ così che ho ideato IdF. Ho chiesto l’aspettativa e siamo partiti. Volevo inseguire lo spirito d’impresa degli italiani, di ieri e di oggi, capaci di tentare strade nuove. Uno spirito che in patria sembra un po’ appannato.

Le storie più particolari che ha raccolto? 

Tra quelle del passato, il conte bellunese sopravvissuto a Little Bighorn, il banchiere rivoluzionario che fondò Bank of America. Tra i veterani italiani di Silicon Valley, Federico Faggin e Roberto Crea, tra i padri del microchip e dell’insulina sintetica. Tra i giovani imprenditori, Fabrizio Capobianco, fondatore di Funambol. Tra i giovani ricercatori Marcello Forconi, chimico a Stanford.

Roberto Bonzio e Federico Faggin frontiera

Roberto Bonzio con Federico Faggin

Un’esperienza che le ha cambiato la vita!  

 Si ‘, e non e’ facile al ritorno. Quando vedi tutto in modo diverso. Dopo sei mesi a Palo Alto, California, tornato in Italia alla Reuters, ho continuato a sviluppare il progetto. Con un lavoro micidiale, fra nuovi contatti, incontri, presentazioni. Trasformando poi il blog in un sito articolato, con altre storie e interviste raccolte. Negli Usa, ma anche qui,  su temi dell’innovazione. Come quelle a guru mondiali della Rete, di passaggio a Milano.

Poi?

Ho realizzato una presentazione multimediale, tutta basata su esperienza personale e storytelling, dal forte impatto emotivo, portandola in giro per l’Italia tra, Università ed  eventi del mondo imprenditoriale. Ora IdF è anche un seminario di tre ore per manager, col Centro di Formazione Management del Terziario.

Perché il nome Italiani di Frontiera?  

Il nome, come il logo e il resto, mi è venuto così d’istinto. E col tempo si è rivelato azzeccatissimo. La frontiera è il luogo limite del conosciuto, dove si sfidano il nuovo e l’ignoto. Percorrendo quel luogo, incontrando chi lì si muove, non si scoprono solo storie e personaggi fantastici. Si capisce molto di più del posto da cui si viene. E di se stessi. Proprio questo è il valore principale di IdF. 

Quale il target di Idf?  

Ora conto su un migliaio circa di Amici di Italiani di Frontiera in Rete, tra gruppi di Facebook e LinkedIn che seguono il progetto e che aumentano costantemente. I veri interlocutori, una scoperta, sono i tanti Italiani di Frontiera in patria, giovani innovativi che si riconoscono nei valori dei connazionali di Silicon Valley. E spesso fanno qui cose fantastiche, ma abituati a farlo tra mille ostacoli, controcorrente, ignorati dai media tradizionali.  

Pensa di ampliare il sito? Di aggiungere rubriche? 

Lo sviluppo per ora prevede un libro, una web tv e un forte ampliamento di conferenze e seminari in giro per l’Italia. Ma in prospettiva IdF può diventare altro, un vero portale che affianchi a storie e interviste, servizi e contatti, tra italiani innovatori in patria, a Silicon Valley e nel resto del mondo. Con un forte spirito di identità comune, su valori e modi di pensare che sappiano esaltare come merita lo spirito d’impresa e il merito, oggi spesso mortificati.    

Come è cambiata la sua vita dopo i sei mesi in America? 

Nella testa praticamente tutto, grazie allo sforzo di creatività, alla carica di adrenalina indispensabili per ideare, preparare, realizzare e sviluppare un progetto così, da soli. Incontrare persone straordinarie a Silicon Valley, altre non meno straordinarie incrociate girando l’Italia con questo progetto, e’ stata una raffica di  esperienze ed emozioni che hanno cambiato tutto, nel mio modo di pensare e agire. Ho avuto soddisfazioni enormi, nemmeno sognate nella carriera nel giornalismo tradizionale. Ma  a volte non è facile. E non per la fatica. Perché vedo tutto in modo diverso e certi pregiudizi e malcostumi ai quali siamo quasi rassegnati per me sono spesso insopportabili. Insomma, al ritorno si diventa un po’ degli alieni e così si viene visti dagli altri. Che ti considerano solo uno che è stato via per sei mesi.   

Dunque, grazie  a lei, c’e’ un filo diretto tra Silicon Valley e l’Italia, quella dei migliori che se ne vanno. Ma poi tornano? 

Dalla mia esperienza, credo che lasci Silicon Valley solo chi ha forti motivi di famiglia. Anche se molti potendo fare lo stesso lavoro in Italia, trovare le stesse opportunità,  non ci penserebbero due volte.  Ma è un discorso per assurdo. Silicon Valley va studiata e in certi aspetti copiata, ma nell’insieme è un ecosistema assolutamente inesportabile.  Questo non toglie che il ponte di conoscenze e opportunità tra Bay Area e Italia sia un patrimonio prezioso.      

Come vorrebbe si evolvesse questo rapporto tra due terre tanto lontane e non solo dal punto di vista geografico?

Vorrei fare di Italiani diFrontiera un portale di storie, notizie, contatti e scambi tra italiani creativi e innovativi, non solo in patria e in California, visto che IdF ha già preziosi amici nel resto degli Usa e del mondo, dall’Australia a Dubai alla Cina. Non solo servizi. La forza di Idf è prima di tutto il forte senso di identità con cui sa accomunare italiani capaci di rischiare, sperimentare e immaginare il futuro. Con talento e creatività che in campo globale hanno un valore immenso, ma spesso in patria sono penalizzati da meccanismi che privilegiano i furbi e mortificano l’innovazione e il merito.   

A cura di Cinzia Ficco 

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