La nuova vita di Savino, chef italiano in Corsica
Partito a soli 21 anni da Barletta, Savino inizia la sua carriera nella ristorazione come lavapiatti in un ristorante italiano di Rotterdam. Ha girato il mondo e dal 2008 vive a Monticello, in Corsica. Lavorare qui conviene: gli stipendi sono alti (ma anche il costo della vita lo è). L’isola è sempre alla ricerca di personale da impiegare nel settore turistico e ricettivo. Come è cambiata la sua vita? «Oggi, a distanza di anni, sono fiero di me e di quello che sto facendo – dice -. Sono cresciuto molto, sia come persona che professionalmente. Ho una famiglia bellissima, vivo in un posto splendido, sono vicino all’Italia, e ho reso i miei genitori fieri di me: ed è questa la cosa più importante!». Ecco la sua storia
Di Enza Petruzziello
Dall’Olanda alla Francia, passando per la Tunisia, la Svezia, l’Inghilterra e la Florida. La vita di Savino Divincenzo è cambiata profondamente da quando a soli 21 anni, sui quei binari della stazione di Barletta, ha detto addio ai suoi genitori per vivere la sua nuova avventura all’estero.
Pugliese, 40 anni a luglio, Savino abita in Corsica da quasi 15 anni. Lavora come chef nella cucina di un noto albergo-ristorante nel nord dell’isola, esattamente a Monticello. Dopo anni a girovagare per il mondo, decide, infatti, di mettere le radici in quest’isola che tanto assomiglia al sud dell’Italia. Qui ormai ha casa, una moglie francese, Charlene, e 2 principesse: Louise di 5 anni e Jade di 7 mesi.
La sua carriera nel settore della ristorazione inizia nel 2005 a Rotterdam, in Olanda, come lavapiatti in un ristorante italiano. Da allora non ha mai più lasciato la cucina, diventando uno chef professionista. Uno dei suoi rimpianti è non aver frequentato una scuola professionale, in compenso però ha fatto tanta gavetta imparando e rubando il “mestiere” nelle cucine di mezzo mondo, e vincendo anche diversi premi.
Il suo desiderio? Tornare a casa un giorno, ma non è ancora il momento. Ecco la sua storia.
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Savino sei andato via dall’Italia, molto giovane. Perché hai deciso di trasferirti all’estero? Quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto a lasciare la tua casa, gli amici, la famiglia?
«Avevo appena 21 anni quando decisi di lasciare la mia città, Barletta. Non avevo intenzione di continuare gli studi, e tra amicizie sbagliate e con pochi soldi in tasca un bel giorno decisi di prendere la situazione in mano e di lasciare tutto e tutti. Ricordo ancora quel giorno quando salutai i miei genitori sul binario alla stazione. Ero diretto in Olanda, esattamente a Oud Beijerland, a pochi km da Rotterdam. Raggiungevo un mio concittadino che viveva lì già da tempo con la sua famiglia e che era il titolare di un noto ristorante italiano. Dovevo svolgere il ruolo di lavapiatti».
Così ti sei trasferito a Rotterdam, in Olanda. Nuova lingua, nuove usanze, un nuovo modo di vivere e una cultura diversa. Come sono stati gli inizi qui?
«All’inizio fu davvero dura ma allo stesso tempo eccitante! Il vantaggio era quello di lavorare con personale italiano ed era anche bella come situazione. Il problema era la vera vita in città: non parlavo nessuna lingua straniera e a malapena riuscivo ad esprimermi in inglese. Così decisi di comprare un mini vocabolario/traduttore di inglese che portavo sempre con me. La sera, quando tornavo da lavoro, prima di dormire lo leggevo e segnavo su un foglio le parole più comuni che poi memorizzavo. Prima non c’erano gli smartphone, meno male!!! A proposito di smartphone non avevo la “fortuna”, se così si può definire, di inviare come oggi messaggi tramite whatsapp o di fare videochiamate. Andavo alla cabina telefonica e si faceva in fretta a parlare con la famiglia, altrimenti costava troppo la chiamata internazionale. “Come stai? Com’è il tempo lì? Cosa hai mangiato? Mi raccomando stai attento”: erano sempre le stesse domande che i miei mi facevano… E ora che ho dei figli anch’io, comprendo l’importanza che avevano quelle frasi!».
Come hai superato lo scoglio della lingua? E come è stata l’accoglienza della gente del posto?
«Alla fine qualcosa imparai perché decisi di “mischiarmi” con la gente del posto. Sono stato sempre una persona socievole, quindi la sera dopo lavoro andavo nel bar del paese e tra un bicchiere e l’altro, creavo amicizie e lì non avevo altra scelta che parlare in inglese e imparare la lingua: e ci sono riuscito! Oddio, mi faccio capire bene. In Olanda ho avuto la fortuna di conoscere brave persone che mi hanno sempre aiutato in qualsiasi cosa, sia a livello burocratico che a livello umano. Se avevo bisogno trovavo sempre qualcuno pronto a aiutarmi. Ancora oggi sono rimasto in contatto con qualche olandese ed è sempre bello scambiarsi due parole ogni tanto».
La tua carriera nel mondo della ristorazione inizia come lavapiatti, dunque. Oggi sei uno chef professionista, come nasce la tua passione per la cucina?
«Nel ristorante in cui lavoravo, c’era uno chef napoletano, Giuseppe, aveva una cinquantina di anni, persona umile e professionista nel suo mestiere. Mi ha insegnato tanto. Ho imparato molto da lui, che vedeva in me un bel potenziale. Così, spesso e volentieri dopo il servizio serale, invece di rientrare a casa, restavamo insieme in cucina per preparare il menù del giorno successivo. Lui mi dava dei compiti da fare, ogni volta sempre più impegnativi, salse, cotture ecc… È lì che ho capito che la mia strada era quella: la ristorazione! E ne sono contento».
Dopo l’Olanda, hai viaggiato tanto. Sei stato in Francia, Tunisia, Svezia, Inghilterra e Florida. Che tipo di esperienze sono state e che cosa ti hanno lasciato?
«In Olanda ci ho vissuto per 3 anni, fino a quando ad un certo punto ho sentito il desiderio di cambiare, provare nuove esperienze, conoscere altra gente. Ho fatto stagioni estive in Croazia, Tunisia. Ho vissuto 6 mesi in Svezia, poi a Liverpool e a Brighton, fino ad arrivare in Florida nella città di Naples. Il lavoro non mancava mai. Andavo su un sito specifico per annunci nella ristorazione, prendevo il biglietto d’aereo e via, si partiva! Non avevo paura, ero uno spirito libero, non avevo nulla che mi legava a qualche posto e alcuna persona. Ero la persona più contenta del mondo. Lavoravo, viaggiavo, conoscevo gente nuova e di varie culture, guadagnavo i miei soldi (e li mettevo da parte) e non dovevo mai chiedere niente a casa, e questa cosa mi rendeva fiero!».
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Come chef hai lavorato in tanti posti del mondo. C’è un luogo che ti è rimasto più nel cuore e perché?
«Sicuramente in Florida è stata la mia più bella esperienza! Che spettacolo ragazzi, avevo appena 25 anni e il fatto di essere lì era un sogno! Ricordo che quando dissi ai miei amici che sarei partito per l’America erano tutti sbalorditi e quasi “gelosi”. Andavo a lavoro in bicicletta su quelle strade larghe, tra pick-up e Harley-Davidson, il sole che scottava. Lavoravo a pochi passi dalla spiaggia in un piccolo ma bel ristorante sempre italiano. Ormai masticavo bene l’inglese, e come di consueto dopo il lavoro, solita birra con il personale e facevamo amicizia con altri ragazzi che lavoravano nella ristorazione: cubani, peruviani, colombiani, un mix incredibile di culture diverse. Quante belle serate passate in compagnia!».
Hai un ricordo in particolare di quel periodo in Florida che ti va di condividere con noi?
«Un giorno ricordo che c’era il superbowl. Gli americani ne vanno pazzi. Stavo tornando a casa dopo lavoro, sempre in bici. Passai davanti ad una villa piena di giovani e meno: chi ballava, chi si tuffava in piscina e per curiosità mi avvicinai per “buttare un occhio”. Una ragazza mi vide e senza neanche chiedermi nulla mi prese per mano e mi portò all’interno, dicendomi: “Divertiti”. E così fu! Gli americani sono le persone più socievoli e gentili che abbia mai conosciuto!».
Dopo gli USA, a 26 anni decidi di trasferirti in Corsica. Come hai vissuto questo ennesimo cambiamento?
«Esatto, lasciata la Florida sono atterrato in Corsica. Un’isola che non conoscevo affatto, ma che col tempo ho imparato ad apprezzare e ci son rimasto! Era tutto diverso da quello che avevo vissuto in precedenza, iniziando dalla lingua. Il francese non lo parlavo per nulla e quando comunicavo in inglese con un corso si metteva a ridere, perché qui pochi parlano inglese e tutto è diverso. La Corsica è un mondo a parte e forse è questo che mi piace. Il corso ha la sua lingua, la sua mentalità, il suo stile di vivere, la sua cultura e la si deve rispettare. Se rispetti un corso, se ti comporti bene, se ti prendono in simpatia sei uno di loro, altrimenti è molto dura».
La Corsica è un’isola magnifica, conosciuta per il suo mare cristallino, le spiagge di sabbia bianca, incantevoli borghi sulle montagne, città storiche, falesie e calanques spettacolari. Tu abiti a Monticello, un piccolo villaggio arroccato a 218 metri di altitudine, sul promontorio delle isole d’oro. Come è vivere qui?
«Mare cristallino, sabbia bianca, clima quasi tropicale, aria pulita e poco smog, pochissima criminalità, sanità ben funzionante e scuole ben servite! Monticello ha tutto per essere un posto paradisiaco. Ovviamente ogni cosa ha un prezzo. Perché sì, la Corsica ha costo della vita più alto rispetto all’Italia, diciamo il doppio. Una pizza la paghi minimo 14€, un caffè 2€, affitti di quasi 800€ per un appartamento di 50mq, e i trasporti per raggiungere l’Italia o la Francia non sono da meno. Quindi confermo: è davvero cara. Ma ovviamente è tutto in proporzione. Gli stipendi sono, infatti, molto più alti rispetto all’Italia. In Corsica mi sento davvero bene».
E già perché qui ormai hai casa, una moglie francese e 2 bimbe. Come vi siete conosciuti e innamorati tu e Charlene?
«Vivo con mia moglie Charlene da 8 anni. Ci siamo conosciuti sul lavoro, lei era una cameriera e non ha saputo resistere al mio fascino: scherzo! Ora è mia moglie e mi fa regalato 2 principesse: Louise 5 anni e Jade 7 mesi».
Com’è crescere le tue bambine a Monticello? Penso all’istruzione, ai servizi per l’infanzia, alle agevolazioni per i genitori ecc
«Con il lavoro diventa complicato occuparsi delle bimbe, specialmente l’estate quando non c’è scuola, ma per fortuna qui sono ben organizzati. Abbiamo una baby sitter per Jade, con contratto ovviamente, perché in Corsica lavorare senza contratto è davvero impossibile e non lo si pensa neanche! Louise invece va in un centro estivo per 6 giorni a settimana. Ovviamente tutto ha un costo… E che costo! Ma fortunatamente la Francia è una nazione che “aiuta molto” le famiglie. Quindi più del 50% delle spese per le bimbe sono rimborsate dalla Stato e non è mica male! Le scuole poi sono davvero ben funzionanti! Dal computer alle attività come piscina, danza, tennis. Tutte cose che io in Italia non ho mai visto. Infatti quando ne parlo con la mia famiglia, quasi non ci credono».
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Tornando alla tua professiona, lavori da anni nella cucina della “A Pasturella”, un ristorante – albergo molto grande. Parlaci della tua cucina, quali piatti tipici italiani proponi e quali sono quelli più apprezzati dalla clientela sia italiana che internazionale?
«Il ristorante è gestito da una famiglia corsa. Bravissime persone con cui ormai ho instaurato un rapporto quasi familiare. Sono molto coinvolto nella gestione della loro attività, tanto da sembrare quasi io il titolare (ride). La struttura esiste dal 1959 ed è ormai abbastanza conosciuta nella regione. Cerco di essere sempre costante in quello che faccio e i clienti sono sempre soddisfatti. Qui propongo una cucina mediterranea, semplice ma allo stesso tempo rivisitata e al passo con le tendenze più attuali. Sulla carta del ristorante abbiamo prevalentemente prodotti locali, dalla carne ai formaggi. Abbiamo anche una piccola campagna dove coltivare le nostre verdure, è quasi tutto a km zero. Ovviamente la pasta non può mancare e ai corsi piace mangiare italiano!».
Nonostante la mancanza di una formazione “classica” hai vinto diversi concorsi. Una bella soddisfazione per un autodidatta come te.
«Ho partecipato a vari concorsi di cucina vincendone qualcuno. L’ultimo è stato “Talents Gourmandes”, svoltosi a Propriano nel sud, in un ristorante stellato, sono stato eletto come chef nuovo talento. Una bella soddisfazione! Ho partecipato anche 2 volte al campionato Francese di Burger e sono arrivato entrambe le volte fra i migliori 15 candidati. Spesso invece mi contattano per dare dei corsi di cucina in Tv. Partecipo spesso alla trasmissione televisiva “Manghja insieme”, in onda su France 3, per cucinare in diretta. Diciamo che ormai mi son fatto conoscere».
A Monticello e in generale in Corsica ci sono opportunità occupazionali per chi come te sta pensando di trasferirsi qui? E quali consigli daresti a loro?
«L’economia della Corsica è basata prevalentemente sul turismo, di conseguenza il personale da impiegare nella ristorazione, nel settore alberghiero, negli stabilimenti balneari e non solo, è molto richiesto. Con i tempi che corrono poi, dove la mano d’opera scarseggia, la domanda è molto alta, così come gli stipendi. Qui non si inizia a lavorare se non c’è un contratto. La base di partenza per le retribuzioni è di 1400€ (stipendio minimo) fino ad arrivare anche a 4500€ per le figure con più esperienza, come cuochi , direttori di sala ecc. Ovviamente si sa che durante il periodo estivo si lavora tanto, spesso non si contano le ore. Il giorno di riposo, spesso ce ne sono anche 2 , è obbligatorio. Una cosa è certa: se si viene qui per una stagione lavorativa, con lo scopo di mettere soldi da parte, allora la Corsica è il posto giusto! Poi chissà, potrebbe anche rimanerci, come ho fatto io. Consiglio a chi ha davvero voglia di lavorare, di provare a farsi una stagione estiva, da aprile ad ottobre. Lavoro, mare e divertimento allo stesso tempo, non c’è nulla di meglio. Naturalmente occorre essere seri! Un altro consiglio a chi è giovane e vuole crearsi un futuro: VIAGGIA! Il resto vien da sé!».
In che modo vivere in altri Paesi ha influenzato la tua cucina?
«Vivere in altri paesi ha contribuito molto bella mia vita professionale. Ho scoperto varie culture culinarie. Oggi combino alcuni ingredienti di altri paesi alla mia cucina: il risultato spesso è sorprendente e i clienti apprezzano».
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Ormai sei lontano dall’Italia da anni. Come è cambiata la tua vita da quando sei un expat?
«Sono quasi 20 anni che sono un expat, e sicuramente ne passeranno ancora di anni prima (forse) di rientrare a casa. Non rimpiango in nessun modo la mia scelta di lasciare la mia terra, anzi. Prima ero un ragazzino pronto a conquistare il mondo con i mille dubbi ma con tanto ottimismo. Non conoscevo nessuno e non parlavo alcuna lingua straniera. Oggi , a distanza di anni, sono fiero di me e di quello che sto facendo. Sono cresciuto molto, sia come persona che professionalmente. Ho una famiglia bellissima, vivo in un posto che mi conviene, sono vicino all’Italia, e ho reso i miei genitori fieri di me: ed è questa la cosa più importante!!! Loro sono stati sempre al mio fianco, anche quando ho preso decisioni azzardate ma col tempo hanno capito che quello che facevo, mi faceva stare bene!».
Pensi che la Corsica sia la destinazione definitiva oppure ti vedi altrove tra qualche anno?
«Ad essere sincero, in Corsica mi trovo bene. Ho casa, un lavoro che mi gratifica, una famiglia splendida, la gente mi apprezza e viceversa, il mare e il sole tutto l’anno. Però, casa è casa! Ci vorrei tornare un giorno, non troppo lontano, per vivermi la mia famiglia. I miei genitori invecchiano e i nipoti crescono, e noi con loro. Vorrei vivere le belle giornate d’estate giù a Barletta con loro. Di notte sogno le domeniche in famiglia. Sono un nostalgico e vivo di nostalgia lo so, e mi dico sempre che recupererò i giorni persi, i compleanni non festeggiati e i Natale trascorsi lontano ma so che è utopia, perché il tempo passa in fretta e quel che è stato è ormai passato! Credo che ormai resterò qui in Corsica per un bel po’, dell’Italia non mi manca quasi nulla. Se passate dalla Corsica, esattamente da Monticello, fate un fischio! Venite a scoprire quest’isola magnifica con la sua gente dal cuore d’oro!».
Progetti per il futuro?
«Ho dei progetti in corso, continuerò nella ristorazione senza dubbio. Sono ottimista e vado per la mia strada, una strada che ormai fa parte del mio viaggio! Ho già prenotato un volo per Bangkok il prossimo novembre per immergermi nello street food asiatico e nella cultura culinaria Thaï: non bisogna mollare mai! Parto da solo, anzi se qualcuno volesse aggiungersi è il benvenuto. À bientôt les amis!».
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