Piero, qual è stato il percorso che ti ha condotto in Spagna?

Sono finito a Barcellona per una serie di coincidenze. Avevo già conosciuto la città per ragioni di studio e precedentemente, grazie al progetto Erasmus svolto presso l’Accademia delle Belle Arti a Firenze, ho avuto la possibilità di conoscere diversi stranieri, tra cui tante ragazze spagnole che mi hanno letteralmente trascinato a Barcellona.

Avevi 27 anni quando hai preso questa importante decisione. Quali sono stati i tuoi dubbi e le tue paure?

Dubbi e paure ci sono sempre, soprattutto quando si decide di cambiare radicalmente la propria vita e ricominciare da capo in una nuova realtà. E’ stato difficile rifarsi una vita sociale, cambiare amici e trovare un lavoro, ma allo stesso tempo tutto mi appariva estremamente eccitante. Poi, Barcellona era una città in crescita sotto tutti i punti di vista, soprattutto sotto il punto di vista culturale e musicale, che in fin dei conti era quello che più mi interessava. Ovviamente un punto a svantaggio era la lontananza dalla mia famiglia.

Piero Pesce, musicista italiano a Barcellona

Come hai affrontato i disagi di un espatrio?

Credo di averli affrontati come fanno tutti gli emigranti, con volontà e spirito di adattamento, umiltà e con tanta speranza. Una speranza alimentata giorno dopo giorno dalle persone che incontravo e che credevano in me. E’ anche merito loro solo se sono riuscito ad andare avanti, insistendo nel mio cammino e continuando a coltivare la mia passione per la musica.

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I tuoi parenti e i tuoi amici come hanno reagito dinanzi alla tua voglia di andare via?

Se ti dicessi che forse erano abituati, mentirei. Conosco la mia famiglia e in cuor mio so di avergli recato dolore. Non passa giorno che non pensi a loro. Li chiamo ogni giorno. Ma non sono riusciti a farmi cambiare idea, hanno solo potuto accettare la mia decisione. Per quanto riguarda gli amici invece, conoscendomi sapevano bene della mia inquietudine, quindi erano consapevoli che prima o poi sarei andato lontano (almeno fisicamente).

E tu invece come hai affrontato il trasferimento? Ci sono stati dei momenti in cui ti sei sentito solo?

Io sono del parere che non si sia mai completamente soli. Se si impara ad avere l’atteggiamento corretto, presto si conoscono nuove persone. Ricordo ancora con una certa dose di vergogna, i gruppi di italiani che arrivavano in gita a Barcellona e che finivano per ubriacarsi sulle Ramblas. Quel tipo di comportamento finì per rovinare anche la reputazione che possedevano gli italiani residenti a Barcellona. Forse anche per dimostrare che non siamo tutti uguali, ho sempre cercato di dare il meglio di me in tutto quello che facevo.

Prima di arrivare a Barcellona, hai vissuto in altre parti del mondo?

Ho viaggiato per l’Europa dell’est e poi per il sud America, durante la stagione estiva per lavoro. Ma principalmente ho vissuto a Firenze per tutto il percorso universitario e poi a Barcellona fino ad oggi.

Piero Pesce, musicista italiano a Barcellona

Come mai la tua scelta è ricaduta proprio su Barcellona, nonostante la crisi in cui versa la Spagna?

Mi ero stancato moltissimo di quella vecchia e statica Firenze. Era una cartolina, una città a tratti soffocante per una persona come me. Arrivai a propormi due opzioni, Cuba o Barcellona. La scelta già la conoscete, anche se Cuba è rimasta nei miei pensieri. Quando arrivai a Barcellona trovai una buonissima situazione che mutò in un paio di anni dal mio arrivo, ma il mio lavoro non ne ha mai risentito, al contrario. C’è anche da dire che, dopotutto, quando si nasce professionalmente nella crisi, probabilmente si osservano le cose da un’altro punto di vista.

Pensi che in Italia non avresti avuto le stesse opportunità?

Non lo potrò mai sapere, quel che è certo è che in Italia esiste un pregiudizio sfrenato ormai tipico, che finisce per traumatizzare ferocemente le ambizioni dei sognatori. La corruzione generale è diventata una tradizione. L’originale perbenismo italiano ostacola l’autenticità e l’originalità. Una bella storia però la voglio raccontare: l’anno scorso, ho fatto per la prima volta un concerto con la mia band nel mio paese d’origine, Cerchiara di Calabria. Dalle previe conversazioni organizzative che avevo per e-mail con il sindaco, notai che stava facendo uno sforzo esagerato per riuscire nella realizzazione del concerto. Capii che stava incontrando qualche ostacolo o giudizio contrario, ma per fortuna vinse la sua ferrea volontà. Il giorno del concerto tutto si rivelò un gran successo, sia per noi sia per gli spettatori. La festa durò tutta la notte e nei giorni seguenti alcuni compaesani mi fermarono per strada per complimentarsi con me. Qualche giorno dopo notai alcuni ragazzi, tra i 16 e 20 anni, ballare nella piazzetta, con lo stereo della macchina a tutto volume, sulle note della mia musica. Il mio pensiero è costantemente rivolto alla mia terra.

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Oltre a dedicarti alla musica, di cosa ti occupi?

Ho svolto mille lavori diversi per poter acquistare strumenti e attrezzi per fare il musicista. Una volta raggiunto l’obiettivo, mi sono dedicato alla musica fino ad oggi come attività principale. Da qualche anno, nel mio piccolo, organizzo alcuni concerti per alcuni gruppi italiani che vogliono suonare a Barcellona. Quest’anno ho ripreso ad organizzare mostre d’arte visiva come facevo sette anni fa a Firenze e da poco ho ripreso a dare lezioni di Tarantella.

Una bella iniziativa portare la propria tradizione oltre confine! A che genere appartiene la musica che suoni?

La mia musica è d’autore, ma suono anche musica popolare del Sud Italia, che si è successivamente convertita in folk e poi in World Music. Ho imparato molto a Barcellona, mi sono aperto a nuove culture musicali, certamente anche grazie alle numerose collaborazioni con persone provenienti da ogni parte del mondo.

Piero Pesce musicista italiano a Barcellona

Che riscontro ottieni tra il pubblico spagnolo?

Rimarreste sorpresi. Vi aspetto tutti a Barcellona per dimostrarvelo! Non dico nient’altro, perché non vorrei darmi delle arie…

Lavori presso qualche locale?

Il mio primo locale fu il famoso Mariatchi, bar dove lavorai dapprima come barista (appena giunto a Barcellona), poi come musicista, motivo per cui ebbi l’occasione di conoscere personaggi della scena musicale mondiale. Fu la mia prima famiglia. In seguito sono stati molti i locali in cui ho lavorato come musicista e dove continuo a farlo, girando continuamente tutta la Catalogna tra locali e feste private. In particolare, mi piace suonare nell’Irish Pub più antico di Barcellona, The Quiet Man nel barrio del Raval, locale in cui vorrebbero che andassimo a suonare tutti i giorni; un altro posto è un ristorante italiano, dove ogni domenica suono ed organizzo aperitivi musicali o d’arte in generale. Si chiama le Cucine Mandarosso, una vera miniera di preziosità culinarie, un luogo in cui ho trovato persone che hanno creduto dal primo momento nelle mie capacità. Poi ancora il bar Pastis, l’angolo francese della vecchia Barcellona, un vero gioiello. Infine, un altro locale che vorrei citare è il Bar La Rouge nella Rambla Raval, il posto in cui di solito vado a bere una birra e a chiacchierare con conoscenti ed amici. Anche qui spesso fanno sforzi enormi per organizzare unplugged delle Questioni Meridionali Folk (il nome del mio progetto musicale), anche loro se potessero ci darebbero, musicalmente parlando, posto fisso ed esclusivo.

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In questo lungo periodo di permanenza avrai conosciuto bene Barcellona, cosa puoi raccontarci del posto?

Barcellona è una bellissima città, con tanta arte e tanta storia, ma soprattutto con un clima meraviglioso che la rende simile a Napoli, ma senza camorra e con moltissimi aspetti in comune. La Catalogna è da conoscere, ha sorprendentemente molto in comune con la cultura del Sud Italia. Ë una città dove è veramente difficile annoiarsi, perché esistono molteplici possibilità di svago, ci sono costantemente molte cose fare ed alcune persino contemporaneamente. Così, il tempo scorre velocemente, senza rendersene conto. Questo però è anche un male, perché a volte capita di deconcentrarsi dai propri obiettivi. É la città nella quale se non sai dir di no, sei perduto.

Secondo te cosa colpisce a prima impatto?

L’impatto che ebbi io sette anni fa è sicuramente differente da quello che oggi può avere un nuovo arrivato. Incontrai uno spirito nuovo, una maniera di vedere le cose e di reagire alle stesse. Oggi invece è diventata una città di mercato mondiale e meta di turismo di massa, niente di più umiliante per la dignità delle persone. Ma questa è una affermazione molto ma molto personale.

Piero Pesce musicista italiano a Barcellona

Come trascorri le tue giornate?

Mi alzo tardi e faccio un’abbondante colazione, quando invece mi capita di alzarmi prima, ne approfitto per fare una nuotata in piscina. Passo due ore collegato ad internet per il lavoro di promozione e management del mio gruppo; cucino, pranzo e caffè; a seconda del giorno della settimana, nel primo pomeriggio faccio le prove con il gruppo, scrivo canzoni, ne arrangio altre; oppure provo nuovi strumenti tradizionali o ricerco documenti sull’Unità d’Italia. Do lezioni di tamburello o di tarantella, penso a nuovi progetti o a una grafica per una ipotetica maglietta con il logo del gruppo. Solitamente di sera lavoro di più. Quando invece capita di non avere concerti, resto in casa a guardare un film, poi un libro e poi mi rimetto a scrivere e a suonare.

Ti capita di pensare ad un tuo ipotetico rientro in Italia?

Sempre. Anche se l’Italia, per molti come me, è solo una parola. Ho voglia di tornare al Sud, ricordate queste parole? “..Se mai qualcuno capirà, sarà senz’altro un altro come me…”

Dopo 7 anni di permanenza in Spagna se ti chiedessi di fare un resoconto, quale sarebbe il responso?

Il risultato di un’esperienza non ancora finita è difficile da dare. Mi sono adattato, ho fatto un percorso, avevo degli obiettivi basilari che una volta raggiunti sono stati sostituiti da ambizioni, adesso forse ho voglia di cambiare. Voglio tenere in considerazione un ipotetico cambiamento di vita, anche se sono consapevole che non potrebbe essere radicale come quello passato, non sarebbe possibile.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Migliorare professionalmente e raggiungere obiettivi che solo adesso riesco a vedere, abbandonare il superfluo ed accrescere la mia conoscenza, come ho cercato sempre di fare. Adesso inizio a lavorare per tutta l’Europa e mi vien naturale riflettere sul fatto che risiedere in un posto oppure in un altro può diventare relativo. Con il tempo e con questa professione, un progetto che vorrei realizzare sarebbe quello di riuscire a ritornare in Calabria, per viverci.

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