Melania Anna Duca: trasferirsi in Irlanda del Nord

Di Nicole Cascione

 

“Mi sono trasferita nel dicembre 2016, un “viaggio della speranza” – così si suol dire, un percorso di 4000 km in auto attraverso l’Europa. Mio marito è britannico, l’ho conosciuto in Puglia, quando nel 2014, collaborava con un’azienda brindisina nel settore aeronautico.

Brian è infatti ingegnere, una grande passione per la meccanica degli aeromobili ed una gran paura di volare! Non vi nascondo che l’esigenza di rientrare, al termine della sua missione, non è stata l’unica ragione per la quale ho personalmente deciso di “abbandonare la nave”.

Mi duole dirlo con così tanta tristezza, mista a disperazione, ma la nostra bella Italia non dà lavoro. Non a quel personale altamente qualificato che ha diritto, come tutti, di inseguire i propri sogni, dopo così tanti anni parcheggiati nelle Università e tanti soldi spesi.

Il mio sogno è sempre stato quello di dare una mano, di fare qualcosa di concreto per aiutare gli altri”. Melania Anna Duca, ricercatrice pugliese emigrata all’estero.

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Melania, quali sono state le tappe fondamentali della tua carriera professionale che ti hanno portato a vivere in Irlanda del Nord?

Non sono una simpatizzante delle macchinose burocrazie, delle lobby e di tutti i problemi del nostro Paese. Credo che lamentarsi dell’Italia serva a poco. Ci sottrae quel tempo prezioso, troppo prezioso che potremmo impiegare nel realizzare grandi cose.

In Italia, subito dopo il dottorato, conseguito a Bari in Storia della Scienza, ho cercato di farmi spazio – con enormi sacrifici – in “accademia”. Ma l’ “accademia” non esiste più. Il mio progetto di dottorato fu premiato in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia; si trattava infatti del primo e unico studio onnicomprensivo riguardante la Storia della medicina legale nel Nostro Paese. Un libro pubblicato, a mie spese, nel 2015, uno studio condotto sul campo e 3000 manoscritti, 3 anni di lavoro e “mani nere”. Questo lo dico per tutti quelli che credono che la ricerca sia lavoro da intellettuali “occhiali e pipa”.

Quello che voglio dire è che, dopo avere investito nella mia formazione oltre 36.000 euro di soldi pubblici, l’università e lo Stato hanno abbandonato me e tutti i miei colleghi e continuano a farlo con tutti gli studenti talentuosi e meritevoli che son buoni solo in tempo di campagne elettorali. Attualmente presto la mia attività di docenza per l’Università privata e-Campus che perlomeno quando bandì il mio concorso da Ricercatrice TDa non guardò né i miei 26 anni né altro e giudicò imparzialmente sulla base del mio CV, dandomi la possibilità di vivere un’esperienza didattica unica, un ambiente moderno e “diverso” dal solito.

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Ma oggi il mio contratto è al termine e il governo, che ha deciso di sindacare anche sul privato, si è inventato le Abilitazioni Scientifiche Nazionali a un fantomatico ruolo di Professore Associato che di fatto, nella pratica di tutti i giorni, personalmente svolgo da ormai diversi anni. L’ASN non l’ho vinta perché troppo giovane, così mi è stato detto, né francamente ho alcuna voglia di ripresentarmici.

Dopo 12 libri pubblicati in Italia e nessuno che abbia finanziato le ricerche, se non la mia incredibilmente solida famiglia, che in me per fortuna ha sempre creduto, ho scelto di scrivere solo in lingua inglese. Entro giugno 2018 uscirà in UK il primo volume sulla Psicoanalisi Biocentrica.

Ti occupi di psicoanalisi, relativamente ai casi di femminicidio e di violenza di genere. Le tue ricerche sono prevalentemente rivolte alla Sindrome di Borderline. Ce ne parli?

Mi sono specializzata in Psicoanalisi in Regno Unito, ho aperto uno studio privato e insieme con mio marito abbiamo creato una Fondazione per la Ricerca e lo Sviluppo sperimentali delle Scienze Sociali ed Umanistiche. La mia attività preferita è la Psicoanalisi applicata al miglioramento della performance sportiva.

In qualità di ex atleta delle discipline equestri, infatti, adesso seguo in allenamento e gara diversi cavalieri ed amazzoni anglosassoni. Lavoro molto bene con i boxers e i calciatori. Adoro i bambini. Il mio interesse per la Sindrome di Borderline ha ragioni biografiche. Il mio ex compagno era affetto da tale Sindrome ed

esternalizzava la propria aggressività. In UK sono stati fatti diversi studi, ma i più interessanti vengono dagli States dove si è trovata una correlazione tra Borderline e Femminicidi/violenza contro donne. In uno studio specifico emerge l’oscillazione di una percentuale preoccupante: dal 25 al 50% della popolazione carceraria è affetta da Borderline, molto frequente nei soggetti che si fanno attori di reato violento, quale il Femminicidio.

Ora, dire “Borderline” spesso vuol dire tutto e vuol dire niente. Ma vedi, la Borderline è un “capro espiatorio” perfetto. Ti spiego perchè: oggi noi temiamo il concetto di complessità. Non c’è nulla di sbagliato nella complessità. Dobbiamo invece capire che più continuiamo a settorializzare, quantificare, definire e più ci allontaniamo dalla Natura e dalla Verità. Sono stata molto fiera di presiedere la Conferenza che il 19 febbraio si è tenuta a Bari sul Femmicidio. Lo stesso giorno, un anno fa, mi lasciava il mio caro amico e professore di Fisica a e-Campus, Salvatore Motta, nonché vicedirettore del Centro di Ricerche che avevo fondato. Salvatore era un idealista.

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Ogni donna o uomo che muore, per mano di un altro uomo o donna, muore un ideale di Umanità. E si può uccidere in tanti modi. Non servono spesso né armi né moventi.

Hai depositato un brevetto che è stato accolto da 26 Paesi, tra i quali non compare l’Italia. Di cosa si tratta?

Della Psicoanalisi Biocentrica. Un nuovo approccio che trova ispirazione nelle teorie fisiche promosse da Robert Lanza. Il Biocentrismo di Lanza vuole imporsi quale “teoria del tutto”, una teoria in grado di spiegare ogni cosa.

Lanza però pecca sulla definizione di coscienza perché non ha prove pratiche della possibilità che sia la mente a determinare la realtà e non viceversa, che sia la realtà stessa un prodotto dell’attività pensante. Bios viene dal greco e significa Vita ma non come la conosciamo noi. La Vita è una forza, un’energia che nel corso dei secoli tutti gli scienziati hanno sempre cercato di definire e quantificare. Non vi sto parlando dell’anima, eppure sulla possibilità che esista vi inviterei ad essere cauti e a non dubitarne a priori. La mente è più potente di quello che noi immaginiamo. Se opportunamente stimolata può riservarci delle sorprese.

L’Italia non contempla quale categoria professionale riconosciuta e normata quella dei Terapeuti di Medicina Complementare perciò la Biocentrica è per ora “affare estero”.

Sei una ricercatrice pugliese, emigrata all’estero. In quale stato versa la ricerca nel Regno Unito, rispetto all’Italia?

Vi basti pensare che la mia azienda ha potuto registrarsi con un codice sic (i nostri ateco) per la ricerca sperimentale che riceve delle agevolazioni governative, le quali mi consentono di offrire spesso dei servizi gratuiti o a prezzi eccezionalmente competitivi tra cui il consulto psicoanalitico, perché quando pago le tasse lo Stato tiene conto del lavoro che svolgo per la comunità.

Non solo, ma tutte le volte che ho cercato in passato di aprire un’azienda in Italia, è stato più un incubo che una bella avventura imprenditoriale. Perdonate i miei toni che sono sempre molto forti, ma credo che prima o poi qualcuno la verità la debba dire e la vita è una sola.

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Quali sono invece i tuoi consigli rivolti ai ricercatori italiani che non vedono un futuro in patria?

Questa è una bella domanda. E la risposta non è facile. Io, se avessi potuto, in Italia ci sarei rimasta. Ma tutte le volte che ho incitato i miei colleghi a firmare una semplice petizione, una rimostranza, alla fine si sono sempre tirati indietro. Il problema è culturale.

I giovani devono tornare a fare politica. La politica non è aliena ai nostri bisogni. La politica è il nostro futuro. Dobbiamo ritrovare il coraggio di dire basta, di dire “andate a casa”, “da adesso facciamo noi” perché è il nostro futuro, non quello di qualcun altro.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Pensi di rientrare in Italia prima o poi?

Sì. Ve lo dico a bruciapelo perché l’Italia io non la lascio. Sono emigrata per trovare stabilità, ma corrispondo il mio voto politico attraverso il Consolato Italiano Circoscrizione di Edimburgo regolarmente. Il Regno Unito mi consente la doppia cittadinanza e sarà così anche dopo la Brexit. Farò quello che posso, anche solo attraverso un’intervista come questa, per ridare speranza a chi l’ha persa, la speranza di avere voce in capitolo sul proprio domani.

www.facebook.com/groups/biopsycho/ (Gruppo Facebook)

http://biocentricpsychoanalysis.uk/ (Sito Web)

www.the-cma.org.uk/Practitioners/Dr-Melania-Anna-DucaCanavan-2434/ (Profilo CMA)