Laura:  l’Ungheria ha scelto me

A cura di Maricla Pannocchia

Da sempre una grande viaggiatrice che si sentiva “stretta” nel suo paesino natale, arrivata a 26 anni Laura si è resa conto di non avere più molto tempo a disposizione per partecipare allo SVE, ovvero al Servizio Volontario Europeo, aperto a chi ha massimo 30 anni. E così la ragazza si è candidata e l’Ungheria l’ha scelta per un progetto nella comunità di un paesino. Laura ha vissuto anche a Budapest e ci racconta che la vita nei paesini e quella nella capitale sono molto diverse. “Ci sono persone che visitano solo Budapest e pensano di aver visto tutta l’Ungheria”, racconta la donna, “visitare Budapest è necessario perché è una bellissima capitale, ma l’Ungheria ha anche molto altro da offrire.”

Laura, che lavora come cameriera ai piani, in Ungheria ha avuto la possibilità di scegliere il proprio lavoro, “cosa che in Italia non ho mai avuto. Inoltre, il mio inglese all’inizio era davvero scarso e questo non mi è stato d’aiuto. Ho incontrato ragazzi che lo conoscevano meglio e anche loro hanno potuto scegliere l’ambiente lavorativo che preferivano”.

A chi sogna di trasferirsi in Ungheria, Laura consiglia di non sforzarsi a superare le differenze fra lo stile di vita italiano e quello ungherese, ma di conoscerle e accettarle, con i pro e i contro che tutti i Paesi hanno.

Laura Ungheria

Ciao Laura, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Mi chiamo Laura, ho 34 anni e sono nata in un paesino della provincia di Reggio Calabria che si chiama Riace. Ho studiato scienze politiche. Per anni sono stata attiva nel sociale, ne ho fatto in qualche modo parte, e ho sempre pensato che solo accumulando esperienze, mettendosi alla prova e sbagliando, possiamo conoscere davvero noi stessi.

Cosa ti ha spinta a lasciare l’Italia?

Da quando sono diventata maggiorenne, ho sempre viaggiato, scegliendo mete che a molti sembravano “non convenzionali”, magari poco attraenti o non abbastanza turistiche. Ho sempre sentito “stretta” la realtà del mio paese. Come la maggior parte degli adolescenti, non riuscivo a trovare una dimensione sociale o lavorativa che mi permettesse di essere me stessa, di crescere e di mettermi alla prova. Avevo 29 anni, non avevo un lavoro ed ero tornata a vivere con i miei genitori. Avevo sempre desiderato partecipare a uno SVE (Servizio Volontario Europeo) e avevo ormai i minuti contati, visto che è possibile farlo entro i 30 anni. Non ho scelto l’Ungheria, ho scelto solo di partire, di andarmene via. Ed è stata l’ Ungheria a scegliere me.

Dove abiti precisamente e di cosa ti occupi?

Ho abitato a Budapest per due anni, lavorando come cameriera ai piani in un b&b del centro. Nei giorni liberi avevo trovato un buon giro di pulizie tra gli italiani che, come me, si erano trasferiti in Ungheria.

Come ti sei organizzata prima della partenza?

In realtà ho scelto una via molto comoda, perché partecipando a un progetto internazionale della durata di sei mesi, non ho dovuto preoccuparmi di molte cose. Sono stata aiutata in tutto perché comunque sarei partita per andare ad aiutare in una comunità sita a Piliscsaba, distante mezz’ora di treno da Budapest. Non mi sono preoccupata di biglietti aerei, dei documenti, di eventuali conti che avrei dovuto aprire una volta in Ungheria o dell’alloggio. L’ unica difficoltà è stata sistemare in valigia tutto ciò che d’invernale ero riuscita a recuperare, scarponi e giubbotti, cose alle quali non ero abituata.

Quali sono state le difficoltà maggiori?

La più grande difficoltà che è stata quasi subito superata è stata senza dubbio quello di essere catapultata in una realtà che linguisticamente non capivo perché erano davvero poche le persone che a stento parlavano inglese. Con il senno di poi, mi rendo conto che anche il mio inglese non era granché. Per fortuna, questo è un ostacolo che si supera nella quotidianità, nell’iniziare a capirsi e a conoscersi al di là delle parole.

Come hanno reagito le persone a te vicine davanti a questa tua scelta?

Non è stato un mio problema, quindi onestamente non lo so. Ricordo quanto sia stato doloroso lasciare la mia famiglia e i miei spazi e contro quanti sensi di colpa ho dovuto lottare. Sicuramente gli altri erano molto scettici riguardo la meta che avevo in qualche modo scelto, o meglio, che mi aveva scelto.

Come valuteresti il rapporto costo/qualità della vita?

Ho avuto la fortuna di vivere sia nella capitale, sia nel piccolo paese, e sono due situazioni del tutto diverse.

A Piliscsaba riuscivo a vivere con pochissimo e stavo bene. Non pagavo l’affitto, questo è vero, ma inizialmente le intenzioni erano di rimanere lì e mi ero informata sui prezzi, che sarei riuscita a sostenere senza grandi problemi. Era tutto poco caro e riuscivo a stare bene e a divertirmi con poco.

A Budapest i prezzi sono sicuramente più alti, ma sono sempre riuscita a mantenermi con pochissimo e a fare le cose che mi fanno stare bene, senza grandi sacrifici. Ritengo comunque che ogni persona abbia aspettative diverse e stili di vita che magari sono più alti dei miei. Io sono riuscita sempre ad arrangiarmi, lavorando anche a giornata, magari rinunciando a qualche uscita o a qualche vestito in più ma penso che ogni persona abbia le sue priorità e quindi non ritengo di poter essere un metro di paragone per altri.

È facile trovare un alloggio? Quali sono i costi medi?

Non è difficile trovare un alloggio, ma i prezzi post-pandemia sono lievitati in modo pazzesco. La mia singola in un appartamento che condividevo con altre due persone costava circa 230 Euro, Internet compreso e spese escluse, e queste si aggiravano in totale intorno alle 40 Euro ogni mese.

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Come valuteresti servizi come la sanità, i mezzi pubblici e la burocrazia?

Nonostante senta molte lamentele da parte di parecchi italiani residenti a Budapest, devo ammettere che io non ho mai avuto problemi in merito. Anzi, tutto è stato molto più lineare e semplice di quando ero in Italia, nonostante siano in pochissimi a parlare inglese. Semplicemente mi è stato assegnato un medico nel distretto nel quale vivo, dal quale sono stata ogni volta che ne ho avuto bisogno, e il quale mi ha prescritto, quando necessario, visite specialistiche gratuite. Sono riuscita a trovare senza problemi gli ambulatori dove ho trovato medici sgarbati e altri gentili, personale disponibile o meno, un po’ come nel resto del mondo. Mi sono sempre trovata benissimo viaggiando sui mezzi pubblici e anche a livello burocratico gli iter da seguire sono sempre stati chiari.

È facile, per un italiano, trovare lavoro o avviare un’impresa lì?

Per me è stato molto facile trovare lavoro, anzi, mi è successa una cosa che inizialmente mi ha sconvolta: ho potuto scegliere. Ho potuto rifiutare dei lavori sapendo di trovare qualcosa di meglio. Non ero assolutamente abituata a questo. Certo, qualcuno potrebbe pensare che lavorare come cameriera ai piani sia una scelta “forzata”, ma era ciò che volevo fare e in Italia non riuscivo a farlo né con contratti né con retribuzione adeguata. Ho conosciuto altri ragazzi che sono rimasti in Ungheria con qualifiche migliori delle mie (io purtroppo all’inizio avevo un pessimo inglese e questo non mi ha aiutata) e che hanno avuto la possibilità, a loro volta, di scegliere la posizione lavorativa che preferivano.

Quali sono, secondo te, i pro e i contro di vivere lì?

In Ungheria si parla una lingua difficilissima, purtroppo, unica nel suo genere, e se sei particolarmente portato, inizi a comprenderla dopo più di un anno che sei lì. Fa freddo, tanto freddo, e se non sei abituato lo patisci. Sicuramente la cucina ungherese è molto distante dalla nostra, ma pian piano inizi ad apprezzarla o quantomeno capisci quello che proprio non devi ordinare in un ristorante, se non vuoi spendere soldi inutilmente. La gente nei paesi parla pochissimo inglese e questo può portare a grandissime incomprensioni, ma non vuol dire che sia necessariamente ostile. Budapest è una capitale frequentata soprattutto per il clima festaiolo ma economico che offre, quindi alcune zone potrebbero risultare “pericolose” o quantomeno fastidiose per il via vai di festaioli ubriachi notturni. Si dovranno fare i conti con il fiorino, capirlo, seguire i suoi umori per valutare bene i cambi, per non rimetterci, o altrimenti fare come me, non pensarci proprio. Allo stesso tempo Budapest è una città cosi vivibile che le distanze si percorrono a piedi senza rendersene conto, piena di vita, cultura, di gente da qualsiasi parte del mondo che va e viene. Si riesce a vivere con poco e si riesce a fare di tutto. È una capitale vicinissima ad altre che in poche ore si possono raggiungere in treno o in autobus ed è comunque una città tranquilla, dal mio punto di vista.

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Come sei stata accolta dalla gente del posto?

Dal primo giorno in cui sono arrivata in comunità ho fatto parte di quel gruppo di persone che mi ha fatta sentire protetta, e fino alla fine dei miei giorni con loro mi sentirò a casa.

Che consigli daresti a chi sta pianificando di visitare l’Ungheria per la prima volta?

Il mio consiglio è di non pensare neanche un attimo che visitando Budapest si sia visitata tutta l’Ungheria. Sicuramente Budapest è una bellissima capitale da visitare e da conoscere, ma il resto dell’ Ungheria è molto diverso e offre paesaggi davvero caratteristici e particolari.

Cos’hai imparato finora vivendo lì?

Confrontandomi con le differenze culturali, linguistiche e sociali ho imparato che parlare di superamento è controproducente. Ritengo che il riconoscimento prima e il rispetto dopo siano fondamentali affinché si possa davvero “vedere” un posto diverso da quello in cui si è nati, riuscendo ad amarlo per tutte le positività che ti offre ma anche nelle negatività che sempre esistono.

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