La pensione me la godo in Portogallo senza tasse: Orazio Petruccelli si racconta

Ciao, ciao Italia. La pensione – senza tasse – vado a godermela all’estero.

E più precisamente in Portogallo, il secondo Paese, dopo le Canarie, tra le mete preferite dai pensionati italiani. Si conta che ad oggi oltre 6mila persone, fra i 60 e i 64 anni, abbiano deciso di trasferirsi a vivere in Portogallo da pensionato.

In generale è in Europa che i pensionati all’estero risiedono (73%), ma è in particolare il Portogallo a essere diventato il vero Eldorado degli over 60. Merito della possibilità di ricevere la pensione esente da tasse per dieci anni.

Secondo gli accordi bilaterali tra Italia e Portogallo attivi dal 2009, infatti, coloro che prendono la residenza nello Stato portoghese riceveranno la pensione lorda senza subire tassazioni sul loro assegno mensile.

Ad incentivare la grande fuga dei pensionati statali italiani verso l’estero ed il Portogallo anche il basso costo della vita, il basso costo degli immobili, il clima, la numerosa comunità di espatriati e le infinite possibilità di come riempire le giornate e le serate.

Tra loro c’è Orazio Petruccelli che un anno e mezzo fa ha deciso di trascorrere i suoi anni della pensione in Portogallo.

Molto lontano dal modello “pantofole e tv”, offre gratuitamente le sue conoscenze in materia previdenziale ad una società italo-portoghese con sede ad Olhao, deliziosa cittadina di pescatori nella meravigliosa e spensierata regione dell’Algarve.

Orazio è stato infatti un dipendente Inps ricoprendo molti ruoli di rilievo in quasi tutti gli ambiti istituzionali dell’Ente, operando sia in front-office che in back-office in diverse sedi d’Italia e svolgendo nell’ultimo decennio di attività, prima della cessazione dal servizio, attività di coordinamento direttivo presso la Direzione Generale dell’Istituto.

Romano, laureato in Scienze Politiche con un Master in Marketing Turistico, una laurea Magistrale In Management Pubblico ed e-Government, e una specializzazione in Scienze della Pubblica Amministrazione, di stare fermo proprio non ne vuol sapere.

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Dottor Petruccelli, quando ha deciso di trasferirsi in Portogallo e perché?

«Mi sono trasferito circa un anno e mezzo fa dopo il pensionamento perché la vita in Italia era diventata insostenibile. La mia pensione non è particolarmente alta, nonostante i miei anni di lavoro. Ogni mese vedevo che circa il 43% veniva assorbito a titolo di imposte dallo Stato, e quando mi sono reso conto che le spese aumentavano sempre di più, l’inflazione rimaneva stagnante, i prezzi aumentavano, ho deciso di andare via. Quando poi ho capito che il Portogallo, oltre che una zona meravigliosa, è un Paese efficiente non ho avuto più dubbi sul trasferimento».

Lei risiede in Algarve, la regione più meridionale del Portogallo, meta soprattutto di turisti attratti dalle sue splendide spiagge e dal suo mare cristallino. Come si vive in questa regione?

«Qui sono nel paradiso terrestre. È oltre un anno che ci abito e posso dirlo. Ci sono trecento giorni di sole all’anno, che sono sì quelli pubblicizzati, ma vi assicuro che è tutto vero. Coste stupende, spiagge da capogiro che non hanno nulla da invidiare alla Costa Smeralda e ad altre zone stupende del Bel Paese. Mi trovo a due ore e mezzo di volo dall’Italia, a 140 chilometri da Siviglia e a 40 dal confine spagnolo. Sono in una terra in cui c’è un livello di civiltà ed educazione di gran lunga superiore a quello degli italiani. Faccio un esempio semplice: le strisce pedonali. In Italia dobbiamo far attenzione a non essere investiti perché spesso sono considerate un optional. Al contrario in Portogallo su tutte le strade e in prossimità di tutte le strisce pedonali, almeno a cento metri, anche se il conducente non è sicuro che una persona abbia intenzione di attraversare si ferma sempre, inequivocabilmente. Se non è questa una dimostrazione di civiltà..».

Olhao è una deliziosa e suggestiva cittadina di pescatori. Conosceva già il posto o è stata una scelta impulsiva la sua?

«Non sono partito all’avventura, perché non sono il tipo di fare scelte a caso. Prima ho cercato di capire cosa potesse offrirmi il Paese. Il Portogallo non è uno Stato a regime fiscale agevolato, non è Panama. Anzi ha un regime fiscale leggermente più alto di quello italiano con l’Iva al 23% e non al 22% come in Italia.

Nonostante ciò vi è un equilibrio e una grande attenzione da parte dello Stato. Qui non si commettano grossi reati fiscali. Naturalmente gli evasori ci sono sempre, ma sono piccoli tanto che da un po’ di tempo il governo portoghese ha incentivato i privati cittadini a richiedere la fattura con il loro codice fiscale portoghese anche quando si va dal parrucchiere o a fare la spesa dando loro la possibilità di scalare a fine anno tutte le fatture nella dichiarazione dei redditi.

E dulcis in fundo una volta al mese il governo sorteggia, in una sorta di mega gratta e vinci nazionale, alcune di queste fatture elargendo premi megagalattici ai cittadini che si sono fatti rilasciare le fatture, che infatti devono essere conservate come se fossero delle giocate al superenalotto».

Come è stato accolto dagli abitanti del posto? Ha avuto difficoltà, penso alla lingua?

«Sono stato accolto molto bene. Noi italiani in tutto il Portogallo siamo davvero benvoluti. Qui in Algarve in modo particolare. Siamo amati perché la nostra lingua è molto simile al portoghese, c’è molta affinità. Sono due lingue latine, e molte parole sono assolutamente identiche.

È importante parlare la lingua locale, altrimenti le relazioni sociali si bloccano e non si riesce a far nulla. Il portoghese è una lingua che bisogna incominciare ad amare, a capirne le sfumature, ma è davvero bella.

Credo sia molto più facile per noi italiani imparare il portoghese che non lo spagnolo che ha caratteristiche di pronuncia un po’ differenti e diventa difficile impararlo per chi non l’ha studiato soprattutto se si inizia a 60 anni».

Le principali differenze tra Italia e Portogallo?

«Tante. Troppe. Innanzitutto in Portogallo non c’è delinquenza. Una ragazza di 20 anni può uscire da sola a mezzanotte su una strada deserta e non deve temere nulla, di nessun genere, da nessuno. E poi tutto è molto efficiente.

Ho abitato a Roma in contesti nei quali la civiltà dovrebbe essere l’esempio per tutti gli altri. Ho vissuto anche in contesti meno caotici come la Toscana, ma le cose non cambiano purtroppo, e quando si arriva in Italia te ne accorgi. Mi capita spesso di dover tornare per qualche giorno e ogni volta non ho bisogno di scendere dall’aereo per rendermi conto di essere in Italia. Mi basta arrivare all’aeroporto Leonardo Da Vinci di Roma per capirlo.

Anche se mi bendassero prima di imbarcarmi senza dirmi la destinazione, lo saprei. Me ne accorgo perché è difficile uscire indenni da quell’aeroporto: o ti sparisce il bagaglio, o non riesci a scendere dall’aereo perché la scaletta è sparita. Davvero assurdo. Quando si arriva in Portogallo queste cose non succedono, e non stiamo parlando né della California né di Miami o Washington, ma di Lisbona e dell’aeroporto di Faro dove c’è un livello di efficienza incredibile».

In Algarve c’è anche una grande comunità di italiani. Sempre più numerosi, infatti, sono i pensionati che scelgono di trasferirsi qui. D’altronde clima mite e costo della vita basso sono un bell’incentivo per mollare tutto e passare gli anni della pensione qui. Quali sono i vantaggi che i pensionati possono trovare in questo Paese?

«Il più grande vantaggio è che per dieci anni non subiscono tassazioni sull’assegno pensionistico. Negli anni ’80 fu siglata da tantissimi Stati europei una convenzione bilaterale per evitare la doppia imposizione fiscale.

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Questo affinché ovviamente – quasi a voler anticipare quella che poi sarebbe stata l’Unione Europea – il cittadino che decideva di trasferirsi in un altro Stato per svariati motivi non dovesse subire due volte la tassazione. Se solo il governo italiano pensasse di copiare il decreto legge 249/2009 del Portogallo in favore dei cittadini europei che si trasferiscono in Italia, il Pil del Paese nel giro di tre anni subirebbe un balzo verso l’alto incredibile.

Non comprendo i motivi che non consentano all’Italia di fare questo passo. Ho il sospetto che la quasi totalità dei politici che ci governano goda di un’ignoranza cronica in ogni senso».

Non dover pagare tasse aggiuntive è sicuramente un incentivo forte. Quali sono gli altri vantaggi del Portogallo?

«Qualità della vita eccellente, basso costo degli immobili e degli alimenti, efficacia ed efficienza sono fattori determinanti che spingono sempre più persone a stabilirsi in Portogallo. Credo, infatti, che quest’anno si prospetti un’emorragia di connazionali oltre ai tradizionali inglesi, francesi e tedeschi, di gran lunga maggiore rispetto agli anni passati.

Colpa, ahimè, della crisi italiana che non solo stagna ma peggiora sempre di più. In Portogallo, invece, c’è un grande movimento di denaro perché tutti coloro che si trasferiscono, investono. Comprano casa anziché affittarla, dal momento che il mercato immobiliare è fiorentissimo. Solo nella località di Olhao – che conta 45mila abitanti – c’è un’agenzia immobiliare ogni 50 metri.

Ciò dimostra che il mercato immobiliare non soltanto è fervido ma che difficilmente andrà a saturarsi. È un mercato pieno di vita e i prezzi sono ottimi. Ma ciò che maggiormente incentiva gli europei e in particolari gli italiani è l’assenza della casta dei notai. Qui ad esempio ho comprato casa e il notaio mi è costato solo 350 euro.

Facendo due conti in Italia mi sarebbe costato più di 8mila euro. E non siamo in un altro mondo, ma solo a due ore dall’Italia. La differenza è che il Portogallo ha reso i notai professionisti privati, mentre in Italia sono pubblici ufficiali e sono riusciti, anche per questo, a formare quella casta inviolabile con tariffari da capogiro».

Dirigente Inps, lei ha dedicato una vita al suo lavoro ricoprendo diversi ruoli in molte città. Perché i pensionati fuggono all’estero? Cosa non funziona del sistema italiano?

«Fuggono per colpa delle imposte troppo elevate. Con quasi 40 anni di lavoro alle spalle nell’ambito della previdenza, posso dire di essere un profondo conoscitore del sistema presidenziale italiano, ne conosco i pregi e i difetti.

Uno degli errori fatti dall’allora presidente Mastrapasqua è stato l’accorpamento all’Inps di quello che oggi viene definito ex Inpdap. Di fatto, però, continuano a essere due istituti diversi per funzioni e attività. Il risultato è che oggi l’Inpdap – che aveva i suoi costi all’epoca – grava almeno per 2-3 volte di più sul bilancio dell’Inps producendo scarsissima efficacia ed efficienza.

E quando, in un contesto pubblico e parastatale, mancano queste due condizioni la macchina amministrativa si ferma a discapito delle aspettative dell’utenza che non sempre sono persone destinatarie di assegni pensionistici da 5mila euro al mese, ma il più delle volte di assegni al di sotto dei mille euro.

Personalmente ho sempre cercato di lavorare all’insegna dell’efficienza ed efficacia, cercando di creare quel normale e auspicabile rapporto tra amministrazione e cliente esterno, cosa che difficilmente in Italia si trova. In Portogallo invece con grande stupore sto ammirando la funzionalità della macchina burocratica.

Quotidianamente mi rivolgo ad uffici della pubblica amministrazione portoghese, finanziari e non, e devo dire che il livello di efficienza, efficacia, di capacità anche di relazione con l’utenza è impressionante. Non credo di esagerare, quando dico che l’Italia in rapporto al Portogallo è una decina di anni luce indietro nell’azione amministrativa nei confronti dei suoi cittadini»

Un esempio su tutti?

«L’Agenzia delle entrate italiana. Se si prova ad entrare sul portale, che si abbia o meno il pin di accesso, è un labirinto di informazioni rese alla rinfusa come se l’utente fosse il più esperto dei commercialisti europei.

Non c’è la filosofia della relazione con le persone normali, con quelle che hanno bisogno di ottenere un servizio. Una miriade di volte ho provato a interloquire con l’amministrazione dell’Agenzia delle entrate e tutte le volte, nessuna esclusa, non sono mai riuscito ad arrivare al punto di arrivo, a raggiungere l’obiettivo.

In Portogallo è diverso. Solo due settimane fa avevo bisogno di un documento importantissimo a firma del direttore generale dell’Ufficio Relazioni Internazionali della Finanza in Lisbona. Ebbene, sono andato sul sito e immediatamente ho trovato la funzione che mi serviva, ho compilato la domanda e al termine mi è apparso un messaggio: “Entro 24 ore riceverà il documento timbrato e firmato”. Il giorno dopo ho aperto il portale trovando il mio certificato firmato e timbrato dal dirigente. Così funziona la finanza portoghese.

Se funzionasse in questo modo anche in Italia forse non ci sarebbe nemmeno la crisi perché probabilmente non ci sarebbero gli evasori fiscali».

Lei collabora con una società ad Olhao, che si occupa dell’assistenza dei moltissimi connazionali che decidono di programmare il trasferimento proprio in Portogallo. Che tipo di consulenza offre?

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«La mia è una consulenza amichevole. Non sono venuto in Portogallo per lavorare, perché dopo 40 anni di lavoro cerco anche di riposarmi. Però a titolo completamente gratuito e in amicizia sto cercando di dare il mio contributo per aiutare tutte quelle persone a digiuno della normativa, e soprattutto coloro che pensano che venire in Portogallo e seguire tutta la prassi burocratica, amministrativa e diplomatica sia uno scherzo da ragazzi. Invece non lo è».

Ecco, qual è l’iter burocratico da seguire per chi vuole trasferirsi in Portogallo?

«Consiglio sempre di rivolgersi a un’agenzia o un avvocato. Perché sono pratiche complesse, non semplici da fare. Bisogna innanzitutto conoscere la lingua, dal momento che qui l’italiano non viene parlato.

Si corre il rischio di non farsi capire e di ricevere dei rifiuti, di rimanere con dei dubbi, o comunque di sbagliare le pratiche. In generale, la prima cosa da fare quando si arriva in Portogallo è acquisire il NIF, il codice fiscale portoghese, in modo provvisorio inizialmente perché si andrà a richiedere ancora con la residenza in Italia.

Il secondo passo è trovare un appartamento in affitto: fare il contratto, registrarlo alla Finanza, dopodiché si può ritornare alla Finanza per chiedere il codice fiscale definitivo con il domicilio portoghese. Solo allora si potrà andare alla Camera Municipal della città dove si è deciso di risiedere e chiedere il certificato di residenza, quindi l’iscrizione all’anagrafe locale nel registro dei cittadini dell’Unione Europea.

Si tratta di una dichiarazione sostitutiva della residenza fondamentale. Poi bisogna espletare un’altra pratica: compilare la domanda da inviare alla direzione generale del Ministero delle Finanze portoghese a Lisbona per ottenere il certificato di residenza fiscale.

Un passaggio importante perché servirà all’Inps per istruire la ricostituzione reddituale della pensione e poterla poi accreditare, sulla banca portoghese, lorda senza la ritenuta alla fonte da parte dell’Agenzia delle entrate. Prima di trasmettere queste carte all’Inps a questo formulario di domande bisognerà allegare un formulario particolare scritto sia in inglese che italiano edito dall’Inps che serve a indicare tutti i dati della pensione e, con un ulteriore modulo allegato a questo secondo formulario, chiedere il cambio di ufficio pagatore: quindi trasferire il pagamento dalla banca o ufficio postale italiano alla banca portoghese.

Tutto ciò deve essere inviato all’Inps che farà l’istruttoria per la defiscalizzazione che sarà concessa dopo 183 giorni di residenza in Portogallo. Se il cittadino italiano assume la residenza fiscale entro e non oltre il 30 giugno di ciascun anno avrà diritto poi al rimborso fiscale di tutte le imposte che saranno state ritenute alla fonte in Italia a far data dal primo gennaio dello stesso anno.

Purtroppo molti non lo sanno e pensano di poter venire in qualunque periodo dell’anno, ma non è così. La tempistica è fondamentale per non perdere tutti i benefici. Una volta fatto tutto ciò è necessario iscriversi all’Aire all’ambasciata di Lisbona che per legge ha sei mesi di tempo per intervenire. Una volta fatta la pratica, l’ambasciata provvederà a certificare l’iscrizione all’Aire ordinando all’anagrafe di cancellare il soggetto dall’elenco delle persone residenti in Italia».

Una questione spinosa è quella dei pensionati ex Inpdap che vorrebbero trasferirsi in  un altro Paese e che però vengono “bloccati” a seguito della loro condizione di ex dipendenti pubblici. Si fa una grande confusione tra pensionati Inps ed ex Inpdap. Proviamo a fare chiarezza.

«La convenzione del 1982 ha previsto che solo i pensionati di diritto privato, cioè i pensionati che possiamo definire “Inps puri” che godono di una base contributiva versata interamente nelle casse dell’Inps debbano versare le imposte sul reddito da pensione maturato in Italia al Paese ospitante.

A versare nelle casse dell’Inps sono le aziende private o lo stesso Inps per i propri dipendenti, per quello sono lavoratori giuridicamente assimilati a quelli privati. I lavoratori pubblici puri, quindi i dipendenti dello Stato, dei Ministeri, delle Forze Armate, degli Enti Locali, o delle Asl, continueranno ad essere tassati alla fonte in Italia pur essendo esonerati dalla doppia imposizione fiscale perché sono dipendenti per i quali è stato lo Stato direttamente, prelevando i soldi dei contributi dall’erario a versare i contributi in favore dei suoi lavoratori.

Contributi finalizzati alla copertura IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti). Lo Stato, quindi, ha sostenuto l’onere contributivo con l’aspettativa di un congruo recupero previsto a seguito dell’imposizione fiscale che ricadrà in capo al pensionato una volta uscito dal mondo del lavoro.

Si tratta, sostanzialmente, di un vero e proprio “vincolo di bilancio” da cui lo Stato non può derogare, e se lo facesse renderebbe sempre più irrealizzabile l’obiettivo di “pareggio di bilancio”.

Si tratta, insomma, di mere esigenze contabili con una motivazione aggiuntiva che deve ritenersi sostanziale, nel senso che se i pensionati ex INPDAP fossero a loro volta destinatari degli accordi bilaterali, venendo meno il diritto dello Stato di imporre la ritenuta alla fonte dell’IRPEF in quanto risulterebbe doppio impositore, si assisterebbe ad uno scenario paradossale: e cioè che lo Stato estero andrebbe ad incassare le imposte sugli emolumenti pensionistici corrisposti dallo Stato italiano a fronte di un onere contributivo sostenuto interamente dallo stesso durante tutta la vita lavorativa del soggetto alle sue dipendenze.

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Diversa è la gestione della cassa dell’Inps perché, per quanto possa essere un ente pubblico, ha casse private nelle quali sì confluiscono i contributi dei lavoratori dello stesso Inps ma anche dei lavoratori del settore privato, dell’edilizia, del commercio, del terziario, dell’industria. Lo Stato, dunque, non ha sostenuto oneri contributivi a fronte del lavoro svolto perché questi sono stati sostenuti esclusivamente da datori di lavoro privati».

A chi sconsiglia un trasferimento qui?

«Erroneamente molti pensano che si possa scappare dall’Italia anche con una pensione di mille euro al mese. Non è così. Vivere di stenti, sopravvivere in Italia e venire poi a fare la fame in Portogallo non ha senso.

Bisogna far bene i conti, dopodiché consiglio di venire qui qualche giorno per capire se piace o meno il Paese. I prezzi, inoltre, sono pressoché identici a quelli italiani. Si risparmia un po’ di più, nell’ordine del 20/30%, nei servizi e nell’ambito dell’alimentare. Far la spesa costa almeno il 30% in meno, acquistando non prodotti da discount, come siamo abituati purtroppo a fare in Italia, ma comprando prodotti di prima qualità.

Un chilo di primo taglio di bistecche molto vicine al filetto di ottima qualità costa dai 4 fino a un massimo di 6 euro. Per non parlare del pesce sempre freschissimo. Vivo in una cittadina che vanta un mercato del pesce tra i più antichi del Paese, la mattina si trova pesce pescato da pochissime ore. Un’orata da un chilo la pago dieci euro. Insomma per molti aspetti è vantaggioso».

Molti anche i giovani che stanno pensando al Portogallo per una nuova vita. Che opportunità ci sono per loro?

«Diverse, grazie al decreto legge 249/2009 che prevede una serie di vantaggi non solo per i pensionati ma anche per i giovani che intendono aprire un’attività o svolgere un lavoro che qui viene considerato “valore aggiunto”. Per costoro per dieci anni il governo portoghese assicura un’imposta sul loro reddito del 20% fisso, e non è poco se si pensa che in Italia se si vuole aprire un ristorante bisogna pagare almeno il 60% del reddito tra le varie tasse e contributi. Insomma un bel modo per incentivare e attrarre i giovani».

Le manca l’Italia?

«Assolutamente no. O meglio, mi manca la bandiera dell’Italia. Sono un nazionalista, mi sento un cittadino italiano e lo rimarrò sempre. Ma onestamente ogni volta che per necessità, anche per pochi giorni, devo ritornare per me è un trauma. Innanzitutto per l’inquinamento che dove vivo ora non esiste. Già il fatto di poter respirare aria pura, bere acqua dai rubinetti mi fa stare bene. Le spiagge sono meravigliose, il mare è cristallino, e i servizi efficienti, mangiare al ristorante è conveniente, per non parlare della qualità della vita. Cosa voler di più?»

Per chi volesse contattare il dottor Orazio Petruccelli per avere informazioni, un aiuto o semplicemente dei consigli, questo è il suo indirizzo e-mail: orazio.petruccelli@gmail.com.

Orazio Petruccelli

A cura di Enza Petruzziello