La soluzione è stata un anno sabbatico e per ‘anno sabbatico’ si intende un viaggio.  “Ho lavorato qualche mese per riuscire a mettere via un po’ di soldi e a febbraio ho contattato il Centro Turistico Studentesco che mi ha messo in contatto con un’associazione neozelandese il cui obiettivo è fornire aiuto con la documentazione necessaria ad entrare nel Paese. In un mese ho messo a punto il viaggio e sono partito”.

Cosa c’è da sapere sui visti?

Io ho richiesto il visto per una “working holiday” e devo dire che è una procedura tutt’altro che semplice. Prevede l’apertura di un conto in banca, l’assegnazione di un numero identificativo e altre trafile burocratiche. Il visto per una semplice vacanza invece dura un paio di mesi e può richiederlo chiunque, al contrario del visto per la vacanza-lavoro che è riservato ai giovani fra i 18 e i 30 anni e infine c’è quello lavorativo, concesso solo a chi arriva nel Paese con già un contratto firmato. Il visto per la working holiday dura un anno e lo si può ricevere una sola volta nella vita.

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Quindi ti sei rivolto a questi supporti già con le idee chiare su dove andare. Ma come hai fatto a decidere?

Le mie possibili opzioni erano Canada, Australia, Nuova Zelanda, Inghilterra o Malta. Tutti paesi anglofoni dato che il mio obiettivo principale era imparare bene l’inglese. Il Canada mi sarebbe piaciuto molto ma servono tre mesi per ottenere un visto e io all’epoca non avevo tutto quel tempo. In Inghilterra se non vai a Londra è difficile trovare lavoro, ma se trovi un lavoro a Londra è quasi certo che verrai sfruttato. E poi i prezzi per un appartamento decente in centro sono esorbitanti! In Australia ci sono troppi italiani, Malta non ne parliamo. Ecco che resta la Nuova Zelanda! Ma non sono andato semplicemente a esclusione, prima di trasferirmi per 6 mesi dall’altra parte del mondo ho dovuto riflettere a lungo, per esempio sul costo del viaggio e sul fatto che sarei stato lontanissimo da tutti e tutti.

Sei partito con un piano o all’avventura?

Il mio piano originario prevedeva di passare tutto il tempo della mia permanenza ad Auckland e mantenermi grazie a lavoretti vari. Senonché, una volta arrivato, ho scoperto che Auckland non solo è la città più grande della Nuova Zelanda, ma è anche la più brutta.

Ma come?!

E’ una capitale economica, un centro finanziario pieno di grattacieli. Non è la città adatta a chi vuole vivere davvero la Nuova Zelanda. E’ troppo vuota e impersonale. Non sono l’unico a pensarla così, ho incontrato tante persone che per esempio le preferiscono Wellington, la capitale. Molto più interessante. Il fatto è che ad Auckland la maggior parte della popolazione vive in periferia. Se sei uno straniero vivi per forza in centro: ha poco senso a mio avviso rimanerci per lunghi periodi.

Dunque cosa hai fatto?

Ho deciso di iniziare a spostarmi, a viaggiare. Prima mi sono trasferito a Paihia, una cittadina poco più a nord. E’ piena di turisti ed è un posto ideale dove cercare lavoro per il periodo estivo. Tuttavia la stagione stava finendo e nessuno era interessato ad assumermi. Allora dopo due giorni mi sono spostato a Gisborne, circa a metà dell’isola del nord, dove ho scoperto la possibilità di lavorare nelle fattorie in cambio di vitto e alloggio. Ho consultato un sito che sostiene le aziende agricole biologiche e aiuta le persone interessate a lavorarci. Il concetto è aiutare e imparare, non ricevere un salario. In questo modo ho trovato una famiglia che mi ha accolto e ospitato insieme ad altri nove “backpackers”, ossia viaggiatori stranieri. Vivevamo tutti assieme nella fattoria e così ho potuto esercitare tantissimo il mio inglese e raggiungere un livello sufficiente a trovare lavore praticamente dovuque.

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E’ stato faticoso? Sei un ragazzo di città non proprio abituato a questo genere di lavori..

Nella fattoria ho dovuto lavorare 5 ore al giorno raccogliendo foglie di cachi. Non è stato nulla di così terribile e avendo fatto per anni gli scout non l’ho trovato traumatico. Era un lavoro semplice, ma devo ammettere che raccogliere foglie per ore e ore può essere snervante!

Il resto della giornata cosa facevi?

Stavo con gli altri backpackers e imparavo tanto sulla vita di fattoria. Inoltre ho scoperto la cultura mahori. Il fattore che ci ospitava era una persona molto gentile, ci teneva davvero a che conoscessimo le tradizioni della popolazione indigena. Una domenica per esempio ci ha portato a pranzo da una comunità mahori per mangiare il cibo tradizionale.

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I mahori vivono in quartieri separati rispetto a quelli dei bianchi?

Assolutamente no, si può passeggiare per le strade di Auckland e vedere indigeni in giacca e cravatta, ricoperti di tatuaggi tradizionali, che vanno al lavoro assieme ai loro colleghi bianchi. A differenza dell’Australia, in Nuova Zelanda c’è una forte integrazione tra i due popoli. A Gisborne per esempio ho notato che tutti i bianchi sanno almeno qualche parola di lingua mahori.  Tuttavia i mahori hanno forti problemi di alcolismo e consumo di droghe, nonché di obesità. Hanno vissuto isolati dal mondo fino a 150 anni fa e l’arrivo dell’uomo bianco ha portato tante novità (appunto alcol, droghe e cibi grassi) cui non erano abituati e cui fanno fatica ad abituarsi.

Dunque la tua esperienza in fattoria è stata positiva sotto ogni punto di vista.

E’ un’esperienza che raccomando a chiunque voglia visitare la Nuova Zelanda o l’Australia, e sorpattutto a chi arriva con un inglese appena sufficiente a trovare l’essenziale. Non solo permette di sostentarsi (non è da sottovalutare quando si parla di paesi così costosi) facendo qualcosa di diverso dal solito, ma aiuta anche tanto per quanto riguarda l’apprendimento della lingua.

Tuttavia, hai fatto anche altro, no?

Dopo Gisborne ho fatto una breve tappa a Wellington per poi ripartire con l’obiettivo di girare tutta l’isola meridionale a piedi, o in autostop.

Wow, bellissimo! E dimmi, hai sempre trovato un passaggio tramite l’autostop? E’ più facile che in Italia?

Ah, non c’è paragone! E’ abbastanza comune trovare persone che chiedono un passaggio, soprattutto nel periodo estivo. Sono per lo più backpacker stranieri che girano l’isola con, appunto, lo zaino in spalla. Alla fine sono riuscito a fare 1200-1300 chilometri.

Niente male!

Eh già. E conta che in autostop attraversavo soltanto i tratti stradali. Tutti i parchi nazionali li ho fatti a piedi.

E per dormire?

Tenda.

Tenda?! Proprio all’avventura! Ma ormai non faceva più caldissimo, vero?

Eh no. L’ultima notte ho dormito su una collina alle porte di una cittadina portuale, dalla quale mi sarei imbarcato per raggiungere l’isola del nord. Mi sono svegliato alle 5 di mattina con la tenda completamente ghiacciata. Nel senso che era proprio ricoperta da una lastra di ghiaccio.

Potevi montare la tenda dove volevi?

In teoria.. no. In pratica sì. In Nuova Zelanda c’è un enorme rispetto per la natura, che viene salvaguardata e protetta con estrema dedizione. Nei parchi naturali bisogna prenotare prima gli spazi dove campeggiare e bisogna pagare. Certe volte però mi è capitato di dover montare la tenda sul ciglio della strada perchè dopo un’intera giornata di cammino ero ancora in mezzo al nulla e non mi andava di fare l’autostop di sera. Mi sono dovuto arrangiare molto.

Tu per un mese non hai visto una casa?

Non proprio, dormivo in ostello circa una volta a settimana. Era necessario per fare rifornimento di cibo e scrivere ai miei genitori dove mi trovassi.

Quale posto ti è piaciuto di più?

Midford Sound, un lago circorndato da fiordi e montagne. Uno spettacolo.

Non ti sei mai sentito solo?

Sì, più volte. Mi capitava quando non riuscivo a trovare un passaggio. Una volta il mio cammino mi ha portato su una lingua di terra lunga un centinaio di chilometri, un posto molto particolare. Purtroppo non è un punto molto trafficato e sono stato 4 ore e mezza ad aspettare che qualcuno passasse. Ne avevo davvero bisogno perché avevo finito tutte le mie provviste di cibo e d’altro canto non sarei mai riuscito a farmela tutta a piedi. Mi sono sentito… abbandonato.

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Quindi hai avuto problemi come.. la fame?

A volte capitava. D’altronde quando ho iniziato la mia marcia nell’isola del sud ero rimasto con pochi soldi e compravo per lo più fagioli perchè erano la cosa che costava meno. Dovendo camminare con lo zaino in spalla tutto il giorno, cercavo anche di non caricarmi troppo. Già pesava mediamente 40 chili! Infatti alla fine del viaggio ne ho persi 15, di chili. In ogni caso non ho mai sofferto davvero e non sono mai arrivato a dirmi che non ne valesse la pena.

Insomma, un’esperienza seriamente on the road. Immagino ti sia piaciuta..

E’ stata la cosa più bella che abbia mai fatto. Paesaggi mozzafiato, io solo nella natura… Rivivere i luoghi del Signore degli Anelli e delle Cronache di Narnia… E’ stato unico.

Pensi che anche una ragazza possa fare la tua stessa cosa?

Assolutamente sì! Grazie all’autostop ho conosciuto una fotografa belga che mi ha dato due passaggi in due giorni diversi in due posti completamente diversi l’uno dall’altro. Che coincidenza, vero? Grazie a questo caso ho potuto conoscerla un po’ meglio e mi ha raccontato che anche lei ha fatto la backpaker viaggiando tra le varie comunità hippie della Nuova Zelanda. Faceva l’autostop di notte, perchè è più facile che ti diano un passaggio (di solito non vogliono lasciarti al buio da sola). Per le donne è più facile fare l’autostop ma è sicuramente anche più pericoloso. Penso però che basti un po’ di accortezza. Anche a me è capitato di rifiutare dei passaggi perché magari il guidatore sembrava un po’ strano, troppo serio, o la macchina troppo malandata. In questi casi bisogna basarsi sulle prime impressioni.

Dopo il tuo viaggio sei ritornato a Wellington per provare a trovare un lavoro. E’ stato facile?

✍ Consigliato: leggi la nostra Guida per andare a vivere in Nuova Zelanda! ☆

Sono arrivato a Wellington con l’idea di lavorare in un ostello per vitto e alloggio e la sera lavorare in pizzeria, così da riuscire a vivere e guadagnare degli extra. Già il primo giorno ho trovato lavoro presso l’ostello più grande di Wellington e mi è andata bene. Purtroppo non sono riuscito a lavorare come cameriere, quindi ho investito il mio tempo libero studiando lingua inglese e approfondendo la cultura mahori. Sono andato spesso a visitare il Paper Museum, un museo che ha una sezione molto grande dedicata alla storia del popolo indigeno. Sono andato più volte anche alla biblioteca comunale della città, molto grande e fornita. In generale mi è piaciuto stare a Wellington, è una città molto interessante in cui circolano un sacco di idee. Forse non vorrei vivere stabile in Nuova Zelanda ma se dovessi scegliere per forza una qualche città del paese in cui vivere per un determinato lasso di tempo, sceglierei senza dubbio Wellington.

Come mai non vivresti in Nuova Zelanda?

Non so, è una sensazione che ho avuto. E’ un paese molto anglosassone, dal modo in cui pensano al modo in cui mangiano. Non mi ci trovavo. Bello ma non per sempre. Inoltre dopo questa esperienza sono molto più legato alla mia nazione.

E’ una cosa un po’ controintuitiva!

Quando si parte si danno per scontate così tante cose, cose che in realtà sono stupende e che si hanno sotto il naso tutti i giorni senza che ci si renda conto del loro valore. Per farti un esempio, dopo essere vissuto per dei mesi in un Paese che ha 300 anni di storia a far tanto, ritornare in Italia e passeggiare fra i centri storici delle città è una gioia per gli occhi. Ora poi vivo a Venezia, immaginati..

Come ti sei trovato con le persone locali?

Ci sono due tipi di neozelandesi: quelli che vivono nell’isola del nord sono molto diversi da quelli che vivono nell’isola del sud. L’isola nord è più popolata e quindi più influenzata dai mahori, che sono ovviamente molto diversi da noi. Hanno una fiducia sconfinata nei confronti del prossimo, non è una scena strana vedere un mahori che dà le sue chiavi di casa in mano ad uno sconosciuto. Tu puoi perdere la loro fiducia, ma sicuramente non devi guadagnartela. Gli abitanti dell’isola sud sono più “europei” per quanto riguarda la mentalità. In generale è gente molto tranquilla e rilassata.

Ne è indice il fatto che non hai avuto problemi a fare l’autostop.

Sìsì, mi ha preso su praticamente chiunque! Dalle donne al padre con la figlia in macchina e il cavallo al traino! Facendo l’autostop ho conosciuto tantissima gente, ed era proprio quello che mi aspettavo di ricevere da questa esperienza.

Costa tanto la vita in Nuova Zelanda?

E’ una delle più care al mondo purtroppo. Forse è troppo cara anche per gli stipendi che prendono.

Essere andato via ti ha chiarito le idee su quello che avresti voluto studiare all’università?

In realtà prima di partire avevo già una mezza idea e una volta tornato l’ho rispettata: ho scelto di fare lingue orientali. Essere partito mi ha più che altro fatto capire che è viaggiare, quello che voglio fare nella vita. Il mio obiettivo per quando finisco la triennale è fare il giro del mondo e poi specializzarmi in traduzione, per poter tradurre libri da free-lence, e quindi continuando ad avere la possibilità di spostarmi. Non c’è altro che desideri fare di più in questo momento.

Molte persone hanno paura a fare l’anno sabbatico perchè c’è il rischio di non riuscire a trovare più la voglia di studiare dopo un anno di pausa.

E’ oggettivamente difficile ritornare sui libri dopo un anno passato a fare altro. Ma in realtà questo anno mi ha chiarito le idee e sono tornato con molta più voglia di studiare di prima. Non sono nemmeno un caso isolato, praticamente tutti i backpacker che ho conosciuto in Nuova Zelanda sono tornati agli studi. Quindi niente paura, partite!

ariazzi.a@gmail.com