Corea del Sud, la quarta potenza economica asiatica

Gianluca Ricci

La Corea del Sud è oggi la quarta potenza economica dell’Asia, dopo Giappone, Cina e India, e la sesta potenza manifatturiera mondiale, una posizione da poco soffiata proprio al nostro Paese. Si tratta dunque di una realtà particolarmente interessante per quanti cercano alternative convincenti ad un tran tran giudicato non più sopportabile. Non bastassero i numeri sopra ricordati, va aggiunto, giusto per comprendere l’aggressiva strategia adottata da qualche tempo dai vertici dello stato asiatico, che il nuovo presidente ha istituito uno specifico “Ministero per la creazione del futuro e della scienza”: una certificazione delle reali volontà da parte della politica di perseguire obiettivi improntati allo sviluppo e al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e di avvicinare in maniera assai più concreta che in passato investitori stranieri.

Avendo a disposizione un budget significativo, è possibile trovare aperte molte porte, anche in considerazione del fatto che laggiù tutto ciò che sa di Italia pare riscontri un incondizionato favore: il made in Italy è un brand che ha fatto breccia anche nella penisola indocinese, ragion per cui volare a Seoul e intrattenere rapporti d’affari con i maggiorenti locali non è complicato se si è in grado di far leva sull’italianità e sulle sue positive prerogative. Diverso è il discorso se si punta a raggiungere il lontano oriente per sondare il mercato del lavoro.

Innanzitutto per recarsi in Corea è necessario il visto: quello di studio viene rilasciato senza grandi difficoltà, ma viene rinnovato solo ed esclusivamente se si perseguono quelle finalità; va da sé che per seguire questa strada è necessario disporre di un capitale iniziale piuttosto consistente, visto che le autorità verificano se nel lasso di tempo trascorso in attività di formazione non si sia frequentato il mondo del lavoro. Il visto per motivi professionali viene invece rilasciato solo in seguito a precisa domanda da parte di uno sponsor, che certifichi la necessità di avere in azienda una specifica professionalità: nulla vieta, ovviamente, di arrivare laggiù con un visto di studio e poi iniziare a guardarsi intorno per cercare opportunità che da questa parte del mondo sarebbe ovviamente più difficile procacciarsi.

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Una strada che imboccano molti, pur sapendo che le chance di successo sono per lo più legate alla capacità di impadronirsi di una lingua non difficile in sé, ma comunque distante da quelle a cui gli europei sono abituati. È questo il maggior ostacolo che si frappone fra quanti cercano impiego provenendo dall’estero e un mondo del lavoro invece pronto ad accogliere chi riesce a superarlo. Primo, dunque, imparare la lingua. In secondo luogo avvicinarsi con curiosità alle tradizioni locali: la Corea è un Paese dallo standard di vita che non si esiterebbe a definire occidentale, ma tiene con scrupolo e cura a conservare inalterate le abitudini di un tempo. Da quelle parti, in particolar modo nella capitale, una megalopoli di 10 milioni di abitanti, si tende a vivere secondo la maniera occidentale, ma quando si può dedicare un po’ di tempo a sé stessi non si disdegna di frequentare usanze che si pensava confinate nel mondo del folklore.

Il costo della vita è direttamente proporzionale all’area del Paese in cui si pensa di vivere: nelle zone a maggior densità turistica, il costo lievita come in qualunque altra parte del globo, ma se ci si sa accontentare, soprattutto all’inizio dell’avventura, è possibile vivere con poco, in particolare per quanto concerne cibo e alloggio. Inutile precisare che le maggiori chances è possibile coglierle nel campo della ristorazione e dell’accoglienza turistica, ma più che altrove, se si riesce a trovare un gancio in loco, è possibile aspirare ad avventure professionali diverse e, se possibile, ancora più qualificanti.

Come spesso accade in occasioni simili, si può volare in Corea a fare i turisti, per poi provare ad imparare la lingua con la quale, infine, sondare il mondo del lavoro. Servono perseveranza, un budget seppur minimo, ma soprattutto la voglia di cambiare vita per davvero. E il guado è già a metà.