Salvatore: vi racconto la mia esperienza a Cuba

A cura di Maricla Pannocchia

Originario della provincia di Napoli, Salvatore ha visitato Cuba per la prima volta nel 2000, in quello che si è rivelato un viaggio disastroso in cui è stato derubato di 1.000 dollari e in cui, per colpa della figlia della proprietaria della struttura dove stava alloggiando, che ha sostituito la sua acqua minerale con quella della fontana, si è sentito molto male. Tuttavia, Salvatore non si è fatto scoraggiare, è tornato a Cuba e, quella volta, ha scoperto il lato migliore dell’isola.

“Vivere stabilmente a Cuba è impossibile, se non si è sposati con una persona del posto”, racconta Salvatore, “Per avere una casa o un’auto, bisogna essere in possesso della residenza permanente. Come turisti, si può rimanere per un massimo di 3 mesi.”

Salvatore ha lavorato per 30 anni nel mondo dell’audiovisivo e questo talento l’ha portato anche a realizzare dei docufilms sul Paese. “Sono riuscito a inserirmi molto nell’ambiente locale”, racconta l’uomo, “ma, per alcuni, rimarrò sempre uno straniero.”

salvatore raiola

Ciao Salvatore, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Sono cresciuto nella periferia di Napoli, tra Castellammare di Stabbia e Gragnano, mentre ho passato la mia infanzia alle foci di quello che era il limpido e pescoso fiume Sarno, ora il più inquinato d’Europa, a pochi metri dal mare con la vista sullo Scoglio di Rovigliano, conosciuto anche come il Tempio di Ercole. Studente in medicina e poi in sociologia e, infine, la scelta di dedicare la vita professionale al cinema e alla televisione. Prima come produttore e poi da regista e autore dei testi, ho passato più di trent’anni alla ricerca di stimoli e idee per le mie produzioni di documentari, la maggior parte autoprodotti. Gli ultimi anni li ho dedicati alla docenza nelle scuole pubbliche a contatto con studenti di varie fasce d’età a mettere a disposizione la mia conoscenza e la lunga esperienza nel campo audiovisivo.

Quando e perché hai deciso di lasciare l’Italia?

In realtà, non ho mai lasciato definitivamente l’Italia perché, tuttora, non ho fatto richiesta della residenza, anche se in questi oltre vent’anni ho passato più tempo a Cuba che in Italia.

Vivi a Cuba da molti anni, come sei finito proprio lì?

La prima volta che ho visitato l’Isola è stato nell’aprile del 2000. Il viaggio non fu per niente programmato, anzi, fu molto improvvisato, perché il mio desiderio era conoscere il Madagascar e in quel periodo i voli dall’Italia si potevano contare sulle dita di una mano. In meno di 24 ore un mio amico, titolare di un’agenzia di viaggi, mi propose come destinazione La Habana e mi disse che sarebbe stato un viaggio indimenticabile. A distanza di tempo ci rido su perché non fu certo un buon auspicio.

Dove abiti precisamente e di cosa ti occupi?

Ho casa a Contramaestre, in provincia di Santiago de Cuba, la parte orientale dell’isola, in cui vivo con la famiglia, mia moglie Yari e mia figlia Elsa di 13 anni. A Cuba mi godo la mia piccola entrata economica che ho dall’Italia e passo una parte del tempo in cucina, a inventare nuovi piatti, mischiando la cultura culinaria italiana a quella cubana. Mi rilassa curare le mie piante del patio, soprattutto quello di mango, dal quale attendo con ansia la raccolta del mese di maggio per farne batidos e marmellate, e a prestare attenzione ai nostri tre amici cani, tutte femmine. Una volta ho tentato d’insegnare cinema agli amici e colleghi dell’università ma con poca fortuna. I corsi, organizzati dall’Università di Oriente, furono bloccati dopo pochi giorni e i promotori del corso, compresa la direttrice dell’università, ebbero non pochi problemi. Secondo “i capi”, avevo infranto le regole in quanto non in possesso del visto accademico. E a nulla servì dire che il corso era gratuito ed io mettevo a disposizione anche i mezzi nonché la colazione giornaliera per i 24 alunni. Alcuni degli alunni continuarono a seguire il corso, questa volta a casa mia, lontano da orecchie indiscrete. Ogni tanto, insieme a Elsa e ai suoi amichetti della scuola, mi diverto a insegnare la lingua italiana. Amo molto scrivere e devo dire che questa passione l’ho coltivata vivendo a stretto contatto con i cubani e traendo stimoli dal loro quotidiano e dalla loro teatralità. Anche se vivo su un’isola mi manca il mare, che dista circa 90 km da casa mia. Ogni tanto mi piace organizzare con la famiglia lunghi weekend a Baracoa o Guardalavaca, a mio avviso le spiagge più belle dell’isola.

Come ti sei organizzato prima della partenza?

Sono abituato a viaggiare “on the road” fin dalla mia giovinezza. Una guida turistica, più o meno seria, per i Paesi che non conosco, passaporto, un poco di dollari americani e di Euro, sufficienti per la permanenza, e le poche cose che servono per stare in un Paese caldo e via.

Ricordi che cos’hai provato appena atterrato?

Ricordo perfettamente della folata di aria calda di metà aprile, in contrasto con il freddo che avevo lasciato a Napoli, e il vocio dei numerosi tassisti abusivi e non che insistevano per accaparrarsi il primo turista, ancora sconvolto dal lungo viaggio, che varcava la porta scorrevole degli arrivi. Scene molto simili le ho viste a Casablanca e a Bangkok.

Salvatore Raiola Cuba

Prima di partire, che immagine avevi del Paese?

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A dire il vero, Cuba non aveva mai suscitato il mio interesse seppur ho studiato la sua storia, poco narrata, dello sterminio, da parte degli spagnoli e della chiesa cattolica, delle tre principali etnie precolombiane Taino, Guanahatebey, Siboney presenti sull’isola. Il mito della Rivoluzione del 1959, del Che, di Fidel mi appassionavano ma molto meno rispetto al pensatore e rivoluzionario José Martí, considerato il vero Eroe Nazionale. E poi, ascoltare i commenti in aereo dei miei “compagni” di viaggio su cosa cercassero a Cuba, mi sentivo, ancor di più, un pesce fuor d’acqua. La cosa certa è che pensavo che l’isola fosse molto più piccola e mi sconvolse sapere che in lunghezza è quasi quanto la nostra Italia.

Le tue aspettative hanno superato o meno la realtà?

Il mio primo viaggio a Cuba non fu per niente piacevole, anzi, fu una catastrofe. Al mio ritorno in Italia avevo deciso di cancellare Cuba dalla cartina geografica. Mi era successo di tutto e di più, cose mai capitate nei miei numerosi viaggi, anche in Paesi considerati molto pericolosi. La proprietaria della casa particular, nella quale ero ospite, a pochi metri della sede dell’ambasciata americana, in combutta con un poliziotto, mi rubò mille dollari dalla valigia facendo ricadere la colpa su una povera ragazza che, se l’avessi denunciata, le avrebbero dato almeno dieci anni di carcere. La figlia della proprietaria, la quale non aveva mai visto una bottiglia di acqua minerale sigillata, ebbe la brillante idea di cambiare la mia acqua con quella della fontana e le conseguenze per me furono disastrose. Dissenteria e febbre alta per una settimana. Per fortuna, la mamma del mio amico Lazaro, santera e curandera, mi venne in aiuto preparandomi uno strano infuso di erbe, dal malissimo odore, da bere tutto di un fiato. Fu una benedizione la sua cura e dopo poche ore iniziai a vedere miglioramenti del mio pessimo stato di salute. Un incidente quasi mortale sulla strada per Guantanamo, dovuto alla totale mancanza di segnaletica e d’illuminazione, e alla fuga della polizia per evitare complicazioni burocratiche nello stilare il verbale. Mi chiedevo perché questo viaggio si fosse rivelato un inferno e, con la caparbietà che mi distingue, volli ritornarci e verificare. Dopo pochi mesi ritornai a Cuba e fu come conoscere l’altra faccia della medaglia. Il mio amico Idain mi chiese di essere padrino dei due figli gemelli, appena nati, e nello stesso periodo conobbi la mia compagna e madre di mia figlia. Iniziai a scrivere appunti per un eventuale docufilm e a conoscere buona parte dell’isola nei continui viaggi, anche in posti quasi sconosciuti. Molti gli amici e musicisti disposti a partecipare alla mia idea e a sacrificare un poco del loro tempo. In veste di produttore e regista, realizzai due documentari, uno sulla musica, definito dall’allora Ministro della Cultura cubana, in visita a Milano, uno dei documentari più autentici realizzati da uno straniero, e uno sulla Santería, i quali mi diedero la possibilità di entrare nelle umili case dei cubani e conoscere molto del loro quotidiano, spesse volte, ignorato dal turista distratto.

Dato che vivi a Cuba da molto tempo, suppongo che tu l’abbia vista cambiare nel corso degli anni…

La Isla Grande ha avuto molte trasformazioni in questi anni e molti cambiamenti che neanche i cubani si aspettavano. Ricordo perfettamente quando era vietato ai cubani avere qualsiasi tipo di relazione con gli stranieri e le pene severe per chi infrangeva le regole. Non era consentito allo straniero utilizzare mezzi di trasporto riservati ai cubani, compreso i bicitaxi. Il Viazul era l’unico mezzo di trasporto a disposizione del turista o in alternativa un’auto a noleggio. L’unico lavoro per i cubani era quello statale e solo tra il 2010 e il 2011, Cuba inizia a creare opportunità per attività private, conosciute come cuentapropista. Come tra l’altro, fu data la possibilità al cubano anche di realizzare compra vendita della propria casa, fino ad allora, considerata proprietà dello Stato. Molte le confuse scelte di eliminare il dollaro americano dal mercato, il quale veniva proibito e subito dopo legalizzato. Durante i miei continui viaggi a Cuba in almeno tre occasioni ho assistito alla proibizione della moneta statunitense. Come ricordo del periodo in cui circolavano quattro tipi di moneta, compreso l’Euro. A cavallo dell’emergenza Covid, arriva la scellerata e suicida scelta, a mio avviso, di sostituire tutte le tiendas, dove si acquistava in pesos cubanos, con tiendas dove, attualmente, si paga solo con moneta elettronica, chiamata MLC. Una moneta che nella maggior parte dei casi si può comprare solo al mercato nero se non hai il parente o amico che ti aiuta vivendo fuori Cuba. E da questo momento inizia per i cubani un periodo difficile paragonabile al cosiddetto “periodo especial”, a detta delle persone che hanno vissuto gli anni in cui l’Unione Sovietica abbandona l’isola. Un’inflazione galoppante e chi ha soldi si accaparra i pochi prodotti disponibili sul mercato per rivenderli a prezzi stratosferici. A tutto questo si associa la mancanza di carburante e l’incapacità di poter garantire l’energia elettrica alla popolazione con le vecchie e obsolete centrali termoelettriche. Chi soffre meno di questa emergenza sono gli hotels a cinque stelle e i villaggi turistici e gli abitanti del centro della capitale, circoscritti nel raggio di due km quadrati. Intanto che scrivo hanno tolto la corrente e, se tutto va bene, verrà ripristinata tra quattro o cinque ore.

Sei riuscito a farti accettare dai cubani, aspetto non facile. Cosa puoi raccontarci al riguardo?

Il cubano, in generale e per sua cultura d’isolano fa fatica a essere disponibile a un’apertura verso lo straniero e a una cultura diversa dalla propria, anche se nella sua storia coloniale e in quella più recente ha saputo accettare la mescolanza di razze che popola l’isola caraibica. Bisogna tener presente anche della mancanza, quasi totale, di contatti con il mondo occidentale durante quasi cinquant’anni. Il loro linguaggio, intriso di gestualità e di codici, risulta difficile da interpretare per uno straniero. La mia fortuna è di essere un attento viaggiatore e poi napoletano e abituato a decodificare ciò che a molti sembra difficile. Questo mi ha aiutato molto a entrare, in punta di piedi, nel loro mondo ed essere, in parte, accettato e stimato. Ho avuto la fortuna di conoscere molte persone colte e perbene le quali mi hanno aiutato a essere meno straniero. Camilo, il figlio del Che, che mi aiutò ad alleggerire il peso della macchinosa burocrazia quando decisi di realizzare i miei documentari su Cuba, Ibrahim Ferrer, l’eterno fanciullo e voce dei Buena Vista Social Club, Miguel Nunez, uno dei più rinomati e stimati curandero, disposto a svelarmi i suoi segreti delle erbe medicali, cosa impensabile anche con gli stessi connazionali e poi la conoscenza di Maria Antonia Pujol, a detta di molti la donna più importante dell’isola, con la quale rimasi amico fino alla sua scomparsa. Maria Antonia fu una fidata e sincera amica di tutti i Generali della rivoluzione compresi i suoi compagni d’infanzia Fidel Castro e il fratello Raul anche se, da cattolica e pacifista, era molto critica rispetto alla rivoluzione in atto. Maria Antonia mi raccontava che era abitudine di Fidel, Camilo Cienfuegos, Juan Almeida e Che Guevara visitare la sua finca, almeno una volta al mese, e degustare la sua cucina fatta dai prodotti genuini della sua terra e si finiva sempre per intavolare lunghe discussioni politiche del momento storico. Ogni qualvolta mi invitava a cena o a pranzo, ci teneva ad assegnarmi il posto a tavola dove, abitualmente, sedeva El Che. Maria Antonia mi ripeteva sempre che io le ricordavo il giovane medico dallo sguardo di ghiaccio. In ogni caso, per molti cubani rimarrò sempre un Yuma (termine, quasi dispregiativo, per identificare uno straniero che entra in contatto con il loro mondo e che, si suppone, ha soldi).

Solitamente, quando sentiamo parlare di Cuba, leggiamo di allegria e belle spiagge ma tu vuoi raccontarci altri aspetti della vita lì…

Indubbiamente, il carattere del cubano è molto allegro e festaiolo e utilizza la sua naturale ironia per affrontare e difendersi dalle difficoltà della vita. Con le poche risorse disponibili inventa una festa per ogni occasione. Oggi è il compleanno di tizio, Juan o Rosita ha vinto alla bolita clandestina, la Festa del Papà, la Festa della Mamma, la festa del professore e del pioniero e senza citare quasi un centinaio di anniversari e commemorazioni istituite dallo Stato. Una delle canzoni famose degli anni ’80 così sintetizza il loro temperamento “perché piangere, la vita è un carnevale ed è molto meglio vivere cantando”. Anche se la costa nord dell’isola è ricca di bellissime e incontaminate spiagge non percepisco nei cubani la coscienza ambientale per salvaguardare le bellezze naturali dell’isola e vedere lattine di birre e bottiglie di plastica e vetro galleggiare sull’acqua è quasi cosa normale. Non poche volte ho dovuto impormi per far rispettare le elementari regole di convivenza civica e rispetto per l’ambiente. Una volta andai con amici e famiglia al rio per rinfrescarmi nelle calde giornate e molti i bambini che giocherellavano con le acque correnti e fresche del fiume. Due signori di media età ebbero la geniale idea di lavare i propri cavalli e per di più con detersivo, a pochi metri dai noi e dai bambini. Senza pensarci su feci una scenata ai due omaccioni tentando di spiegare che avrebbero potuto farlo altrove e comunque rimaneva una mancanza di rispetto per le persone e per l’ambiente. Fui accolto dai due con una risata e un’alzata di spalle e con molta indifferenza dalle numerose persone presenti sulla riva del fiume.

cuba

Adesso passiamo alla praticità. Come ci si muove, dal punto di vista burocratico, per vivere e lavorare lì?

Innanzitutto, almeno finora, non è consentito vivere a Cuba, oltre i tre mesi di permanenza come turista, se non si è sposati legalmente. Per avere una casa, un’auto o una semplice motorina elettrica bisogna essere in possesso della residenza permanente, la quale si ottiene per essere sposati o per avere un contratto di lavoro, il più delle volte stipulato da aziende straniere presenti sull’isola. La burocrazia risulta lentissima anche ai cubani con i suoi tempi biblici e solo il “savoir faire” e la conoscenza della persona giusta aiuta a svincolarsi dal macchinoso ingranaggio. Arrabbiarsi non serve a nulla, anzi, serve solo a complicare le cose ulteriormente, proprio perché loro non sono abituati ad alterarsi, almeno non per i piccoli problemi quotidiani.

Quali sono, secondo te, gli errori che gli italiani a Cuba commettono con maggior frequenza?

Non saprei rispondere perché i pochi contatti che ho con italiani sono amici che hanno scelto di vivere a Cuba con la propria famiglia e conoscono già la realtà cubana.

È possibile “finire nei guai” a Cuba?

Come in tutti gli altri Paesi, se non si conoscono le leggi e non si rispettano le regole ci si può trovare in problemi. In genere, per le piccole disavventure, almeno io, ho sempre utilizzato quello che i cubani mi hanno insegnato, farsi capire e umanizzare il problema.

Che suggerimenti ti senti di dare per trovare un alloggio a un prezzo giusto e in un buon quartiere?

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Non mi sono mai interessato se non quando vado all’Havana dove affitto sempre, da anni, dalla stessa persona e della quale sono ormai considerato uno di famiglia. Per suggerimenti in merito posso consigliare alcuni gruppi d’italiani a Cuba che si dedicano a questo.

Come valuteresti il rapporto costo/qualità della vita?

Attualmente, uno straniero che entra a Cuba con Euro o altra moneta è privilegiato nel cambio e se, utilizza i canali del mercato informale, è maggiormente avvantaggiato. La qualità della vita sicuramente non può essere paragonabile a quella di un Paese europeo e, il più delle volte, anche avendo la possibilità economica, bisogna accontentarsi di quello che si trova sul mercato. Nella capitale e nelle zone turistiche, soprattutto durante l’alta stagione, ci sono molte opportunità di attività culturali per i visitatori ma bisogna dire che il cubano medio è più abituato a vivere ogni momento, anche culturale, per strada.

E come reputeresti servizi come la burocrazia, la sanità e i mezzi pubblici?

Ho già accennato alla lentezza quasi esasperante della burocrazia che, come in quasi tutte le cose, ha bisogno della sua “parola magica” per snellire i tempi. Anche se la sanità è stata sempre il fiore all’occhiello del Paese, solo ora coloro che hanno sempre esaltato questo settore confessano delle sue problematiche e della carenze di medicinali. I mezzi di trasporto funzionano bene solo all’Havana mentre nel resto del Paese la maggior parte del trasporto è affidato a privati, i quali decidono arbitrariamente i prezzi, che possono variare di giorno in giorno. A Cuba qualsiasi mezzo a quattro ruote diventa un mezzo di trasporto e un modo per fare business che sia un camion, un’autoambulanza o addirittura un carro funebre. Nelle zone suburbane uno dei trasporti ancora in vigore è l’omnibus, carrozza trainata dal cavallo e occupabile anche da sei persone, e il bicitaxi. Con la crisi del carburante in molti, quelli fortunati ad avere una motorina elettrica, hanno fiutato l’affare e, ovviamente senza essere autorizzati, si sono improvvisati mototaxi.

Ti sei mai sentito in pericolo?

Se per pericolo s’intende essere minacciato o essere aggredito fisicamente, francamente non mi è mai successo. Anche se in un paio di occasioni sono stato oggetto dei “carteristi”, coloro che si dedicano a sfilare portafogli, durante un carnevale e in un affollato mercato. In seguito ho scoperto che esiste una vera e propria scuola, molto rinomata, di carteristi capaci di sfilarti anche i pantaloni a tua insaputa.

Pensi che Cuba sia, oggettivamente parlando, un Paese pericoloso?

Cuba, rispetto agli altri Paesi dei Caraibi, certamente è il Paese più sicuro e comunque meno pericoloso di qualsiasi altro Paese occidentale. Rispetto agli anni scorsi, sono aumentati casi di furti nelle case, anche alla luce del sole, ma sono molto difficili casi di assalti con armi, tenendo presente che gli unici autorizzati a portare armi, spesse volte vecchie e inservibili, sono solo i militari.

Pensi che gli italiani che sognano di trasferirsi lì abbiano un’idea realista del Paese oppure no?

Indubbiamente, Cuba ha rappresentato per intere generazioni l’isola felice in cui la musica, le belle donne e i muscolosi cubani, la rivoluzione e le ritualità fanno da cornice alle belle spiagge caraibiche. In parte, è ciò che constata il turista visitando l’isola per la prima volta ma viverci, soprattutto lontano dalle località turistiche, assume tutt’altro aspetto. Oggi, Cuba vive molti problemi dovuti al tentativo di ordinamento monetario ed economico, processo iniziato alcuni anni fa verso il quale anche i cubani sono molto scettici. Passare ore, e in alcuni casi anche giorni, in fila per comprare quello che da noi risulta banale e rapido, tipo il pane in panetteria, il detersivo arrivato in tale tienda o fare benzina al distributore, potrebbe risultare un incubo se non si ha la giusta dose di pazienza. Il cubano utilizza il tempo nella cola, anche sotto il sole cocente o durante un acquazzone, per conoscersi, condividere il caffè portato da casa in un thermos, fare pettegolezzi e in alcuni casi nascono anche matrimoni.

Cos’hai imparato, in tutti questi anni trascorsi a Cuba?

Sicuramente i cubani mi hanno insegnato a vivere i problemi con meno ansia e ad abituarmi al Carpe Diem come filosofia di vita. Credo che nessuno meglio del cubano abbia saputo interpretare alla lettera le parole con cui Orazio invita a saper godere della vita giorno per giorno. È come se la parola “futuro” non esistesse nel vocabolario del cubano. Mi sono abituato ai tempi molto dilatati dove la parola “ahorita”, il cui significato letterale è proprio “adesso”, diventa ore, se non addirittura giorni. Ho constatato, come diceva qualcuno famoso, che il silenzio a Cuba è proibito. Si parla ad alta voce in qualsiasi momento della giornata e la musica inizia a rimbombare nel barrio già alle sette di mattina, intanto che il venditore urla in direzione della tua finestra per proporti la sua mercanzia. Il rispetto della privacy, almeno come lo intendiamo noi, è semplice illusione. Ci si preoccupa se non ti vedono per qualche giorno e non è raro sentire bussare alla porta a mezzanotte per chiederti l’accendino o solo per sapere che film stai vedendo in TV.

Progetti per il futuro?

Se non mi faccio coinvolgere ulteriormente dai tempi dilatati e dall’horita cubana mi piacerebbe pubblicare un giorno i miei numerosi scritti di vita quotidiana che, da anni, accumulo nel mio archivio. Alcuni amici sostengono, leggendo le mie storie, che scrivo per sequenze visive e potrei anche pensare a una sceneggiatura per un docufilm.

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