È stato calcolato che nel mondo ci sono oltre 214 milioni di migranti per lavoro

 

Andare a lavorare all’estero non è un’opzione così originale, dunque. Spesso è una scelta obbligata: molti di quei 214 milioni sono dovuti espatriare perché a casa loro non avrebbero trovato alcuno sbocco professionale, che invece sono riusciti a trovare altrove; altri invece, e pare che siano la maggior parte, hanno preferito andarsene perché all’estero hanno trovato maggiori soddisfazioni per la loro attività, sia dal punto di vista professionale che economico.

Si tratta comunque per lo più di lavoratori specializzati, uomini e donne che, dopo gli studi superiori o universitari, senza nemmeno verificare le opportunità offerte in patria sono saliti sull’aereo e via. La conferma, seppure parziale, viene dal Regno Unito, dove il 38% degli immigrati è laureato nel suo Paese di origine a fronte di una quota del 18% dei britannici. Tutti lavoratori specializzati, che la loro madrepatria ha formato con grandi sforzi economici e che alla fine sono espatriati per trovare migliori occasioni di applicare ciò per cui hanno studiato tanto.

Ma nessuno può biasimarli, visto che per tutti domanda e offerta si sono incontrati, indipendentemente dalla latitudine o dalla longitudine. Per fotografare questo fenomeno globale e offrire una vetrina generale sulle tendenze in tempo quasi reale, la BBC inglese ha studiato una piattaforma in cui si evidenziano le principali rotte professionali, giusto per offrire una sorta di bussola a quanti, delusi dalle prospettive patrie o insoddisfatti dal trattamento economico a loro riservato, meditano di compiere il grande salto. A tutt’oggi le professioni più ricercate – ma era noto già da qualche tempo – sono quelle relative all’ambito medico, infermieri in testa: Australia, Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Finlandia, Germania, Hong Kong, Ungheria, India, Irlanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Singapore, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti sono i Paesi in cui la richiesta è più elevata, anche se non dappertutto è possibile ambire a ricoprire un posto senza doversi sottoporre a estenuanti trafile burocratiche.

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Ma anche medici, generici o specializzati poco conta, dentisti (in particolare in nord Europa: Svezia, Norvegia, Danimarca e Finlandia sopra tutti), fisioterapisti (Australia, Canada e Stati Uniti più che altrove), psicologi e farmacisti. Professionalità già formate, dunque, per le quali si offrono comunque opportunità più allettanti che non dalle nostre parti, anche se – come già detto – non sempre è così semplice poter raggiungere l’obiettivo. E poi porte aperte agli ingegneri, di ogni specializzazione o quasi: meccanici, elettrici, informatici, civili, industriali, elettronici, chimici, minerari, ovunque ci sono aziende pronte ad accoglierli, fatte salve ovviamente le modalità specifiche di ogni Paese relative alle procedure di immigrazione. E infine i cuochi, purché abbiano una certa esperienza e possano portare al di fuori dei nostri confini una cucina, quella italiana, che ottiene sempre più favori in ogni angolo del pianeta.

Di occasioni ce ne sono dunque a migliaia, quasi tutte destinate però a chi è in possesso di un titolo di studio o a chi può vantare curriculum particolarmente ricchi di esperienze: in un mondo che si va sempre più specializzando, è conseguente e naturale che ad essere ricercate siano professionalità specifiche, quelle stesse nelle quali magari nel proprio Paese di origine qualche porticina si apre più facilmente. L’Italia fatica tuttavia a trattenere i suoi giovani più promettenti, chiudendo loro le porte sia con sistemi pensionistici penalizzanti sia con offerte economiche non sempre adeguate. Ecco perché sono sempre di più coloro che rivolgono lo sguardo al di là del confine e provano a mettersi in gioco a centinaia, se non a migliaia, di chilometri di distanza.

Curiosità, certo; spirito di iniziativa, voglia di mettersi in gioco, desiderio di cambiare vita, sicuro. Ma anche prospettive più concrete e solide, quelle che dalle nostre parti altrettanto concrete e solide non sembrano.

Gianluca Ricci