Nove anni di crisi: gran finale

Dopo aver visto, nelle puntate precedenti, i vari aspetti che hanno avuto influenza sulla crisi economico/finanziaria di questi ultimi nove anni, possiamo finalmente tirare le fila di tutto il discorso e inserire i vari tasselli nel mosaico.

Vi ricordate? Tutto era cominciato con la crisi dei famosi “mutui subprime”. Una ingegnosa invenzione del sistema bancario/finanziario per raccogliere denaro gettando nel mercato titoli, simili ad obbligazioni, apparentemente interessanti in quanto offrivano rendimenti più alti della media e in quanto garantiti da operazioni di mutuo ipotecario (cartolarizzazione dei mutui ipotecari). Solo che quella parolina “subprime” significa che non erano mutui di primaria scelta (ossia a rischio minimo per le banche) bensì mutui “sottogarantiti” (questo in sintesi il significato di “subprime”).

Quando il meccanismo si inceppò, negli Stati Uniti, tutti dicevano, per tranquillizzare soprattutto l’opinione pubblica, che si trattava di un fenomeno esclusivamente americano dovuto alla attitudine di concedere mutui a “manica larga” che era caratteristica delle banche oltreoceano. Solo che ai nostri tempi il sistema bancario e finanziario è intrinsecamente connesso a livello globale, ma in quel momento non era nota l’esposizione degli istituti di credito europei nei confronti di tali titoli (MBS o ABS) emessi appunto per raccogliere il denaro necessario per le suddette operazioni. Si è scoperto dopo che le banche, soprattutto quelle occidentali, erano pesantemente coinvolte nelle operazioni di cartolarizzazione. Tanto coinvolte che anche per effetto dell’uso di molti derivati (anche da parte di enti pubblici ignari della pericolosità di tali strumenti), si creò una situazione di scarsezza di liquidità in tutto il sistema bancario. Quando una banca ha necessità di liquidità ha vari strumenti a disposizione, come abbiamo detto nelle puntate precedenti.

Uno di questi strumenti sono i prestiti interbancari. Ma i prestiti interbancari, come in qualunque operazione di concessione di credito o di impiego, si basano sulla fiducia che la banca che ottiene il prestito poi lo restituisca alla scadenza prevista. Cosa che, in linea di massima nella storia bancaria, è stata sempre considerata con le migliori probabilità. Ma ecco che la storia muta radicalmente perchè per la prima volta in epoca recente, le banche che concedono prestiti cominciano a non fidarsi più delle controparti. Ricordiamo, per altro, che negli Stati Uniti in quegli anni fallirono più di cento banche oltre al caso clamoroso e diventato famoso della Lehman Brothers che era la quarta banca degli USA. L’effetto combinato della presenza di vari titoli “tossici” (ossia titoli che potevano non valere più nulla come certe ABS o MBS e vari derivati) nei portafogli di molte banche creò una situazione di totale sfiducia del sistema bancario con lo stesso sistema bancario. E ciò non riguardava solo le banche statunitensi ma tutto il sistema occidentale incluso quello europeo, perchè le banche europee avevano sottoscritto molti titoli successivamente divenuti “tossici”, e, peggio di tutto, non era nota l’esposizione reale di ciascuna banca al rischio di detti titoli.

Abbiamo detto che anche i derivati presenti in portafoglio giocarono un ruolo pesante. Questa parola “derivati” è abbastanza nota al pubblico ma dubito che ne sia chiaro il significato. Vediamo allora di spiegarlo in parole semplici lasciando ad un prossimo articolo la spiegazione più dettagliata di questo tipo di contratti finanziari. Un derivato è una specie di scommessa sul futuro, nella quale due parti, un compratore e un venditore, avendo aspettative opposte sul prezzo di un bene, si accordano, cioè stipulano un contratto, per “scommettere” proprio sul valore futuro del prezzo di quel bene. Ma, al contrario del “gioco e della scommessa” che non trovano una tutela rigida nel nostro ordinamento giuridico, i contratti finanziari sono dettagliatamente e rigidamente regolati dalla legge e pertanto le parti contraenti sono obbligate ad adempiere a tutte le obbligazioni previste dal contratto. In sostanza ciò vuol dire che chi perde la “scommessa” perde davvero dei soldi.

Quindi, cominciando dalle banche americane, il sistema bancario è entrato in una fase di preoccupante carenza di liquidità obbligando le banche stesse a ricorrere ai vari strumenti di finanziamento. Tuttavia quando una banca tentava di accedere ai prestiti interbancari, trovava serie difficoltà: la situazione era radicalmente mutata perchè la banca che ipoteticamente avrebbe concesso il prestito non si fidava delle capacità di rimborso della banca richiedente.

Come abbiamo detto, il mercato del denaro valuta attentamente il rischio di restituzione (o meglio di mancata restituzione) che deve essere compensato da interessi più alti. Ciò portò a differenziali molto alti tra i tassi di interesse interbancari (come ad esempio l’ Euribor a tre mesi) e i tassi ufficiali stabiliti dalle banche centrali. Ossia nella pratica il denaro costava molto più caro di ciò che era ritenuto adeguato dalle autorità monetarie. Questa situazione inedita si diffuse a tutto il sistema occidentale in quanto la mancanza di fiducia non trovava confini, visto che tutti gli operatori professionali sapevano che anche le banche europee erano coinvolte. Molte banche del resto avevano in portafoglio titoli con scarsa garanzia di solvibilità e ciò limitava o impediva del tutto il loro accesso alla fonte primaria di finanziamento che è la banca centrale, la quale per potere scontare titoli di credito pretende che gli stessi siano sufficientemente garantiti.

L’aumento del costo del denaro e soprattutto la sfiducia tra i gli istituti di credito portò dunque a una restrizione delle condizioni di concessione dei prestiti che danneggiò pesantemente anche le imprese che trovavano a loro volta difficoltà ad ottenere i finanziamenti necessari per portare avanti le politiche di sviluppo aziendali.A peggiorare il quadro si aggiunse il prezzo del petrolio che si mantenne alto per effetto della situazione mediorientale critica. Questo fatto mantenne alte le tensioni inflazionistiche per lungo tempo. Il sistema bancario però tentò, all’inizio con successo, di mantenere il più possibile nascosta la situazione, anche, come già detto, dando all’opinione pubblica una sensazione che il problema dei mutui “subprime” era in realtà un problema solo degli USA.

Il sistema bancario europeo e “in primis” italiano, del resto aveva necessità di conservare la fiducia dei clienti per poter ricorrere all’“ultima spiaggia” dei mezzi di finanziamento di massa rappresentata dalle “obbligazioni strutturate” o da altre forme di obbligazioni come ad esempio quelle “subordinate”. La corsa e la concorrenza per riuscire a piazzare presso il pubblico il maggior quantitativo possibile di dette obbligazioni si fecero spasmodiche. Cosa sono le obbligazioni strutturate? E quelle subordinate?

Le prime sono obbligazioni costituite da due componenti finanziarie: una veramente obbligazionaria tradizionale (ossia semplicemente un finanziamento che prevede un rimborso alla scadenza e il pagamento di interessi al sottoscrittore) e l’altra parte costituita da uno strumento finanziario complesso creato con quella che si chiama “ingegneria finanziaria”; in molti casi si tratta di un derivato. La componente obbligazionaria tradizionale serve per garantire in tutto o in parte il capitale investito, mentre la componente derivata serve per offrire un rendimento superiore alla media. Ossia il sistema bancario aveva trovato il nuovo “uovo di Colombo”: apparentemente uno strumento che da un lato garantiva il capitale versato dal cliente e dall’altro offriva rendimenti molto alti dovuti all’effetto della presenza del derivato. Solo che c’era un piccolo problema che non veniva, ovviamente messo molto in risalto al momento della vendita di questi strumenti finanziari.

Anzi i problemi erano più di uno ma qui esemplificherò il principale con dei dati fittizi: supponiamo che il cliente avesse 1000 euro da investire nell’obbligazione strutturata proposta dalla banca. Allettato dalla possibilità di fare un investimento con capitale garantito e che potesse dare un rendimento molto superiore a quello dei normali e comparabili titoli obbligazionari tradizionali (rendimento che sarebbe stato ottenuto grazie alla componente derivata, come detto).

La banca come utilizzava questi 1000 euro ricevuti dal cliente? Con una parte, preponderante, comprava un titolo obbligazionario specifico che avesse durata pari a quella prevista nell’operazione, diciamo investendo 950 degli euro depositati dal cliente. E qui bisognava vedere qual era il titolo obbligazionario effettivamente sottostante alla garanzia del capitale perchè non sempre tale titolo garantiva realmente ciò che doveva garantire. Con i rimanenti 50 euro la banca comprava contemporaneamente anche il derivato che avrebbe dovuto offrire sfarzosi rendimenti.. Ora, anche nel caso più roseo in cui il mercato di riferimento del derivato avesse ottenuto rendimenti molto alti, ad esempio del 200% nell’arco di tempo di tutta l’operazione, ciò avrebbe significato un ritorno pari a 100 euro che in rapporto ai 1000 investiti rappresentano il 10%. Considerate però che la durata di queste operazioni era (ed è perchè le banche continuano a proporle) normalmente di 5 anni, il che significa che il nostro cliente avrebbe guadagnato il 10% in 5 anni, che in termini di capitalizzazione composta significa meno del 2% annuo. E ciò in una epoca in cui l’inflazione era molto più alta del 2%. Si tratta quindi di un rendimento del tutto normale, anzi in molti casi sotto la media.

E le obbligazioni subordinate? Queste sono una particolare classe di strumenti finanziari a rischio elevato in quanto il loro rimborso avviene in via subordinata, appunto, rispetto ad altri titoli o debiti che la banca potrebbe avere contratto. Quindi, se la situazione finanziaria di una banca non è particolarmente rosea, i possessori delle obbligazioni subordinate corrono il serio rischio di non vedere più tutti i soldi investiti, esattamente come accaduto nel caso di Banca Etruria. In conclusione possiamo dire di aver visto come gli strumenti obbligazionari, che si tratti di obbligazioni dello stato (titoli di stato), o di privati, possono essere strumenti molto rischiosi, anche più rischiosi, sotto certe condizioni, dei titoli azionari.

Abbiamo visto come la crisi di questi ultimi anni sia stata una crisi del sistema bancario occidentale, che ha costruito nel corso del tempo un impianto nato per raccogliere denaro a danno e a rischio degli investitori (piccoli e grandi) ma che si è ritorto contro il sistema bancario stesso. Ciò nonostante, essendo le banche ossatura indispensabile del modello economico capitalistico/occidentale, la crisi delle banche si è ripercossa sull’economia globale e ancora oggi il sistema non è riuscito a depurarsi completamente.

Ovviamente i fattori che sono intervenuti ad aggravare i misfatti del sistema bancario sono stati molteplici, in primo luogo la crisi economica generalizzata che ha colpito i paesi occidentali in particolare. Anche il notevole peso che i fondi speculativi (hedge funds) hanno assunto negli ultimi anni ha avuto il proprio ruolo grazie alla capacità di influenzare pesantemente i mercati finanziari. Ma le crisi economiche sono cicliche, se il sistema è sano le assorbe senza problemi insormontabili. Quando invece il sistema è malato risulta molto più difficile, i danni sono maggiori e la durata assume valori molto elevati.

Stefano Gentile