Micaela: in Marocco per amore

A cura di Maricla Pannocchia

Nonostante sia tecnicamente “divisa” fra due Paesi, la sua natia Italia, dove ha la mamma, e il Marocco, dove ha il marito, Micaela non vive questa situazione come un problema. Nel Paese nord-africano la donna è entrata a far completamente parte della cultura locale, non solo per via del matrimonio con un uomo del posto e della condivisione di tempi e spazi con la sua famiglia, ma anche per la sua volontà nel non cercare altri italiani che vivono in Marocco ma nel voler interagire con i locali. Micaela ci presenta un’immagine del Marocco più approfondita e autentica di quelle in cui spesso c’imbattiamo quando cerchiamo informazioni su questo Paese. Dai luoghi meno conosciuti ma che meritano una visita, alle feste e alle tradizioni passando per le caratteristiche del popolo berbero, Micaela che – a parte una breve, sognata puntata di qualche mese a Parigi – non ha alcuna intenzione di abbandonare il Marocco, v’invita tutti ad andarla a trovare per sperimentare in prima persona le meraviglie di questo Paese.

Ciao Micaela, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao, mi chiamo Micaela, ho 50 anni e sono nata e cresciuta a Bologna. Sono laureata in Economia e ho lavorato per 20 anni come business controller. Ora vivo tra l’Italia, dove ho mia madre, e il Marocco, precisamente a Marrakesh, dove ho mio marito.

Cosa ti ha spinta a lasciare l’Italia?

Ho sempre pensato che non avrei vissuto per tutta la vita in Italia. Mi piace viaggiare e a un certo punto non mi sono più bastate le 3 settimane di vacanze estive, ma volevo entrare a fondo nella cultura di almeno un altro Paese. E ho conosciuto Amar nel 2013, durante un viaggio in Marocco. Lui era uno degli autisti del nostro tour. Per un anno io sono venuta in Marocco ogni volta che potevo e poi ad agosto 2014 abbiamo deciso di sposarci qui in Marocco perché è estremamente difficile ottenere un visto dai Paesi del Nord Africa per venire in Italia. Amar non si è mai veramente abituato alla vita in Italia e così il 31 dicembre 2019 ho deciso che avrei potuto provare io a vivere qui in Marocco, almeno per una parte dell’anno. Poi nel 2020 sappiamo tutti quello che è successo e i nostri piani si sono un po’ fermati. Ci siamo improvvisamente trovati io senza un lavoro e lui con un progetto nel turismo bloccato. Quello che ci fa sperare per il futuro è che lui ha una grande esperienza nel settore e praticamente quasi tutta la sua famiglia lavora nel turismo. Io ero in Marocco quando l’Italia e poi il Marocco stesso sono andati in lockdown e lì non è stato facile, anche perché avevo mia madre sola a Bologna. Comunque, nonostante i problemi non mi sono mai pentita di aver preso questa decisione, vada come vada mai più un lavoro in ufficio. Poi ho preso la miglior decisione che potevo con le informazioni che avevo a disposizione al momento, non è che potevo prevedere una pandemia. Per carattere sono così, mai rimpianti, il passato è passato e tutto ciò ci ha portati al punto in cui siamo nel presente ed è sicuramente quello migliore a cui potevamo aspirare con le informazioni che avevamo a disposizione. Con il senno di poi…sono bravi tutti. Inoltre, stavo rischiando il mio matrimonio e nessun posto e nessun lavoro vale mio marito, ma la scelta è stata completamente mia, ero io che non ce la facevo più a vederlo non appagato in Italia, lui non mi ha chiesto niente e io volevo cambiare la mia vita, quest’ultima è la ragione principale per cui ora sono qui in Marocco.

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Come hai fatto ad ambientarti in Marocco? Hai avuto difficoltà o il tutto è avvenuto in maniera naturale?

Mi sono sentita a casa fin da subito, di carattere sono estremamente adattabile in ogni contesto per cui non mi sono nemmeno accorta di aver cambiato Paese, solo il paesaggio fuori dalla finestra la mattina mi fa ricordare che non sono più in Italia

Come sei stata accolta dalle persone del posto?

La famiglia di Amar mi ha accolta benissimo, sono fortunata perché molti suoi fratelli, nipoti e cugini lavorano nel turismo quindi parlano inglese, per cui non ho avuto problemi. La famiglia di mio marito è di etnia berbera, quindi ad esempio con sua madre la lingua è un po’ un problema. Io ancora non riesco a capire se parlano in berbero, arabo o darija (l’arabo marocchino). Sinceramente sono tutti estremamente gentili e cercano di aiutarmi in questo processo di conoscenza del Paese. Il quartiere dove abbiamo preso casa in affitto a Marrakesh è molto popolare, a poche centinaia di metri da qui la città finisce, ma non mi sono mai sentita “osservata” o diversa, io poi non ci farei nemmeno caso probabilmente. Dal panettiere chiedono di me quando non ci sono, probabilmente perché compro sempre molti dolci… quindi è un quotidiano abbastanza facile da vivere. Credo comunque che gli stranieri che vivono in medina o a Gueliz, i quartieri centrali di Marrakesh, sicuramente conoscono una realtà molto diversa dalla mia.

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Non ho ancora seriamente provato a imparare la lingua, dovrei prima di tutto decidere quale studiare, ma è necessario che inizi perché per integrarmi e essere autonoma devo poter parlare con le persone. Vorrei poter provare ad avere amicizie femminili, l’inglese e il francese non bastano.

Quali sono le differenze e quali i punti in comune, secondo te, della cultura marocchina e di quella italiana?

Potrei dire che un punto in comune è la centralità della famiglia e l’ospitalità. Le differenze io le sento tanto nel “quotidiano”, vivendo la realtà locale in modo così immersivo ci sono piccole abitudini che ancora sono molto distanti da me e alcune proprio non faranno mai parte di me. Per esempio qui è piuttosto normale uscire con le pantofole di casa e il pigiama (sotto la djellaba), questo fa sorridere, ma ci sono atteggiamenti che fanno sorridere di meno, che io interpreto come mancanza di rispetto per il “vicino” ma che in realtà qui sono atteggiamenti del tutto normali. Ovviamente io sarò sempre un’italiana in Marocco, la mia cultura che tenta di comprenderne un’altra e di fare propria la parte migliore

Com’è la tua vita quotidiana?

Molto semplice, condividiamo la casa con il fratello di mio marito e un nipote che per motivi di lavoro si trovano spesso a Marrakesh, anche se difficilmente ci troviamo tutti e 4 contemporaneamente a casa. L’ho un po’ definito l’appartamento della libertà (in fondo il popolo berbero nella loro lingua si chiama Amazigh che vuol dire “uomo libero”). Concretamente io pulisco, loro cucinano.

Poi c’è la parte del lavoro: rispondere ai clienti, cercare clienti, occuparsi del sito web, aggiornare i social media.

Sto dedicando molto tempo anche alle lingue: inglese (che parlo praticamente tutti i giorni), francese e ora anche lo spagnolo, perché il prossimo anno vorrei fare il cammino di Santiago.

Ti dividi fra il Marocco e l’Italia, per occuparti di tua madre. Come vivi questa continua “divisione” fra due realtà diverse, o non la senti tale?

No, in realtà non mi sento “sospesa” tra due mondi. Ho scelto la mia vita qui e al momento ne sono pienamente soddisfatta, mi dà tante opportunità nuove. Ad esempio questa di raccontare me stessa, ma allo stesso tempo ho un dovere nei confronti di mia madre che, dopo la morte di mio padre, è rimasta completamente sola. Sono figlia unica e non ci sono parenti a parte qualche cugina che ovviamente ha la sua vita. È molto probabile che la morte di mio padre, avvenuta dopo una lunga, strana e dolorosa malattia, mi abbia dato un’ulteriore spinta verso questa nuova vita.

Quali consigli daresti a chi sogna di visitare il Marocco?

Mi sento di dire che non è un sogno così difficile da realizzare, il Marocco sta a 3 ore di volo dall’Italia e ci sono decine di voli, alcuni anche abbastanza economici. Venite e troverete un Paese accogliente, con una grande varietà di paesaggi. Non so quante volte ho dovuto spiegare, ad esempio, che in Marocco ci sono montagne alte 4000 metri; che esiste un paese che si chiama Ifrane ed è definito la Svizzera del Marocco, dove le case hanno tetti a punta perché in inverno spesso nevica tantissimo. Questo è un Paese con una cultura millenaria, qui a Fez c’è l’università più antica del mondo (anche se io credo ancora che la più antica sia Bologna!) fondata da una donna. Io sono innamorata di questo Paese quindi potrei continuare per pagine e pagine a dire perché si deve venire a visitarlo e a scoprire anche il popolo berbero, gli originari abitanti del Nord Africa. La fierezza di questo popolo mi ha così coinvolto che spesso nei miei viaggi sul mio zaino metto la bandiera berbera. Non sono mancate occasioni in cui mi hanno fermato e chiesto che bandiera era e la sua storia.

E infine, soprattutto, venite a vederlo con me e la mia famiglia marocchina, sarà un piacere accogliervi.

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Quali sono, secondo te, i luoghi impedibili e quali quelli che solo chi vi abita può consigliare?

Imperdibile è tutto quello che sta tra Marrakesh e il deserto: le montagne dell’Atlante, i piccoli villaggi, la valle delle rose e le gole del Todra e del Dades. Sono zone che chi visita il Marocco fa di passaggio, a volte anche molto velocemente senza vedere granché, invece si perde il meglio. Penso che a breve andrò qualche giorno a Talouine, un piccolo villaggio famoso per la coltivazione dello zafferano, una zona ancora relativamente poco turistica. E un giorno vorrei scalare il Toubkal, una montagna di oltre 4000 metri, la più alta del Nord Africa.

Poi, avendo un 4×4, quello che più mi appassiona è uscire dalle strade asfaltate e raggiungere i villaggi più lontani, le valli più interne, questo è il mio Marocco, quello che mi piace visitare e raccontare.

Una perla del Marocco praticamente sconosciuta al turismo straniero è Legzira con i suoi archi sul mare, purtroppo uno è crollato, ma rimane un posto affascinante e più a sud la spiaggia bianca composta da km e km di spiaggia che si possono percorrere anche con i 4×4, una sensazione di libertà infinita.

La costa del Marocco, sia atlantica sia sul Mediterraneo, meriterebbe maggiore considerazione da parte del turismo internazionale. A parte Agadir ed Essaouira, le altre località sono poco frequentate ma ci sono villaggi e spiagge bellissime, Al Hoceima e Taghazout ad esempio, molto frequentate del turismo locale, meno da quello internazionale, solo di recente soprattutto Taghazout è diventata una famosa spiaggia per surfisti.

Tuo marito lavora in Marocco nel settore del turismo. Di cosa si occupa esattamente?

Dopo l’università ha iniziato a lavorare come autista/guida, i suoi fratelli hanno continuato questa attività e quindi il ritorno in Marocco è per questo motivo. Loro organizzano tour personalizzati in tutto il Marocco.

Che consigli daresti a chi sogna di vivere e lavorare in Marocco? Qual è la procedura burocratica?

Innanzitutto direi che la lingua non è un problema, se si è spaventati dell’arabo qui si può sopravvivere anche con il francese per il business, che poi è la lingua usata per la maggior parte dei documenti per gli affari.

Ci sono molti stranieri per cui se si vogliono trovare persone della propria comunità non è un problema, anche se io personalmente non ci tengo particolarmente, per ora, a interagire con gli altri italiani qui perché vorrei immergermi nella cultura del posto non in quella che ho già in Italia

Non ho un’esperienza diretta di burocrazia per il business perché sono fortunata, c’è mio marito, ma mi è sembrato che sia più gestibile rispetto all’Italia, forse altrettanto complicata ma che poi si trovino anche più facilmente soluzioni.

Se qualcuno ha bisogno, invece, ho un’esperienza diretta di cosa significhi sposarsi qui e poi trascrivere il matrimonio in Italia, è passato un po’ di tempo visto che era agosto 2014 ma è stata una vera avventura. Abbiamo dovuto viaggiare per tutto il paese da Marrakesh a Casablanca e Rabat fino a Erfoud, quasi confine con l’Algeria, dove mio marito è nato.

Quali sono i settori lavorativi ai quali è più facile, per uno straniero, accedere?

Sicuramente il turismo, ci sono tantissimi italiani qui a Marrakesh e penso che la maggior parte lavori in questo settore: ristoranti, caffè, riad. A Essaouira esiste un ristorante bolognese e quasi quasi sono curiosa di andare a mangiare i tortellini in Marocco. Come dicevo, però, non conosco personalmente italiani che vivono qui, perché ho scelto al momento di vivere con la gente del luogo e di frequentare i marocchini. Credo sia il modo per integrarsi più velocemente, altrimenti si rischia di fare una piccola Little Italy a Marrakesh

Come hai affrontato le difficoltà?

Rimanendo positiva e con pazienza, ma ho ancora molto da imparare. Sono sempre troppo irruente e troppo diretta, devo lasciare al tempo il modo di sistemare le cose, invece pretendo tutto subito.

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Quali sono i momenti più belli vissuti finora?

Non sono né legati al Marocco né all’Italia, ma sono collegati al mio rapporto con Amar e sono gli incontri e gli arrivederci fatti in aeroporto. A volte stiamo lontani per diversi mesi ed è fantastico riabbracciarsi in aeroporto quando ci rivediamo, anche i saluti per le partenze hanno una loro importanza perché sappiamo che ci sarà un nuovo incontro. Abbiamo due vite piene anche quando siamo divisi, bastiamo a noi stessi come singoli e ci completiamo come coppia.

Hai avuto occasione di condividere dei momenti tradizionali (feste religiose, nozze, ecc.) con le persone del posto? Cosa puoi dirci al riguardo?

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Quest’anno sono stata in Marocco tutto il periodo del Ramadan ad aprile, è un periodo molto particolare dove si possono vivere anche momenti di tensione, specie quando il mese del digiuno sta per finire e sono tutti molto stanchi, ma è anche particolare in senso positivo perché qui nel quartiere la quotidianità cambia completamente: i caffè e ristoranti sono chiusi fino a sera e poco prima del tramonto le persone affollano i negozi e le strade sono piene di ambulanti che vendono di tutto e tutti comprano di tutto per preparare la colazione che rompe il digiuno. L’atmosfera in centro a Marrakesh è totalmente diversa perché ci sono i turisti e quindi quasi non noti la differenza, caffè e ristoranti aperti, solo qualche museo varia di un’ora l’orario di apertura. Spero invece di non essere mai in Marocco per la festa del montone, è un’altra importante festività religiosa dove ricordano il sacrificio di Abramo e ogni famiglia uccide un montone. Le città si riempiono di pelli di questi poveri animali e sinceramente ne farei a meno.

Casualmente poi ho assistito un anno, in agosto, a una festa a Oukaimden, che è una località di montagna non distante da Marrakesh, dove in inverno si può praticare lo sci. Era una specie di festa della “transumanza” berbera, molto interessante, soprattutto mi ha fatto scoprire questo mondo dei piccoli villaggi di montagna che ora sono la mia passione e la diversità di questa popolazione, sono rimasta sorpresa nel vedere donne berbere con la carnagione bianchissima e i capelli rosso Irlanda, è un popolo veramente affascinante per la sua cultura.

Ho assistito diverse volte a spettacoli di musica Gnawa nel villaggio di Kamlia, zona del deserto di Merzouga. Si tratta di un villaggio abitato da persone di colore discendenti degli schiavi provenienti dal centro Africa che attraversavano quelle zone nella triste marcia verso l’America. Questa musica ha uno scopo ipnotico, è legata a riti spirituali e aveva l’intento di far cadere in trance i partecipanti. A giugno si svolge un importante festival a Essaouira, una città sulla costa atlantica, legato a questa musica.

Matrimoni ancora no, nemmeno il mio, non c’è stata nessuna festa, eravamo completamente sfiniti dai documenti. Non mancherà occasione di assistere a un matrimonio, Amar ha 8 fratelli, 24 nipoti (per ora) e un numero imprecisato di cugini. Nel matrimonio berbero i festeggiamenti durano 3 giorni, non so se sarò in grado di reggerli tutti!

Pensi di voler rimanere in Marocco per sempre?

Al momento non ci sono altri progetti al di fuori del Marocco, vivere tra 2 Paesi mi sembra già sufficiente.

Ho solo piccoli progetti tipo andare a Parigi per viverci un po’ di tempo, ma solo per qualche mese. Non so perché proprio Parigi, è un’idea che mi è venuta l’ultima volta che l’ho visitata, l’ho trovata coinvolgente e vorrei conoscerla in modo più approfondito. Vorrei che questo fosse il mio modo di viaggiare ora, meno posti, più a lungo, un turismo lento fatto con treni e bus.

Cosa ti ha insegnato il Marocco, più di ogni altra cosa?

Mi sta insegnando la pazienza, che le cose arrivano e arrivano spesso al momento giusto, sto ancora imparando e ho tanto da imparare. Trovo che dovremmo abbassare di un “giro” almeno il ritmo delle nostre vite.

Mi sta insegnando anche qualcosa al contrario: a parlare. Qui non parlano tanto di se stessi, sono poco abituati a “esporsi”, invece io ho avuto una reazione inversa e voglio parlare, voglio conosce le persone, quello che sentono, come stanno, cosa vogliono fare. Mi aiuta anche a capire quello che voglio fare.

Hai una filosofia di vita?

I miei amici in Italia direbbero che sono la persona del”qui e ora”, mio marito mi dice invece che penso troppo, evidentemente sono in transizione tra due stili di vita. Penso che dobbiamo occuparci del futuro quel tanto che non ci rovini il presente. Il passato è passato, ci ha portati al punto in cui siamo. Nessun rimpianto, nessun rimorso.

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Progetti per il futuro?

Intanto sarei contenta se quello che stiamo provando ad avviare qui si mettesse su un binario giusto, poi mio marito e i suoi fratelli hanno avviato, durante la pandemia, una piantagione di palme da dattero e in 5 anni mi dicono dovrebbero iniziare a produrre. Incrociamo le dita, altrimenti andrò a Dakla, nel Sahara occidentale, e aprirò un b&b per surfisti australiani.

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