Come aprire una società all’estero
Di Enza Petruzziello
Basta burocrazia. Addio a scartoffie, lungaggini amministrative e pressione fiscale. Adesso per fare impresa si va all’estero. Non più soltanto cervelli in fuga, dunque, a fuggire oggi sono anche le società e chi decide di aprirne una. I motivi principali che spingono a cercare gloria fuori dall’Italia sono la facilità nell’ottenere finanziamenti, gli sgravi fiscali e, soprattutto, una cultura di impresa più preparata ad accogliere nuove aziende attive in diversi ambiti e ad alto potenziale di crescita.
Secondo l’ultima classifica “Doing Business” della Banca Mondiale, ovvero quella che misura la capacità di stimolare gli affari, l’Italia si trova solo al 45esimo posto. Non sorprende quindi, che molti decidano di fare le valigie e costituire la propria società all’estero. La possibilità di accedere in maniera molto più semplice e diretta al mercato internazionale, e quella di usufruire di una tassazione molto più favorevole che in Italia portano tanti imprenditori ed investitori – giovani e meno giovani – a tentare la fortuna fuori dai confini nazionali.
Certo, per la costituzione di una società all’estero bisogna partire con un’idea ben precisa e soprattutto sapere qual è l’iter burocratico da dover affrontare. Aprire un’attività in un altro Paese, infatti, comporta una serie di passaggi legali e fiscali che possono risultare complessi per chi non è del posto e non conosce bene le pratiche da avviare e la documentazione necessaria da consegnare agli uffici preposti. Un valido aiuto in questo senso arriva da diverse società nate proprio per assistere le piccole e medie imprese italiane che vogliono trasferirsi armi e bagagli oltre Manica, oppure desiderano aprire una sede all’estero. Tanti i servizi offerti: oltre alla consulenza iniziale, c’è la redazione di contratti commerciali; l’assistenza in sede di contenzioso civile; la costituzione di trust e prestazione di servizi fiduciari; il recupero crediti; l’assistenza e gestione contabile e fiscale, e quella in materia di permessi di soggiorno; la consulenza in materia previdenziale e di diritto del lavoro e altri servizi quali la registrazione marchi all’estero e la richiesta di licenze.
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Le destinazioni più frequenti? I più noti paradisi come le Cayman, gli Emirati Arabi e gli Usa, ma anche Malta, il Belize, Nevis, Russia e Scozia. Tra le mete preferite troviamo sicuramente il Regno Unito. Qui, per quel che riguarda il sistema fiscale, se si decide di registrare la propria società come Limited Company – forma societaria scelta normalmente dalle Pmi straniere che aprono in Gran Bretagna – si è soggetti al pagamento della cosiddetta Corporation tax. Per quanto riguarda la burocrazia qui si può aprire un’azienda in un giorno facendo tutto online e per il costo di 15 sterline, e non si è costretti ad aprire una partita Iva finché non si raggiunge una soglia di fatturato di 77mila sterline.
Negli ultimi cinque anni si sono poi affacciati sulla scena anche concorrenti giovani che stanno superando l’insegnamento del mondo anglosassone. In primis la Macedonia. A Skopje, ad esempio, vige il sistema “one-stop-shop” che permette agli imprenditori di registrare le proprie attività in minimo 4 ore e massimo un giorno. Poi, zero imposte – anche sui redditi personali – per i primi dieci anni sulle società che aprono sedi nelle tre zone franche dove non c’è Iva, né ci sono dazi sulle esportazioni né sulle importazioni di macchinari. Connessione gratuita ai sistemi di erogazione di servizi, cuneo fiscale del 27% e costituzione e registrazione di nuove imprese, di qualunque forma giuridica, in solo quattro ore.
Molto simile al contesto economico degli Stati Uniti e della Gran Bretagna è quello degli Emirati Arabi dove esiste una maggiore flessibilità in merito all’accettazione internazionale per motivi di lavoro. Portare avanti lo sviluppo di una nuova azienda diventa così più semplice. Fisco leggero, grossi movimenti di capitali, investimenti a getto continuo nell’immobiliare attirano sempre più imprenditori, allettati dal business in crescita e da joint venture con le società locali. Due i tipi di società: quelle on shore e quelle in free zone. Le prime richiedono di avere un socio locale al 51% (anche se poi questi rimane inattivo), le seconde consentono il 100% di proprietà anche per chi non è del posto. Per aprire un’attività, inoltre, i tempi sono abbastanza rapidi così come i costi contenuti. Senza dimenticare che non ci sono tasse sui redditi.
Tanti, dunque, i posti dove poter aprire una società, come tanti sono i motivi che spingono sempre più italiani a trasferirsi: voglia di cambiamento e di rimettersi in gioco, o semplicemente di fuggire da un sistema burocratico troppo complesso. Qualunque sia la ragione e la destinazione, il nostro consiglio è di rivolgervi a una valida compagine professionale in grado di essere concretamente d’ausilio in tutte le operazioni da dover affrontare ed evitare così brutte sorprese.
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