Vivere a contatto con la natura, la chiave della felicità
Di Enza Petruzziello
La natura, questa sconosciuta.
Eppure non c’è nulla di meglio che del contatto con il verde per combattere lo stress e il burnout, ovvero l’esaurimento da lavoro. Con buona pace dei cultori del Nesting.
Ne è convinta Florence Williams, giornalista che ha spesso scritto della connessione tra persone, salute e natura. Autrice di “The Nature Fix: Why Nature Makes Us Happier, Healthier, and More Creative”, recentemente pubblicato, la giornalista nel libro spiega perché la natura potrebbe renderci di fatto più felici, più in salute e più creativi.
D’altronde per secoli poeti e filosofi hanno esaltato i benefici di una passeggiata nei boschi: Beethoven ha tratto ispirazione da rocce e alberi; Leopardi, Carducci e Pascoli hanno composto le più belle poesie ispirate alla natura; e Nikola Tesla concepì il motore elettrico mentre visitava un parco.
Ebbene Florence Williams ha cercato di scoprire proprio gli effetti positivi della natura sul cervello aprendo il suo libro con una domanda: «Cosa rende felici le persone? I posti contano?». La risposta a questa domanda è ovviamente: sì.
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Laureata alla Yale University e con un MFA in scrittura creativa presso l’Università del Montana, la Williams ha trascorso due decenni vivendo in Colorado e nel Montana, dove ha lavorato come scrittrice presso High Country News.
Dalle piste forestali in Corea, alle isole in Finlandia fino ai boschetti di eucalipti in California, Williams indaga sul connubio tra ambiente, umore, salute e creatività.
In un’epoca in cui le nostre vite si stanno spostando drammaticamente in casa, attraverso la sua ricerca la Williams porta alla luce i poteri del mondo naturale per migliorare la salute, promuovere la riflessione e l’innovazione e, infine, rafforzare le nostre relazioni.
«Grazie alla tecnologia moderna, i neuroscienziati sono riusciti ad utilizzare alcuni dispositivi in grado di misurare l’attività cerebrale anche al di fuori dello studio – ha spiegato la ricercatrice» -. Neuroscienziati americani e inglesi hanno iniziato ad osservare come i cervelli delle persone rispondevano ai diversi ambienti.
Si sono così resi conto che quello che accadeva nel cervello di chi camminava attraverso una città o un’area rumorosa era diverso rispetto a quello che accadeva nel cervello di chi camminava in un parco.
Il lobo frontale, la parte del nostro cervello che è generalmente molto coinvolta nelle attività quotidiane della vita contemporanea, si disattiva un poco quando si è all’aria aperta.
Le onde alfa, tipiche in un individuo sveglio ma completamente rilassato, si registrano più forti nella natura».
Certo la giornalista non è l’unica ad aver dimostrato che la natura fa stare bene. Numerose ricerche sono arrivate alla stessa conclusione appurando che siamo più felici quando viviamo all’aria aperta.
Eppure ogni giorno passiamo meno del 5% del nostro tempo immersi nel verde. Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Perspectives on Psychological Science, dagli anni ‘50 in poi sarebbero diminuiti i riferimenti alla natura in libri, film e canzoni. Anche la nostra cultura porta insomma il segno dell’allontanamento dell’essere umano dall’elemento naturale.
Questi risultati sono motivo di preoccupazione perché implicano rinuncia ai benefici fisici e psicologici dall’impegno con la natura.
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Un impegno, ad esempio, che i giapponesi (tra i popoli più longevi al mondo) da sempre praticano attraverso il cosiddetto “Shinrin-yoku”, letteralmente bagno nelle foreste. Si tratta di una immersione, con i sensi tutti svegli, nella natura. Il respirare l’atmosfera del bosco è un metodo ufficialmente riconosciuto in Giappone sia per la prevenzione delle malattie che per favorirne la cura.
Lo Shinrin-yoku viene sovvenzionato dal sistema sanitario nazionale, nonché studiato e messo in pratica nelle università di medicina e nelle cliniche del Paese.
«Il nostro sistema sensoriale è evoluto proprio a partire dal mondo naturale – conclude la Williams – ecco perché quando ci ritroviamo in quei luoghi, il nostro cervello inizia a rilassarsi. È perché noi siamo stati progettati per quello, per osservare quelle cose, per ascoltarle ed annusarle».
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