Gloria e Stefano e la loro vita in Andalucia

“L’obiettivo è quello di avere un lavoro che sentiamo totalmente nostro, di cui essere orgogliosi e per il quale aver voglia di alzarsi dal letto la mattina. Non cerchiamo una miniera d’oro, né una vita facile: semplicemente vorremmo che ci permettesse di affrontare serenamente il presente, pensando anche al futuro e ai nostri figli”. Un sogno? Sì, un sogno che si realizza come sempre lontano dall’Italia e precisamente a Conil de la Frontera, un piccolo paesino dell’Andalusia, in cui Gloria e Stefano hanno deciso di aprire un locale e di realizzare i loro desideri.

Gloria, quale è stato il motivo del tuo trasferimento a Madrid?

Mi sono trasferita per amore. Nonostante Stefano sia nato e cresciuto nel mio stesso paesino, le nostre strade si sono incrociate solo poco prima che lui decidesse di andarsene dall’Italia; dopo 6 anni di storia a distanza e tanta “ardente pazienza”, ci siamo sposati! Avendo lui già una vita e un lavoro avviati a Madrid, ho deciso che dovevo – e volevo- essere io, fresca di laurea e ancora senza un impiego, a raggiungerlo e così è stato. Non è mai facile lasciare la famiglia, gli amici, le abitudini e le certezze della vita che ci si è costruiti fino a quel momento, ma sin da piccolina avevo sempre vagheggiato l’idea di vivere all’estero e pensare di trasferirmi a Madrid mi piaceva: anni prima era stata la meta del mio Erasmus, ne avevo un ricordo speciale e nel mio cuore la sentivo già come una seconda casa. In effetti la capitale spagnola mi ha accolto benissimo ed io l’ho amata da subito.

A Madrid lavoravi presso il Museo Nacional de Artes Decorativas. Raccontaci qualcosa di quell’esperienza…

Appena arrivata a Madrid ho iniziato a cercare lavoro e sin da subito ho capito che le opportunità nel mio settore (sono laureata in Conservazione dei Beni Culturali) erano limitate e non di facile accesso. Così, mentre portavo avanti le pratiche per omologare il mio titolo di studio, ho iniziato ad informarmi su qualunque possibilità fosse alla mia portata. Essendo laureata da meno di un anno, ho potuto concorrere per la borsa Leonardo, progetto grazie al quale i neolaureati hanno la possibilità di lavorare per un ente estero, per un periodo di tempo determinato. A Madrid non erano previsti “gemellaggi”, quindi ho dovuto cercare io un ente disposto ad accogliermi come borsista; tra quelli che mi avevano dato risposta positiva ho scelto il Museo Nacional de Artes Decorativas, un piccolo gioiellino che molti turisti trascurano e che invece merita di essere conosciuto tanto quanto il celeberrimo Museo del Prado, dal quale, tra l’altro, dista pochissimo. Una volta saputo di aver vinto la borsa, ho iniziato a prendere accordi con la responsabile del Dipartimento di Conservazione del Museo, colei che sarebbe stata la mia tutor e referente e da lì a poco mi sono ritrovata “collega” di grandissimi professionisti del settore. Per me è stata un’esperienza fantastica: lavorare in un museo mi ha permesso di conoscere concretamente cose che fino ad allora erano rimaste sui libri; sono entrata in contatto con diverse aree di lavoro, non solo relazionate con la conservazione preventiva delle opere d’arte, ma anche con tutte quelle attività che si svolgono quotidianamente in ambito museale e che, da semplice fruitore in visita, non si immaginano nemmeno. C’è tutto un mondo “dietro le quinte” di un museo e farne parte mi ha permesso di crescere tantissimo professionalmente. Il MNAD è davvero un esempio di ottimizzazione: di spazi, di tempi, di risorse; nonostante gli ambienti limitati e le esigue sovvenzioni statali, è in grado di portare avanti ogni giorno un’opera straordinaria di conservazione, sapendo bene che senza conservazione non può esserci fruizione. Un concetto tanto banale quanto basilare nel mondo dei beni culturali e che in Italia, ahimè, si dimentica troppe volte.

Dopo due anni nella capitale spagnola vi siete trasferiti in Andalucía. Per quale motivo avete maturato questa decisione?

È stata una decisione che ha iniziato a frullarci in testa dopo una brevissima vacanza nella zona di Cádiz. Madrid è una città straordinaria, nella quale ho vissuto due anni davvero speciali, la porto nel cuore e non credo che potrò mai smettere di provare una certa “saudade” nel ripensare al suo cielo, ai suoi ampi spazi, all’efficienza dei suoi servizi, alla sua vivacità culturale, alla cordialità e alla voglia di divertirsi della sua gente, agli amici che lì ho trovato. Purtroppo, a livello lavorativo stava diventando complicato riuscire a raggiungere un equilibrio che ci permettesse di pensare al futuro in maniera serena, in più la vita di città iniziava a mostrare i suoi lati negativi, soprattutto nella futura prospettiva di una famiglia; per due come noi, nati e cresciuti in un piccolo paese, iniziavano a mancare alcuni capisaldi importanti. Così, con in testa l’esperienza di un nostro amico, che da Madrid si era trasferito in un paese andaluso, abbiamo iniziato a mettere sul piatto della bilancia i pro e i contro dei due stili di vita e, nel giro di qualche mese, abbiamo cominciato ad organizzare il trasferimento a Conil de la Frontera, dove attualmente viviamo. Prima di trasferirci definitivamente abbiamo fatto un paio di viaggi di perlustrazione del territorio, per renderci conto di cosa potesse offrire, a livello lavorativo, il paese che ci avrebbe accolto di lì a poco. La principale risorsa di Conil de la Frontera è sicuramente il turismo: stiamo parlando di una cittadina che d’inverno conta circa 25.000 persone e che d’estate supera le 100.000! Mio marito, che è un imprenditore nell’anima, ha capito subito che quello poteva essere il posto giusto per realizzare un progetto che ha in testa da quando lo conosco e che, un buon punto di partenza, poteva essere aprire un piccolo locale, una cosa semplice, pensata con tutta l’umiltà di chi deve ancora conquistarsi la fiducia e la simpatia della gente del posto.

Perché avete optato proprio per l’Andalucía?

È stata una casualità. Negli ultimi mesi madrileñi avevamo iniziato a parlare di un possibile cambio, ma l’Andalucía non era nei nostri piani; poi ci siamo concessi una piccola vacanza in un posto speciale e abbiamo capito che da lì poteva davvero partire il nostro nuovo inizio. A differenza di mio marito, io conoscevo già il sud della Spagna perché ci avevo trascorso una indimenticabile e avventurosa vacanza insieme ad alcuni carissimi amici e ne avevo un ricordo bellissimo; uno dei momenti topici di quella vacanza fu proprio a Conil de la Frontera e quando abbiamo deciso di trasferirci proprio lì, ho pensato che c’è davvero un filo rosso che collega e dà senso a tutto quello che ci capita nella vita.

Come vi state preparando a questa nuova avventura?

Facendo un passo alla volta. All’inizio è tutto un informarsi, prendere contatti, chiedere, osservare; piano piano le cose prendono forma e le idee iniziano a diventare concrete. Di cose da sistemare ce ne sono tante prima di poter aprire un’attività, quella iniziale è una fase molto impegnativa, ma ha i suoi lati divertenti! Per fortuna, insieme ai due colleghi che sono con noi in questa avventura, riusciamo a tenere tutto più o meno sotto controllo. Sicuramente c’è tanto entusiasmo e tutto l’ottimismo e la voglia di fare tipici di chi sta dando vita ai propri progetti.

E’ difficile a livello burocratico avviare un’attività in Spagna?

Purtroppo il problema burocrazia esiste anche qua, ma è quasi tutto più rapido rispetto all’Italia. Si perde molto meno tempo e si spendono molti meno soldi per portare a termine la maggior parte delle pratiche.

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Molti affermano che sia più semplice aprire un’attività all’estero. Potete confermarcelo?

Decisamente sì. Ci tengo sempre a specificare che, secondo me, la Spagna non è il Paradiso come l’Italia non è l’Inferno, ma tra le due nazioni c’è davvero tanta differenza: io ho vissuto l’esperienza di mio marito che, prima di venire in Spagna, iniziò un’attività in Italia e ho visto quanto sia più rapido ed economico aprire un’attività qui. Per farti un esempio concreto posso dirti che, per la stessa pratica notarile, in Italia chiedevano cento euro, qui solo sei.

Una differenza abissale…. Che tipo di progetto avete in mente nello specifico?

Immaginiamo un bar che sia anche pizzeria al taglio e gastronomia, con un servizio che includa la colazione e l’happy hour. Sarà un locale che rispecchierà ciò che siamo: italiani che vivono in Spagna, con l’amore per la propria terra d’origine e per quella che ci ha accolto.

Come mai avete optato proprio per un bar/pizzeria?

Abbiamo deciso di iniziare con qualcosa che supponga un piccolo investimento, senza troppe pretese, ma che lasci aperta l’opportunità, nel caso tutto vada bene, di ampliarsi. A Conil si lavora con i grandi numeri solo in estate, ma per avere credibilità e continuità anche durante il resto dell’anno pensiamo siano necessarie qualità e professionalità; per questo abbiamo ritenuto opportuno partire con un piccolo progetto, ben curato, che possa incuriosire anche la gente del posto e non solo i turisti occasionali.

Avete già scelto il nome del vostro locale?

Sì: si chiamerà ITAÑOLO! Ci sembra che spieghi bene l’idea della “fusione” tra le due culture! E poi è facilmente pronunciabile, chiunque arrivi in Spagna sa come leggere la N con tilde.

Quali sono le tappe che avete affrontato per l’apertura del vostro locale?

Innanzitutto abbiamo dovuto cercare un locale adeguato alle nostre esigenze; ci siamo dovuti poi informare su tutte le licenze necessarie, le normative e le tempistiche da seguire. Come ti dicevo prima, la burocrazia in Spagna non è pressante come in Italia, ma c’è. Le “scartoffie” sono ancora in corso e nel frattempo ci stiamo muovendo per acquistare tutti i macchinari necessari e contattare i vari fornitori. Ovviamente abbiamo dovuto cercare anche una squadra di muratori ed elettricisti che, con la guida di un architetto, darà al locale l’aspetto che desideriamo, con la sicurezza che il tutto segua le normative vigenti in Spagna.

Quali sono gli obiettivi preposti?

L’obiettivo è quello di avere un lavoro che sentiamo totalmente nostro, di cui essere orgogliosi e per il quale aver voglia di alzarsi dal letto la mattina. Non cerchiamo una miniera d’oro, né una vita facile: semplicemente vorremmo che ci permettesse di affrontare serenamente il presente, pensando anche al futuro e ai nostri figli. E per quanto riguarda il locale, speriamo di poter offrire un servizio di qualità, ben gestito, che trasmetta la passione e la serietà di chi ci lavora.

Come siete riusciti a trovare il locale adatto? E soprattutto, avete incontrato difficoltà?

In realtà siamo stati molto fortunati. Il paese è piccolo, è stato sufficiente fare qualche passeggiata nelle zone che a noi interessavano per trovare vari locali in affitto. Dopo nemmeno un mese dal trasferimento, abbiamo trovato il posto giusto per noi, con gli spazi e il costo adeguati alle nostre necessità. La proprietaria si è rivelata una persona deliziosa, gentile e disponibile e tutto ciò ci ha aiutati a prendere la decisione con maggiore serenità.

Il Governo spagnolo in che modo sostiene l’imprenditoria?

Lo fa attraverso un piano chiamato ICO: è un aiuto statale che, attraverso le banche, permette alle piccole e medie imprese di ricevere un credito da parte dello Stato e quindi con tassi di interesse agevolati.

E’ facilitato l’accesso al credito?

A livello personale non saprei dirti,perché non ne ho mai usufruito, ma credo che la situazione sia molto simile a quella italiana. Per quanto invece riguarda l’imprenditoria, come ti spiegavo in precedenza, non ci sono problemi nel ricevere un credito se si è in grado di giustificarlo.

Ora parliamo un po’ del posto…Come si vive in Andalucia?

L’Andalucia è, attualmente, una delle regioni spagnole con il più alto tasso di disoccupazione; se però si ha la fortuna di avere un lavoro e una casa a cui tornare la sera, si vive davvero bene. Il costo generale della vita è più basso rispetto al centro-nord; il clima è, almeno qui nel gaditano, quasi sempre mite e soleggiato, la gente è socievole e accogliente. Io sto avendo la fortuna di vivere in un paese ai piedi dell’Oceano, dove c’è una luce speciale che brilla fino a tarda sera, dove l’aria è sana e si vive tranquilli. Non ci sono tutte le comodità e gli stimoli culturali che poteva offrire Madrid, ma nelle cose realmente importanti credo di averci guadagnato. Come ho già detto prima, qui il problema maggiore è la disoccupazione; l’Andalucia è una meta interessante per chi ha un capitale, anche piccolo, da investire, ma non lo consiglierei a chi sta semplicemente cercando un lavoro. Dall’altro lato c’è tutto un mondo fatto di luce, bellezze paesaggistiche, storia, eno-gastronomia, tutte cose che in Italia non mancano di certo, ma che qui sono più fruibili: il rapporto qualità-prezzo in molti casi è davvero elevato.

Ci racconti qualcosa della realtà in cui vivi? Cosa secondo te dovrebbe essere cambiato e cosa invece apprezzi maggiormente?

Conil è un paese di provincia e, come succede in tutti i piccoli paesi, ci sono delle “scomodità” più che problemi veri e propri: io, che ho vissuto per due anni in una efficientissima capitale come Madrid, ho fatto fatica a riabituarmi agli orari ridotti dei servizi commerciali e pubblici, alla scarsa possibilità di scelta, alla difficoltà di reperire alcuni beni, alla limitata offerta culturale. Queste sono le cose che sempre mi sono pesate mentre vivevo nel mio piccolo paese in Italia e sono le stesse che continuano a non piacermi anche qui. Devo però ammettere che, seppur con i suoi limiti, la realtà conileña è ben organizzata, offre tutti i servizi basilari e sicuramente, con l’inizio della stagione turistica, assisterò ad un vera e propria rinascita del paese anche a livello di offerta culturale e di intrattenimento. Una cosa positiva è la sua ubicazione, l’essere ben collegato con il resto della provincia e con le principali città limitrofe, il suo essere nascosto senza per questo essere isolato: chi vive nei paesini dell’entroterra marchigiano sa di cosa parlo!!!

Se ti chiedessi di valutare la tua vita all’estero, cosa mi risponderesti?

Mi sento felice della vita che ho qui, delle esperienze e degli incontri che ho avuto finora, della possibilità che ho ogni giorno di conoscere una realtà nuova, che mi aiuta ad aprire un po’ di più gli occhi e la mente; è uno stimolo continuo e un continuo crescere. Probabilmente il fatto che l’espatrio sia coinciso con l’inizio della mia vita di coppia mi ha aiutato ad affrontare la cosa con molto più entusiasmo rispetto a chi è costretto ad andarsene dall’Italia da solo e quando in realtà vorrebbe restare. Io l’ho deciso per e con mio marito, consapevoli che era ciò che volevamo in quel momento e forse anche ciò di cui avevamo bisogno. Il prezzo da pagare credo sia lo stesso per tutti quelli nella mia condizione: lasciare la famiglia e gli amici di sempre; a volte mi sento un po’ in bilico tra la nostalgia e il senso di colpa, con la sensazione di aver “messo in salvo” me stessa senza pensare troppo a chi ho lasciato indietro. Ma poi penso che la vita ti mette davanti a delle scelte e, prima o poi, bisogna trovare il coraggio e la determinazione di seguire quella che crediamo sia la nostra strada.

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