Garanzia Giovani, il programma europeo per l’inserimento lavorativo dei giovani disoccupati

Sicuramente molti di voi hanno sentito parlare di Garanzia Giovani. Ma quanti effettivamente sanno cos’è e come funziona? Si tratta di un Piano Europeo che si pone l’encomiabile obiettivo di ridurre la disoccupazione giovanile. L’Europa, quindi, ha stanziato dei finanziamenti per tutti gli Stati membri che presentano tassi di disoccupazione superiori al 25%, al fine di organizzare attività di formazione e di fornire valido sostegno ed un aiuto concreto per l’inserimento nel mondo del lavoro.

Obiettivo principale: fare in modo che i disoccupati possano finalmente trovare un posto di lavoro in pochi mesi. Una bella favola. Almeno in Italia, dove spesso alle opportunità lavorative fornite dal progetto europeo fa seguito il nulla. I destinatari a cui si rivolge il progetto sono i cosiddetti Neet (Not in Education, Employment or Training) ossia ragazzi e ragazze che non lavorano e non studiano, con un’età compresa tra i 15 e i 29 anni, residenti in Italia. In base a quanto stabilito dall’Europea, l’Italia deve riuscire a garantire ai giovani un’offerta di lavoro qualitativamente valida oppure il proseguimento degli studi, entro 4 mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione o dal termine del percorso di studi formale. Per raggiungere quest’obiettivo, l’Italia ha ottenuto dall’Unione Europea ben 1,5 miliardi di euro. Ma alla fine, leggendo le circolari applicative e i contratti che vengono sottoposti ai giovani aderenti all’iniziativa, appare evidente che tutta questa macchina è stata messa su per favorire aziende private, agenzie del lavoro o Enti di formazione.

il programma garanzia giovani

Infatti il progetto europeo agevola di gran lunga le imprese che assumono, offrendo loro dei riconoscimenti economici se attivano contratti a tempo determinato o indeterminato. Questi di seguito i bonus riconosciuti:

  • 1.500 euro per giovani dalla profilazione alta o 2.000 euro per quelli dalla profilazione molto alta, assunti con contratti a tempo determinato di durata pari o superiore ai 6 mesi
  • 3.000 euro per giovani dalla profilazione alta o 4.000 euro per quelli dalla profilazione molto alta, assunti con contratti a tempo determinato di durata pari o superiore ai 12 mesi
  • da 1.500 euro a 6.000 euro, in funzione della classe di profilazione del giovane, per assunzioni a tempo indeterminato.

La società è retribuita in due forme: ha un rimborso elevato in caso di stipula del contratto; mentre ottiene una quota fissa in caso contrario. Quest’ultima è stabilità al 10% delle cifre sopra descritte ed eseguendo una media, si tratta di 130-160 euro a utente. Facendo qualche calcolo riusciamo a comprendere quanto profitto ci sia effettivamente per le aziende che aderiscono al progetto. Circa un anno fa i numeri erano i seguenti: iscritti al programma 542.369; presi in carico 279.653; 83.061 coloro a cui è stata fatta una proposta. Da un anno a questa parte, il numero degli iscritti è quasi raddoppiato, arrivando a oltre 960mila.

L’obiettivo a cui punta l’Europa con il progetto di Garanzia Giovani è quello di aumentare l’occupabilità a lungo termine dei ragazzi disoccupati. In Italia, a differenza di quanto sta avvenendo nel resto del vecchio continente, questo non sta avvenendo. Basti pensare che le richieste di tirocinio e/o di apprendistato non raggiungono nemmeno il 15% delle offerte totali.

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Gabriella Cantafio, giovane laureata calabrese con alle spalle uno stage in Rai, racconta la sua personale esperienza con Garanzia Giovani, esperienza che di sicuro presenta non pochi punti in comune con quella di molti altri giovani italiani: “La prima chimera è sopraggiunta nel 2014: Progetto AMVA per Giovani Laureati Neet, una borsa lavoro di cinquecento euro al mese. Accreditati puntualmente sul conto bancario. Resoconto: sei mesi in una piccola realtà del mondo associazionistico. Una splendida esperienza umana e professionale. Dopo? Il nulla. O meglio il volontariato. Poi, l’anno successivo, è stato il turno del famigerato Garanzia Giovani: decantato dal governo nazionale e regionale come l’ancora di salvezza per migliaia di giovani che non avrebbero più conosciuto il significato della parola disoccupazione. Dopo i tempi lunghissimi per attivare i tirocini e un altrettanto prolisso iter burocratico, ho iniziato il progetto in un’altra realtà aziendale della mia città. Un’altra esperienza di crescita. Ma stavolta sei mesi di lavoro senza vedere un euro.

Qualche giorno fa, due mesi e mezzo dopo aver terminato il progetto, finalmente mi è arrivata la comunicazione di pagamento dell’Inps. Un bonifico domiciliato alla posta. Quando, alla stipula della convenzione, avevo fornito il mio codice Iban per l’accredito mensile (!) sul mio conto bancario. Chi si occupa di Garanzia Giovani alla Regione Calabria forse, però, ha ereditato dall’infanzia la passione per i girotondi. Anche se qui, a terra ci finiamo solo noi poveretti. Dopo lunghe attese e grandi controversie, finalmente si sono degnati di farci pervenire quanto ci spetta. O meglio quanto hanno deciso di elemosinarci. Così, ormai quasi abituata a lavorare gratis, mi sono diretta verso l’ufficio postale sventolando la comunicazione come se avessi vinto al Superenalotto. Resoconto? Garanzia Giovani è l’ennesimo strumento messo in atto dal Governo per prendersi gioco di noi (non più tanto) giovani, millantando migliaia di contratti di lavoro post Garanzia Giovani. E invece ci tocca lavorare gratis. Fare volontariato. Stare a discutere un’ora dietro lo sportello di un ufficio postale di provincia per ottenere quanto dovuto da Garanzia Giovani. Si, la garanzia di una grandissima presa per i fondelli. Adesso, di indeterminato c’è solo il nostro futuro. Ma io con le mani in mano non ci so stare. Lavoro, faccio esperienza, cerco di diventare sempre più qualificata . E quando sento parlare di pensione, mi immagino settantenne con blocchetto e penna che giro poggiata su un bastone per fare esperienza. D’altronde “nella vita c’è sempre da imparare”. E quindi chi ha mai pagato qualcuno per imparare?”

Alla luce di quanto detto, appare evidente come l’intero sistema vada a favore delle società e degli Enti di formazione. Al contrario, i giovani italiani sono costretti a dire addio, per l’ennesima volta, ai propri sogni e alla propria realizzazione personale e professionale, considerando anche l’elevato ritardo con cui vengono retribuiti i mesi di lavoro.

 

A cura di Nicole Cascione