Francesco: ora sono felice qui a Martil, in Marocco!

A cura di Maricla Pannocchia

A 78 anni, Francesco guarda alla vita con la consapevolezza di chi sa che questa non è un gioco eterno e con la soddisfazione di aver trovato un posto in cui vivere serenamente. “A un certo punto, ho sentito il bisogno di lasciare l’Italia perché ero stufo di sopportare un sistema mutevole e bugiardo che, ancora oggi, sottrae qualcosa dal frutto dei miei anni di veleni e sudori” racconta Francesco che, adesso, vive a Martil, in Marocco.

In estate, la città è presa d’assalto dai turisti ma, in inverno, torna alla sua consueta calma. “Qui viviamo più lentamente rispetto all’Italia e, soprattutto, non ci sono le ipocrisie dell’incivile civiltà” continua Francesco, che si è sentito accolto fin da subito dalla gente del posto.

Ha trovato casa grazie all’aiuto di un amico e, una volta arrivato sul posto, è stato accompagnato da Mahomed. “Mohamed e sua moglie ci hanno accolti benissimo, trattandoci come se fossimo in famiglia” ricorda Francesco che, in quanto pensionato, dedica il suo tempo alla sua passione di sempre, la scrittura, e al semplice godersi la vita in questa città che, ora, chiama “casa.”

Francesco Sammarelli Martil Marocco

Ciao Francesco, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao a tutti, sono Francesco, sono barese e geometra. Dal ‘65 ho esercitato la mia professione nel settore edile come direttore di cantiere. Sono in pensione dal 2008. Mi piace scrivere, ascoltare buona musica, amo il mare, ho un discreto palato; fumo, non bevo alcolici, non mi sono mai drogato. Non ho mai considerato la vita una routine ma una splendida avventura e oggi sono qui in Marocco.

Quando e perché hai deciso di lasciare l’Italia?

Viverci era diventato molto complicato. La decisione di lasciare l’Italia è maturata dopo una lunga serie di fatti difficili da sopportare a livello morale, che portavano tutti a un unico obiettivo e cioè il non voler più regalare i miei sacrifici a un sistema mutevole e bugiardo che, ancora oggi, li sottrae ai miei lunghi anni di veleni e sudori. Cifre esagerate detratte alla mia pensione, non più dovute, essendo residente qui in Marocco. A volte diventa una questione di principio. A un certo punto, stanco di essere ripulito, decisi di cambiare: e vai! E non m’importava se sarei stato meglio o peggio.

Dal 10 settembre 2022 sei residente a Martil, in Marocco. Come mai hai scelto di vivere proprio lì?

A onor del vero non conoscevamo Martil. Ci è stata suggerita da alcuni amici residenti a Tetouan, località distante circa 6 km da qui, e, dopo un’attenta valutazione, l’abbiamo preferita a diverse altre località oggetto della nostra ricerca.

Martil non è una città molto conosciuta. Ti va di descrivercela?

Descriverla è molto semplice ma vorrei sottolineare un altro aspetto che ha inciso fortemente al momento in cui, alle 20.40, atterrammo a Tangeri e ci fece riacquistare la serenità, eliminando la profonda vena di stanchezza che si era radicata nella mente e in tutto il corpo, ricomponendoci al sorriso.

Ci trovavamo in Marocco, la terra che, dalle ricerche svolte, ci aveva affascinato. Tutto, ormai, era alle nostre spalle, dietro le sbarre di un apocrifo oceano di civiltà. Non eravamo emigranti, non eravamo passeggeri o erranti. Eravamo felici! Quella sensazione, in quel momento, disperse la fatica che ci aveva riempito le gambe e le ossa e decuplicò la nostra soddisfazione, eliminando il dubbio che ti viene incontro per le cose di cui hai sentito parlare ma che non hai visto.

Superati i controlli doganali, ci venne incontro Mahomed, giovane imprenditore operante nel settore immobiliare, proprietario dell’abitazione dove avremmo dovuto risiedere, con il quale, dall’Italia, avevamo contrattato la locazione sulla parola.

Alto, bruno, capelli cortissimi, al primo sguardo ci colpì quel senso di tranquillità di cui avevamo bisogno, legandoci in un rapporto di reciproca simpatia. Affaticati, visibilmente provati dalle 11 ore parcheggiati nell’aeroporto di Roma, i nostri volti mostravano tutta la pesantezza di un viaggio che, pur non essendo eccessivamente lungo, lo era stato per lo stress che ci aveva procurato. Fin dal mattino, mi tormentava la fastidiosissima ernia del disco operata 15 anni prima e non estirpata del tutto, che una massiccia dose di antidolorifici aveva faticosamente tenuto a bada e che, con il dovuto riposo, sarebbe rientrata nei regolari parametri anatomici. Il giorno seguente, infatti, eravamo freschi e riposati, pronti per la prima escursione.

Francesco Sammarelli Martil Marocco

Da Tangeri, Mahomed ci accompagnò a Martil, la nostra destinazione finale.

Impiegammo circa un’ora e un quarto ad arrivarci. Mahomed non procedeva velocemente. Le ombre degli alberi, la strada lunga e tortuosa, i riflessi della luna, sparirono lentamente sotto le ruote dell’auto. Durante il percorso insisté più volte per offrirci la cena ma eravamo talmente esausti e ci riservammo di accettare in un secondo momento. Quella sua cortesia e i modi con cui si era proposto e non solo, ci sorpresero, dandoci conferma di aver incontrato una persona speciale, libera da ogni maschera di convenienza. Certe sensazioni le senti a pelle. Lui aveva fatto parecchi chilometri e altrettanti ne stavamo ripercorrendo. Era tarda sera, avremmo potuto raggiungere in taxi l’abitazione senza arrecargli disturbo. Lui era lì! Giunti sul posto, una palazzina a due piani di recentissima costruzione, l’accoglienza fu altrettanto cordiale. Lubda, sua moglie, una donna della sua stessa età, era ansiosa di conoscerci. Quando eravamo a Bari un nostro amico si era occupato della ricerca della nostra casa, il suo impegno fu straordinario, tramite lui il rapporto era diventato giornaliero.

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Lubda era dolce, delicata, gioviale; nel suo vestito di semplicità, il volto sorridente, non riusciva a nascondere l’inquietudine che aveva dentro di sé e, avendoci mostrato l’abitazione a mezzo di videochiamate, non si sentiva tranquilla.

Preoccupata perché tutto assolvesse alle nostre esigenze, nel breve scambio ci aveva chiesto più volte conforto. Noi non siamo abituati a mentire come chi, trovandosi sul posto, non avendo alternativa, è costretto a fare buon viso a cattivo gioco. Subito la tranquillizzammo. Tutto combaciava a quanto ci aveva presentato. La casa era perfetta. La sala, la cucina, le due camere, il bagno, le vettovaglie, la disposizione dei mobili… Ogni ambiente era arredato con cura. Dopo il tè e la fugace conoscenza, pronti per la notte, ci salutammo, rimandandoci al giorno seguente. Trascorsi una decina di minuti, mentre disfacevamo i bagagli, sentimmo bussare alla porta. Qui agli ingressi non sono apposti campanelli. Era lei, Lubda. Era risalita portandoci qualcosa da mettere nello stomaco; due cotolette impanate molto gustose con il contorno di patatine, che subito dopo divorammo. Scambiata la buonanotte ridiscese serena al piano di sotto, nell’altro suo appartamento dove alloggiano quale residenza estiva. Noi eravamo al secondo piano.

Avevano anche provveduto a rifornire il frigo con alimenti di prima necessità: olio, latte, alcune confezioni di tonno in scatola, la bombola del gas non ancora usata e diversi accessori domestici, in modo che non ci mancasse nulla. Due persone straordinarie nei modi, nei gesti, nel linguaggio di cortesia: con semplicità si erano subito dimostrate sincere, premurose, disponibili e attente. Preoccupate perché si potesse star bene e perché potessimo sentirci a casa, come e più che in famiglia. La settimana successiva ripartirono per Malaga per riprendere le proprie attività.

La mattina seguente, domenica, acconsentendo all’insistenza di Mahomed, verso le 11 uscimmo per una prima ricognizione e, con lui, raggiungemmo dapprima il lungomare, che percorremmo per tutta la lunghezza, quasi 8 km. Successivamente, visitammo altri luoghi come il banco del cambio, il mercato del pesce e della frutta e verdura. Infine, il market dei prodotti casalinghi.

I vicoli, le zone del centro e i negozi ci vennero incontro come signore che passeggiano tranquille. Per me, che, fino ad allora, avevo vissuto nel delirio della città subissata dai suoni dei clacson, dal caos, dagli schiamazzi dei ragazzi, tutto ciò fu motivo di stupore ma, allo stesso tempo, mi affascinava il rapporto che qui si ha con la vita. Una cultura che in controparte si oppone alla nostra occidentale, dove tutto sembra rallentato, nello scorrere di un tempo tanto agitato, malato di frenesia, perennemente in assetto di guerra. I quartieri, sotto gli occhi dei vigilanti per tutta la giornata. I giardini e le strade, continuamente ripuliti. Ragazzi che, con carretti di fortuna, raccolgono bottiglie e altri elementi di plastica. I vigili che controllano il traffico, che scorre ordinato e non è caotico. Difficilmente senti il richiamo dei clacson.

Da quando ci troviamo qui, non abbiamo mai visto un solo vigile fare la multa a qualcuno.

Martil, in passato chiamata Rio Martin, è un centro turistico che si affaccia sul mare. Durante la bella stagione brulica di turisti provenienti da ogni parte del mondo: francesi, latino americani, tedeschi, italiani…

In inverno si svuota e tutto rientra nella consuetudine quotidiana.

Quando sei andato in Marocco per la prima volta e cosa ti ha conquistato del Paese?

Le attività svolte in modesti locali, in armonia con piccoli e medi empori. La simpatia della gente. La libertà nel vestire nel rispetto della propria religione, senza obbligatorietà alcuna. Alcune donne indossano il velo, altre il burqua, le giovani possono anche decidere di non indossarlo. Il mondo pastorale e contadino che vive le sue antiche tradizioni, con i greggi che, all’imbrunire, ritornano scortati dal fischio del pastore, il fiume che riposa tranquillo, gli uccelli acquatici, il rispetto per gli animali in genere. I gatti! I gatti soggiornano indisturbati lungo le strade, sui marciapiedi, ai bordi dei negozietti e delle case. Desiderosi di coccole, alcuni fanno un pezzo di strada con te. In periferia, gli uccelli acquatici, che somigliano a piccole cicogne, convivono con galline e pulcini. Tutto ciò sorprende. Non si può descrivere.

A volte, sarebbe bello deconcentrarsi e, per un momento, pensare…

Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti davanti alla tua scelta?

La vita non è un mondo senza fine che dura in eterno, l’ho sempre gestita e vissuta in modo concreto. Gli altri hanno cercato in tutti i modi di distogliermi dalla mia idea ma, alla fine, hanno considerato la mia scelta quella di un pazzo coraggioso di 78 anni, tante sono le mie primavere.

Come ti sei organizzato prima della partenza?

È stata una vera odissea che ha voluto lasciarci con il fiato sospeso fino al momento della partenza. L’ho raccolta nel mio prossimo romanzo, “Da Occidente a Oriente – Destinazione Martil”. Nella prima parte di questo libro, descrivo il viaggio Bari- Roma- Tangeri. Nella seconda, il luogo.

Di cosa ti occupi?

Sono un pensionato che non vive di ricordi, con l’hobby della scrittura fin da quando ero studente. Mi diverte farlo in modi diversi, ironico e diretto. Odio l’ipocrisia, la falsità, l’arroganza e il volersi mostrare a tutti i costi.

È facile, per un italiano, trovare lavoro lì?

Non saprei rispondere in maniera esauriente, come detto, sono in pensione. Chi ha volontà, il lavoro lo trova ovunque. Ciò che ho potuto constatare, essendo esperto del settore edile, sono le carenze molto gravi a livello cantieristico, che possono pregiudicare la vita di chi vi lavora. In poche parole, si opera nelle pessime condizioni che c’erano da noi negli anni ‘50. Non si fa uso d’impalcature a protezione delle altezze, che qui non superano i 5 piani. Gli impasti, per la maggior parte, vengono eseguiti a mano e trasportati sugli impalcati con cordame e montacarichi di fortuna. Le carpenterie oserei definirle azzardate. Non c’è un controllo né specifico né tecnico. Inoltre, chi vi lavora non conosce orari. Difficilmente un italiano potrebbe adattarsi. Per quanto riguarda altri settori, non ne ho la minima idea, posso soltanto affermare che quasi tutte le attività non iniziano prima delle nove del mattino e restano in esercizio fino al tardo pomeriggio, compreso la domenica. Il venerdì, invece, per molti è considerato festivo e le aperture delle attività sono ridotte.

Francesco Sammarelli Martil Marocco

Come si vive lì?

La vita che si conduce qui è molto semplice, nella sua quotidianità non necessita di particolari esigenze, dall’abbigliamento all’alimentazione. Solo alcuni prodotti si equiparano a quelli occidentali tipo quelli caseari, formaggi, alcolici e caffè in polvere.

Puoi dirci il prezzo di alcuni beni e servizi di uso comune?

– Il parrucchiere da uomo per taglio capelli, barba e quant’altro: 40 dirham.

-Il taxi bianco su percorso cittadino: 10 dirham.

-Il caffè seduti al bar 10/12 dirham compreso di bottiglietta sigillata di acqua.

-La bombola del gas, che a noi, essendo in due, dura più di due mesi: 40 dirham.

-La colazione tipica servita al tavolino, che consiste in un uovo, pomodori, salame di pecora condito con olio di oliva, salsine e pane: 26/28 dirham.

Il pane, le verdure, la frutta e altri prodotti agricoli, che è superfluo elencare, sono di assoluta convenienza. Per la frutta, le verdure e alcune varietà di pesce, se non hai voglia di recarti al mercato, puoi rifornirti sotto casa (al grido…), come accadeva un tempo. Per carni e pollame, il prezzo varia fino a un massimo di 120 dirham.

Maiale e derivati, per religione sono completamente assenti, così anche alcuni tipi di verdure a noi familiari come rape, cicorie e cavolo verde. Abbondano olive, uova, tè di ogni tipo e aroma, che viene servito con aggiunta di foglie di menta.

L’unica nota stonata… il Carrefour per vini, alcolici e formaggi, che vende a prezzi che superano addirittura quelli che ci sono in Italia.

Ovviamente, per i non residenti in estate c’è l’aggravio turistico.

Il settore marittimo abbonda di notevole varietà di prodotti. Salvo alcuni, i prezzi sono di assoluta convenienza. Sarde, merluzzi, triglie di dimensioni molto grandi, calamari, gamberi, tonni, pesce spada, granchi da paura e molluschi di ogni tipo sono “vigilati” da numerose, rispettabilissime famiglie di gatti terrestri, in condizioni di beatitudine, che, al di sopra di ogni sospetto, se ignorati, rubano di soppiatto (in ogni comunità capita sempre la pecora nera).

Senza badare a spese: 2 Euro per un chilo di sarde, 8 per un chilo di triglie grandi più di un palmo, 50 centesimi per pulirle e sfilettarle, 5 per sei granchi di dimensioni enormi, debolmente vivi per una favolosa spaghettata. 15 Euro in tutto ed è fatta!

Nel mercato della frutta e verdura, a poche decine di passi, sono circa le quattro del pomeriggio, tutto è ancora in fermento. Ci colpisce la quantità delle olive. Piccole montagne che emanano un profumo invitante. Ce ne sono di salate, verdi, nere, rosa e biancastre, condite con prezzemolo e al peperoncino. Sacchi di verdure, pomodori, cassette di frutta, assemblate le une vicino alle altre fanno da sfondo a questo incredibile quadro di Van Gogh, esposto in una galleria a cielo aperto, che si estende tra spazi ridottissimi, in un tripudio di colori.

Di tanto in tanto, la voce dell’uno o dell’altro richiama l’attenzione.

Prodotti caseari, legumi, olio e diversi altri sono esposti negli angoli più riparati.

Da un piccolo slargo riservato alla vendita dei polli un puzzo insopportabile assale l’aria e si diffonde con il grido esasperato di un gallo legato a una gabbia di legno carica di galline. Fuori dalla piccola kasbah, postazioni allineate in fila indiana espongono panetti di casareccio e biscotti fatti in casa. I panetti costano 2 dirham.

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Il posto ci piace. Ci piacciono queste isole contadine che non si dissociano dalla propria tradizione. Ci piace il loro insieme di colori, a cortesia della gente.

Ci piacciono i sorrisi, anche se non acquisti niente.

Come funziona, dal punto di vista burocratico, per vivere e lavorare lì?

Superare la burocrazia, per quanto mi riguarda, è stata un’avventura deludente al punto di aver pensato di andar via e trasferirci in un altro luogo. Ho ottenuto la residenza un anno esatto dopo il mio arrivo, in seguito a una gran confusione, forse dovuta alla totale assenza della lingua italiana. Questo aspetto, oltre ad aver assorbito notevoli spese (che potevano essere evitate…), ha creato notevoli disagi. Infatti, alla scadenza dei 90 giorni, ci ha costretti a recarci sistematicamente a Ceuta, piccolo territorio spagnolo distante circa 40 km, per vistare in entrata e uscita dalle due frontiere il passaporto e ottenere, così, il permesso per soggiornare in Marocco per altri 90 giorni.

Credi che, per trovare più facilmente lavoro, sia indispensabile conoscere la lingua locale sin da subito?

Sì o, quantomeno, per capirsi. Qui prevale il darinya, meno lo spagnolo. Niente italiano.

Come ti sei mosso per trovare un alloggio?

Prima della partenza, tramite amici.

Quali sono i costi medi e le zone in cui è possibile vivere bene spendendo il giusto?

Per un appartamento di circa 100 mq si pagano 280/300 Euro il mese.

Puoi consigliare delle zone in cui vivere più a contatto con la popolazione del posto?

Consiglio Martil, un luogo tranquillo, con gente cordiale, rispettosa e pronta ad aiutarti. Punto a sfavore: la stagione estiva. Da maggio a settembre si riempie di turisti provenienti da tutto il mondo e la tranquillità si disperde.

Come sei stato accolto dai locals?

In maniera sorprendente, con simpatia e amicizia. Questo aspetto ha confermato la mia scelta. È come se vivessimo in un’altra dimensione, all’interno di un mondo fuori dalla civile inciviltà. .

Come descriveresti le loro vite?

Semplici, schiette e sincere. La gente di qui, pur non conoscendoti, si pone nei tuoi confronti con un linguaggio di cortesia e si dimostra premurosa, disponibile e accorta. Per quanto ho toccato con mano finora, c’è un’incredibile straordinarietà di cui si conosce poco, in netto contrasto con quanto viene raccontato. L’accoglienza può anche essere un obbligo turistico ma tutto il resto ha le sue radici nell’intimo!

Tale condizione mi affascina e avvalora la mia scelta di vita. Questo non potrà che rendermi soddisfacente la permanenza qui. Sono un italiano devoto alla mia patria e alla religione, pur rispettando le altre. Qui ho un avvicendarsi di giorni “liberi”, finora alienati da un contesto frenetico di una società disorientata, avida ed egoista, asfissiata dal materialismo delle cose. Naturalmente, come in ogni parte di questo indefinibile, mortificato pianeta, esistono i buoni e i cattivi, i savi e i folli, e, quindi, non rimpiango nulla di quello che mi sono lasciato alle spalle. Come si suol dire, “Si vive per vivere!”. E questo vale per chiunque.

Com’è, invece, una tua giornata tipo?

Caffè al bar, se le condizioni atmosferiche lo consentono, passeggiata fino alla playa, un saluto agli amici, se necessario un salto al mercato, rientro, pranzo, un’oretta di riposo, al computer a scrivere, film. A volte, mi diverto in cucina.

Quali sono, secondo te, le differenze e gli eventuali punti in comune fra lo stile di vita marocchino e quello italiano?

Qui si vive la libertà di sé stessi. Non senti né critiche né pettegolezzi, non ci sono né presunzione né invidia, ma amicizia e rispetto reciproco. Non devi rendere conto ad alcuno: sei a tuo agio. Sempre nel rispetto delle regole.

Come valuteresti servizi come la sanità, la burocrazia e i mezzi pubblici?

Per quanto riguarda la sanità non saprei, spero di non usufruirne. Taxi e bus offrono un servizio continuo molto efficiente con collegamenti rapidi sia all’interno sia all’esterno, verso Tetouan o altri centri.

Che consigli daresti a chi vorrebbe trasferirsi in Marocco?

Non mi sento di dare consigli, ognuno ha le proprie esigenze e un suo modo di vivere. Magari quanto descritto può essere utile come suggerimento per chi desidera la tranquillità e non soffre per la mancanza di sale da ballo, discoteche e altro.

Se potessi tornare indietro, faresti qualcosa diversamente?

Sì. Se informato correttamente, provvederei all’istante a esplicare quanto dovuto per il rilascio della residenza per non vivere, così come ho dovuto fare per un intero anno, l’altalenarsi di pensieri per una situazione, diciamo, illogica.

Ogni quanto torni in Italia e cosa ti manca di più del tuo Paese natale?

Nel mio amato Paese, l’Italia, non penso di tornare. Tutti gli affetti sono qui con me, nel cuore, e questo mi consente di non avere né rimpianti né nostalgie. Ho dato molto, non ho ricevuto nulla: non mi manca niente!

Progetti futuri?

Il futuro non presenta prospettive a lungo termine o l’avvicendarsi di molte altre stagioni alle mie 78 già vissute, delle quali vado fiero, e quindi mi godo ogni singolo giorno che vivo!

Per seguire e contattare Francesco:

E-mail: fransuerte@libero.it