Francesco: apro un negozio di artigianato etnico in Tanzania

Con un piede e mezzo in Tanzania, dove ha aperto un negozio di prodotti etnici. Aspetta di vedere come nel futuro prossimo andranno gli affari, per decidere se lasciarci l’altra metà. Per il momento in Africa Francesco Cosentini, nato a Novara nell’84, ma vissuto sempre a Barossini, nel Salernitano, sta bene. Ha rilevato la bottega di artigianato etnico da una signora che conosceva da tempo e prova a vivere l’avventura africana. Fa capire che non è stato difficile avviare l’attività imprenditoriale.

“Prendere il permesso del governo -spiega-  ed aprire la pre partita iva E’ stato semplice, cosi come fare il contratto dell’affitto del negozio e pagare le tasse alla Tanzania Revenue Authority. Vendere risulta molto complicato. Non ci sono tanti turisti, per cui è difficile avere sufficienti entrate mensili. Per recuperare le spese e guadagnare qualcosa bisogna cercare alternative, come vendere in Italia. Comunque, un amico tanzaniano mi ha detto: ‘se sei italiano ed apri una qualsiasi attività fai fortuna qui, in Tanzania!  Puo’ essere vero, ma occorrono molti soldi, le possibilità  di investire ci sono e serve un capitale di base. Se uno ha denaro, tutto è agevole, perché la politica del governo è molto aperta al mercato esterno, fin troppo e favorisce investimenti stranieri. Il mio investimento è stato tutto sommato modesto, non ho speso una cifra astronomica”.

Francesco Cosentini in Tanzania artigianato etnico

A semplificare l’avvio di un’attività imprenditoriale, c’è anche il carattere dei locali, persone collaborative. “Per loro- spiega- dare una mano significa guadagnare, quindi non si tirano indietro. Sono in ogni caso molto cortesi, soprattutto se parli la loro lingua”. Francesco vive a Dar es Salaam, precisamente Kijitonyama, un quartiere a pochi chilometri a nord del centro città. Si accede da una grossa arteria, che collega il centro della cittadina al popoloso quartiere Mwenge. La strada principale è asfaltata, mentre tutte le altre sono in terra battuta e sassi. Ci sono negozietti africani. Qualcuno ha uno stile europeo. Ci sono  bancarelle che vendono frutta, verdura e mgahawa, cioé punti di ristoro. Dopo il tramonto, passando in alcuni crocicchi, si sente l’odore degli spiedini di carne arrostiti ed il pesce fritto, che vengono preparati in mezzo alla strada. I tassisti, vedendo passare un bianco, si sbracciano e cercano di attirare l’attenzione nella speranza che questi abbia bisogno di una macchina. Nel complesso si vive molto per strada, perché è lì che si lavora. Ma si sta fuori casa anche solo per chiacchiere o fare una passeggiata con gli amici”.

Ci spiega perché ha lasciato l’Italia?

Avevo voglia di vedere con i miei occhi cosa ci fosse al di là dei miei confini. La prima volta è stato a 21 anni, ci pensavo sin da bambino. Mi sono organizzato da solo, ho messo i soldi da parte per il biglietto aereo, ho cercato su internet indirizzi utili ed ho scritto parecchie email. Ho ricevuto una risposta dalle suore Orsoline in Tanzania. In Italia studiavo Geografia, un corso triennale della facoltà di Lettere e filosofia, al contempo svolgevo lavori part-time e avevo tanti hobby. Ma cercavo altro.

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Perché proprio l’Africa?

Mi ha sempre affascinato, é difficile spiegarlo. Ha esercitato su di me una sorta di richiamo ancestrale.  Certo, é un continente dilaniato da tanti altri problemi, ma é senza dubbio affascinante e misterioso. In Tanzania ero stato anni prima.  Dopo la prima e positiva esperienza di un solo mese, avevo voglia di approfondire la cultura di questa terra. Per questo ho partecipato ad un progetto di servizio civile internazionale, durato un anno e nello stesso tempo ho coordinato un progetto di microcredito. Nel frattempo ho imparato lo Swahili. Conoscere la lingua di un luogo è la chiave per iniziare a comprenderlo. Credo che ogni Paese in Africa sia particolare, a modo suo ed abbia dei caratteri distintivi che lo differenziano dagli altri. L’Africa è estremamente ricca di cultura e storia, paesaggi, flora e fauna,  tradizioni, usi e costumi. La Tanzania è in un certo senso la mia casa africana, semplicemente perché è il primo Paese con il quale sono entrato in contatto, quasi a dire il primo amore.

Artigianato Tanzania artigianato etnico

Come si vive lì?

Nel complesso bene. Ho vissuto davvero splendidi periodi. Dipende sempre dal luogo scelto, soprattutto da cosa si cerca. La vita nel villaggio è differente rispetto alla vita in una città come Dar es salaam. Pro e contro da entrambe le parti.  In città,  ad esempio, il traffico e lo smog sono un grave problema, nel villaggio si respira aria pulita ed i ritmi sono molto  più  sostenibili. La città offre parecchi svaghi e possibilità di evasione, come  le spiagge, i cinema, i ristoranti, le discoteche, i concerti, la musica dal vivo. E poi sport. Il villaggio regala quiete, quindi la riscoperta del dialogo.

Ha detto che gli abitanti sono disponibili.

Direi, come in qualsiasi altra parte del mondo. Ci sono persone molto cortesi, ospitali ed amichevoli, molto felici e disponibili a fare una chiacchiera, così come maleducati ed approfittatori, imbroglioni. In linea di massima posso, comunque, affermare che è un posto tranquillo e sicuro, dove le persone sono miti e pacifiche.

Hanno tradizioni particolari?

Per quel che ho potuto comprendere la maggior parte delle tradizioni  si è persa. Era un Paese ricchissimo sotto questo punto di vista, basti pensare che ci sono centoventotto diverse etnie, ognuna con un proprio dialetto, propri usi, costumi e tradizioni specifiche. E’ rimasto poco rispetto al passato. Comunque, si possono ammirare le abitazioni tipiche. Le costruzioni variano a seconda dell’etnia. Gli utensili con un po’ di fortuna si possono ancora  trovare in giro, ma sempre più persone usano i prodotti (quasi sempre cinesi) che ormai invadono anche i villaggi più  piccoli.  Gli abiti tradizionali sono ormai prerogativa di particolari gruppi etnici, i Masai sono l’esempio più eclatante. Un gruppo, gli Hadzabé, vive come nel passato, lavorando utensili, costruendo archi e frecce e cacciando per la sopravvivenza. Non conoscono l’elettricità, l’acqua corrente. Vivono senza comodità moderne. Questo gruppo rappresenta una vergogna per tutti gli altri tanzaniani, che si considerano estremamente evoluti.

Etnico in Tanzania artigianato etnico

Ci parla della cucina?

L’ugali è il piatto base più famoso, con il riso. Si mangiano entrambi accompagnati da una salsetta con fagioli, pesce secco, verdura, pesce o carne. L’ugali non è altro che una polenta di farina di mais. Esistono varianti con farina di manioca o banane. Molto famosi e comuni sono gli spiedini di carne alla griglia (mishkaki), pollo e patatine (chipsi kuku), la zuppa di carne e banane (bukoba), la carne al rosto (nyama choma), la frittata e le patatine all’interno (chipsimayai). Le zuppe con ortaggi e pollo, ma anche pesce, lingua di mucca e cartilagine. Inoltre c’e’ una grandissima varietà di piatti derivati dalla cucina indiana, come i mandazi ed i chapati. Sulla costa le specialità sono gamberi, polpo, aragosta, granchio, pesce fritto, grigliato o cotto nel latte di cocco. Una vera specialità sono i succhi di frutta fresca: passion, mango, anguria e tamarindo i più comuni!

Ci sono tanti italiani?

Si, specialmente a Zanzibar. Tantissimi turisti, ma anche lavoratori residenti ed operatori di Organizzazioni non governative.

Come si trascorre la giornata?

La quotidianità cambia in base ai periodi e gli impegni. Al villaggio generalmente ci si sveglia molto presto per sfruttare al massimo la luce e l’energia del sole. Ogni giornata è differente dall’altra.

Francesco Cosentini artigianato etnico

Qual è la difficoltà più grande per chi arriva in Tanzania?

In tutta onestà, non ho avuto grandi difficoltà. Forse la lingua è il primo scoglio, considerando che la maggior parte della popolazione non parla inglese. Comunque, ci si intende sempre bene. Le lingue ufficiali in Tanzania sono infatti due: swahili ed inglese. L’inglese lo conoscono a Dar es salaam e nelle città principali (non tutti), la maggior parte dei tanzaniani conosce il proprio dialetto e lo Swahili, essenziale per comunicare nei villaggi. Iniziare a farsi capire e capire dignitosamente non è difficile, bastano tre, quattro mesi e molta pratica. Se poi si desidera conoscere la lingua ad un certo livello, occorrono tantissimo esercizio, studio della grammatica e molta pazienza. Altro elemento negativo, è l’assenza di voli diretti per l’Italia.

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Cosa vende in particolare nel negozio che ha aperto?

Soprattutto, artigianato tipico tanzaniano, ma anche oggetti del Kenya e del Malawi, qualcosa dall’Uganda e dal Madagascar. Tanzaniani tipici sono tutti gli oggetti in legno (maggiormente in ebano, ma anche banano ed altro legno):  animali tipici africani, omini stilizzati, barche, maschere, sculture particolari, presepi e motivi religiosi, come l’arca di Noè e l’ultima cena. I principali scultori d’ebano in Tanzania sono i Makonde, provenienti dall’altopiano omonimo nel sud del Paese, rinomati per le loro sculture e le maschere in tutta l’Africa. Sono scultori originali e fantasiosi, famosi per le sculture “ujamaa”,  termine swahili che vuol dire unione, fratellanza. Una sorta di “albero della vita”,  tante figure stilizzate: uomini ed animali, legate ad un progenitore comune in modo tale da essere ognuna collegata all’altra e da potersi sostenere a vicenda.

Artigianato tipico Tanzania artigianato etnico

E cos’altro?

Sempre tanzaniani molto particolari sono i coloratissimi batik ed i dipinti Tinga Tinga, sandaletti di cuoio e perline, borse di cuoio, borse e bambole di stoffa, animali di stoffa, piccola mobilia (tavolini, scrigni e sedie intagliate), cestini e portaoggetti di materiali naturali di tutte le forme e dimensioni, collane, orecchini e braccialetti. Un vasto assortimento di gioielleria proviene dal Kenya: collane, orecchini, anelli, braccialetti, per la maggior parte di lavorazione  Masai. Kenyoti sono anche tutti gli oggetti in pietra saponaria, molto eleganti e raffinati. Tutti gli oggetti sono artigianali al 100%, fatti a mano e realizzati dai locali.

Idee per il futuro?

Beh, penso di limitare l’artigianato proveniente dagli altri Paesi per concentrarmi sui prodotti Tanzaniani.  Questo per assicurare un controllo a monte della catena di produzione. Vorrei infatti rendere l’attività equosostenibile.

Cosa le manca dell’Italia?

La famiglia,  gli amici vicini, le abitudini quotidiane. Però, ho ritrovato un ritmo di vita più a misura d’uomo. E conosciuto una cultura da scoprire giorno dopo giorno.

Intanto Francesco tra breve visiterà la Tanzania in bicicletta. Vorrebbe organizzare dei viaggi di turismo sostenibile. In Italia tornerà.  Per   restare in modo definitivo in Africa vedrà quali sono le possibilità reali di guadagno.

La mail di Francesco:

francescocosentini@live.it

cell. : +255754088519

skype: francesco.cosentini1

Blog personale:

www.mambomswano.blogspot.com

Cinzia Ficco