Fare impresa in Oriente

La strategia editoriale di Voglio vivere così si ramifica ed entra nello specifico di alcuni temi legati all’internazionalità e ai diversi mercati del lavoro. Per questo articolo ci avvaliamo dell’esperienza di Alberto Forchielli, bolognese attualmente trasferito ad Hong Kong, che ci parlerà della situazione dell’Oriente.  Laureato nel 1981 all’Harvard Business School, da oltre trent’anni lavora nell’area business. In oriente è diventato uno dei soci fondatori di Mandarin Capital Partners, www.mandarincp.com una delle più importanti società di investimenti privati. Nel 2004 ha fondato l’Osservatorio Asia, che, attualmente, presiede. Testimonianze e notizie di questa attività è possibile leggerle nel suo interessantissimo blog http://blog.english.caixin.cn/albertoforchielli. Con lui parliamo di lavoro, economia e mercato di un’importantissima pedina sulla scacchiera economica mondiale: la Cina e Hong Kong, stato nello stato. Si tratta di un’economia in crescita che offre opportunità di lavoro e di cui non si può trascurare il peso sull’intero panorama mondiale.

Fare impresa in Asia oriente

Dottor Forchielli a marzo il governo cinese ha presentato il nuovo piano economico per i prossimi cinque anni: le linee su cui maggiormente insiste sono uno sviluppo sostenibile e green e un aumento dei consumi interni. È in grado la Cina di rispettare quanto programmato da questo piano?

Teoricamente è in grado, come ha fatto molte volte in passato. Anche se le premesse sono confortanti, aumentano i vincoli da rispettare e le variabili da affrontare. È possibile che i risultati saranno più modesti o raggiungibili in un periodo più lungo.

Leggendo le notizie economiche su internet ci sono impressioni contrastanti: l’economia cinese cresce o no?

Cresce ad un ritmo superiore al 9% l’anno, quindi procede bene. Sarà importante per Pechino non deragliare. Una flessione della crescita appare inevitabile, ma non per questo disastrosa. L’auspicio cinese è che si tratti di un atterraggio morbido, un sotf landing invece che un hard landing.

È vero che sono state date una serie di restrizioni sui crediti e sugli investimenti stranieri? Che ripercussioni possono avere questi provvedimenti sull’economia reale?

Sì, ci sono state restrizioni sui crediti. Senza di esse l’inflazione sarebbe cresciuta a livelli più che preoccupanti e la speculazione edilizia si sarebbe incamminata verso una bolla pericolosa. Anche gli investimenti stranieri sono stati, nei fatti, ristretti (ad es. con l’aumento dei salari). Ora si cercano esclusivamente investimenti in settori innovativi.

Quali sono i settori che maggiormente creano occasioni di lavoro?

I servizi, il terziario avanzato, il lusso, la meccanica non tradizionale, l’automazione industriale, la farmaceutica.

Per quanto riguarda gli stranieri: ci sono figure professionali particolarmente richieste dal mercato cinese?

Anche per i professionisti la Cina richiede qualità che ancora non può sempre produrre. Le figure più richieste possono essere: manager internazionali, direttori di fabbrica, esperti di marketing e di finanza.

Fare impresa in Cina e ad Hong Kong, oggi, per una società estera che vantaggi e che difficoltà comporta?

I vantaggi derivano soprattutto dall’inserimento in un ambiente dinamico, in crescita e che valorizza le qualità. L’economia cresce con tutta la società e il mercato del lavoro. In Cina e Hong Kong “succedono le cose”. Gli svantaggi provengono da un ambiente estrematamene concorrenziale, dove l’aggressività sul mercato è una costante e dove, almeno in Cina, non sempre le regole vengono rispettate.

Dal punto di vista della gestione economico-finanziaria la Cina è ancora un paese comunista?

No, se la domanda si riferisce semplicemente alla gestione sull’arena del mercato. Se invece si prendono in considerazione la predominanza del settore statale nell’economia a l’opacità delle decisioni, allora la risposta negativa diventa meno netta.

Ad Hong Kong, a parte il terziario, quali sono i settori economici più sviluppati? Che tipo di mercato del lavoro c’è?

Se il terziario è considerato nella sua accezione più vasta, comprende tutti gli sbocchi professionali. Ad Hong Kong non esiste più una fabbrica: tutte in Cina, oltre confine. Però nel terziario il settore avanzato, dell’informatica, della distribuzione, della banca e finanza, del marketing per i prodotti di lusso, offre ancora considerevoli opportunità.

Percentualmente sono maggiori le importazioni o le esportazioni? E cosa cambia in termini di economia reale e lavoro?

La bilancia commerciale è in passivo, perché Hong Kong deve importare i prodotti agricoli ed energetici. Le statistiche comunque non sono rigidamente interpretabili perché l’ex colonia risente dell’esteso commercio in entrata ed in uscita con la Cina, che incide sui conteggi.

A che punto è la ricerca tecnologica in Cina? Si investe in questo settore?

Si investe tantissimo in tecnologia, in ricerca, nell’attrazione dei talenti, sia cinesi di ritorno, sia stranieri che trovano in Cina opportunità e compensi. In questo settore la Cina sta facendo uno sforzo straordinario per uscire da una dimensione esclusivamente quantitativa della sua produzione.

In un’economia come quella cinese, che negli ultimi anni ha indubbiamente fatto registrare notevoli tassi di crescita, ha ancora senso parlare di Pil? Cioè, questo è ancora un indicatore utile per valutare lo stato effettivo della sua economia?

Lo è ancora, ma in maniera non esclusiva e comunque meno preponderante.  I motivi sono sostanzialmente due. Il primo rileva che l’integrazione nel circuito globale della Cina non consente una valutazione accurata del Pil, soprattutto per il suo aggettivo “interno”; le esportazioni che incidono sul Pil, sono tutte cinesi, oppure (come è vero) derivano dagli investimenti stranieri? La seconda ragione è che il Pil non si traduce automaticamente in qualità della vita e coerente accesso ai consumi. Questi ultimi sono sì cresciuti, ma meno del Pil.

Che peso ha, in termini di giro d’affari, Hong Kong nel campo degli investimenti? È da considerarsi ormai una capitale finanziaria?

La Cina è sicuramente una capitale finanziaria. E’ un ruolo che ha conquistato e che tuttora mantiene. La Borsa, le banche, le istituzioni finanziarie le danno una sofisticazione, una libertà di movimento, di trasparenza che la Cina non conosce e che invece utilizza. Le aziende cinesi sono quotate all’Hong Kong Stock Exchange, il Rmb è convertibile ad Hong Kong e da lì proviene la maggior parte degli investimenti internazionali in Cina.

A cura di Geraldine Meyer