Dal 2015 non abbiamo più usato scarpe ma solo infradito
Di Enza Petruzziello
Basta! Adesso mollo tutto, mi trasferisco su un’isola al sole e al caldo e apro un bar sulla spiaggia. Alzi la mano chi non ha mai, almeno una volta nella vita, pensato di farlo. Mariangela e Ignazio lo hanno fatto davvero, decidendo di stravolgere completamente la loro realtà fatta di lavoro in ufficio, metropolitana e poco tempo per se stessi.
Da Milano volano in direzione Uluwatu, località meravigliosa a sud di Bali. Non aprono un bar, ma un Bed&Breakfast – il “2 Angels Homestay”- un piccolo angolo accogliente dove trascorrono le loro giornate ospitando turisti e visitatori provenienti da ogni parte del mondo. La casa è situata proprio vicino a Dreamland Beach e Balangan Beach, due delle spiagge più note di tutta Bali, ideale per i viaggiatori zaino in spalla e per i surfisti che vogliono godersi le bellezze del posto ed esplorare il sud dell’ “Isola degli Dei”.
Mariangela ha 35 anni, Ignazio 36. E dal 1° luglio del 2015 non hanno mai più usato le scarpe ma solo sandali e infradito. Sono insieme da 9 anni e sposati da 2. Entrambi pugliesi, di Barletta, si conoscono da 16 anni ormai, ma come accade a molti le loro strade a un certo punto si dividono: Ignazio a 21 anni si trasferisce prima a Roma e poi a Milano dove trova lavoro come tecnico hardware.
Mariangela nel frattempo si laurea in Economia del turismo e parte per Dublino per migliorare il suo inglese. Contava di rimanerci un paio di mesi per frequentare un corso, ma ci rimane un anno. Le loro strade si incrociano di nuovo proprio in Irlanda, nel momento in cui lei stava valutando di rientrare in Italia per un master in Tourism management. Insieme decidono di trasferirsi a Milano dove, pensavano, sarebbe stato più facile trovare lavoro.
Ci sono rimasti 7 anni, sapevano che era solo una cosa temporanea, o almeno lo speravano. Poi due anni fa qualcosa scatta in loro. Senza pensarci due volte, mollano i loro rispettivi lavori, disdicono l’affitto, prenotano i biglietti aerei e partono. Direzione Bali e una nuova vita.
Mariangela quando e perché tu e Ignazio avete deciso di mollare tutto e trasferirvi a Bali?
«La vacanza a Bali di 3 anni fa ci ha stravolto la vita. Ci siamo innamorati di questa isola e abbiamo cominciato a pensare a come fare per poterci tornare e rimanere. Abbiamo riflettuto 2 anni su questo grande cambiamento, era un salto nel buio e ci consideravamo “grandi” per poter ricominciare, senza contare il rischio di perdere tutto quello che eravamo riusciti a costruire, ma il desiderio di cambiamento è stato più grande. Eravamo stufi dei nostri lavori, del non avere tempo per noi. La mia occupazione, account manager in una piccola azienda di trade marketing, era molto stressante e sono stata sul punto di mollarlo più volte. Poi è arrivata la svolta. Una sera di novembre di 2 anni fa siamo rincasati entrambi in ritardo, stanchi e infelici. Ci siamo guardati e abbiamo detto: basta pensare, facciamolo! Abbiamo inviato disdetta per l’affitto e cominciato a pianificare il trasferimento. Durante la nostra vacanza a Bali avevamo conosciuto un balinese che ci aveva proposto di prendere in affitto il suo terreno e di costruirci un B&B. Ecco: è quello che abbiamo fatto».
Che cosa vi andava stretto e non vi piaceva più della vita in Italia?
«Il lavoro che facevamo non ci piaceva affatto, non ci dava soddisfazione, e la frenesia della vita milanese divisa tra metropolitana e ufficio, non ci lasciava tempo per noi: la nostra vita era relegata al weekend ma, il più delle volte, eravamo troppo stanchi o apatici per organizzare qualcosa. Il pensiero di fare questa vita, per tutta la vita, ci ha convinto. Valeva la pena provare a cambiare tutto».
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Perché proprio Bali e Uluwatu?
«Bali è unica al mondo con una antichissima cultura che influisce su tutte le attività giornaliere della popolazione. Il nostro desiderio era di cambiare completamente stile di vita e vedere il mondo da un’altra angolazione, opposta a quella a cui eravamo abituati. Aver visitato l’isola 3 anni fa è stato determinante, siamo rientrati con la convinzione che questo potesse essere il luogo ideale per noi. Abbiamo scelto Uluwatu perché il nostro amico balinese ci ha offerto di edificare sul suo terreno situato proprio in questa zona. Ci è sembrata un’opportunità da prendere al volo vista la presenza delle spiagge più belle dell’isola e della relativa autenticità se paragonata alle zone prettamente più turistiche come Kuta e Canggu».
Lasciare un lavoro fisso, una casa, gli affetti per andare incontro a una vita nuova. Certo, su un’isola meravigliosa ma fatta almeno inizialmente di tante incognite. Vi avranno presi per matti. Eppure a distanza di qualche mese dall’apertura della vostra attività ce l’avete fatta.
«Non nascondo che la parte più difficile è stata comunicarlo alle nostre famiglie, agli amici: dall’incredulità generale iniziale si è passati a un totale supporto per la scelta che avevamo fatto, molti ci dicevano “era ovvio che sarebbe successo!”. Oggi siamo qui, viviamo nel sud di Bali e abbiamo la nostra guesthouse che da 6 mesi è attiva. Certo non è stato e tuttora non è semplice: l’Indonesia non è molto aperta agli investimenti stranieri, abbiamo tribolato per l’ottenimento dei visti di lavoro ma la soddisfazione è davvero enorme».
Raccontateci un po’ gli inizi sull’isola: penso all’ambientazione con la gente del posto e alla vostra sistemazione.
«Appena arrivati a Bali nel luglio del 2015 siamo stati accolti dalla famiglia del nostro amico che vive a Kuta: eravamo in un quartierino abitato da tanti giavanesi e la presenza di due stranieri tra loro suscitava ilarità e tanta curiosità: al nostro passaggio tutti ci salutavano con un grande sorriso e alcuni si lasciavano andare ad un HELLO, soprattutto i bambini. La barriera linguistica è stata un problema. Nessuno parlava inglese e noi non sapevamo nulla in indonesiano, ci spiaceva non poter chiacchierare con i vicini sempre molto gentili nei nostri confronti. Avevamo a disposizione una camera con bagno, molto semplice e senza tanti fronzoli: abbiamo vissuto proprio come i balinesi e gli indonesiani. Non ci siamo però fatti mancare la nostra dose quotidiana di spiaggia. A Bali il sole sorge alle 6 ed è difficile non svegliarsi, dopo aver fatto colazione andavamo in spiaggia, pranzo in un warung (ristorante) locale e nel pomeriggio ci occupavamo delle ricerche per l’attività e del progetto del B&B».
Anche in Italia a porre un freno alla nascita di nuove imprese spesso è proprio la burocrazia. Come è in Indonesia?
«L’Indonesia è un Paese piuttosto chiuso, tende ad attuare una politica protezionista per evitare che gli investimenti stranieri siano predominanti. Impone costi altissimi ai non indonesiani per l’apertura e il mantenimento di un’attività nonché per l’ottenimento e il rinnovo del visto lavorativo. Nella maggior parte dei casi, per aprire un’attività, è necessario avere un socio di maggioranza indonesiano; uno straniero non può essere proprietario di beni immobili come terreni e/o case, e per lavorare ha bisogno di uno sponsor ovvero un’azienda che lo assuma e che si faccia carico del costo del KITAS, il visto lavorativo».
Dal punto di vista pratico quali sono stati i passaggi necessari che avete dovuto affrontare per aprire la vostra attività?
«Come prima cosa abbiamo assunto un’agente freelance che ci ha accompagnato nel nostro viaggio nella burocrazia indonesiana e abbiamo fondato una società senza la quale non avremmo potuto ottenere i visti lavorativi. Ottenuti i documenti formali – licenza e permesso di lavoro – siamo stati in grado di partire con l’attività vera e propria».
Che investimento ci vuole per aprire un B&B in Indonesia?
«E’necessario un grosso investimento per l’affitto del terreno. I proprietari richiedono infatti il pagamento anticipato per l’intero periodo che può essere di 10 o 20 anni. Noi abbiamo avuto un’agevolazione dal momento che il terreno su cui abbiamo costruito è del nostro amico, per cui è una spesa che non abbiamo dovuto affrontare per ora. Avevamo dei risparmi da parte che abbiamo speso unitamente alle nostre liquidazioni per la costruzione della struttura e per la parte burocratica società più visti».
Che tipo di clientela si rivolge a voi?
«Sin dall’inizio la nostra idea di ospitalità si è ispirata al “Home away from home”: volevamo offrire un luogo di ritrovo e di scambio di idee e di esperienze, non l’ennesima villa con piscina finto-balinese, sicuramente molto bella ma senza personalità. La struttura è ben integrata nel contesto sociale dell’area, i nostri ospiti sono principalmente backpackers e viaggiatori fai da te. Fino ad ora abbiamo avuto la fortuna di ospitare e conoscere persone che hanno intrapreso viaggi nel sud-est asiatico impegnate in progetti importanti di volontariato, surfisti accaniti ma anche coppie che hanno scelto Bali e la penisola di Bukit come meta della loro vacanza relax. Si è creata una forte sintonia tra noi e gli ospiti, tra gli ospiti stessi e, in alcuni casi, sono nate delle belle amicizie».
L’isola ha sicuramente un fascino tutto particolare, con i suoi paesaggi mozzafiato, le sue bellissime spiagge meta di surfisti ma anche di amanti del mare. Qui si trova anche un famoso tempio – il Pura Luhur Uluwatu – tra i più suggestivi dell’isola indonesiana. La posizione è a dir poco incredibile: in cima alla scogliera, a picco tra le onde dell’Oceano Indiano. Come si vive qui? Quali sono le principali differenze con l’Italia?
«La differenza fondamentale, che è quella che più amiamo, è l’assenza dell’inverno. A Bali è sempre estate! Certo, abbiamo la stagione delle piogge, ma non ci è mai capitato di dover indossare un pantalone o un maglione. Inoltre, da quando siamo qui, non abbiamo dovuto utilizzare un paio di scarpe: siamo in infradito dal 1° luglio 2015. Non c’è cognizione del tempo, le nostre giornate non sono più ingabbiate dalle scadenze e dallo scandire delle ore. All’inizio è stato un po’ difficile abituarci: passare da Milano a Bali è stato scioccante per certi versi, ma vivere in un contesto locale ci ha aiutato a entrare nel loro ordine delle idee».
Avete trovato diffidenza nei vostri confronti?
«I balinesi sono sempre molto gentili nei confronti dei turisti perché rappresentano una fonte di reddito e opportunità di lavoro: cercheranno sempre di accontentarli. Diverso è invece l’expat, ovvero il “bulè”: lo straniero, in indonesiano. Per quanto si possa essere integrati saremo sempre stranieri e ricchi, non da detestare, ma diversi da loro. A volte i commercianti praticano dei prezzi più alti ai bulè. E’ un aspetto che non ci piace, ma abbiamo imparato a contrattare, chiedendo conferma ai nostri amici balinesi del giusto prezzo di ciò che ci serve e che vorremmo comprare».
Tanti i giovani che come voi decidono di partire e trovare fortuna all’estero. Quali opportunità possono trovare a Bali e che consigli dareste loro?
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«A Bali non ci sono opportunità di lavoro per gli stranieri a meno che non si abbia una professionalità importante e di alto livello. Per esempio gli chef o gli hotel manager con tanti anni di esperienza potrebbero avere possibilità di trovare un lavoro, un cameriere o un receptionist no. Questo perché la legge indonesiana prevede che la posizione lavorativa che può essere ricoperta da un indonesiano non debba essere offerta ad uno straniero. Inoltre il datore di lavoro è tenuto a pagare il KITAS di uno straniero, il visto lavorativo, che è davvero molto costoso. Unica alternativa è avviare una propria attività, come abbiamo fatto noi».
Non solo giovani. Sono sempre più numerosi anche i nostri pensionati che scelgono un posto caldo per trascorrere gli anni della pensione. Com’è la qualità e il costo della vita a Bali?
«L’Indonesia offre un visto specifico ai pensionati, basta dimostrare di avere un’entrata di minimo 500 euro al mese e una adeguata assicurazione sanitaria. Il costo della vita a Bali è relativamente basso, anche se molto dipende dallo stile di vita. Si può vivere nel lusso più sfrenato o nella semplicità, pranzare in ristoranti con chef internazionali o in warung locali, scegliere una villa con piscina e personale di servizio o una più modesta casa tipica, avere un autista personale o girare in motorino. Sicuramente qui un pensionato può rilassarsi e vivere giornate tranquille tra mercatini, spiagge e cocktail serali, senza spendere le stesse cifre che spenderebbe in Italia per le stesse attività».
Come si svolge una vostra giornata tipo?
«Ci svegliano intorno alle 6 con il canto dei galli. Prepariamo la colazione con frutta fresca, acquistata giornalmente al mercato, dolcetti tipici balinesi, toast, marmellata, uova, a seconda dei gusti. Questo è il momento della giornata che preferiamo perché abbiamo la possibilità di chiacchierare amabilmente con i nostri ospiti, chiedere loro il programma della giornata e suggerire quali luoghi e spiagge visitare. Entro le 12 sistemiamo le stanze e sbrighiamo qualche commissione. Pranziamo e andiamo in spiaggia dove rimaniamo fino alle 16/17, a volte fino al tramonto se ne abbiamo voglia. In genere ceniamo fuori, ormai conosciamo quasi tutti i warung nelle vicinanze dove mangiare i deliziosi piatti tipici della cucina indonesiana: nasi goreng, sate di pollo o maiale, babi guling, gado gado. Il tutto spendendo una sciocchezza. Capita che al rientro ci intratteniamo con gli ospiti o con i nostri vicini che vengono a farci visita».
Vi manca l’Italia e ci tornereste?
«Non è l’Italia, è la vicinanza degli amici cari e della famiglia a mancarci. Con i moderni mezzi di comunicazione riusciamo a sopperire in parte ma una videochiamata non può sostituire il contatto fisico, la carezza, l’abbraccio. Abbiamo intenzione di tornare a breve in Italia, per una vacanza ovviamente».
Progetti per il futuro?
«Non sappiamo se la nostra avventura si fermerà qui o continuerà altrove, per ora siamo felici di vivere questo presente. Siamo felici, non solo perché viviamo in un paradiso tropicale, ma anche perché la nostra attività ci permette di incontrare tanti viaggiatori e backpackers con cui abbiamo tanto in comune. Ci piace ascoltare le loro storie e i loro racconti di viaggio e viceversa. Ci auguriamo che l’impegno e la devozione che ci mettiamo giornalmente diano i risultati sperati. L’intenzione è quella di migliorare la struttura e renderla sempre più accogliente mantenendo un prezzo contenuto per andare incontro alle esigenze dei nostri clienti. Vogliamo anche esplorare l’Indonesia, che è davvero enorme e offre tantissimo dal punto di vista naturalistico e culturale. I templi di Borobudur e Prambanan sull’isola di Giava, l’isola di Komodo con i suoi draghi, il Borneo con la foresta tropicale popolata dagli Orang Utan, il Raja Ampat con il suo ecosistema marino incontaminato. Abbiamo il tempo e la voglia di scoprire questi fantastici posti così vicini alla nostra isola meravigliosa».