Andare in pensione in Marocco

Qualche tempo fa un consigliere nazionale svizzero, per alleviare le fatiche dell’ente contributivo elvetico, ebbe a proporre tra il serio e il faceto di spedire tutti i pensionati del Paese in Marocco.

La creazione di una sorta di enclave della terza età nello stato nordafricano avrebbe permesso agli interessati di trascorrere al calduccio la parte terminale della loro esistenza e al tempo stesso allo stato di risparmiare sulle cure ad essi destinate.

Inutile dire che la proposta venne sdegnosamente respinta al mittente: ad incaricarsi della risposta fu il presidente dell’associazione delle case per anziani, contrariato per la scarsa sensibilità dimostrata nei confronti di chi si voleva trattare come un rifiuto radioattivo da esportare in Paesi del Terzo Mondo, che bollò come irrispettoso il progetto low cost del consigliere.

in pensione in marocco

Tuttavia, all’indomani della provocatoria boutade, non furono pochi i pensionati svizzeri che espressero il loro interesse non tanto al progetto di realizzare oltre il Mediterraneo una sorta di mega ospizio di lusso in cui trascorrere gli ultimi anni della propria vita, quanto all’opportunità di trasferirsi in tutta autonomia in Marocco e usufruire delle agevolazioni previste da un accordo bilaterale sottoscritto dai due governi: secondo tale accordo i pensionati che si fossero trasferiti a Rabat o a Casablanca avrebbero potuto usufruire di agevolazioni fiscali tali da garantire agli aventi diritto un buon 30% di pensione in più.

Nessun trucco, ovviamente: semplicemente quello che accade anche in altri Paesi come per esempio il Portogallo. Lo stato si rende disponibile a rinunciare ai prelievi fiscali su ogni singola mensilità pur di evitare di spendere denaro per prendersi cura dei suoi cittadini più anziani, e lo stesso fa il Paese ospitante, certo di rientrare dei mancati introiti attraverso lo sfruttamento delle risorse economiche di chi decide di trasferirsi in via semidefinitiva.

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Il pensionato si trasferisce in nord Africa percependo una maggiorazione pensionistica del 30% circa, il Paese d’origine, pur rinunciando a quel 30% di tasse, risparmia sulle spese sociali mentre il Paese ospitante si rifà sul giro di denaro creato ex novo da chi ha deciso di effettuare tale scelta. Insomma, pare ci guadagnino tutti. Si tratta di capire dove sta l’inghippo, visto che qualcuno che paghi, anche solo matematicamente, ci vuole.

vivere in marocco

Ma inghippi acclarati non ce ne sono. L’unico, a cui si può porre rimedio stipulando una buona assicurazione, è quello legato alle spese mediche, che per un anziano diventano una voce consistente nel budget mensile di spesa. In più va precisato che la qualità della sanità europea non è identica a quella della sanità marocchina e quindi chi decide di fare il grande salto deve essere consapevole di tutte le conseguenze del caso.

I vantaggi tuttavia sembrano decisamente maggiori: innanzitutto a livello climatico, visto che le temperature durante l’anno, se si ha l’accortezza di individuare una località adeguata alla bisogna, possono garantire un livello di benessere maggiore rispetto a quello che ci si potrebbe permettere in Europa, specie se si vive in zone umide o fredde per gran parte dell’anno; in secondo luogo a livello economico, visto che il costo della vita in Marocco è inferiore di quasi il 50%, sempre che si abbia l’accortezza di non mutare le proprie abitudini: un caffé costa l’equivalente di 50 centesimi e una cena al ristorante, sempre che ci si contenga nelle ordinazioni, può non costare più di 5 euro a persona.

Insomma, se si dispone di una cifra che la maggiorazione garantita dal trasferimento in base agli accordi bilaterali finisce per rendere interessante, fare armi e bagagli e partire per il sud potrebbe sembrare una scelta addirittura non azzardata, anche se si è raggiunta una certa età.

Ma a fare la differenza è come sempre lo spirito con cui si affrontano le cose.

Gianluca Ricci