Serena: il mondo del lavoro in Australia è molto meglio di quello in Italia

A cura di Maricla Pannocchia

Serena ha lasciato l’Italia nel 2014, diretta in Australia con un Working Holiday Visa. Il primo impiego sarebbe stato come ragazza alla pari ma, a causa della difficoltà nel legare con la famiglia ospitante, la donna ha dovuto re-inventarsi. E la voglia di cambiamento è stata la colonna sonora della sua vita in Australia, dove ha anche conosciuto l’uomo che ora è diventato suo marito.

Proprio perchè il marito ha iniziato a sentire la mancanza degli affetti, Serena è tornata in Italia con lui ma ora fatica ad ambientarsi. Secondo la donna, ci sono molte differenze fra l’Australia e l’Italia, soprattutto nel funzionamento del mondo del lavoro e nella mentalità delle persone.

“A me la realtà e la mentalità italiana vanno strette. La maggior parte delle persone cerca il posto fisso a tempo indeterminato e, anche se scontenta, rimane ferma dove si trova perché, per molti, il cambiamento è visto come qualcosa di cui preoccuparsi e non qualcosa da cui imparare” racconta la donna che, nonostante ami la vita in Australia, dice che non è tutto rose e fiori e, nel suo caso, ha dovuto affrontare diverse difficoltà per ottenere i vari visti e, poi, la cittadinanza.

Per il futuro, Serena spera di trovare un posto di lavoro soddisfacente in Italia ma, se così non fosse, con il supporto del marito, tornerà per qualche mese l’anno in Australia.

SERENA RAMPINO

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Ciao Serena, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Sono Serena e sono nata nel 1991. Vengo da Torino, da mamma siciliana e papà pugliese, appassionata di viaggi e cinema. Nel 2013 ho conseguito la Laurea in Psicologia della Comunicazione con votazione 104. Dopo aver passato l’esame di ammissione a numero chiuso per Psicologia Criminologica e Forense, ho capito che non era la strada che volevo davvero percorrere e, dopo una breve ricerca, ho mollato tutto e sono partita per l’Australia da sola. Non avevo ancora 23 anni. Era il mio primo viaggio in aereo.

Dal 2014 al 2022 hai vissuto in Australia. Dove, precisamente? Cosa ti ha spinta a trasferirti proprio lì?

All’inizio avrei dovuto lavorare come ragazza alla pari: una baby sitter che, oltre alla paga settimanale, riceve anche vitto e alloggio. Arrivata a Brisbane ho conosciuto la mia famiglia ospitante, con la quale però non riuscivo a legare. A quel punto ho chiesto aiuto in uno dei gruppi di’italiani a Sydney e mi ha risposto un ragazzo che come lavoro guidava i bus da Brisbane a Sydney quasi giornalmente. Decisi di chiedergli un passaggio e mi trasferii a Sydney, dove trovai presto un letto in una casa condivisa. Eravamo 4 femmine in una stanza e 2 maschi nell’altra.

Sembrava di stare in un mondo fuori dal mondo, bellissimo, una libertà totale, una città stupenda. Trovai lavoro in brevissimo tempo e poco dopo venne ad abitare da noi quello che adesso è diventato mio marito. Eravamo già coinquilini prima ancora di stare insieme. Dopo qualche mese, decidemmo di spostarci in un nostro appartamento.

Poi sei tornata in Italia perché a tuo marito mancavano gli affetti. Come hai vissuto questo paesaggio?

All’inizio bene, avevamo aperto un nostro piccolo business con un food truck, una friggitoria ambulante dove preparavamo e vendavamo soprattutto arancini in giro per il Veneto. Poco dopo abbiamo scoperto quante problematiche ci sono dietro certi eventi e, soprattutto, come tutto si basi sulle amicizie. Ad esempio, eravamo costretti a non vendere parte dei prodotti perché anche gli amici degli organizzatori degli eventi li vendevano e, ovviamente, gli organizzatori volvano dare precedenza alle loro amicizie o a chi veniva agli eventi da più anni. Ci trovavamo quindi a pagare prezzi assurdi per partecipare a eventi dove non potevamo neanche vendere tutto ciò che producevamo. Il tutto era diventato controproducente e sfiancante sia a livello fisico sia morale e, dopo quasi un anno di attività, abbiamo deciso di chiudere.

Da quel momento per me è stato problematico trovare una mia dimensione, perché ero abituata a lavorare con gli standard australiani, lontani anni luce da quelli italiani. Fortunatamente mio marito ha capito subito cosa voleva fare e, dopo un corso e un esame alla Camera Di Commercio, è diventato un agente immobiliare.

In Italia, però, non ti trovi bene. Cos’è che ti rende “scontenta”?

A me la realtà e la mentalità italiana vanno strette. La maggior parte delle persone cerca il posto fisso a tempo indeterminato e, anche se scontenta, rimane ferma dove si trova perché, per molti, il cambiamento è visto come qualcosa di cui preoccuparsi e non qualcosa da cui imparare. In Australia ho cambiato tantissimi lavori, sono passata dal fare la fioraia al lavorare in un negozio di tutto a un dollaro, dal fare smoothies sulla spiaggia a vendere attrazioni turistiche nel centro di Sydney… Tutti i lavori erano rispettati e nessuno veniva visto come un lavoro “di secondo piano” rispetto a un altro. Venivo rispettata alla stessa maniera, indipendentemente dalla mansione che svolgevo. Da ognuno di quei lavori ho imparato qualcosa che mi ha portata a crescere e migliorarmi, sia a livello personale sia professionale, fino a quando non ho trovato la mia stabilità e il mio lavoro dei sogni: gestivo un negozio per turisti in pieno centro a Sydney, lavorando per una famosissima compagnia di bus a due piani. Sfortunatamente il Covid-19 ha fatto i suoi danni e ho perso il lavoro ma non mi sono arresa e ho aperto la mia piccola azienda di dolci. Avevo bancarelle in giro per mercatini e centri commerciali, grazie a un’intervista per il giornale australiano un’azienda di pasta mi ha contattata e sono andata a lavorare per loro. Il bello dell’Australia è anche questo: non sai dove qualcosa possa portarti e le possibilità sono infinite. Ho conosciuto tantissime persone e sono ancora in contatto con molte di loro, chi in Australia, chi in Italia e gli altri in giro per il mondo. Tra un lavoro e l’altro sono stata anche in grado di prendere tre diplomi australiani in business e turismo.In Italia come cambi qualche lavoro vieni già visto come qualcuno “che non ha voglia di lavorare”, ricevi commenti scomodi da persone vicine, come amici e parenti, perché “non sei capace di stare ferma, non ti si sta dietro” o al datore di lavoro suona già un campanello di allarme, come se non fossi una buona dipendente quando, semplicemente, nel mio caso cercavo qualcosa che mi rendesse contenta e orgogliosa di me stessa, considerando che a lavoro dovevo passarci la maggior parte del mio tempo. Per questo, voglio che sia un posto dove mi sento a mio agio, rispettata e valutata per il lavoro che svolgo, non sfruttata, sottopagata o sottomessa. Sfortunatamente questa mentalità non appartiene all’italiano medio che, purtroppo, dati i costi della vita, si trova spesso e volentieri a sottostare a condizioni di lavoro sfavorevoli per portare la pagnotta a casa e avere la sicurezza di un lavoro stabile. Mi trovo spesso a domandarmi: se l’Italia fosse come l’Australia, a livello lavorativo, quante di queste persone rimarrebbero nel posto di lavoro che ricoprono adesso?

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Stai valutando di tornare in Australia, almeno periodicamente. Qual è la tua idea?

Sto cercando di capire cosa fare del mio futuro e se riuscirò a trovare la mia dimensione in Italia. In caso contrario sto valutando, in accordo con mio marito, di andare a fare la stagione estiva, da ottobre in poi, in Australia. L’idea è di rimanerci per qualche mese.

Sei riuscita a prendere la cittadinanza australiana. Puoi raccontarci il tuo percorso burocratico?

Io sono arrivata con un Working Holiday Visa, il quale ti permette di lavorare per un anno in Australia senza problemi. Si può fare facilmente online ed è un ottimo modo per andare in Australia e capire se piace o meno. Mio marito era arrivato con uno Student Visa perché, all’epoca, era troppo avanti con l’età per ricevere il mio stesso visto. Dopo il suo Student Visa e dopo aver conseguito un diploma in Australia, il suo datore di lavoro gli ha fatto uno Sponsor Visa, il quale ci dava la possibilità di stare in Australia per 4 anni. Dopo due anni abbiamo fatto domanda per il Permanent Visa e, una volta ottenuto il visto permanente e passato un anno, abbiamo fatto domanda per la cittadinanza australiana.

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Nel mentre ci sono stati un paio di problemi con i miei visti, in quanto il governo australiano, per un errore burocratico, credeva che fossimo una “coppia finta”, di quelle che si sposano o stanno insieme solo per questioni di visto. Mi sono trovata due volte a ingaggiare un avvocato e presentarmi davanti a un giudice per assicurare che il mio matrimonio fosse reale e farmi rilasciare i vari visti a cui avevo diritto.Tutti questi passaggi hanno avuto bisogno di tantissima pazienza e soldi, in quanto i vari visti sono costosi. Inoltre, per ricevere la cittadinanza australiana, ci siamo dovuti sottoporre a dei test fisici, in quanto, se non sei sano per i loro standard, non ti accettano, perché in futuro potresti essere un peso per la società quindi si assicurano che tu stia bene fisicamente. In più, devi sottoporti a dei test linguistici nei quali devi dimostrare di avere un certo livello d’inglese e, in ultimo, un test sulla conoscenza generale delle regole, leggi e costumi australiani. Si è obbligati a fare e passare tutti e tre questi passaggi, altrimenti non ti rilasciano la cittadinanza.

Ho preso la cittadinanza il 12 Novembre 2021, con cerimonia online perché ancora sotto Covid. È stato il giorno più soddisfacente e bello della mia vita, mi sono sentita come se avessi raggiunto la vetta di una montagna altissima e la vista da lì era bellissima.

Che consigli daresti ad altre persone che vorrebbero prendere la cittadinanza australiana?

Consiglierei di non mollare mai e di cercare in tutti i modi di ottenerla, perché un secondo passaporto e una seconda cittadinanza vi lasciano una porta aperta per il resto della vostra vita, un piano B che nessuno potrà mai portarvi via, indipendentemente da dove decidiate di vivere dopo.

Puoi parlarci meglio dei lavori che hai svolto in Australia?

Ho svolto vari lavori ma due sono quelli che ritengo i più importanti: l’ultimo, che ho fatto prima di tornare in Italia, era lavorare in un coffee shop/negozio di pasta fresca dove al mattino servivamo pasta fatta fresca con diversi sughi a diversi clienti e, inoltre, la vendevamo anche a tantissimi ristoranti di Sydney.Il lavoro per me più importante, tuttavia, è stato la gestione di un negozio nel centro di Sydney per un’azienda di attrazioni turistiche.

Ho lavorato per loro per 5 anni e sono stati gli anni più belli della mia vita. Questo lavoro mi ha dato la possibilità d’interagire con persone provenienti da tutte le parti del mondo, di parlare con i clienti (che è la cosa che amo di più) e di organizzare i loro giorni nella città di Sydney vendendo loro pacchetti turistici per visitare le varie attrazioni. È stato il lavoro più bello che potessi mai fare, mi ha fatto crescere tantissimo a livello professionale e personale, lavoravo anche 10 ore al giorno per 5 giorni alla settimana (mai nei week-end) ma non ho mai avuto problemi nel farlo, ho lavorato a Natale, a Capodanno, a Pasqua, sempre e solo per mia scelta personale e mai come imposizione, ma ero pagata molto bene e inoltre ricevevo commissioni sulle vendite ed essendo un’ottima venditrice portavo a casa davvero tanti extra. Il sogno è finito con l’arrivo del Covid, quando hanno chiuso le frontiere e non c’erano più turisti. A quel punto, ci hanno lasciati a casa, fortunatamente ero già Permanent Resident e, dalla settimana dopo, il governo australiano ha iniziato a rilasciare sussidi economici a sostegno di chi aveva perso il lavoro. Non ricevevo gli stessi soldi di quando andavo a lavorare ma erano sufficienti a pagare le spese e l’affitto senza dover attingere al mio conto in banca.

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Quali sono, secondo te, le principali differenze fra il mondo del lavoro australiano e quello italiano?La capacità di negoziazione che c‘è in Australia è lontana anni luce da quella italiana. Lì puoi facilmente trovare lavori che siano più adeguati alla tua situazione personale come, ad esempio, un part-time mattutino o un pomeridiano, o ancora puoi lavorare solo le sere o solo i week-end. C’è un ottimo equilibrio tra vita personale e vita privata, ho scelto io di lavorare tutte quelle ore ma, se una settimana chiedevo di lavorare solo tre giorni, non c’erano problemi. Lì i datori di lavoro guardano molto a quello che fai e ti rispettano per questo, nel senso che, per quanto fossi un’ottima venditrice e magari avrei potuto far guadagnare più soldi all’azienda lavorando nei week-end, in quanto sabato e domenica c’è il maggior afflusso di clienti, loro rispettavano la mia decisione di non lavorare nel fine-setimana perché sapevano che preferivo passare tempo di qualità con mio marito. C’è da considerare, comunque, che il lavoro nei fine-settimana in Australia è pagato extra, quindi non si prende la stessa paga di un giorno qualsiasi della settimana, ma le maggiorazioni sono notevoli, nel nostro caso erano $50 extra il sabato e $100 extra la domenica, non come in Italia che vengono quasi sempre considerati giorni come gli altri. Se lavoravi nei giorni di festa ti venivano pagate 8 ore extra, a Natale 16 ore extra, tutte le feste erano a libera scelta, in qualsiasi azienda io abbia lavorato.

Hai possibilità di cambiare lavoro facilmente e sono sempre disposti a insegnarti, non come in Italia che ti chiedono di avere meno di 30 anni ed esperienza di 20 nel settore, non ci sono stage e apprendistato, magari parti con una paga più bassa perché non hai esperienza ma tempo un paio di settimane te la alzano senza problemi, perché ti rispettano come persona e tu sai che vai a lavorare per guadagnarti da vivere, mentre in Italia con tutti questi diversi tipi di contratto se ne sentono fin troppe di aziende che hanno un giro mostruoso di personale ogni 6 mesi, grazie a contratti farlocchi che servono ad acchiappare persone disperate. Senza considerare che, se ti candidi con esperienza nel settore non ti prendono, proprio perché non hanno seriamente bisogno di personale ma di schiavi da pagare poco e da mandare via dopo 6 mesi, perché altrimenti non si spiega come si possa preferire una persona con nessuna esperienza a una con magari 10 anni di esperienza nel settore, che può portare all’azienda solo valore aggiunto.Inoltre, in Australia guardano a come lavori e raramente ai tatuaggi o al colore dei capelli, tanto che non bisogna neanche mettere la propria foto nel cv. Non è raro entrare in una banca e trovare gente con capelli colorati o tatuaggi fino al collo. Se sai fare bene il tuo lavoro, il resto non importa.

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Lì ti danno tantissime possibilità, nel senso che, se ti vedono volenteroso, ti fanno lavorare e, se sei bravo, riesci a fare carriera, non vanno avanti solo “quelli che conoscono qualcuno” ma, se t’impegni, riesci a ottenere ottimi risultati. Ho visto persone iniziare come cameriere e arrivare ad aprire il proprio ristorante.Nessuno regala nulla da nessuna parte ma, in Australia, se t’impegni vieni premiato.

SERENA RAMPINO

Parliamo della vita a Sydney. È facile, per un italiano, trovare lavoro lì?

Quando sono arrivata io, nel 2014, ho trovato lavoro dopo una settimana, e anche quando decidevo di cambiarlo riuscivo a trovarne uno nuovo facilmente. Devo ammettere che non sono mai stata “arrogante” nel pretendere ma mi sono sempre buttata in nuove avventure, anche quando non sapevo fare nulla di quel determinato lavoro o quando c’era da sporcarsi veramente le mani e stare ore sotto la pioggia a fare mazzi di fiori per un negozio di alimentari.

Adesso sono due anni che non vivo più a Sydney, so che la situazione è un po’ cambiata e i prezzi degli affitti sono aumentati notevolmente, però sono sempre stata dell’idea che chi vuole lavorare veramente, a Sydney o in qualsiasi altra città australiana, riesce a trovare qualcosa da cui partire.

Quali sono i settori in cui è più semplice essere assunti?

Ristorazione: camerieri, baristi, pizzaioli e cuochi vengono cercati in continuazione, spesso pagati anche bene. Ho conosciuto un ragazzo che, solo di mance, prendeva quanto il suo stipendio.Construction: lavori nelle miniere o manovali, quelli vengono pagati tantissimo. C’è posto anche per le donne in quei settori, come la lollipop girl, che sarebbe una ragazza che sta in piedi con un palo che segna un semaforo rosso o verde e tutto ciò che fa durante la giornata è girare il palo in un verso o nell’altro. È una sorta di semaforo umano.

Questi sono i settori senza esperienze specifiche poi è ovvio che, se hai qualche diploma in fitness, o sei un medico o un IT, trovi lavoro molto facilmente.

Pensi che gli stipendi siano in linea con il costo della vita?

Dipende da come spendi i tuoi soldi, noi siamo stati in grado di mettere dei soldi da parte in Australia perché non siamo mai state persone da discoteche o da bere alcol fuori e fumare. Mangiavamo spesso fuori ma non tantissime volte a settimana e magari preferivamo una cena tutti insieme a casa con amici, piuttosto che andare al ristorante.

Se hai vizi vengono pagati cari, per esempio, un pacchetto di sigarette costa $50 o una bottiglia di grappa $70. Noi personalmente preferivamo spendere i nostri soldi in viaggi e week-end fuori porta e, nonostante i soldi spesi per i visti, per il matrimonio in Italia, il viaggio di nozze e tutti i viaggi che abbiamo fatto, due macchine, affitti alle stelle ecc., siamo comunque stati in grado di metterci da parte una cifra che, in Italia, probabilmente avremmo impiegato tantissimo tempo a mettere da parte e, forse, molti neanche ci riescono.Comunque, di tutte le persone che conosco, anche quelle che hanno parecchi “vizi”, non ho mai sentito nessuno lamentarsi di non riuscirea mettere da parte soldi, a differenza dell’Italia dove sento spesso gente che, sfortunatamente, si lamenta che, nonostante il lavoro, una volta pagate tutte le spese riesce a mettere da parte poco o nulla e che non può godersi totalmente la vita.

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Fortunatamente, avendo quel gruzzoletto da parte, siamo riusciti a stare tranquilli una volta arrivati in Italia ma ammetto che molto spesso ci stiamo ritrovando a dover attingere da quel conto perché la proporzione spese/guadagno non è adeguata e, nonostante non facciamo grandi cose, comunque non riusciamo a mettere nulla da parte e spesso abbiamo spese impreviste. Quel conto sta andando a diminuire notevolmente rispetto a quando siamo arrivati due anni fa. Mi domando spesso come la gente comune, che magari non ha la possibilità, come noi, di avere un salvadanaio extra, possa sopravvivere con il rapporto stipendi/spese.

Fortunatamente noi non abbiamo figli, per scelta, ma per chi ne ha la vedo veramente dura. Chi sta bene qui in Italia è chi ha iniziato a lavorare anni fa in un’azienda e ci è rimasto, crescendo di livello con stipendi che sono partiti da 20 anni fa. Chi ha 40 anni adesso e ha iniziato a lavorare in una determinata azienda 20 anni fa e oggi prende ottimi stipendi. Per tutti gli altri, che magari si sono trovati costretti a lasciare il lavoro o, come noi, che sono partiti da zero, gli stipendi sono molto bassi e, con la scusa degli stage e tutto il resto, molte aziende preferiscono assumere così invece che pagare seriamente. A meno che non entri grazie a conoscenze. In questo caso, in certi ambienti trovi gente che non ha nessuna qualifica per stare in quel determinato posto ma è riuscita ad arrivare lì e ad avere un lavoro che paga bene.

Senza contare che qui in Italia cambiano le regole ogni tot, come ad esempio la mia laurea doveva essere in grado di farmi trovare un lavoro da insegnante, cosa che adesso non vale più, quindi, in molti hanno preso delle qualifiche che, una volta passato un certo periodo di tempo, non valgono più e si ritrovano a dover fare corsi di aggiornamento a spese proprie, per trovare un lavoro quasi sempre precario.

SERENA RAMPINO

Puoi dirci il costo di alcuni beni e servizi di uso comune?

Io ricordo che, per fare la spesa settimanale in due, pagavamo circa $100 più qualche extra a settimana. Mangiare fuori era caro, una pizza margherita veniva a costare circa $20. Il prezzo dell’alcol è in base a cosa bevi. Noi, essendo italiani, prendavamo sempre dei buoni vini italiani e il costo variava parecchio, rispetto a quelli australiani. La benzina costa poco, molto meno dell’Italia, e anche mantenere la macchina. Per lo shopping dipende da cosa cerchi ma ci sono negozi per tutte le tasche, per maglie da lavoro andavo al Kmart e con $3 avevi una maglietta. Un cappuccino da portare via sui $3.50, un ice coffee poteva costare anche $5. Spostarsi con i mezzi, nel 2014, era molto conveninete. Con il passare degli anni, però, i mezzi pubblici sono diventati sempre più cari ma la domenica si pagava solo $2.50 e potevi prendere qualsiasi mezzo pubblico, inclusi i traghetti, e viaggiare illimitatamente per tutto il giorno.

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Come valuteresti servizi come la sanità, la burocrazia e i mezzi pubblici?

La sanità italiana, sotto alcuni aspetti, è meglio di quella australiana. Diciamo che, se avessi mai avuto bisogno di un’operazione, sarei tornata sicuramente in Italia a farla. A volte i medici per fare la diagnosi guardavano i sintomi su Google però per la velocità nelle prenotazioni delle visite specialistiche è molto meglio l’Australia. Anche gli ospedali, le poche volte in cui ci sono andata, hanno sempre trovato la soluzione al mio problema mentre in Italia mi è capitato di essere rimandata a casa dal Pronto Soccorso senza alcuna soluzione al problema e di dovermi ripresentare il giorno dopo perché stavo ancora male.

I mezzi pubblici sono sempre in perfetto orario, mai affollati perché si entra solo dalla porta davanti e si timbra e l’autista fa un segno di stop quando lui pensa che il bus sia pieno e non fa salire più nessuno. Gli altri rimangono fuori in fila indiana ad aspettare il prossimo bus, senza l’accalcamento che si verifica in Italia.La burocrazia australiana è mille volte meglio di quella italiana, fai tutto online, rinnovi il passaporto in pochissimo tempo, vai in banca e tempo zero ti hanno risolto i problemi, vai negli uffici e gestiscono le pratiche in maniera veloce e concisa, poi, certo, non è tutto rose e fiori ma è sicuramente meglio della situazione in Italia, dove ho prenotato per rinnovare il passaporto a marzo 2024 e ho l’appuntamento a marzo 2025 o dove chiami un qualche ente per un problema e ti rimbalzano di segreteria in segreteria e poi cade la linea.

Cosa bisogna avere, dal punto di vista burocratico, per vivere e lavorare lì?

Un visto e dei soldi in banca per poter dimostrare di essere in grado di mantenersi per il primo periodo e non avere carichi pendenti o comunque problemi con la giustizia italiana, perché per certi visti controllano anche questo.

 

Come ti sei mossa per cercare un alloggio?

Sulle pagine Facebook degli italiani a Sydney ci sono sempre persone che hanno bisogno di coinquilini.

Quali sono i prezzi medi e le zone in cui, secondo te, è possibile vivere bene spendendo il giusto?

Rispetto a quando sono andata via io, ho notato che i prezzi si sono alzati notevolmente. Prima mio marito ed io vivevamo in un appartamento da 60 metri quadri, con una terrazza di 30 metri quadri, e nell’edificio avevamo piscina, sauna, palestra, idromassaggio e garage. Pagavamo $550 a settimana. Adesso con quella cifra prendi una stanza in una casa in condivisione e sei fortunato se trovi un posto in cui vivere da solo, pagando questi soldi. Io sto parlando di Sydney, in posti come Brisbane o Perth so che i prezzi sono meno alti e così anche gli stipendi.

Come sei stata accolta dalla gente del posto?

Dipende, trovi la persona molto contenta di aiutarti come quella che ti dice che sei lì per rubare il posto di lavoro a suo figlio, quasi sempre scansafatiche, che preferisce stare sul divano piuttosto che fuori sotto la pioggia a fare mazzi di fiori.

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Come descriveresti le loro vite?

Adoro gli australiani, sono un popolo cresciuto con il relax nelle vene, di quelli che la mattina, prima di andare a lavorare, vanno a fare surf. Gli australiani sono sempre molto positivi e calmi, mai agitati o sottopressione e ti trasmettono questa tranquillità così anche tu vivi in maniera meno agitata e frenetica proprio perché loro sono fatti così. Non guardano a come sei vestito, puoi andare a fare la spesa in pigiama e a loro non interessa, e ne ho visti farlo. Vanno in giro a piedi nudi e portano i bambini a fare surf in tenera età, gli insegnano a essere indipendenti fin da piccoli, tanto che mi è capitato spesso di vedere bambini di 6 anni prendere i mezzi da soli per andare a scuola. Hanno una calma che noi ci sogniamo, meno stress, più tempo per sé stessi e raramente li vedi di corsa.

Quali sono state le principali difficoltà da affrontare e come le hai superate?

I visti sono stati davvero uno stress gigantesco, perchè devi sempre stare attento a tutto, compilare tutto in maniera impeccabile e sperare che, chiunque prenda in mano la tua pratica, sia di umore buono e non trovi il pelo nell’uovo, soprattutto quando abbiamo fatto domanda per lo sponsor. Ci siamo affidati a un agente per l’immigrazione e l’abbiamo pagato tantissimo ma almeno ero sicura di essere in buone mani e di affidarmi a qualcuno con le giuste competenze.

E quali, invece, le gioie e le soddisfazioni?

I giorni in cui abbiamo saputo di aver ricevuto il visto sponsor, poi la Permanent e poi la cittadinanza sono stati i più soddisfacenti della mia vita. Ho provato la sensazione di essere arrivata dove volevo, un’emozione che non so spiegare. Vedevo tanta gente andare via perché non riusciva a tagliare questo traguardo. Per me, è stata una soddisfazione grandissima.

Anche riuscire a pagarci tutto di tasca nostra, inscluso il matrimonio. Ho provato soddisfazione anche quando sia io sia mio marito abbiamo conseguito i vari diplomi australiani.

Abbiamo anche un cane, preso in Australia e portato con noi in Italia, che sicuramente rientra tra le gioie di questa esperienza. Si chiama Milo, come la cioccolata in polvere australiana.

Che consigli daresti a chi vorrebbe trasferirsi lì?

Consiglierei di farlo, che comunque vada sarà un’esperienza che vi arricchirà come persone, anche se non monetariamente, sicuramente moralmente, e vi farà capire che non siete costretti a farvi andare bene una certa situazione solo perché in Italia è cosí. Il mondo è grande e là fuori c’è davvero tanto da scoprire e da imparare.

E quali a chi vorrebbe andarci in vacanza?

Secondo me l’Australia è uno dei posti più belli al mondo ma è tanto caro, soprattutto in vacanza, quindi, direi di farlo quando si hanno occasioni speciali e spendere soldi non è un problema.

Cos’hai imparato, finora, vivendo lì?

Ho imparato che non devo farmi andare bene qualcosa solo perché il posto dove sono me lo impone ma anche che, impegnandomi, posso arrivare dove voglio e che spesso valiamo di più di quello che vogliono farci credere.

Progetti futuri?

Trovare un posto di lavoro che mi soddisfi in Italia, che magari mi dia la possibilità di lavorare nelle vendite dirette con i clienti e conciliare il lavoro con il tempo personale. In caso contrario, tornare in Australia.

Per seguire e contattare Serena:

Instagram: serena_rampino