Quali sono le pizze di Napoli e perché si differenziano

Ovunque, in qualsiasi angolo del nostro pianeta, è possibile consumare una pizza. Spesso, però, bisogna accettare le abitudini culinarie del luogo e soprattutto la reinterpretazione dell’impasto che, pur composto dagli stessi ingredienti, riesce ad essere estremamente diverso. Infatti anche solo girovagando per l’Italia è possibile trovare diverse tipologie di pizza, come quella romana.

A Napoli si custodisce la ricetta originale, tramandata di generazione in generazione, e da qualche anno diversi pizzaioli hanno deciso di dare una svolta alla pizza classica e al suo impasto sperimentando nuove tipologie di farine e nuove tecniche di lievitazione. La chiamano pizza contemporanea, o impasto contemporaneo, anche se ognuno preferisce dargli un nome diverso.

Cosa sono questi impasti? Perché si differenziano da quelli classici? In questo articolo cercheremo di darti tutte le informazioni possibili a riguardo cercando di non farti venire troppa fame.

Una storia che si perde nella leggenda

Non vogliamo tediarti con un lungo excursus sulla storia della pizza e dei lievitati, e cercheremo di concentrarci su quelle storie che si mescolano con il folklore perdendosi nella leggenda. Infatti l’uomo ha da sempre mescolato l’acqua con la farina dando vita a dei prodotti, anche molto simili a pizze e focacce moderne, da poter consumare come pasto. Sorge spontanea la domanda: perché Napoli viene ritenuta il luogo dove è nata la pizza?

Gli studiosi hanno trovato forti legami tra i nostri prodotti da forno odierni e quelli di civiltà del passato, ma è stato testimoniato come effettivamente la pizza margherita sia comparsa proprio a Napoli. Soprattutto è testimoniato come questa sia una rielaborazione di una pizza già consumata in città, dunque i natali non possono essere collocati altrove.

Mangiare una pizza a Napoli è tanto facile, quanto entrare in un qualsiasi negozio di ottica e comprare delle lenti a contatto giornaliere, settimanali o mensili. Così come le lenti giornaliere rappresentano dispositivi di uso quotidiano per alcuni individui, allo stesso modo questo cibo è radicato nel folklore e nella natura stessa di questo popolo, come appunto dimostra la leggenda della sua nascita.

Secondo più fonti, infatti, a Napoli era uso comune consumare già dal 1500 una pizza bianca condita con strutto, formaggio e pepe. Successivamente, con l’arrivo del pomodoro, nacque l’odierna marinara. La leggenda vuole che in occasione dell’arrivo della regina Margherita di Savoia, un pizzaiolo chiamato Raffaele Esposito volle omaggiare la sovrana e l’Unità d’Italia creando una pizza ad hoc.

Unendo il rosso del pomodoro, con il bianco della mozzarella e il verde del basilico nacque quella che è oggi la pizza più celebrata al mondo, chiamata con il nome della persona a cui fu dedicata. Alcuni storici però hanno precisato che la cosiddetta margherita fosse già di largo consumo anche prima dell’arrivo della regina.

pizza

Le diverse tipologie di pizza napoletana

Come già anticipato, al momento esistono 3 tipologie di pizza napoletana, più 2 che possiamo denominare speciali. Di queste tre, due si assomigliano per metodologia di impasto ma si differenziano per stesura, mentre quella contemporanea ha stravolto tutto. Soprattutto per quanto riguarda il metodo di lievitazione, che da diretto è diventato indiretto, nel senso che l’impasto della pizza viene ottenuto tramite un preimpasto lasciato a fermentare anche per 48 ore.

Pizza classica napoletana

Può considerarsi pizza classica napoletana quando il disco di pasta è ottenuto tramite un processo di lievitazione diretto, ovvero con il lievito di birra inserito direttamente nell’impasto, e che non superi le 24 ore, con un’idratazione che non raggiunga il 60%. Inoltre la stesura di una classica prevede che la circonferenza non superi i 28 centimetri, che il cornicione sia leggermente rialzato e che la temperatura del forno sia superiore ai 400 gradi. Di certo per chi porta lenti giornaliere può essere problematico stare vicino a questi forni.

Pizza tradizionale o “a rot e carret”

Quando si cita la famosa pizza “a rot e carret”, ovvero “a ruota di carro”, si fa riferimento a un impasto classico, steso però in modo diverso. Infatti il diametro del disco di pasta può raggiungere, in questo caso, anche i 40 centimetri. È molto scenografica, dal momento che fuoriesce dal piatto e ha una corposità molto delicata, di spessore finissimo e con un cornicione quasi assente.

Pizza contemporanea

La pizza contemporanea non ha una ricetta unica e certificata, ma è una terminologia con cui si cerca di raggruppare l’innovazione di alcuni pizzaioli. Ognuno ha un proprio stile di lievitazione, e ognuno può quindi cambiare la tipologia di preimpasto, la tempistica di fermentazione e soprattutto l’idratazione, solitamente sopra il 70%. Ciò che accomuna tutti i pizzaioli moderni, tuttavia, è il forno settato ad una temperatura tra i 300 e i 400 gradi. Con molto meno calore, di conseguenza, la cottura risulta meno problematica a chi porta lenti contatto giornaliere.Viene anche soprannominata pizza a canotto, dato che la stesura prevede che l’aria contenuta dall’impasto venga spinta verso il cornicione, il quale risulterà molto alto e alveolato.

Pizza fritta e a portafoglio

In questo caso stiamo parlando di due tipologie di pizze un po’ particolari, considerate perlopiù come uno street food anziché un piatto da pizzeria. In questo caso non esistono regole ferree per quel che concerne gli impasti e i tempi di lievitazione, infatti molti pizzaioli contemporanei utilizzano lo stesso impasto sia in frittura che al forno.

Le differenze sostanziali sono insite nella loro natura, appunto una fritta e un’altra al forno, ma più piccola. La pizza fritta viene solitamente venduta farcita secondo i gusti del cliente, anche se solitamente al suo interno troviamo pomodoro, mozzarella, ricotta e cicoli. Resa nota dal famoso film con Sophia Loren e diretto da Vittorio De Sica, l’Oro di Napoli, ancora oggi è consumatissima.

La pizza a portafoglio è invece una pizza più piccola, spesso condita con solo pomodoro o con l’aggiunta di mozzarella. Questa viene venduta piegata in quattro, a mo’ di portafoglio appunto. Fa parte dei cibi poveri napoletani, venduta anticamente da ambulanti che portavano sulla propria testa un grosso contenitore di latta, con al suo interno un po’ di brace per non far freddare il prodotto.

Qui la pizza è di casa

Non possiamo sapere dove sia effettivamente nata la pizza, ma di certo possiamo appurare che Napoli è la sua casa. Solo qui è presente un vero e proprio culto per questo cibo che da anni, anzi da generazioni, nutre il suo popolo. L’amore e la devozione verso acqua, farina, sale e lievito, viene totalmente ricambiato dalla bontà dei prodotti creati. Che sia classica o contemporanea, fritta o a rot e carrett, mangiate la pizza e mangiatene tanta.