Noemi: sento di avere molte più opportunità qui a Valencia

A cura di Maricla Pannocchia

In seguito alla pandemia da Covid-19, quando non condivideva le regole imposte alla popolazione, Noemi, originaria di Prato, ha deciso di andare all’estero e re-inventarsi, così da non dover sottostare a quegli obblighi che non condivideva.

“I miei amici mi hanno supportata molto” racconta la donna, “Mia mamma ha accettato il fatto mentre mio padre non lo ha fatto con altrettanta facilità.” Noemi si è trasferita a Valencia con il suo compagno e, adesso, lavora da remoto come libera professionista in ambito culturale.

“Lavorare online permette di avere una certa libertà” racconta Noemi, “Credo che, come in tutto, molto dipenda dalla personalità di ognuno. A me piace.”

Noemi racconta Valencia come una città dal clima quasi sempre gradevole, ricca di cose da fare, con orari e ritmi tutti suoi, “che spesso viene dipinta come una sorta di paradiso ma, come ogni posto, ha i suoi lati negativi.”

Per il futuro, Noemi ha diversi progetti professionali in cantiere e, anche se ama la città spagnola in cui vive, non le dispiacerebbe cambiare posto ogni due anni, per conoscere e abbracciare nuove culture.

Noemi Neri Valencia

Ciao Noemi, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao! Vengo da Prato e vivo a Valencia da due anni. Prima di trasferirmi qui vivevo a Bologna, dove ho lavorato come ufficio stampa e organizzazione per delle compagnie teatrali. A causa della pandemia ho cambiato lavoro, poiché il settore culturale aveva subìto un rapido arresto dovuto alla chiusura forzata di musei e teatri. Ho lavorato come educatrice professionale nelle scuole prima di rimettere tutto nuovamente in discussione e partire, tornando al settore culturale.

Quando e perché hai deciso di lasciare l’Italia?

Ho lasciato l’Italia due anni fa, nel gennaio del 2022. Eravamo ancora durante l’emergenza Covid-19 e non mi piaceva il clima di tensione che si era creato. Non ho condiviso le scelte politiche e, ancora meno, quelle giornalistiche, ridotte a propaganda manipolatoria. Ero costretta a sottostare a delle regole che non condividevo per cui mi sono messa in condizioni di non doverle seguire. Questo ha comportato una scelta difficile, ovvero lasciare tutto e andare in un altro Paese.

Adesso vivi a Valencia. Come mai hai scelto proprio quella città?

In realtà la scelta della città è stata secondaria. Prima di tutto volevo andare via dall’Italia. Avevo valutato anche il Ticino, per la vicinanza e perché parlano italiano, oltre al fatto che è bellissimo. La Spagna è un Paese che mi ha sempre attratta e ho sempre coltivato la passione per lo spagnolo. Inoltre, per certi aspetti, la cultura è simile a quella italiana.

Una volta in cui ho deciso di andare in Spagna, la scelta è ricaduta su Valencia perché, tra le città più grandi, offre, dal mio punto di vista, la migliore qualità di vita. Questo riguarda non solo l’aspetto economico ma anche la poca criminalità, la vicinanza con il mare e la sua centralità strategica a livello geografico. Da Valencia sono equidistante da Madrid e Barcellona, a volte sono andata a Palma di Maiorca in una sola giornata perché è a 35 minuti di volo. Posso vivere la grande città, andare al mare o fare lunghe passeggiate nelle molteplici zone verdi. Il Parco Turia è lungo 9 Km e attraversa la città, vicino al quartiere dove vivo c’è la riserva naturale dell’Albufera, dove si trova il lago più grande della Spagna, e in città ci sono tanti altri parchi. Pensate che, qualche giorno fa, andando al mare, ho visto tantissimi fenicotteri in mezzo al lago.

Sei lì da due anni, hai notato dei cambiamenti in questo arco di tempo?

La città cresce velocemente, il costo della vita è aumentato. Sono usciti diversi articoli che osannano Valencia per varie ragioni. Forbes l’ha definita la miglior città in cui vivere. In più, Valencia ha ottenuto numerosi riconoscimenti come Capitale Verde europea, Città del Design, Città Lgbt+. Tutti questi elogi credo siano dovuti a una questione pubblicitaria del momento. È vero che è una città che offre molte possibilità, è all’avanguardia ed è viva, dall’altra parte, però, come ogni luogo, presenta anche le sue problematiche.

Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti davanti alla tua scelta?

Parto dagli amici, per i quali mi reputo molto fortunata. Hanno reagito incoraggiandomi e sostenendomi, sono venuti a trovarmi e facciamo “video cene” in attesa di vederci quando torno in Italia. Penso che sia importante avere il sostegno delle persone care perché il trasferimento, per quanto scelto, è un grande cambiamento e, come tale, comporta tante incognite che possono essere vissute con preoccupazione. Potersi confrontare raccontando le avventure e disavventure senza avere dall’altra parte qualcuno pronto a strumentalizzare ciò che viene detto per far valere il proprio disappunto, come capita a volte con i genitori, è sicuramente di aiuto. I miei genitori hanno reagito in due modi diversi fra loro, mia mamma ha preso il trasferimento come un dato di fatto, senza giudicarlo. Con mio babbo, invece, ho affrontato molte discussioni, perché non condivideva la mia scelta di andare a vivere all’estero e, ogni tanto, mi chiede ancora se voglio tornare in Italia. I conoscenti, in generale, hanno reagito in maniera positiva e con curiosità.

Come ti sei organizzata prima della partenza?

Ho maturato la decisone di andare via durante l’estate e ho pianificato il trasloco in circa 4 mesi. Prima di tutto, mi sono informata sugli aspetti burocratici a cui sarei andata incontro, poi ho fatto un viaggio a Valencia per vedere la città. Ogni giorno era focalizzato sul trasferimento, sia a livello mentale sia pratico. Avevo comunicato al lavoro che sarei andata a vivere all’estero ma ancora non c’era niente di concreto. Mi sono messa alla ricerca della casa, ho visto l’appartamento dove vivo in video chiamata, quando ancora parlavo uno spagnolo rudimentale, e ho firmato il contratto pochi giorni prima di Natale. Insieme al mio compagno, ho iniziato a fare una cernita degli oggetti per decidere cosa portarci. Non sapevamo quanto saremo rimasti all’estero, la nostra idea inizialmente era quella di tornare in Italia dopo un anno. Una ditta di traslochi ha portato via la maggior parte delle nostre cose (abitavamo a Bologna) e ce le ha consegnate tre giorni dopo a Valencia. Abbiamo fatto il viaggio in macchina con i nostri tre gatti, dividendolo in due tappe: Nizza e Figueres.

Di cosa ti occupi?

Lavoro in smart working come libera professionista nell’ambito culturale. Ho un’agenzia di servizi editoriali che si chiama Limulo ma collaboro con varie realtà nell’ambito della comunicazione, del marketing e dell’amministrazione. Sul territorio, ho iniziato a collaborare con il Museo di arte contemporanea IVAM, facendo mediazione e con la casa editrice El Doctor Sax Beat&Books.

È facile, per un italiano, trovare lavoro lì?

Trovare lavoro dipende, in primo luogo, dalle competenze. Ovviamente, è fondamentale conoscere la lingua. Se una persona s’impegna, il lavoro lo trova, perché ci sono diverse opportunità. Il problema è che molti offrono dei contratti a breve termine con una conseguente precarietà che rende difficoltoso fare progetti. La maggior parte degli italiani o degli stranieri che vive qui lavora nella ristorazione, ma non tutti.

Quali sono i settori in cui è più semplice essere assunti?

Dipende dalla situazione personale di ognuno, diciamo che, in generale, senza titoli e conoscendo poco la lingua, è più facile essere assunti negli ambiti di manovalanza, come la ristorazione, le pulizie e il call center, come da tutte le parti. Le cose cambiano se si hanno competenze specifiche che sono spendibili qui. A volte c’è una barriera burocratica. Nel mio caso, sono passati due anni prima che riconoscessero la mia laurea. Infine, per certi tipi di lavoro, è fondamentale conoscere lo spagnolo o l’inglese.

Pensi che gli stipendi siano in linea con il costo della vita?

Abbastanza. In generale gli stipendi non sono molto alti ma il costo della vita è proporzionato, a parte gli affitti che stanno aumentando sempre di più. Per una persona da sola è difficile sostenere le spese di un appartamento, è più facile affittare una stanza in un appartamento condiviso.

Puoi dirci il costo di alcuni beni e servizi di uso comune?

La benzina costa circa 1.3 – 1.5 Euro, andare dalla parrucchiera a farsi colore e taglio costa 50-60 Euro, il barbiere 10 Euro, un abbonamento in palestra viene circa 250-300 Euro l’anno. La depilazione laser 13 Euro a zona, pulizia dentale 50 Euro, lo smalto semi permanente 15 Euro. Al supermercato i prezzi sono più bassi rispetto all’Italia, tranne che per la carta igienica e l’acqua. I mezzi di trasposto per gli under 30 sono gratuiti e per gli altri ci sono degli abbonamenti molto convenienti.

Lavori in smart working, sogno di molti. Che consigli daresti a chi vorrebbe farlo?

Consiglio di specializzarsi in un ambito e di stare al passo con i tempi rispetto al proprio settore. Occorre tenere in considerazione che ci vuole autodisciplina e organizzazione. Per lavorare come autonomi penso si debba anche essere predisposti caratterialmente, sapersi trovare sempre nuove opportunità e fare rete con gli altri.

☞ Vuoi lavorare in Spagna? Ecco come fare!

Quali sono i pro e i contro del lavorare in smart working?

Io ho sempre lavorato principalmente in presenza e ciò che apprezzo di più da quando lavoro in smart è non dovermi presentare in un luogo preciso in una determinata fascia oraria. Ora più che mai, per me, è fondamentale potermi spostare e continuare a lavorare semplicemente portandomi il computer. Mi piace molto essere padrona del mio tempo e organizzare la giornata ottimizzandola. Per quanto riguarda i contro mi viene da dire che si hanno meno relazioni umane ma, sinceramente, è una mezza verità, basta andare negli spazi di co-working o nelle caffetterie attrezzate. Gli aspetti positivi e negativi di lavorare in questa modalità penso dipendano anche dal carattere personale. Io mi trovo molto bene.

Cosa bisogna avere, dal punto di vista burocratico, per vivere e lavorare lì?

Sicuramente il NIE, ovvero il numero d’identificazione della persona straniera, che è un documento d’identità. Per lavorare occorre anche essere iscritti alla Seguridad Social, che è una sorta di corrispettivo dell’INPS. Sto semplificando molto ma la burocrazia spagnola è farraginosa tanto quanto quella italiana, oltretutto c’è un sistema che permette di lucrare sugli stranieri che vogliono mettersi in regola, spesso a opera di altri italiani. Rispetto a tutti i documenti necessari per trasferirsi in Spagna e per organizzare il trasferimento ho scritto un e-book: “Guida buro-pratica per lasciare tutto e trasferirsi in Spagna”.

Come ti sei mossa per cercare un alloggio?

Mi sono mossa sulle piattaforme classiche scegliendo di affidarmi a un’agenzia immobiliare, poiché ho cercato casa quando ero ancora in Italia e volevo evitare eventuali truffe, non potendo visitare l’appartamento di persona. Gli agenti immobiliari mi mostravano le varie case in video chiamata e ho firmato il contratto digitalmente.

Come sei stata accolta dalla gente del posto?

Benissimo. Gli spagnoli sono un popolo molto accogliente, solare e, in generale, con senso civico. Se non sai bene la lingua, si sforzano di capirti, e sono inclusivi. Alle feste, per esempio, sono invitati gli amici e gli amici degli amici degli amici. A livello culturale sono più focalizzati sul gruppo che sull’individuo.

Come descriveresti le loro vite?

In vacanza! Non passa un mese che non ci sia una festa, vivono molto gli spazi aperti, grazie anche al clima che, per dieci mesi l’anno, è abbastanza caldo. Hanno più giorni di ferie rispetto ai contratti di lavoro italiani e prendono tutto con molta calma. Se hai un appuntamento con uno spagnolo devi mettere in conto quella mezz’ora di ritardo. I supermercati aprono alle 9 e sono chiusi la domenica, diversi bar chiudono alle 17, i ristoranti aprono alle 13.30 e alle 20.30, è tutto impostato secondo altre tempistiche.

Com’è una tua giornata tipo?

La mattina cerco di svolgere gran parte del lavoro della giornata. Il pomeriggio dedico del tempo alla lettura, allo sviluppo di nuovi progetti e faccio dei corsi di formazione per approfondire le mie competenze. Mi piace incontrarmi con gli amici e fare lunghe passeggiate. Programmo ogni giorno in maniera diversa.

Quali sono state le principali difficoltà da affrontare e come le hai superate?

Sul posto la difficoltà principale, inizialmente, era legata alla lingua. Conoscere lo spagnolo è ciò che più ti permette di integrarti. Fortunatamente è molto orecchiabile per noi italiani e ci sono molti locali che organizzano scambi linguistici. Sono organizzati in vari modi ma in ogni caso è facile conoscere persone e praticare lingue differenti.

E quali, invece, le gioie e le soddisfazioni?

Tra le gioie metterei moltissime cose, diciamo che sono felice di aver trovato dei punti di riferimento e di aver fatto nuove amicizie. Partecipo a un Circolo Letterario – in Italia ne coordinavo uno – e ho partecipato a un corso con persone straniere dove lo scambio culturale è stato incredibile. La natura stessa del corso è lodevole: chiedere a persone straniere di comunicare il museo (in questo caso l’IVAM) secondo le proprie referenze culturali. La collaborazione con il museo stesso come mediatrice è stata una soddisfazione, così come essere chiamata a partecipare a un programma radio, una diretta di tre ore, per parlare di Pasolini, non so nemmeno io come ho fatto. Un’altra grande soddisfazione è stata la traduzione di “Poesia e Pazzia”, un’opera di Leopoldo María Panero, considerato tra i più significativi poeti contemporanei spagnoli. A volte mi sembra di avere molte più opportunità qui da straniera che nel mio Paese.

Noemi Neri Valencia

C’è una comunità d’italiani? Ne fai parte?

C’è una grandissima comunità d’italiani. Dopo qualche mese dal mio arrivo ho aperto un gruppo Telegram per aiutare gli expats a incontrare nuove persone. All’interno, ognuno può proporre una pizza piuttosto che un cinema, sport ecc. In questo modo ho fatto molti incontri “al buio” e conosciuto tante persone con le quali poi è nata un’amicizia. Non mi sento parte di una comunità italiana, anzi, cerco di evitare di “auto-ghettizzarmi”. Il bello di questa città è che puoi incontrare persone provenienti da ogni parte del mondo e questo scambio culturale per me è molto più interessante che ricreare una “piccola Italia” all’estero.

Che consigli daresti a chi vorrebbe trasferirsi lì?

Di fare la valigia! Un’esperienza all’estero la trovo sempre positiva, così come il cambiamento in sé. Rispetto a Valencia in particolare, è bene considerare che è una città rumorosa e che a marzo è praticamente invivibile per via della celebrazione delle Fallas, una festa tradizionale che dura quasi un mese. Cercate casa lontana dai Casal Falleros o non dormirete!

E quali a chi vorrebbe andarci in vacanza?

Sicuramente di visitare La Ciudad de lasArtes y las Ciencias (Città delle arti e delle scienze), una struttura architettonica progettata da Santiago Calatrava, futuristica e impressionante. Consiglio di visitare la parte della città vecchia, ovvero la zona centrale dove c’è un grande mercato coperto e la Loggia della Seta, entrambe tappe interessanti. Il quartiere del Cabañal con le sue casette colorate che ricorda un po’ Cuba. Se ci sono bambini, il parco gratuito di Gulliver, un vero spasso! Avendo tempo, ci sono molti edifici storici e musei belli da visitare, inoltre Valencia è una città che offre tanta diversità dal punto di vista gastronomico e divertimenti per tutte le età.

Puoi suggerire ai nostri lettori dei posti poco conosciuti che, secondo te, meritano una visita?

Parlo della Comunità valenciana in generale: sicuramente Peñiscola e Altea. Peñiscola è una città sul mare dove c’è una grande fortezza templare visitabile. Salendo in cima al castello si vede la doppia costa con un panorama meraviglioso, le strade sono strette, le case tutte bianche. Una in particolare, ha la facciata completamente piena di conchiglie. Altea ricorda i paesini pugliesi, è una cittadina piccola che sembra fuori dal tempo, per raggiungerla occorre fare ripide scalinate e si è letteralmente tra il mare e la montagna.

Se potessi tornare indietro, faresti qualcosa diversamente?

Dalle mie parti si dice: “Se la mi’ nonna era un carretto aveva le ruote!” Questo per dire che no, non mi piace pensare ai “se”, alle ipotesi. Va bene così com’è andata, con i suoi pro e contro, ogni scelta, in fondo, comporta dei sacrifici ed io credo che siano momenti di crescita.

Cos’hai imparato, finora, vivendo lì?

Non avrei mai immaginato di lasciare la mia città, invece adesso mi sento slegata dal luogo in sé. Mi trovo benissimo a Valencia, ma non mi dispiacerebbe vivere ogni due anni in un posto diverso e imparare una nuova cultura. Qui, ogni giorno, ho l’esempio che si può vivere con meno stress.

Progetti futuri?

In ambito professionale ho in mente diversi progetti che sto strutturando. Per esempio, mi piacerebbe scrivere un saggio sulla salute mentale legato alla realtà di Valencia, perché qui è stato aperto il primo manicomio d’Europa, oggi biblioteca pubblica. Mi piacerebbe anche scrivere un romanzo, ma non mi concedo mai il tempo, vedremo!

Inserisci i tuoi riferimenti così che i lettori possano seguirti/contattarti:

E-mail: redazione@nosvemosenvlc.com

Sito web: www.nosvemosenvlc.com; www.limulo.com

LinkedIn:

https://linktr.ee/noemivlc

@noemi_neri_vlc

Noemi Neri LinkedIn