Studiare a Berlino: la storia di Milena
Milena stava frequentando la terza superiore quando ha deciso di dare una svolta alla sua vita e provare a studiare in un paese straniero. Il tedesco lo studiava a scuola già da qualche anno, ma una cosa è costruire dei dialoghi basilari durante le lezioni in classe, un altro è trovarsi a contatto con dei tedeschi 24 ore su 24, in una città grande dove non si conosce nessuno. Ma difficoltà del genere si superano, e se si ha voglia di mettersi in gioco, e se la città in questione è Berlino, allora la voglia di non tornare più è forte…
Come hai preso la decisione di frequentare un anno di scuola a Berlino?
Credo che ci siano due ragioni principali per le quali io mi sia decisa di andare all’estero. Per prima cosa studiavo tedesco a scuola, ma ero convinta se non avessi messo in pratica le mie poche conoscenze linguistiche nella stessa Germania, tutto il tempo passato con il naso nei libri di grammatica sarebbe andato sprecato. Il secondo motivo ha più a che vedere con la mia città natale in sé, Brescia. A sedici anni la provincialità del posto cominciava a starmi stretta, e avevo voglia di vedere nuovi luoghi, conoscere altri stili di vita, vivere in una capitale!
I tuoi genitori ti hanno appoggiato subito?
Inizialmente i miei genitori formavano due fronti differenti… Mio padre, anche grazie all’esperienza che lui stesso fece negli Stati Uniti a diciassette anni, era molto propenso all’idea e cercava di convincere mia madre a farmi partire. Lei, infatti, era contraria, soprattutto al pensiero di doversi separare per un così lungo periodo da me. Sosteneva che a vivere all’estero sarei potuta andarci più tardi, da maggiorenne, o per l’università. Ma io ho la capoccia dura, e con la complicità di mio padre siamo riusciti a vincere la nostra piccola battaglia.
Non ti sei preoccupata di come avresti fatto, appena tornata, a recuperare un anno di scuola?
Il pensiero del post-estero non mi ha mai preoccupata molto, ero troppo eccitata dal fatto di andarmene dalla provincia per pensare così avanti nel futuro! Tenendo conto della quantità di materiale studiato normalmente nella scuola in Italia, avrei fatto meglio a preoccuparmi di più… Tuttavia, è stato una volta arrivata a Berlino che mi sono preoccupata davvero. Nonostante avessi delle basi grammaticali e sapessi dire due o tre frasi, non ero assolutamente preparata a un ambiente in cui si parlasse solo in tedesco, quotidianamente. Ci si può immaginare il mio primo giorno di scuola: letteratura e fisica, uno spasso!
Come ti hanno accolta i tuoi compagni?
Sono sempre stati gentili con me, anche all’inizio, quando non capivo quasi niente e me ne stavo zitta nell’angolo… Mi chiedevano se avessi bisogno di aiuto e quelli che sapevano l’italiano ogni tanto traducevano per me quello che non capivo, finché non ho cominciato a cavarmela da sola. Alcune delle mie più care amiche le ho conosciute durante i primi giorni di scuola!
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Com’era la scuola?
La scuola che ho frequentato non era “normale”, ma una scuola europea italo-tedesca. Ciò vuol dire che non solo riceve fondi dall’Unione Europea, ma questi fondi permettono alla scuola di mantenere un buon livello di insegnamento e persino di migliorarlo. Grazie alla connessione con l’Unione Europea abbiamo avuto la possibilità di fare esperienze che in Italia non avrei mai fatto: scambi con studenti polacchi con incontro finale con il ministro degli esteri polacco, un “young european business camp”, uno scambio con studenti ungheresi alla fine del quale abbiamo creato piccoli film di animazione, varie visite a uffici governativi. Inoltre essendo un liceo italo-tedesco, lo shock culturale non è stato poi così tragico! Durante la ricreazione sentivo sempre qualcuno scherzare in dialetto napoletano, o milanese, calabrese, fiorentino…Inoltre all’epoca mi piacque molto il fatto che non ci fossero classi normali, ma diversi corsi in diverse aule, e tutto questo mi dava l’impressione di essere in una high school americana, o all’università.
Arrivata in quinta superiore se sei stata seguita in un percorso di orientamento per la scelta dell’università, oppure il fatto che non ci fossero classi fisse ma continuamente diverse a seconda dei corsi, ha determinato uno scarso rapporto insegnante-alunno?
In Germania, o perlomeno nella scuola in cui ero io, il processo di orientamento per università o “Fachhochschule” (che è come un’università, ma più tecnica), o Ausbildung (formazione professionale) avveniva per vie esterne, ossia gli studenti potevano visitare delle fiere in cui le varie accademie si presentavano. A volte invece venivano degli studenti universitari da noi e presentavano il loro istituto. Fondamentalmente i docenti a scuola non partecipavano direttamente all’orientamento, non in modo ufficiale per lo meno. Ma da noi tutti i professori erano molto aperti e vicini agli studenti, cosicché in caso di necessità si sono sempre dimostrati molto disponibili. Persino la vicedirettrice conosceva tutti per nome!
Com’era la tua famiglia?
Durante la mia permanenza a Berlino sono stata in due diverse famiglie ospiti, che non avrebbero potuto essere più diverse l’una dall’altra. La prima assomigliava abbastanza a quello che per me fino ad allora era stato il cliché dei tedeschi ordinati e puntuali. Le loro dinamiche familiari erano diverse da ciò cui io ero abituata: molto regolate, un po’ rigide forse. Ma tutto sommato mi sono trovata bene, e tutt’oggi vado ancora a cena da loro ogni tanto (la madre è una cuoca favolosa!). La seconda famiglia invece era l’esatto contrario: tre figli, caos continuo, mai un momento di pace! Mi sono divertita parecchio lì! Aver cambiato famiglia ospite dopo sei mesi mi ha dato la possibilità di vedere come anche all’interno di uno stesso paese, una stessa città, famiglie diverse vivano in modo completamente diverso, e di come sia difficile, se non impossibile, dire “i tedeschi sono così”. Ho potuto inoltre vivere in due quartieri molto differenti: prima in una zona piuttosto centrale e benestante, poi più in periferia, in una casetta a schiera dove le vie hanno i nomi dei fiori…
Molti studenti all’estero, in particolare in America e Australia, affermano che la scuola in Italia è a un livello superiore rispetto alle altre… tu come ti sei trovata?
Credo che più che trovarsi a un livello superiore, la scuola in Italia sia impostata ancora piuttosto classicamente. Non posso parlare per America o Australia, ma a Berlino le lezioni erano impostate meno sulla divulgazione frontale di contenuti da parte del professore, ma più sulla creazione di situazioni di dialogo fra studenti e docenti. Anche io devo ammettere di avere imparato più “fatti” nella scuola a Brescia, ma l’atmosfera in classe era decisamente più rilassata a Berlino. Niente stress a causa di interrogazioni a sorpresa, o per via di due verifiche in un giorno… mica male.
Com’è la vita a Berlino?
La vita a Berlino è…. Proprio quello che fa per me! Berlino è viva, dinamica e imprevedibile. So che suona come la pubblicità di un’agenzia di viaggi, ma è la verità! Il fatto che il muro sia caduto solo venti anni fa le ha permesso di rallentare certi processi urbani tipici di altre capitali, come la gentrificazione o i costi proibitivi, con la conseguenza che la “fauna” sociale, anche nelle zone più centrali, si mantiene eterogenea sia per quanto riguarda le classi sociali, che la provenienza. E i prezzi sono (ancora) bassi, quindi un sacco di artisti e di giovani vengono qui per vivere almeno per un po’. Molti poi vanno via di nuovo, ma questo è il bello: a Berlino la gente va e viene in continuazione.
Ti è talmente piaciuta che hai deciso di fermarti anche per l’anno successivo… vuol dire che avevi superato tutte le difficoltà con la lingua?
Una volta entrata nel ritmo scolastico imparare la lingua è stato molto più facile. Già a dicembre riuscivo a parlare abbastanza in fretta e a capire quasi tutto quel che era detto in televisione, o in situazioni di gruppo. Una volta rafforzata la base, rimangono sfumature e dettagli che imparo giorno per giorno ancora oggi…
A Berlino c’è sempre qualcosa da fare: qual è stata l’ultima cosa particolare che hai fatto, o qual è stato l’ultimo evento interessante in città?
L’ultima cosa particolare che ho fatto a Berlino per un periodo continuato è stato uno stage nell’ufficio artistico della biennale d’arte di Berlino che si terrà quest’anno ad Aprile. In quei sei mesi ho scoperto tutt’un altra sfaccettatura della città, visto posti nuovi, conosciuto gente molto interessante. Per quanto riguarda invece eventi di breve durata mi piacerebbe invece citare non un evento appena passato, ma uno che si terrà fra poco: si chiama Transmediale ed è un festival di arte digitale e sperimentale, in concomitanza del quale ci sarà anche il festival di musica sperimentale e digitale. Fantastico!
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Finito il liceo, non hai pensato di tornare in Italia a fare l’università? Perché hai deciso di farla in Germania? Hai confrontato le università italiane con quelle tedesche, o hai deciso a priori di rimanere a Berlino?
Dopo due anni di vita a Berlino sapevo che sarei voluta restare ancora a lungo, per questo non mi sono mai posta la questione di tornare in Italia. E sempre per la stessa ragione non ho neanche confrontato le università di Berlino e dintorni con quelle di altre regioni in Germania.
Ora cosa studi? Sei convinta delle scelte che hai fatto?
Ora studio una materia che tradotta letteralmente si chiama “Scienze della Cultura”, ma fondamentalmente studio sociologia e storia. All’inizio non ero sicurissima di aver fatto la scelta giusta, e tuttora che ho quasi finito la triennale ogni tanto mi assalgono i dubbi riguardo alla mia scelta…. Credo però che ciò abbia a che vedere col mio carattere, e che sarà sempre così!
La possibilità di trovare lavoro immagino sia più alta che qua in Italia…
Purtroppo Berlino è fanalino di coda in Germania per quanto riguarda il tasso di occupazione, a causa del muro e del tessuto sociale e strutturale formatosi in quei quarant’anni. Rimane comunque più alto che in Italia, e lo Stato dà molti più aiuti finanziari agli studenti e ai giovani che vogliano aprire un’attività in proprio. E poi Berlino è in costante crescita, soprattutto dagli ultimi due anni.
Ci sono molti studenti stranieri, a Berlino, che hanno fatto le tue stesse scelte?
Sì, penso di poterlo dire con sicurezza. Berlino per gli studenti è ancora piuttosto economica, e anche chi non parla tedesco se può cavare bene con l’inglese. Dei lavoretti in bar o piccoli negozi si trovano facilmente.
Hai intenzione di rimanere in Germania a vivere? Non hai pensato che in fondo ti sei trasferita là troppo presto, per poter confrontare e preferire la qualità della vita tedesca a quella italiana?
Questa è una buona domanda… è vero, quando mi sono trasferita all’estero avevo solo diciassette anni, e non potevo immaginare come sarebbe stata la vita da giovane adulta in Italia. Però ogni volta che torno a casa per le vacanze e mi faccio raccontare dai miei amici come se la cavano loro, beh sono contenta di aver deciso di restare. Anche mio padre mi dice sempre: “Resta lì, va là, che l’è mei!”, e persino mia madre è contenta! Ormai sono già quasi cinque anni che sono qui, non penso che me ne andrò molto presto, e anche se un giorno dovessi partire per altri posti, tornerò sempre. Berlino è diventata la mia casa, ormai.
A cura di Giulia Rinchetti