Trasferirsi in Canada: la storia di Gioele
Certo una rondine non fa primavera ma quella che stiamo per raccontarvi è una storia che sembra contraddire in pieno i tanti luoghi comuni sui giovani italiani. Per la verità Voglio Vivere Così ha condiviso molte storie di giovani e giovanissimi che hanno fatto qualcosa di molto diverso dal restare a casa con mamma e papà, parcheggiati in qualche corso universitario che, probabilmente, non arriverà mai a conclusione. Questa è una storia piena di allegria, voglia di fare e spirito di intraprendenza. Gioele, ventuno anni di Modica ha deciso di provare a trasferirsi in Canada e ha fatto di tutto per riuscirci.
Lo raggiungiamo telefonicamente e con il suo delizioso accento siciliano e con un entusiasmo incontenibile ci racconta la sua esperienza. “Dopo la scuola superiore mi sono iscritto al Politecnico di Milano dove ho conseguito la laurea triennale in ingegneria informatica. Mi sono posto, da subito, il problema di imparare bene l’inglese, consapevole che nel mio settore lavorativo questa lingua è imprescindibile. Ma non volevo fare un semplice corso di lingue, volevo qualcosa di più e di diverso. Così, già due anni fa, ho lavorato tutta l’estate per comprarmi un biglietto aereo per il Canada. Avendolo comprato con così grande anticipo me la sono cavata con 300 euro. Poi ho cominciato a navigare su internet per capire quale fosse la scuola più economica e l’ho trovata qui a Victoria, a un’ora e mezza di traghetto da Vancouver. Ho fatto tutte le pratiche on line sul sito del governo canadese per avere il visto. La scuola mi ha accettato e mi ha fatto da sponsor. Dopo pochi giorni ricevo una telefonata dall’Ambasciata; sono convocato per un colloquio. Vado e la situazione non si mette benissimo. Non si fidano delle motivazioni per cui ho richiesto il visto. Temono che, finito il mio corso di studi io resti nel paese come clandestino. Mi dicono di tornare a Modica e di riprodurre la documentazione. A nulla valgono le mie rimostranze, il tentativo di spiegare loro che, tutto ciò che volevano sapere era lì davanti a loro: cioè io. Niente da fare.”
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Gioele non demorde, torna a casa, fa tutto quanto richiesto dall’Ambasciata e dopo due mesi, poco prima della scadenza del biglietto aereo, arriva l’ok. Avrà un visto che gli consentirà di studiare e lavorare part time per otto mesi. “Ho dovuto dimostrare che i miei programmi erano esattamente quelli che avevo presentato nella prima richiesta e che potevo contare su una sufficiente autonomia economica. Sono infatti ospite di parenti che da anni e anni vivono qui. Non li conoscevo neanche, ma ero molto determinato ad andare in Canada; così li ho cercati, li ho raggiunti per mail e ho chiesto loro, molto semplicemente, se volessero ospitarmi. E così eccomi qua.”
Gioele in questo periodo ha studiato la lingua, ha conosciuto ragazzi e ragazze da tutto il mondo e tra pochissimi giorni comincerà a lavorare: in un chiosco di succhi di frutta e spremute. “Un lavoro umile che mi consentirà comunque di guadagnare qualcosina e di essere sempre più integrato con l’ambiente in cui vivo. Un lavoro che non mi è completamente estraneo visto che, da quando ho tredici anni, faccio lavori di questo tipo, per pesare il meno possibile sulla mia famiglia.” E come sono state le reazioni di parenti e amici a questa sua decisione? Gioele ci racconta che sua madre è stata felicissima e, da subito, favorevole a questa esperienza.
L’unica obiezione è arrivata da qualche amico, perplesso per il fatto che Gioele abbia voluto partire prima di avere preso anche la laurea specialistica. Alcuni di questi amici hanno però fatto nel frattempo esperienze all’estero, capendo così perché Gioele abbia preso questa decisione. “L’occasione è troppo ghiotta, in termini di opportunità. Qui il mercato del lavoro è molto più dinamico e meritocratico. E io ho cominciato a mandare curricula per trovare un’occupazione più inerente ai miei studi. E voglio raccontarti una cosa, a proposito di mercato del lavoro. Proprio l’altro giorno stavo visionando il sito dell’IBM canadese per vedere quali occasioni ci fossero. Bene, c’erano ben 300 posizioni aperte, quasi tutte rivolte a giovani neolaureati: stipendio dai 30000 ai 40000 dollari l’anno, più benefits vari tra cui la copertura sanitaria. Vado, per curiosità, a vedere il sito dell’IBM italiana: solo otto posizioni aperte e ben sei sono i famigerati stages. Qui si ha la sensazione che puntino sui giovani, per il loro entusiasmo fresco, e proprio per la loro inesperienza. In fondo un giovane senza una particolare esperienza può più facilmente essere plasmato, diciamo così, dall’azienda, imparando forse più velocemente tanta cose nuove. E in più ti valorizzano dal punto di vista economico.” Gioele è più che mai convinto che questo sia il paese in cui restare. “Certo so che significherà rinunciare ad alcune cose, come la famiglia e gli amici. Però è un’occasione incredibile in termini di opportunità e futuro.”
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Anche il salto da Modica al Canada non sembra avere spaventato Gioele che ci dice di avere avuto il battesimo della metropoli vivendo tre anni a Milano. “Poi Victoria è una città relativamente piccola, con ritmi rilassati. Certo Vancouver è un’altra cosa e se riuscirò a vivere e lavorare lì sarà un po’ diverso. Ma comunque pur essendo una metropoli è tra le città con la migliore qualità di vita. Del resto, il Canada ha ben cinque città tra le prime dice al mondo per questo parametro. E per quello che ho avuto modo di capire mi sembra davvero che questo paese abbia preso tutto il bene degli Usa, lasciando fuori il peggio. Profuma un po’ di nuova frontiera.”
E in questa nuova frontiera Gioele sta costruendo il suo avvenire con una maturità che quasi sorprende in un ragazzo di soli ventun’anni. Lo seguiremo in questo percorso e intanto gli facciamo il nostro più grande in bocca al lupo. Qualcosa ci dice che ce la farà. Se volete mettervi in contatto con lui e seguire le sue vicende canadesi leggete il suo blog www.minciati.it
A cura di Geraldine Meyer
Per avere maggiori informazioni sul Canada:
www.mollaretutto.com/cambiare-vita/nord-america/canada