Gabriella Silvestri e il progetto per salvare Rodrigues Island (Mauritius) dall’inquinamento

Le cannucce potranno essere utilizzate sull’isola ma anche esportate altrove

Di Enza Petruzziello per Voglio Vivere Così Magazine

«Ognuno di noi può contribuire ad un cambiamento nella nostra vita per un futuro migliore per tutti». Ne è convinta Gabriella Silvestri, biologa originaria di Napoli e ormai da anni residente a Ginevra. Il suo cambiamento parte da una piccola isola sconosciuta dell’Oceano Indiano.

Dopo aver lavorato per 20 anni in grosse aziende farmaceutiche come direttore di progetti per il lancio di nuovi medicinali sul mercato in diversi posti del mondo e avere fatto volontariato in Africa per 6 mesi, decide infatti di lasciare tutto per dedicarsi a quei temi che come biologa sente molto vicini al suo cuore.

«Ho sempre viaggiato tutta la mia vita sia per scelta che per lavoro – ci racconta – e ho iniziato a promuovere tramite social media (blog, instagram) un viaggiare sostenibile in rispetto dell’ambiente e della cultura del posto. Così facendo, sono venuta a conoscenza di questa piccola isola sperduta dell’Oceano Indiano che dipende dalle Mauritius, Rodrigues Island».

Gabriella Silvestri

Piccolo gioiello al largo della costa nord-est di Mauritius, con una popolazione di 38mila persone, Rodigrues Island è un piccolo gioiello al largo della costa nord-est di Mauritius. L’isola lascia un’impronta indelebile sui visitatori per il suo stile di vita tranquillo e lontano dalla mondanità. Pochi posti al mondo sono così remoti e poco conosciuti. Non stupisce, dunque, se Gabriella decide di rimanerci per alcuni mesi, ritornandoci in tre viaggi diversi. Le basta appena qualche giorno sull’isola per rendersi conto di essere un’amante folle dell’acqua di cocco, che gli abitanti del posto sono soliti bere con una cannuccia di plastica direttamente dai cocchi colti freschi sugli alberi.

Da questa passione nasce ben presto l’idea del suo progetto. Inizia a documentarsi, a fare foto sull’inquinamento dell’isola legato alla plastica, in particolare di quello provocato dalle cannucce, facendo così una scoperta incredibile: dal 2011 più di un milione di cannucce sono andate a finire nell’Oceano. «Più o meno nello stesso periodo in cui è iniziata la vendita di cocco al mercato dell’isola – spiega Gabriella -.

Colpita da questo fenomeno, mi adopero a pensare a un’alternativa biodegradabile e ricusabile. Scopro che il bambù è una pianta invasiva nell’isola che viene combattuta per questa ragione. Penso allora di utilizzare l’aspetto positivo e il potenziale di questa pianta fabbricando delle cannucce in bambù biologiche, biodegradabili e riutilizzabili per sostituire le cannucce di plastica monouso. Faccio tutto da sola, documentando con video e foto quando vado a raccogliere e tagliare i bambù nella foresta e quando fabbrico le cannucce nella stanza presa in affitto sull’isola».

Gabriella Silvestri

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Gabriella è determinata a raggiungere il suo obiettivo: porre un freno all’inquinamento marino provocato dalla plastica. Si mette all’opera e valida la sua teoria creando dei campioni che dà al Ministro dell’Ambiente dell’isola. Presenta il progetto al Governo che subito accetta di bandire le cannucce in plastica non appena questa alternativa sarà disponibile. Gabriella elabora così un project plan compreso di budget e tempistiche.

«Lo sviluppo del progetto avverrà tramite una ONG locale che dà lavoro a disabili – chiarisce la biologa -. Al momento l’ONG lavora al miele e ai gusci di cocco. Io sarò il project manager del progetto per gestire questa ‘production line’ e la coltivazione sostenibile del bambù. Ho cominciato una raccolta fondi tramite un sito di crowdfunding e adesso sono nel processo di raccogliere il budget necessario affinché il progetto possa partire. Qui c’è un mio video in cui ne parlo».

Un investimento iniziale è già stato utilizzato per condurre con successo una valutazione su piccola scala della produzione e della fattibilità. Adesso occorrono i fondi per iniziare la produzione vera e propria delle cannucce in bambù, per dotarsi dei macchinari necessari, per coltivare i bambù e per dare un salario minimo alle persone coinvolte. Le cannucce, infatti, permetteranno la creazione di lavoro per molti disabili, e apporteranno un grosso beneficio all’ambiente dal momento che la sola Rodrigues Island contribuisce in maniera rilevante all’inquinamento marino da plastica tramite l’uso sproporzionato di questo prodotto.

Gabriella Silvestri

Per avere un’idea più precisa della portata di questo fenomeno, basti pensare che le cannucce di plastica impiegano fino a 200 anni per degradarsi. Non solo. La plastica degradandosi rilascia sostanze chimiche tossiche per la natura e l’ambiente con conseguenti danni per l’Oceano, per i nostri mari, e per tutte le creature marine che vi abitano.

«Nel corso degli anni il governo locale e la sua popolazione hanno fatto un grande sforzo per ripristinare alcune delle aree forestali che sono state dichiarate riserve naturali. Con gli instancabili sforzi della gente del posto, l’isola sta lentamente trasformandosi in un paradiso ecologico. Questo progetto – conclude Gabriella – rientra negli obiettivi della Nazioni Unite per l’agenda del 2030 dove sono elencati i 17 SDGs (sustainable development goals) a livello globale. Oltre ad essere biodegradabili, le cannucce in bambù avranno un costo molto basso e competitivo perché fabbricate in loco e potranno anche essere esportate altrove, contribuendo così a migliorare la vita delle persone e a rendere il mondo un posto più pulito e sostenibile».

Per contattare Gabriella Silvestri questo il suo blog:

https://travel4thoughts.com/

Questo, invece, il link per partecipare alla raccolta fondi:

www.gofundme.com/biostraw4planet.

Hashtag CAMPAIGN #biostraw4planet.