Andrea Naccarato francia

“Ogni volta che parlerai con un francese ti dirà che sono messi male, peggio dell’Italia. Non si rendono conto che il loro è davvero un Paese civile!”. Un argomento su cui Andrea insiste molto, è il confronto tra diversi Paesi riguardo le loro attenzioni al sociale e le agevolazioni date ai cittadini per permettere loro di vivere meglio e con più serenità. “Per esempio, qui i trasporti sono molto meglio. Recentemente hanno rifatto l’intera linea degli autobus. Investono molto di più nel sociale, anche perché i francesi sono piuttosto riottosi: manifestano per qualsiasi cosa, anche la più banale, e si fanno sentire davvero! Essendo studente universitario non posso lavorare, ma qui non è un problema: sull’affitto ho un aiuto di quasi 200 euro al mese, e l’iscrizione all’università mi è costata solo 150 euro”.

Le agevolazioni, per esempio per quanto riguarda l’affitto, sono riservate solo agli studenti?

No, generalmente per i giovani di età inferiore ai 26 anni, o 28, e poi naturalmente ti danno aiuti in rapporto al tuo reddito.

Per quanto riguarda la burocrazia?

Anche se non è così lenta come quella italiana, ha i suoi problemi; le pratiche sono lunghe e complesse ma in definitiva ne esci sempre fuori, mentre in Italia ti danni l’anima dietro a sportelli e impiegati incompetenti. Per esempio, per fare il passaporto, in Italia succede che aspetti più di un mese, mentre in Francia vai in Prefettura e in due settimane lo ottieni. In Italia la sensazione perenne è che ci sia qualcuno pronto a metterti i bastoni tra le ruote; sia che tu debba rinnovare patente piuttosto che la carta d’identità, ci sono decine di bucce di banana sul percorso da fare. Quando torno in Italia, appena scendo dall’aereo mi innervosisco istantaneamente: la gente salta le file fuori dall’aeroporto e si scopre che il biglietto dell’autobus è raddoppiato, che le corse sono scarse e con deviazioni di percorsi… insomma, c’è sempre una sensazione di fondo di difficoltà e frustrazione.

Andrea Naccarato  francia

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Quindi diresti che la vita in Francia è migliore?

Sì, decisamente. I problemi non mancano, c’è tanta povertà, ma la differenza è che qui se ne parla. L’attenzione a certi temi, al sociale, è maggiore. Per farti un esempio, qui a Lione ci sono 30 km di linee. Nel sito ufficiale c’è una pagina riservata ai consigli per tenere un buon comportamento durante il viaggio in metropolitana: non bloccare le porte, far scendere la gente prima di salire, e tutte le usuali norme di buona educazione; poi consigliano, in caso di ritardo, di evitare di correre, perché le corse all’orario di punta passano ogni due minuti. Lione ha 4 linee di metropolitana, 2 di tram che attraversano l’intera città, un centinaio di linee d’autobus e un centinaio di servizi speciali per studenti. In Italia tutto questo sarebbe considerato uno spreco. A Padova c’è una linea di tram che finisce il servizio a mezzanotte e mezza. La linea d’autobus che collega la fermata del tram alla mia zona, finisce alle 20. Ciò vuol dire che il sabato sera sono costretto a prendere la macchina e di conseguenza a non bere nulla e a non stancarmi troppo. Un altro esempio: in Francia, in ogni città sopra i 20mila abitanti, c’è un servizio di condivisione delle biciclette. Disseminate in tutta l’area urbana ci sono delle “stazioni” di biciclette, che puoi prelevare inserendo il codice della tua carta di credito nei box e pagando una tariffa giornaliera di 1 euro, mensile di 15 euro o annuale. La prima mezz’ora tra l’altro è gratis  La bicicletta può essere usata quanto si vuole e depositata poi in una qualsiasi delle stazioni adibite.

Andrea Naccarato  francia

Com’è l’università francese rispetto a quella italiana, se hai avuto modo di confrontarle?

Io sono al primo anno di medicina, che si fa su concorso: vengono presi tutti quelli che fanno domanda (noi siamo 2100) anche se i posti sono solo 400. Seguiamo le lezioni distribuiti in 6 anfiteatri e collegati in videoconferenza. Abbiamo un esame il 15 dicembre e uno a metà marzo. Alla fine passa solo chi li supera, dunque chi merita davvero. In Italia ci sono i test di ammissione. Non sono attitudinali, cosa che potrei capire, ma a parte le domande di logica, poi ci sono domande concernenti la cultura generale, che sono a dir poco ridicole. Una volta è capitata una domanda sui puffi, un’altra volta sui conduttori di Sanremo. Ho avuto modo di vedere le domande di alcuni test, e per quanto riguarda quelle concernenti le materie scientifiche mi sono reso conto che chiedono cose che si studiano al primo anno di medicina. Quindi lo studente che esce dal liceo scientifico magari ha qualche possibilità, ma chi esce dal classico o dal linguistico è completamente impreparato.

Perché lo fanno? Per risparmiare, per non “sprecare” fondi in anfiteatri, videoconferenze, perché il sistema meritocratico è ritenuto troppo costoso. Il risultato è che la gente che merita non ha possibilità concrete, mentre in Francia è sicura di essere valutata per quello che vale.

Quindi rimarrai a studiare in Francia?

In Italia non ci torno, questo è chiaro!

Ma in fondo mi dispiace. L’Italia è stupenda, abbiamo un patrimonio culturale che non ha eguali, ma lo buttiamo via. In Finlandia, dove praticamente non hanno un patrimonio culturale, mantengono i musicisti disoccupati perché li considerano “patrimonio dello Stato”. Io canto e suono la chitarra, ma in Italia che faccio? Abbiamo il cibo, abbiamo un clima perfetto, abbiamo Roma, più bella di qualsiasi altra città, tanto che Londra al confronto impallidirebbe..

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A proposito di Londra, raccontaci la tua esperienza in questa città.

Apro con questa parola: miseriaccia! È assolutamente bellissima! L’avevo visitata a Marzo dell’anno scorso con i miei, e me l’ero goduta nonostante fossi un diciannovenne in vacanza con i genitori. Ero rimasto folgorato, tutto mi sembrava fantastico, ma alla fine avevo solo visto le solite attrazioni turistiche. Quindi decisi subito di ritornarci. Durante quel viaggio avevo notato che tutti i baristi delle catene famose, tutti i cassieri, sono stranieri. La cosa mi aveva incuriosito e dopo aver parlato con un po’ di quelle persone, avevo raccolto le loro storie, tutte comuni: arrivati ad un certo punto, tra i venti e i trent’anni, avevano deciso di cambiare vita e vedere un po’ di mondo. Allora erano partiti da Londra, dove sono stati in ostello i primi giorni, tempo di trovarsi un appartamento, e poi avevano trovato lavoro. C’è chi se ne va dopo un mese, chi dopo due o sei, continuando il viaggio alla ricerca di se stessi, ma anche chi resta lì a vivere. Tutti mi dicevano che con un po’ di buona volontà me la sarei cavata, avrei trovato lavoro facilmente e sarei riuscito a mantenermi in un appartamento modesto. E poi avrei fatto un’esperienza importante in una città da sogno.

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Tornato a Padova, ho esaurito qualsiasi fonte potessi trovare su internet che mi aiutasse a trovare lavoro e casa a Londra. Penso di essermeli guardati tutti quei siti, li conosco tutti! Dovevo poi sapere come gestire anche la parte burocratica: a quale banca affidare i miei soldi, come pagare le tasse, come chiedere rimborsi, cose che non avevo mai fatto. Ma il pregio dell’Inghilterra è che si risolve tutto in quattro e quattr’otto.

Com’è stato viverci?

Completamente diverso. È una città molto frenetica, ma come per magia appena arrivati si è molto più rilassati che qua in Italia. Non si hanno problemi con i mezzi pubblici, non ci si deve dannare a studiare orari e percorsi perché è fornitissima; ogni cosa è al suo posto, dove dovrebbe stare, ogni minimo particolare è curato.

Londra è il cuore d’Europa: arriva tutto lì, parte tutto da lì. Vivendoci hai proprio l’impressione di essere in un posto al centro di tutto. Puoi anche non essere un business man o un agente di borsa, solo vivendoci per due mesi vedi centinaia di persone che un giorno si svegliano e fanno le tue stesse cose, persone che vengono da tutto il mondo. Per esempio, nel mio stesso posto lavorava una signora sulla cinquantina, di origine canadese. Questa signora, esattamente come me, aveva deciso di venire a Londra a lavorare 6 mesi, lasciando la famiglia a casa. Insomma, si incontra davvero gente che viene da ogni angolo del mondo, di tutte le età, di ogni estrazione sociale… è un crocevia di persone che vanno alla ricerca di loro stesse.

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Che lavoro facevi?

Il tester linguistico di videogiochi a Brighton. Avevo mandato il mio curriculum per e-mail, dopodiché mi avevano chiamato per un colloquio: mi avrebbero pagato il trasporto e dato che venivo da Londra mi avrebbero anche pagato una sterlina all’ora in più.

Mi hai scritto che ti sei sentito molto più inglese che italiano.. cosa intendevi?

E anche molto più che francese!

Quando sono in Italia vengo deluso da tutto, per esempio dalla maleducazione della gente, e quando sono in Francia non mi sento francese, anche perché ho vissuto 17 anni dei miei 20 in Italia, perdendo tutto quello che poteva riguardare la mia infanzia francese. Non ho i loro modi di dire, i loro riferimenti, spesso quando parlano non capisco le loro allusioni.

Avere due culture alle spalle non è una cosa da tutti, e di sicuro è una caratteristica preziosa..

È il risultato di essere stato trapiantato fin da piccolo in un altro Paese: è una ricchezza, ma certe volte è anche un problema. Hai due culture, e rimane sempre la sensazione di sentirsi straniero dovunque si vada. Gli italiani sono sempre molto attaccati alle loro radici e tradizioni, alla cucina della mamma, la casa della mamma, la cameretta a casa della mamma… non voglio generalizzare, c’è tanta gente che vorrebbe andarsene di casa ma non ha i mezzi necessari per farlo, però a livello culturale la tendenza è quella. Io invece sono tutto l’opposto: già a 16 anni pianificavo di andare a fare il liceo in Francia o in qualsiasi altro Paese.

Andrea Naccarato  francia

Non ti sembra strano che pur essendo per metà francese e per metà italiano, alla fine ti senti più un inglese, quando in Inghilterra hai vissuto solo per due mesi?

Il sentirmi inglese non è stata una cosa a posteriori, che ho sentito una volta tornato a casa. Appena sceso dall’aereo, mi sono guardato intorno e ho detto “è questa la mia casa”! Mi sono chiesto cos’ho fatto nella mia vita fino a quel momento!

Allora perché non sei andato a fare l’università in Inghilterra?

Per una questione puramente economica. Già nei due mesi trascorsi a Londra avevo iniziato ad informarmi, a parlare con la gente, e ho conosciuto un torinese di trent’anni che aveva appena dato una svolta alla sua vita trasferendosi a Londra. Mi ha raccontato la storia della sua vita, e quelle sono stata le due ore della mia vita, durante le quali mi sono arricchito di più in assoluto: sentire le esperienze di altre persone ti fa riflettere e ti dà una storia concreta sulla quale basarti. Questa persona mi ha detto che se avessi fatto medicina in Inghilterra poi avrei avuto la chiave per andare ovunque. L’unico problema era che la retta costava sulle tremila e duecento sterline. Tornato a casa ne ho discusso con i miei, e sembravano anche disposti a fare questo sacrificio, ma ad ottobre era arriva la notizia che Londra era in fiamme, le rette universitarie triplicate, tagli all’istruzione.. quindi ho dovuto lasciar perdere.

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In un prossimo futuro dunque ti vedi in Italia, in Francia o in Inghilterra?

In Inghilterra, per il momento. Spero di tornare là a lavorare. E per adesso, spero di poter fare uno scambio, perché quando si fanno cose di questo genere non si paga la retta universitaria del Paese in cui si va, ma del Paese da cui parti.

Andrea Naccarato  francia

Com’è stato tornare in Italia dopo la tua esperienza a Londra?

Mortale. Il brutto è stato tornare alla vita di tutti i giorni: avevo un altro anno di liceo che mi aspettava dopo due mesi in cui mi ero reso indipendente, abitavo da solo e facevo la mia vita. Ti viene la depressione, non sei più capace di fare progetti quando invece un’esperienza del genere dovrebbe servire al contrario: proprio perché hai scoperto chi sei e cosa puoi fare devi essere capace di pianificare la tua vita futura e non aver paura di farlo. Mandi giù l’ultimo anno di liceo come una pillola amara, ma la cosa straordinaria è che hai la motivazione per farlo. Ho passato un anno a vedere i miei compagni di classe che non sapevano cosa fare della loro vita una volta superata la maturità.. sempre a lamentarsi, con gli occhi incollati allo schermo di un computer, per poi accorgersi che là fuori non c’era nulla per loro.

Quindi la tua esperienza, vissuta in un momento così cruciale come l’estate prima della quinta superiore, ti ha aiutato a superare lo stress di una anno del genere perché eri consapevole di quello che c’è là fuori.

Esatto. E nonostante avessi deciso relativamente tardi che cosa fare all’università, ero consapevole che comunque andassero le cose avrei fatto la scelta giusta e avrei preso di nuovo in mano la mia vita come avevo già fatto. Sicuramente in modo diverso, non più come lavoratore bohémien che va allo sbaraglio in un Paese nuovo, ma come studente che investe fisicamente quello che serve per costruire i prossimi 10 anni della propria vita invece che due mesi. È una cosa completamente diversa, ma sono stato capace di farla.

Per scrivere ad Andrea:

nacca@me.com

A cura di Giulia Rinchetti