Cesare: la vita mi ha portato a Bali

A cura di Maricla Pannocchia

Cesare, cresciuto nella città di Terni, è abituato a spostarsi regolarmente sin da piccolo, per via del papà che era un militare. “Sin da quando ero ragazzo sapevo che, un giorno, mi sarei trasferito all’estero” racconta Cesare, “Solo che pensavo all’Australia, agli Stati Uniti o al Regno Unito. Non avrei mai immaginato che sarei venuto a vivere nel sud-est asiatico.”

Invece, dopo soggiorni in altre zone, come il sud della Cina, Cesare – che di professione si occupa di arredamento da esterno – è approdato a Bali. “Questo luogo è decisamente turistico, tuttavia, se si rimane più a lungo della solita vacanza e si è in grado di scavare in profondità, è facile vedere come possa offrire sia un’atmosfera alla Ibiza ma anche spiritualità e uno stile di vita diverso da quello occidentale” dice Cesare.

I locals sono sempre sorridenti e accoglienti, vivono con flemma e, secondo l’uomo, è importante “non forzarli ad avere i nostri ritmi. Del resto, siamo noi gli ospiti in casa loro.”

A chi sogna un trasferimento a Bali, Cesare suggerisce d’informarsi con un professionista e di abbandonare l’idea di andare lì e cercare un lavoretto sul posto perché molti mestieri sono prerogativa dei locals. “Molte persone, come me, decidono d’investire” racconta Cesare, “In ogni caso, è bene fare i conti con attenzione, specialmente se si hanno figli da mandare a scuola, poiché quelle pubbliche sono riservate agli indonesiani e quelle internazionali possono incidere anche di molto sul budget.”

Cesare Maurizi Bali

Ciao Cesare, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao a tutti, mi chiamo Cesare, sono cresciuto nel sud dell’Umbria, precisamente nella città di Terni, nota per le sue acciaierie e la cascata delle Marmore. Dico che sono cresciuto lì perché, in realtà, sono nato a Portogruaro (VE). Mio padre era un militare di professione e ci spostavamo ogni 7 anni. Mio fratello è nato a Vicenza (città natale di nostra madre), quindi, la nostra è sempre stata una vita di spostamenti. Anche mio padre non era di Terni e la sua famiglia migrò dalla limitrofa Magliano Sabina dopo la Seconda Guerra Mondiale per ripopolare la città di Terni, che era tutta da ricostruire. Pensate che ancora ricordo numerosi edifici distrutti dai bombardamenti, che ho visto negli anni ’80.

Quando e perché hai deciso di lasciare l’Italia?

Il desiderio di viaggiare e fare un’esperienza all’estero era un qualcosa di naturale fin da quando ero ragazzo, in particolare, volevo sfidare me stesso e dimostrare che potevo farcela, però, non puntavo sicuramente al sud-est asiatico. Le mete che avevo in mente erano principalmente l’Australia, gli Stati Uniti e il Regno Unito ma, come sappiamo, la vita è così e ci porta in luoghi diversi da quelli che potevamo aver pianificato di raggiungere. Ho lasciato l’Italia in maniera progressiva. Dal 2004, lavoro nel settore dell’arredamento per esterno, ricerca e sviluppo, e questo mi ha dato l’opportunità di approcciare l’Indonesia (Java-Jakarta) già 20 anni fa. In prima battuta non mi era piaciuta, un traffico allucinante, nessun punto di riferimento come centro storico, nessuna possibilità di fare due passi a piedi, centri commerciali mastodontici e fabbriche caotiche e sporche. Con il tempo, naturalmente, ho cambiato idea!

Vivi a Bali dal 2021, dove, precisamente?

Vivo a Seminyak, a 20 minuti dall’aeroporto, condizione necessaria per il mio lavoro. La scelta di stare a Bali affonda le radici nel decennio 2004-2014, quando viaggiavo 2 o 3 volte l’anno tra l’Italia e l’Indonesia per seguire lo sviluppo delle nuove collezioni per note aziende italiane. Nel 2014 ho visitato Bali con mia moglie (e ci sembrò molto “turistica”, come si usa dire, però indubbiamente affascinante) e, alla fine di quell’anno, con l’allora azienda italiana, decidemmo il mio trasferimento in Indonesia per seguire la produzione.

Decisi di stare a Surabaya per ragioni logistiche e lì rimasi sino alla fine del 2017. Durante quel periodo, abbiamo avuto l’opportunità di frequentare l’isola di Bali, che dista solo 40 minuti di volo da Surabaya, e, anche grazie ad alcuni amici italiani che già vivevano sull’isola, ce ne innamorammo, però, ancora una volta, la vita mi ha portato a fare altre scelte e, nel 2018, ho cambiato lavoro e sono stato 1 anno nel sud della Cina. Successivamente, ho vissuto più di 2 anni nelle Filippine, dove sono rimasto bloccato a causa del Covid. Nel 2021, anche in seguito a quelle esperienze, che mi avevano un po’ provato (soprattutto quella dell’essere rimasto bloccato nelle Filippine), decisi di mettermi in proprio e trasferirmi finalmente a Bali, dove le persone che avevano la residenza/il permesso di soggiorno potevano comunque entrare, a differenza delle Filippine e di altri Paesi.

Come mai hai scelto di trasferirti proprio lì?

Ho scelto di trasferirmi qui perché Bali è un “non posto”, mi spiego meglio: a un primo sguardo è molto turistica e caotica, in particolare nelle zone di Kuta, Seminyak e Canggu e anche a sud, in tutta la penisola di Uluwatu. Vivendoci e conoscendo l’anima dell’isola, questo rappresenta solo la superficie. In realtà, Bali è multi-strato, sta a te decidere di quale aspetto godere. C’è la Bali delle feste e dei locali che non chiudono mai, dunque una specie d’Ibiza, poi c’è la Bali dei templi e dei rituali, dei balinesi vestiti a festa, dei piccoli gesti e dell’incanto del tramonto. Ciò che poi mi ha fatto riflettere è stata anche la possibilità di avere uno stile di vita più sano, di trascorrere più tempo all’aria aperta, cosa impossibile da fare a Java e in altre città del sud-est asiatico, e il cibo salutare (c’è molta più scelta rispetto a Java, infatti, chi viene qua, nota subito che la gente, in generale, appare molto in forma). Ecco perché ho deciso di spostarmi qua, anche se poi il mio lavoro si svolge a Java, dove ci sono le fabbriche – Bali è volta principalmente all’artigianato – e viaggio settimanalmente tra qui e là.

Quando hai capito che quello era il posto giusto per te?

Penso di aver capito che Bali era il posto dove volevo vivere tra il 2015 e il 2016. Durante le mie visite nel week-end mi sono reso conto che Bali non era solo divertimenti e svago ma sentivo il pulsare di una spiritualità ben più forte. Certamente, la libertà di poter scegliere giorno per giorno se andare a un party oppure fermarsi a contemplare un tramonto non ha eguali. Il calore delle persone, i loro sorrisi, il fatto che sono felici anche senza avere nulla, cioè senza avere nulla di quello che pensiamo noi occidentali… loro sono ricchissimi, la natura è rigogliosa e, in fondo, non hanno bisogno di lavorare troppo per vivere.

Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti davanti alla tua scelta?

La frase che solitamente affiora è che mi considerano perennemente in vacanza, mentre non sanno quanto è faticoso vivere come straniero in una terra non tua. Diciamo che i genitori non lo hanno accettato e, molto probabilmente, non lo faranno mai. Mi tengo in contatto con gli amici ed è bello ritrovarsi ogni volta, comunque viaggio in Italia frequentemente, 2-3 volte l’anno, e riesco a tornare anche per questioni di lavoro.

Come ti sei organizzato prima della partenza?

Come dicevo, la cosa è avvenuta gradualmente e, con i frequenti viaggi che faccio, porto quello che serve oppure porto indietro altri oggetti che in Italia si trovano con più difficoltà e che, magari , sono più costosi, tipo i rimedi naturali (Kaju Putih, Balpirik ecc). In base all’esperienza accumulata in Indonesia è facile trovare serviced apartments e case già arredate. Per decidere, ho preso una stanza in una guest house, se ne trovano molte e al costo di circa 300 euro al mese, per darmi il tempo di girare e trovare quello che faceva al caso mio. I serviced apartment sono molto comodi, solitamente si trovano all’interno di strutture come alberghi quindi hanno tutti i servizi come palestra, piscina, ristoranti ecc. inclusi. Nel mio caso, cercavo una piccola villa con due camere e una piscina. Al contrario di quanto si pensa, il real estate si muove molto velocemente e sono riuscito a trovare quello che mi piaceva e che rientrava nel mio budget (circa 10.000 dollari all’anno).

Puoi parlarci meglio del tuo lavoro?

Mi occupo di arredamento, in particolare arredamento da esterno. Lavoro molto con i mobili in legno di teak, midollino vero o sintetico intrecciato (Rattan), mobili in alluminio, corda, mogano ecc. La mia azienda si occupa di mettere in contatto i buyers con le fabbriche e sviluppiamo conto terzi i progetti che c’inviano i buyers oppure gli architetti per farli realizzare qui. Noi seguiamo tutto il processo dal progetto, fino alla produzione di massa, passando per tutte le fasi dei test e dei prototipi oppure lavoriamo alle forniture per gli showrooms. La qualità di alcune fabbriche è molto alta e anche brands molto famosi lavorano in Indonesia.

Come valuteresti l’ambiente lavorativo balinese?

In Indonesia (e in generale al di fuori dell’Europa), l’unico modo per lavorare per uno straniero è di avere un permesso di lavoro sponsorizzato da un’azienda locale che deve avere determinati requisiti. Molte persone pensano di venire e lavorare facilmente qui ma il rischio è di essere deportati all’istante o di dover sborsare cifre altissime. Diciamo che gli stranieri che vengono qui hanno due strade: essere assunti come dipendenti, lavorando per aziende occidentali o locali che richiedono figure di managment oppure altamente specializzate di cui gli indonesiani sono sprovvisti (sono riservati alle persone locali anche i lavori di medico, istruttore in palestra, ecc). Molti, come me, optano per la seconda opzione e sono investors, ovvero aprono un’azienda e si occupano d’investire e gestire, con o senza soci indonesiani, in quest’ultimo caso i costi sono notevolmente più alti. Per quanto riguarda i rapporti di lavoro, sono tutti molto gentili e l’ambiente è molto rilassato, a Bali in particolare, la priorità è per gli aspetti che coinvolgono la società locale, con le varie cerimonie che si susseguono giornalmente. I locals non sentono ragioni e si assentano dal lavoro senza troppi indugi. Questo può rappresentare una difficoltà se non si entra in questa dimensione.

È facile, per un italiano, trovare lavoro lì?

Sulla base di quello che ho detto prima, per gli stranieri i modi per lavorare sono limitati, quindi direi che è impensabile partire e sperare di trovare un lavoretto sul posto. Le leggi sono molto rigide e convertire un visto turistico in uno lavorativo è illegale, si viene scoperti nel 99% dei casi e le pene sono severe, con deportazione immediata e un ban che può durare anche anni.

Pensi che gli stipendi siano in linea con il costo della vita?

Gli stipendi medi sono di circa 100/150 usd al mese per un cameriere oppure un manovale, un operaio prende dai 150usd ai 250 usd mensili, una persona che lavora in ufficio guadagna dai 250 usd fino a 500-600 usd a seconda delle mansioni. Chi svolge un lavoro molto specializzato e le figure con esperienza riescono ad arrivare a 700-800 usd al mese. Un direttore di una fabbrica prende al massimo 1.000-1.200 usd, uno straniero (detto in lingua Indonesiana “Bule”) non può vivere con meno di 1.300-1.500 usd al mese, per avere degli standard decenti.

Puoi dirci il prezzo di alcuni beni e servizi di uso comune?

La benzina è controllata dal governo, la Pertamina è un’azienda statale come molte altre aziende strategiche. La benzina per i motorini e le auto fino a 1.500cc è tenuta a un prezzo popolare di 10.000 idr (0,60€/L), come anche l’equivalente del gasolio, che è a 7.500 idr (0,45€). Altri tipi di benzina con più ottani, per automobili di grossa cilindrata, sono comunque abbordabili a circa 1€/L.

Il cibo al supermercato non è economico, anzi, diciamo che la frutta tropicale costa 1-2€ al chilo però il sapore è favoloso. Pesce e carne al supermercato costano di più, meglio andare nei mercatini locali e negoziare. Conviene spesso mangiare direttamente nei tanti ristorantini che fanno insalate oppure piatti unici a prezzi popolari, un’insalata gigante costa tra i 2-5€ oppure un caffè freddo 2€, una birra o un tè freddo sempre 2€. Esistono, ovviamente, anche le cosiddette trattorie locali (warung), in verità alcuni warung sono esattamente delle trattorie, i prezzi sono economici e si riesce a mangiare con 3-4 € però bisogna fare attenzione ai piatti scelti. In alcuni casi, si potrebbe incappare in qualche disturbo gastrointestinale.

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Come funziona, invece, per avviare un’attività a Bali?

Avviare un’attività qui è piuttosto semplice. Servono circa due settimane per sbrigare le pratiche per l’apertura dal notaio. Meglio affidarsi ad agenzie specializzate, che hanno già tutti i canali attivi e rendono le procedure molto facilitate. Il costo è di circa 2.500/3.000 usd, non è molto, diverse agenzie offrono anche il servizio di virtual office (necessario), in quanto non è possibile avere l’azienda nello stesso indirizzo dove si vive. Il virtual office costa in media dai 300 ai 600 usd l’anno… Il consulente delle tasse è la parte che costa di più, circa 2.000 usd l’anno, ma è necessario per far girare tutti i documenti in un Paese dove solo la lingua Indonesiana è legale, l’inglese potrebbe essere inserito ma non è riconosciuto legalmente. Come ho detto prima, le aziende a capitale 100% straniero necessitano di un investimento di 10 miliardi di rupie (600.000 €) mentre con quelle con socio locale non hanno bisogno di questa cifra.

Cosa bisogna avere, dal punto di vista burocratico, per vivere e lavorare lì?

Ci sono fondamentalmente due categorie. La prima riguarda visti non lavorativi. Ce ne sono molti disponibili, dal recente second home visa dove, con “soli” 330.000 usd (5 miliardi di rupie), si può venire ma non si può lavorare, poi ci sono i social visa, validi per una sola entrata, usati dalle persone che vogliono rimanere fino a 6 mesi per conoscere la culura ecc., poi ci sono i business visa (solitamente a entrata multipla di 6-12 mesi) dove un’azienda sponsor richiede a una specifica persona di venire in Indonesia per delle frequenti visite al fine d’intrattenere rapporti commerciali. Anche in questo caso non è possibile lavorare. Ci sono poi i permessi di soggiorno (Kitas) per lavoratori, con cui si può entrare e uscire liberamente, come il B312, dove un’azienda sponsorizza ma si rende anche responsabile delle azioni di quella persona. Significa che quella persona può svolgere il lavoro per cui è stata assunta (e non può, ad esempio, nemmeno fare piano bar come secondo lavoro, altrimenti, dovrebbe richiedere un secondo Kitas per questo). Il Kitas costa 1.200 usd l’anno a persona, questa è la ragione per cui è molto difficile essere assunti come dipendenti. C’è poi l’Investor Kitas, (B314), ma anche in questo caso non si può svolgere alcuna altra attività che non sia correlata all’azienda. Di tutti i permessi l’Investor è forse il migliore, costa 1.800 usd per 2 anni, quindi, si risparmia un poco rispetto al Kitas normale, e poi ha il vantaggio che si è svincolati da sponsor terzi. Per farvi un esempio di come si ragiona qua, un mio amico lo scorso anno si è licenziato da un ristorante ed è andato a lavorare per un altro non comunicando il cambio di sponsor. In 3 giorni è stato deportato…..

Come ti sei mosso per trovare un alloggio?

Ho guardato su Marketplace di Facebook e anche su un sito indonesiano. Questo sito è usato molto di più dai locals che dagli stranieri e penso che sia migliore come offerte, però devo dire che ho trovato interessanti molte proposte su Marketplace. Ci sono delle comunità come Canggu community villa e cheap rent villa Bali dove ci si può sbizzarrire. Come dicevo, il mio target era una villetta piccolina ma ci sono sia alloggi da 1 settimana a 1 mese oppure affitti a lungo termine chiamati leashold, anche fino a 20-30 anni. Il punto è che qui si paga tutto in anticipo, quindi, se si decide di stare un anno, si paga un anno, se si vuole stare 20 anni, si pagano in anticipo tutti e 20 gli anni (vale anche per gli affitti commerciali).

Quali sono i costi medi e le zone in cui è possibile vivere bene spendendo il giusto?

Le zone migliori dal punto di vista di una famiglia con bambini che si vuole trasferire sono sicuramente Sanur, Jimbaran e Pererenan-Seseh. Queste zone sono ben attrezzate e la vita scorre meno caotica, inoltre, i prezzi sono un 20% più bassi rispetto ad altre aree. Le zone come Seminyak, Berawa, Canggu e Bingin sono quelle battute da chi è in cerca di feste, con locali aperti fino al mattino e, di conseguenza, anche i prezzi sono più alti, perché le zone sono considerate più mondane. C’è da considerare che qui è tutto privato per gli stranieri, le voci che più “preoccupano” ovviamente sono la sanità (una buona assicurazione privata ha un costo di almeno 1000€ a persona all’anno) e, per chi ha figli, la scuola, con cifre che possono incidere notevolmente sul budget. Si parla di almeno 5/6.000€ annui per ogni figlio (sono scuole internazionali, le scuole pubbliche sono esclusivamente per gli indonesiani, non possono accedervi nemmeno i figli di coppie miste).

In questi due anni hai notato un aumento del costo della vita a Bali?

Indubbiamente sì, c’è un’esplosione edilizia senza precedenti. Sono arrivati molti investitori durante la fine del 2022 e l’inizio del 2023 e stanno letteralmente costruendo ovunque. Durante il Covid, i prezzi erano più bassi del normale per ovvie ragioni, oggi i prezzi vengono ritoccati al ritmo di ogni 6 mesi (ristoranti, abbigliamento, benzina, ecc.). L’Indonesia rimane comunque abbordabile, anche se, continuando di questo passo, non so cosa accadrà tra 2 o 3 anni.

Come sei stato accolto dalla gente del posto?

La gente del posto è la forza di questo Paese. I locals sono solari, felici, per certi versi in alcuni atteggiamenti vicini alla cultura Italiana. Il valore della famiglia è molto sviluppato, i bambini giocano ovunque, rivedo il nostro paese del 1980. Le persone sono sempre curiose di sapere da dove vieni e come mai hai scelto di vivere nel loro Paese e s’illuminano quando parlo indonesiano, li rende proprio felici!

Come descriveresti le loro vite quotidiane?

La loro vita ruota in maniera diversa rispetto a quelle di noi occidentali, prima vengono le cerimonie balinesi, queste sono il fulcro di tutta la loro vita, poi viene la famiglia e poi, quando hanno tempo, lavorano… In generale, la loro religione e la loro ritualità scandiscono da secoli le loro vite ed è una cosa che ammiro tantissimo, ne sono permeato. Gesti che in Italia non faccio qui sono naturali, come ad esempio infilarsi un fiore di frangipani tra i capelli, vestirsi Batik (stile tradizionale Indonesiano), fermarsi a guardare gli scoiattoli che mangiano le offerte dei templi, guardare uomini e donne balinesi vestiti a festa, aspettare 20 minuti che la cerimonia di quel Banjar (Quartiere Balinese) passi, nessuno si arrabbia, nessuno è in collera.

Com’è, invece, la tua giornata tipo?

Come dicevo, viaggio spesso tra Bali e Java. Quando sono a Bali, mi alzo la mattina, apro le finestre della casa, sento i versi dei vari uccelli, scoiattoli, l’abbaiare dei cani che passano vicino o sopra la casa, inizio a lavorare rispondendo alle e-mail, faccio colazione, dedico 1 ora al jogging oppure allo yoga, pranzo a casa o in uno dei tanti posti vicino a casa… a volte, mi trattengo a lavorare in uno dei tanti caffè che offrono anche una sorta di coworking space. Finisco di lavorare, alle 17 vado in spiaggia, mi rilasso, alle 18.30 guardo il tramonto, pausa caffè, rientro a casa per una doccia, ceno (molto spesso da qualche amico Italiano che ha il ristorante), magari finiamo con un bicchiere di vino o una birra in qualche pub… e si ricomincia.

Cosa si fa, lì, in ambito artistico, ricreativo e culturale?

La principale attività di Bali sono il surf, lo yoga e il vivere una vita che sia il più sana possibile. Questo posto t’invita all’attività fisica all’aria aperta. Culturalmente, non ho trovato molto da fare. Non ci sono mostre o cose del genere, esistono esibizioni di danza balinese ma principalmente a scopo turistico. Ci sono molte botteghe artigianali dov’è bello perdersi tra statue e manufatti. A volte, vado al cinema (i film sono trasmessi in lingua inglese con sottotitoli indonesiani).

Molte persone sostengono che Bali, ormai, sia diventata una meta da turismo di massa. Cosa ne pensi?

Bali è turistica dal 1970… le persone la frequentano da molti anni, c’è molto turismo, è vero, ma, come dico sempre, i balinesi hanno la capacità di fagocitare tutto e tutti, man mano che passi il tempo qui, sei sempre più assorbito dall’isola e, alla fine, tutto diventa Bali e Bali diventa tutto.

Quali sono, secondo te, gli errori più comunemente commessi dagli italiani che si trasferiscono lì?

L’errore comune è di pensare che si possa comprare tutto con i soldi o che, essendo occidentali, i locals siano inferiori. Alcune volte scherzo anche io che in certi casi sono un poco addormentati ma questo perché vivono con ritmi diversi dai nostri. L’errore, quindi, è di pretendere di forzarli seguendo i nostri ritmi, quando, invece noi siamo ospiti a casa loro. Per quanti soldi possiamo portare, siamo e rimarremo sempre ospiti.

C’è una community d’italiani a Bali? Se sì, ne fai parte?

La comunità italiana è bella e c’è molta solidarietà tra noi. L’atmosfera è positiva. Quando è il momento del bisogno siamo tutti molto uniti, questo è lo spirito che abbiamo perso in Italia e che rimane un po’ in tutte le comunità italiane all’estero.

Cosa ti ha insegnato, per ora, vivere lì?

Vivere qui mi ha insegnato che la vita non è solo lavoro, che usare il tempo per noi stessi è importante, curare le relazioni con gli altri, prendersi i propri spazi… Mi ha insegnato ad aprire la mente, a conoscere le persone sia locali sia provenienti da altri Paesi, a non giudicare ma cercare di capire. Non sempre quello che ci hanno insegnato è giusto o, almeno, possiamo anche abbracciare altri stili di viti e altre filosofie, lasciare quello che ci danneggia e inglobare quello che ci fa stare bene.

In che modo il Cesare che abita a Bali è diverso da quello che viveva in Italia?

Cesare che abita a Bali è molto più riflessivo, sa di essere un ospite e, benché alcuni aspetti, come la sporcizia e il vedere gli animali randagi soffrire, in qualche modo mi riportano alla realtà che la vita non è facile, che se mi faccio male devo andare in una clinica privata per forza, questo – sembrerà assurdo – mi rende meno nervoso, perché qui è chiaro che la vita e lo Stato non ti devono nulla, mentre in Italia ci aspettiamo sempre che lo Stato faccia qualcosa per noi e ci rimaniamo male se questo non avviene.

Senti mai la nostalgia del tuo Paese natale?

Viaggiando spesso, non sento tutta questa nostalgia, anzi, a volte mi scoccia dover tornare in Italia, affrontare problemi e situazioni stagnanti, soprattutto dal punto di vista familiare…

Che consigli daresti a chi vorrebbe trasferirsi lì?

Il consiglio migliore è di venire in perlustrazione, passare 3 settimane o 1 mese qui, a farsi un’idea per conto proprio della situazione. Suggerisco anche di appoggiarsi alla comunità Italiana qui, per farsi aiutare in un primo momento ed evitare alcuni errori.

E quali a chi, invece, vorrebbe andarci in vacanza?

Sovente capita che molti Italiani che vengono in vacanza chiedano informazioni sui gruppi Facebook, la comunità risponde spesso che è necessario avere almeno 2 o 3 settimane a disposizione, altrimenti, se questo non è possibile e si hanno disposizione solo 7-10 giorni, di concentrare la vacanza su massimo due spostamenti al fine di godere del luogo. Andare di corsa non serve a nulla.

Se potessi tornare indietro, faresti qualcosa diversamente?

Domanda interessante anche perché è ricorrente. Se cambiassi qualcosa del mio passato, forse non arriverei mai qui. Ho affrontato delle difficoltà che, in certi momenti, mi sembravano insuperabili, mi sono sentito smarrito, impaurito, a volte non riuscivo nemmeno a ricordare in che Paese o città fossi. È una brutta sensazione…. Ma, se non avessi vissuto tutto questo, non saprei assaporare oggi questo paradiso. Come si dice, “ad Astra per Aspera.”

Progetti futuri?

Tante idee, dal real estate ad altre attività collaterali, vedremo cosa andrà in porto. Per ora, mi godo l’Indonesia e, ogni tanto, faccio il turista in Italia😊

Per seguire e contattare Cesare:

E-mail idea4lux@gmail.com

Facebook e LinkedIn: Cesare Maurizi (Denpasar, Bali)