Inoltre la “Repubblica Democratica e Popolare d’Algeria”, nonostante gli oltre 130 anni di occupazione coloniale Francese, terminata nel 1962, stenta ad intraprendere la via della democrazia. Questo la rende affetta da una corruzione così diffusa da far apparire i politici nostrani dei dilettanti.  Ciò si riflette a cascata nell’inaffidabilità e disorganizzazione dei servizi, nonché in una società fortemente segnata dalle disuguaglianze. A ciò si aggiungono i gravi, seppur occasionali, episodi di terrorismo islamista di cui alle cronache. Tratti comuni a tanti altri Paesi in via di sviluppo, del Nord-Africa e non solo.

In sintesi, il Paese è un contesto in cui è difficile lavorare, inteso come raggiungere gli obiettivi. Infatti pochi vengono qui di loro iniziativa. In genere si è inviati come distaccati di una qualsiasi impresa straniera, per prendere parte ad uno dei tanti progetti internazionali, come me.

Eppure l’Algeria possiede una delle scenografie tra le più belle ed intense nelle quali un essere umano possa immergersi. L’Algeria è stata per me l’occasione per esplorare un territorio paesaggisticamente meraviglioso, sperimentare la vera ospitalità sahariana, ed avviare un processo di ricerca interiore che solo la pace e la vera solitudine del deserto potevano regalarmi.

Ed è per questo che voglio condividere l’esperienza, invitandovi a considerare questa meta, poco turistica anche per certi problemi di sicurezza che affliggono il Paese, come uno dei possibili luoghi per esplorare percorsi lontani dai classici circuiti, dove i visitatori sono accolti con sincero calore.

In viaggio

Compito dell’Agenzia di Viaggi algerina è chiedere ed ottenere il permesso dalle autorità locali di ognuna delle zone da visitare lungo l’itinerario prestabilito. La modalità attualmente più raccomandata per recarsi nel deserto del Sud, è lo spostamento aereo da Algeri alla zona di destinazione. Una volta giunti sul posto si entrerà in contatto con le guide locali, che forniranno il trasporto pattuito, in genere un buon fuoristrada, e l’eventuale cammello per chi vuole fare l’esperienza. I luoghi più conosciuti e turisticamente frequentati sono: il parco del Tassili e quello dell’Hoggar, a cui si giunge rispettivamente con volo su Djanet e su Tamanrasset, che in effetti distano circa 2000 km da Algeri (ovvero 2h30’ di volo Air Algérie) in quanto sono situate all’estremo sud del Paese. Sono luoghi incantevoli, costituiti da immense dune sabbiose intervallate da maestose montagne dai riflessi rossi, modellate dai venti.

Vi sono però luoghi interessanti anche più a nord, raggiungibili in auto, senza cioè dover scendere a sud verso i confini del Mali, del Niger e della Libia. Una volta superata la costa mediterranea infatti, in Algeria si attraversa una prima catena montuosa che taglia orizzontalmente il Paese. Oltre queste montagne si trovano i cosiddetti “altopiani” detti Hauts Plateaux, anch’essi distribuiti in orizzontale, le cui città principali, da ovest a est, sono: Saida, Tiaret, M’sila, Batna (Tiaret fa quota 1000 mt circa s.l.m.).

viaggio in algeria

Scorcio dell’Altopiano prima di Tiaret: alto e piuttosto pianeggiante – Foto Autore

Proseguendo oltre, verso sud, si entra in una zona “pre-desertica” molto interessante, fatta da una vastissima zona pianeggiante, povera di vegetazione, secca, nella quale si stagliano isolate delle zone montuose, dalle quali nascono dei canali torrentizi (Oueds), che raramente si riempiono, ma quando lo fanno, è con una violenza estrema. Sono aree spesso ventilate, polverose e poco abitate. Oltre l’Altopiano infatti sia le strade, che il numero dei centri abitati, si riducono molto, ed il paesaggio è interrotto solo da pochi e piccoli villaggi nati per offrire cibo, ristoro e carburante.

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Zona pre-desertica, circa 70 km a sud di Tiaret – Foto Autore

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L’enorme alveo dell’Oued M’zab a Laghouat (che in qualche punto tocca i 900m di larghezza)– Foto Autore

Si giunge così alle cosiddette “Porte del Deserto” (Mecheria, Laghouat, Biskra) delle città oltre le quali si entra nell’area desertica vera e propria. Il deserto al quale accede è un deserto montagnoso, costituito prevalentemente da terreno arido per la scarsità di piogge, ma non sabbioso. Le montagne non sono particolarmente alte, ma stagliandosi isolate nel paesaggio brullo, fanno una certa impressione. I villaggi divengono sempre più rari: qua e là si possono incontrare delle oasi, degli oueds e dei palmeti, alcuni dei quali hanno dato luogo nei secoli a delle città vere e proprie: è il caso di Ain Sefra, Ghardaia, El Oued.

ALGERIA

Scorcio dell’antica città di Ghardaia (5 villaggi anticamente indipendenti) – Foto Autore

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Ghardaia: ospitalità Mozabita – Foto Autore

Oltre questa fascia si entra nel deserto di sabbia e si incontrano le meravigliose dune sabbiose, di differenti tonalità di colore (dal giallo al rosso). Le oasi divengono più rare sul territorio, e quindi esse stesse punto di agglomerazione urbana. Le dune, come sappiamo, sono masse enormi di sabbia finissima ottenuta per erosione del vento, mosse dal vento stesso in determinate direzioni. Le oasi, ricordiamo, sono delle zone in cui la falda acquifera è superficiale, pertanto vi è una costante circolazione d’acqua tra terreno profondo e superficiale che favorisce la vegetazione.

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In quest’area la presenza delle oasi è legata anche ad un’altra caratteristica. La direzione con cui i forti venti, che diverse volte all’anno soffiano nelle zone sabbiose, venti normalmente capaci di spostare le stesse immense dune, è tale da non seppellire l’oasi e le strade di accesso, con il passaggio delle dune.

deserto algeria

Vento del deserto che colpisce e modella le prime dune di El Golea – Foto Autore

L’oasi non è solo “palme da datteri” come tanti credono. Il valore meno conosciuto consiste nella loro sfruttabilità per la coltivazione di una vasta gamma di frutta e verdura. Le prime due oasi che si incontrano, nell’immensa area delle dune dell’Erg Occidentale sono:

– Taghit, dal lato est, più a sud di Bechar, a 800 km da Orano;

– El Golea, dal lato ovest, più a sud di Ghardaia, a 900 km da Algeri (con la transahariana).

Entrambe le località hanno una loro bellezza selvaggia.

Taghit appare all’improvviso, come dal nulla, con i palmeti e le sue alte dune dorate sullo sfondo, l’antica cittadella fortificata (Ksar) in alto, costituita da casette costruite con l’antico metodo dei mattoni di paglia e argilla. L’oasi è davvero piccola, con pochi locali dove rifocillarsi e dormire, ma merita il viaggio. E’ nota perché un negoziante del posto affitta l’attrezzatura per la discesa dalle dune con gli ski.

El Golea (anticamente, e talora ancora chiamata El Menea), compare invece in basso, sotto la grande rupe su cui passa la strada nazionale, con il suo immenso palmeto stretto dalle dune di sabbia, la piccola Ksar isolata da una parte, un piccolo aeroporto a sud, ed a est i residui di un antico lago salato che sopravvive nei millenni, e che ancora fa da base a certi uccelli migratori. Una “zona umida” ricca di flora e fauna in pieno deserto. Oasi famosa anche perché l’acqua che risale la falda freatica viene imbottigliata e venduta.

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Vista dell’Oasi di Taghit – Foto Autore

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Le prime dune oltre Taghit: qui inizia l’Erg Occidentale – Foto Autore

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Scorcio di El Golea: le ultime costruzioni, il palmeto e poi le dune sconfinate – Foto Autore

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Il lago salato di El Golea, con il suo complesso ecosistema, ai margini delle dune del deserto – Foto Autore

Da entrambe le oasi si possono iniziare dei percorsi di esplorazione del deserto, grazie alle antiche piste che solo le guide locali conoscono veramente bene. Il giro permetterà di viaggiare tra le dune in piena sicurezza, e di bivaccare con le tende, sia la notte che a mezzogiorno, quando ovviamente è sconsigliato andarsene in giro sotto il sole. L’abilità delle guide è anche quella di organizzare il trasporto e l’installazione delle tende, dell’indispensabile per cucinare, delle vettovaglie non deperibili, dei ricambi e del carburante.

Conclusioni

Il deserto ci obbliga ad entrare in una nuova dimensione, dove i telefonini tacciono, internet non esiste, e tante cose d’improvviso non disponibili si scoprono superflue. L’esperienza del bivacco notturno tra le dune, seduti intorno al fuoco, risveglia in noi delle sensazioni ancestrali che il corpo aveva dimenticato, ma che toccano le corde dello spirito. La notte nel deserto, sotto l’immenso cielo stellato, finalmente visibile nel vero buio assoluto, è un’esperienza magica che difficilmente le parole possono rendere. Di fronte a tanta vastità l’essere umano avverte la propria piccolezza.

Il discorsi diventano più sereni, pacati, profondi, sinceri. I cuori si aprono a confidenze trattenute da anni, i viaggiatori scoprono una solidarietà tra loro prima sconosciuta. Tutto ciò ci spinge a guardarci dentro, ad ascoltare il silenzio, e le risposte emergono inaspettate.

oasi algerine

Anche l’opportunità di dormire in una della casette in fango delle ksar, come ho personalmente fatto a Taghit, può essere un’esperienza emozionante. Scomoda, perché tutto quello che si fa nel deserto porta ad una certa scomodità, dovuta alla scarsezza d’acqua, di igiene, di privacy, etc..

Mi pare quasi superfluo segnalare che questo genere di esperienze chiedono una significativa capacità d’adattamento. Certi disagi devono essere messi in conto e trascurati in nome del desiderio di sperimentare per alcuni giorni una “vita differente”, conoscere il nostro pianeta, ed “assorbire energia positiva” per rientrare poi nella vita che, nel bene o nel male, ci siamo costruiti. Altra esperienza interessante è cercare di capire la lentezza con cui le guide locali fanno le cose: qui l’uomo ha davvero appreso a non sprecare le forze per difendersi dall’ambiente (caldo, vento, etc.). Quanto abbiamo da imparare dalla lentezza che permette di assaporare il thè alla menta e il pane impastato e cotto sotto i nostri occhi?

Francesco Faustini

http://oltre-i-confini.blogspot.com