“Siamo stati a casa di una ragazza tedesca che ci aveva subaffittato la casa per un mese. I miei amici sono ripartiti, io sono rimasta”.

Laura Barbati, napoletana dal bel volto solare, aveva 28 anni e una grande voglia di vivere all’estero. Laureata in Lingue aveva di fronte due possibilità: o l’Inghilterra o la Germania. “Sapevo meglio l’inglese del tedesco e ho pensato che la Germania sarebbe stata la scelta migliore per perfezionarlo”.

italiani a berlino

Un anno prima era già stata Monaco, in Baviera, con l’università, fermandosi due mesi per imparare la lingua a scuola e lavorando come fanno gli studenti, tra camerieri di hotel e bar.

Cosa ti spingeva lontano da Napoli, non al Nord ma addirittura al Nord Europa?

“Era un sogno che avevo fin da piccola quello di conoscere altri paesi e le scelte tra inglese e tedesco erano un po’ obbligate.”.

Ma tutto è cominciato dal teatro…

“Sì, fortuna ha voluto che nei due mesi che sono rimasta a Berlino per la prima volta ho potuto lavorare in un teatro di grande prestigio, facevo l’interprete e la traduttrice per una messinscena di Lina Wertmuller. Era stato molto motivante, immagina i contatti che avevo. Mi avevano offerto anche un lavoro nella produzione e ovviamente i due mesi che mi ero prefissata di restarci, sono raddoppiati”.Berlino, prima della caduta del muro, era accessibile solo nella parte Ovest.

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“E io appunto vivevo lì. Quella parte di città era in ebollizione dal punto di vista culturale e artistico perché dove essere il simbolo dell’Occidente e quindi c’erano soldi, sovvenzioni per i progetti. Insomma, si stava benissimo. Sono venuta in contatto col teatro solo per caso, ma allora era facile. La città dell’88 era la metà di quella di oggi e c’era grande richiesta e fermento. Erano gli anni del “cielo sopra Berlino” e anche dei “ragazzi dello zoo di Berlino”…….“Era un’isola dorata. Gli alleati occidentali, Americani, inglesi e francesi, ci tenevano molto a che resistesse al mondo comunista e perciò la curavano molto”

Che atmosfera ricordi?

“Si sentiva quella del dopoguerra ovviamente. C’erano le forze alleate e la guerra fredda coi miliari al check point. Io vivevo nel quartiere di Kreuzberg (oggi il quartiere turco più amato da hippy e artisti, ndr) a Ovest, come tutti i ragazzi come me, in edifici del ‘900 che andavano con le stufe a carbone. Per la strada ricordo la puzza del carbone…. . Sembrava di stare in un’altra epoca! Tutti compravano il carbone e lo mettevano in cantina, aveva un fascino indescrivibile”.

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Tu però venivi da una città piena di sole e di mare…

“Non ricordo di aver sofferto per il cambiamento climatico. Era così bello stare lì!. Era un clima del Nord che si mescolava alle cose belle che facevo, alle attività culturali, agli amici che avevo. Certo mi ricordo gli inverni rigidi, persino venti gradi sottozero a febbraio, però tutto faceva parte di una nuova realtà. Di una città del Nord che avevo scelto. Oggi sì, del clima e del freddo ne soffro di più, lo noto di più, oggi. L’inverno è lungo qui… Allora ero presa da entusiasmi e non me ne accorgevo”.

Allora, raccontaci della caduta del muro

Era il 9 novembre del 1989. Prima c’erano stati grandi manifestazioni. In quel momento io lavoravo nell’archivio di architettura degli anni ‘80, proprio al confine tra l’Ovest e l’Est, in una strada divisa in due dal muro. Era una strada di grande fermento culturale ma lì finiva Berlino Ovest e cosa ci fosse dall’altra parte non si sapeva, nemmeno si poteva immaginare. Certo ci ero stata un paio di volte a vedere nelle gite di un giorno ma non rendeva l’idea, capisci? Insomma, in questa strada tranquillissima che era quasi un vicolo cieco perché alla fine c’era il muro, due giorni dopo il primo varco ne venne aperto un secondo proprio lì e con i colleghi andammo a festeggiare portandoci delle birre. Per me lì finiva la città e invece in cinque minuti di camminata siamo arrivati alla stazione principale di Berlino Est!.”

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Una specie di viaggio di Alice nel paese delle meraviglie…

“Sì, incredibile. Guarda, era una zona centralissima e vivace dell’Est e io non avevo mai sentito neppure un rumore provenire dall’altra parte e di colpo mi accorgo che ero a soli 5 minuti di distanza”.

Quindi di quell’Altra Berlino non si sapeva niente

“Assolutamente no. L’Ovest era già pieno di storia, di frammenti di storia, di vuoti architettonici, passarci non signficava capire qualcosa dell’Est. Finchè non è caduto tutto il muro ed è stata una rivelazione”.

Così è cominciato il tuo secondo viaggio in un certo senso…

“All’Ovest sono rimasta per altri dieci anni, fino al ’98. Abitavo con un’amica, avevo il lavoro lì e ci stavo bene. Poi mi sono trasferita dove abito tutt’ora, a Berlino Mitte, all’Est. Davanti a casa mia passano i tram e ogni volta che ne prendo uno mi sembra di fare una passeggiata romantica tra i palazzi del centro. Mi sento una turista a Berlino…è una sensazione speciale, da privilegiati”..

E ci abiti da oltre vent’anni. Cos’è successo dopo?

“Non ero mai rimasta senza lavoro prima, ma il problema è peggiorato con gli anni. Negli anni ’90 potevi fare qualunque cosa, anche se sempre da precario comunque un lavoro lo trovavi senza problemi. Era molto diffuso lavorare come free lance, più che in Italia. e avevi sempre la sicurezza di trovare qualcosa da fare e guadagnarti da vivere”.

E tu cosa facevi dopo l’esperienza del teatro?

“Ho cominciato ad insegnare italiano e lavorare in una televisione, non avevo un lavoro sicuro però ne avevo due. Dal 2004, dopo 13 anni, non lavoro più per la Tv e insegno all’Università, in un corso di lingue per tedeschi ma come contrattista, cioè è un lavoro precario”.

italiani a berlino

L’italiano non è richiesto?

“Sono più richiesti l’inglese e lo spagnolo. Non ci sono posti fissi all’Università, vige la politica del precariato, cioè contratti semestrali rinnovabili. Tutti gli anni ’90 sono andati bene., Sono stati anni, per Berlino, di ricostruzione ma anche di incertezze. La crisi vera è cominciata nel ‘2000”.

Ma non tutta la Germania ha patito la crisi, vero?

“No. Berlino in particolare ne ha risentito molto e anche adesso, malgrado la ripresa della Germania anche dopo vent’anni dall’unificazione Berlino non ha fatto il salto econonomico. L’ha fatto dal punto di vista culturale e turistico ma qui tutti hanno il problema di trovare un lavoro stabile e gli italiani peggio degli altri perché la richiesta per gli stranieri è più limitata”.

Quindi oggi un italiano perché dovrebbe trasferirsi lì?

“Molti sono affascinati dalla città, le grandi strade, i bar rilassanti, lo standard di vita più alto rispetto all’Italia, il grande movimento culturale che c’è. Però chi viene qui non fa più quello che faceva prima in Italia. Ora ci si viene per la musica, il design e l’arte. Alcune cose sono a buon prezzo (come il cibo e le case) altre no, sono più care che da noi. Metti i trasporti pubblici…sono un salasso. Anche se va detto che funzionano benissimo e molta gente usa la bicicletta e non ha un vero bisogno dell’auto, quindi alla fine è un bel risparmio”.

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Cosa si potrebbe fare lì?

“Se hai progetti li puoi realizzare più che nel tuo paese ma devi essere pronto a cambiarli. Nessuno è a lungo termine. Qui tutto cambia, tutto finisce, tutti hanno bisogno di cose nuove. E’ come recitare la tua parte sul palcoscenico, poi ringrazi, fai l’inchino e te ne vai. Qui c’è un grosso ricambio di persone”.

I tedeschi sono educati, la città è giovane…

“Sì è piena di giovani. Ha aree proletarie, borghesi, ricche o bohemienne. Un tempo era la città degli squatter, ora degli artisti di ogni tipo, anche punk. Oggi ci sono quartieri dove c’è grande movimento di giovani, a volte artificialmente giovani”.

Italiani che vivono a Berlino italiani a berlino

In che senso?

“Nel senso che molte persone sono irritate da tanta vivacità e si chiedono dov’è la vita normale, dove sono i vecchi.. io vivo in un quartiere così e ci sto bene”.

Perché continui a vivere lì nonostante la crisi e i pochi sbocchi che hai?

“Perché l’ho scelta. Ho scelto la città, ho scelto la zona e continuo a scegliere di starci. Torno a Napoli e sono contenta, ma sono anche contenta di tornare qui, anche se ora fatico un po’ di più a riambientarmi ogni volta che la lascio anche solo per brevi periodi”.

Laura, tu balli anche il tango argentino da moltissimi anni, vero?

“Eggià. Berlino è chiamata la piccola Buenos Aires d’Europa da tanto si balla tango argentino. Ci sono sale storiche e il ballo di coppia è una grande tradizione in Germania. La città è enorme e offre spazi per tutti i gusti, incredibilmente belli. Le vecchie fabbriche sono state ristrutturate e si può ballare ancora oggi nei teatri che sono stati del comunismo.. c’è ancora il quadro di Lenin appeso alle pareti!”

La consiglieresti a un italiano che vuole lasciare il nostro paese?

“Sì, eccome. Può dare molto se anche tu vieni qui con delle idee. Se hai progetti e sei convinto della loro originalità qui li puoi realizzare. Anche soltanto aprire un negozio… qui le idee sono le benvenute. Ma come dicevo devi essere flessibile, rinnovarti. A Berlino non ti puoi fermare mai, la città corre in avanti.”

Per scrivere a Laura:

l.barbati@t-online.de

A cura di Bruna Bianchi