Scelta di vita per chi svolge un lavoro che non richiede la presenza fisica in un luogo specifico ma, soprattutto, per chi possiede un’impostazione mentale ben precisa: il movimento continuo. Bagagli sempre pronti, luoghi e visi che cambiano in continuazione, un continuo viaggiare nel mondo e, forse, anche in sé stessi. Sicuramente non facile e sicuramente non alla portata di tutti. I punti di riferimento, fisici e affettivi, mutano costantemente e le piccole abitudini di cui è fatta l’esistenza della maggior parte di noi lasciano il posto a riti di altro tipo. Scelta affascinante di primo acchito ma molto meno semplice di quanto si pensi. La libertà che si acquista non è senza prezzo. Ne parliamo con Luca Panzarella, giovane imprenditore del web diviso tra Londra, Stati Uniti e Australia.

Luca Panzanella, location indipendent senza fissa dimora

Ciao Luca, vuoi raccontare ai lettori di Voglio vivere così cosa significa vivere da location independent?

Significa non porsi limiti geografici in tutto quello che fai. Significa essere in un posto in un preciso momento perché lo hai voluto; se non c’è una volontà allora non ha senso rimanere. Significa viaggiare molto, non da turista, ma come uno che prende in prestito le qualità del luogo in cui si trova per farne qualcosa.

Quando e come hai capito che questo era il modo in cui volevi vivere?

Non avevo la più pallida idea che la mia condizione lavorativa avesse un nome. Non stavo cercando di diventare un location independent. Avevo un obiettivo molto più semplice (o più complesso, dipende dai punti di vista): lavorare solo su ciò che veramente mi piace, come voglio io, quando voglio io. Il location independent è venuto da sé, ma non è mai stato il punto di arrivo.

Una scelta che va al di là dell’espatriare: cambiare casa e abitudini per crearsene altre in un nuovo paese. Per te invece è un movimento continuo; quali sono i tuoi punti di riferimento?

Se tutto attorno a te cambia non ti rimane che fare affidamento su te stesso. Riesci ad ascoltarti e a capirti di più e reagisci di conseguenza. Ad un secondo livello ci sono alcuni momenti importanti che diventano un punto di riferimento: per me sono le passeggiate in strada con l’iPod o gli incontri con gli altri viaggiatori ad eventi di couchsurfing.

Individuare alcuni di questi momenti ti serve per riuscire a sistematizzare una vita altrimenti imprevedibile.

Location indipendent e rapporti affettivi: come convivono?

C’è una regola strana che rende bellissime le relazioni sociali nell’ultima settimana prima di partire. Forse sei più aperto tu che sai di lasciare qualcosa o gli altri che si sentono lasciati soli. E alla fine vai via sempre con qualcosa che ti segna e ti porti con te in aereo. Amici, amori e parenti: è tutto incredibilmente lontano e vicino insieme, frammentato, liquido, virtuale. Le emozioni diventano subito ricordo, poi emozione di un emozione, poi sovrapposte a un’altra emoziona nuova. È un po’ triste e un po’ poetico, magico. Ma tolta la poesia il mio verdetto è uno solo: no, non convivono per niente bene.

Cosa significa per te casa o, in generale, un posto in cui tornare?

Casa mia è tutto ciò che mi ricorda il passato e a cui collego delle emozioni forti. Siccome non mi capita spesso di passare il tempo in uno dei posti in cui ho vissuto per tanti anni, la cosa più vicina in assoluto alla sensazione di trovarsi a casa è passare una serata con amici che non vedi da tempo. Loro ti conoscono, tu conosci loro. Non dovermi presentare, raccontare chi sono, cosa faccio. Questo è un lusso. Che chiamo “casa”.

La lingua inglese sembra più dinamica da questo punto di vista: gli anglosassoni chiedono: “Where do you come from.” noi chiediamo “Di dove sei?” Questo concetto è poco italiano: hai avuto difficoltà a far accettare la tua scelta di vita?

La situazione più comune a Londra è incontrare qualcuno che non è nato lì. E a seconda di chi e come te lo chiede può aver senso rispondere l’ultima città da cui arrivi, quella in cui passato più anni o quella dove sei nato. In Italia non ci sono tutte queste sfumature, così ogni volta che me lo chiedono non so mai come iniziare. A volte qualcuno mi chiede: “Ma se lavori da casa perché non torni nella città in cui sei nato?” o “Perché hai deciso di lasciare il tuo paese?”. Io non ho mai scelto di lasciare il mio paese. È il concetto di paese che è diventato grande quanto il mondo.

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Luca Panzanella, vivere da nomade digitale senza fissa dimora

Ovunque e in nessun luogo: cosa ti piace di più di questo modo di vivere e cosa meno?

Andare in un nuovo posto dove non conosci nessuno è come rivivere una seconda vita. Abbandoni in un attimo tutto ciò che di te non ti piace e sei aperto a nuovi stimoli che aiuteranno a far venir fuori nuovi aspetti che non conoscevi nemmeno. Questa sensazione è impagabile. La cosa che mi piace meno sono le partenze e gli arrivi. Non sopporto dover far combaciare voli, cercare abitazioni, fare la valigia. Sono un pessimo organizzatore. Mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere fino ad oggi.

A livello pratico, che implicazioni economiche ha una scelta di questo tipo?

Se sei un viaggiatore esperto spendi quello che vuoi spendere. Se vai a Londra spenderai da londinese. Se vai nelle filippine da filippino. Se ti trasferisci cominciando a prendere taxi perché ti scoccia capire come funzionano i mezzi pubblici, se cerchi il caffè a colazione e mangi pasta in un ristorante italiano ogni giorno non ho dubbi: spenderai tantissimo e sarai convinto che “viaggiare costa”. Fare il turista costa. Viaggiare è un’altra cosa.

Credi che questo tipo di vita e lavoro sia legato ad una giovane età anagrafica?

Ad istinto risponderei di sì. Ma ho 28 anni e per la maggior parte delle persone che ho incontrato io sarei già vecchio per fare questa vita. C’è un momento nella vita in cui ti chiedi com’è il mondo là fuori. Ma più hai lottato per costruire qualcosa di importante, più ti sarà difficile prendere la decisione di mollare e andare via. Non è un caso che ci abbia messo più di vent’anni prima di trasferirmi dalla prima città in cui vivevo mentre adesso saltello da un posto all’altro ogni tre mesi. Questo modo di viaggiare ti stanca molto, per questo è meglio farlo quando hai ancora una buona resistenza fisica e psicologica.

Qual è il tuo lavoro e in cosa credi che l’essere location indipendent rappresenti una marcia in più per la tua attività?

Sono un imprenditore nel mondo del web. Sono co-founder di un’agenzia di sviluppo web (www.figmenta.net) e una di applicazioni mobile (www.mobilezr.com). Il vantaggio di essere location independent è dato dal fatto che tutte le persone che lavorano con noi vivono dove vogliono. Non ci sono uffici né orari di lavoro. Avendo un network così destrutturato sei elastico, veloce e sfrutti le potenzialità di vivere in diverse città contemporaneamente. Lavori virtualmente 24 ore su 24 e ogni tanto finisci a lavorare in posti esotici.

Ti capita, a volte, di pensare di farti una famiglia e fermarti?

Certo. E viaggiare è propedeutico a questo.Viaggiando ti metti a confronto con molte situazioni in cui normalmente non ti troveresti. Sperimenti quindi cosa ti piace e non ti piace. E conoscendo molto meglio te stesso sai anche il tipo di famiglia che vuoi attorno.

Essere spesso in movimento fisicamente vuol dire esserlo anche mentalmente: ci sono momenti di difficoltà rispetto a questo aspetto?

Ti faccio un esempio. Primo mese, nuova città. Torni a casa. Sai esattamente dove sei, perché hai deciso di andare lì, come lo hai fatto, a cosa hai rinunciato, cosa vuoi ottenere.

Chiudi la porta, fuori è buio. Sei stanco. Vorresti chiacchierare con un buon amico, rilassarti di fronte a un bicchiere di vino. Poggi la testa al muro e te lo dici. Puntualmente te lo dici. “Adesso torno”. Che non si sa bene dove. Il concetto di tornare affascina, è rassicurante. Tornando in un luogo del passato pensi di trovare anche lo stesso stato d’animo collegato a quel posto. Non so se ad altri è capitato. A me mai. Non sono mai riuscito a tornare indietro. Neanche con un biglietto aereo.

Questo il suo blog:

www.lucapanzarella.it/blog/

A cura di Geraldine Meyer