Vivere in Cina

Lo ricordo come fosse ieri, quel giorno di neve improvvisa. Ero appena ritornata dall’università, assonnata da una notte trascorsa a ripassare la grammatica cinese. Quello era il giorno del fatidico test di ammissione alle borse di studio per la Cina.

La neve aveva ormai ricoperto la mia auto all’interno del parcheggio. Come ne sarei uscita? Il telefono squillò e soprendetemente mi vennero annunciati, dopo solo poche ore dal test, i risultati: “Sabrina, sei stata ammessa al semestre di studi a Shenzhen del prossimo anno”. Dall’entusiasmo, lanciai in aria l’ombrello, incurante della neve.

Sei anni fa, al mio secondo anno di università, partivo per il mio primo vero viaggio di studi lontano da casa: lungo cinque mesi, si preannunciava ben diverso dai campi estivi all’estero che avevo frequentato durante il liceo. Quello era il mio primo reale assaggio di indipendenza.

Italiani in Cina - Silvia

Avevo iniziato lo studio del cinese data la mia ormai attestata passione per le lingue straniere, nonché per la curiosità che mi suscitava (dicevo anche di avere scelto questa lingua dato il ruolo economico che ormai la Cina aveva acquisito, dunque per le possibilità lavorative, ma la verità è che tutte le scelte che ho fatto sono sempre state determinate da una passione più che da un interesse economico). La Cina la conoscevo attraverso i lunghi romanzi letti all’università e gli stereotipi legati al cibo e al basso prezzo dei suoi prodotti.

Shenzhen è stato il mio primo porto di approdo di questo Paese immenso. Questa giovanissima città, in passato villaggio di pescatori, è sorta negli anni Ottanta e cresciuta in tempi rapidissimi, al confine con Hong Kong, in una zona tropicale e verdeggiante.

Shenzhen è allo stesso tempo la parte meno autentica, eppure anche la più rappresentativa, della Cina. A Shenzhen nulla è storico, ma i cinesi che ospita provengono da ogni angolo del Paese, perciò mi piace definirla una Microcina. Le tradizioni della fetta più grande della popolazione, quella cantonese, sono peraltro perfettamente mantenute (popolo di superstiziosi, i cantonesi! Leggi qui).

L’impatto iniziale non è stato certo facile: una città enorme, un dormitorio studentesco non particolarmente in linea con i nostri standard italiani (ci aspettavamo forse un hotel?), cibo neanche lontanamente simile al nostro, una lingua ancora in parte sconosciuta e… le bacchette! Si mangiava poco i primi giorni, a causa di questa apparentemente irreversibile disabilità con le bacchette.

Fortunatamente, non ero sola. Con me avevo nove compagni di avventura della mia stessa università. In breve, il dormitorio divenne la nostra famiglia. Non avrei mai immaginato che per me, ragazza estremamente timida ed introversa proveniente da un piccolo paesino di campagna, la fase di adattamento potesse risultare tanto facile.

Sabrina Cina

Se i primi giorni la mia domanda costante era “Cosa ci faccio qui? Perché sono partita?” al terzo giorno la festicciola organizzata in dormitorio in onore di noi nuovi arrivati diede inizio ad un’esperienza indimenticabile. Ricordo soprattutto i miei primi amici cinesi con i quali non potevo che esprimermi a monosillabi durante le prime settimane: la cara Margherita (ebbene sì, aveva scelto un nome italiano perché stava studiando la nostra lingua) e il dolcissimo Kilwem (ormai stilista in quel di Canton). Loro sono stati maestri e testimoni dei miei progressi con questa complicata lingua che è il mandarino.

Shenzhen è stato l’inizio di un percorso, dapprima di spensierata vita studentesca, in seguito di primi passi verso il mondo del lavoro. Sebbene ora mi ritrovi a Shanghai, dove mi sono trasferita in occasione della Laurea Specialistica, Shenzhen rimane la mia vera seconda casa: molto più rilassata, serena e soleggiata di questo grande centro economico che è Shanghai.

Tuttavia, Shanghai rimane la città ideale per gli espatriati: comfort di ogni genere (prodotti, marche e ristoranti internazionali ovunque), un mare di possibilità lavorative, trasporti comodissimi (un servizio di metropolitana con ben 14 linee al momento!), angoli che ricordano la nostra Europa (Concessione francese), vedute mozzafiato sul Bund, un mix di tradizione e modernità (leggi qui). Soprattutto, una quantità minore di sguardi stupiti da parte dei cari cinesi: uno straniero non è considerato così raro in quel di Shanghai.

Mi si chiede ancora oggi, a distanza di anni: Perché sei in Cina? Sono in Cina perché le mie scelte di studio mi hanno portata qui, sono in Cina perché ho seguito un flusso di eventi. Ti piace la Cina? Sì, rifarei questo percorso migliaia di volte. Avrebbe potuto iniziare ovunque questo percorso, ma così come l’ho svolto qui mi ha resa la persona che sono: adattabile ad ogni situazione (in Cina l’assurdità è d’obbligo e non rimane che accettarla), più sicura, più curiosa, più esperta della vita.

O forse non è stato un semplice corso di eventi, forse non è stata una scelta dettata dalla curiosità, forse era inevitabile che il mio quieto mondo interiore incrociasse la caotica, ma allo stesso tempo armoniosa, Cina (un “caos organizzato” – come lo definisco io).

You yuan qianli lai xianghui – dicono i cinesi: e’ il destino a permettere alle persone distanti tra loro di incontrarsi. Che sia destino o scelta personale, io proseguo il mio percorso, qui nella grande Shanghai City, finché il corso degli eventi, o una nuova scelta dettata dalla passione, non mi porteranno altrove.