Patrizia, dealer di diamanti a New York

Una passione, quella per i diamanti, che porta dentro da quando era piccola. E che le fa provare sensazioni paragonabili a quelle che sente chi beve un buon bicchiere di vino. Di recente alle pietre che luccicano, di cui si sono innamorate famose attrici di Hollywood e che spesso hanno un nome, ha dedicato un libro, dal titolo Diamanti (Astraea Editrice www.astraeaeditrice.it), il primo titolo della nuova collana Little Book, arricchito dalle tavole illustrate di Paolo Orlandi.

Parliamo di Patrizia di Carrobio, nata a Montréal, ma  vissuta tra Milano, Bruxelles, Roma, Londra e New York. Nel 1980 è stata una delle prime banditrici d’asta da Christie’s a New York, dove in pochi anni è diventata responsabile del reparto gioielli. Oggi vive a New York, ma ha lasciato Christie’s per dedicarsi al commercio di diamanti, gioielli e pietre preziose, che “racconta” con passione e competenza, rendendoli accessibili, ma lasciandone inalterato il fascino (www.patriziadicarrobio.com).

Diamanti

Ma come mai vive a New York?

Subito dopo il matrimonio a mio marito venne data la possibilità di scegliere tra un lavoro a Parigi e uno a New York. Da parte mia, dopo un’esperienza professionale da Christie’s a Londra, dove mi era stato chiaramente detto che una donna, lì, con i gioielli non avrebbe mai potuto lavorare, spinsi perché si andasse a New York, dove, sicuramente, avrei avuto più possibilità professionali nel campo dei preziosi. E così vivo qui da 30 anni.

Nel libro dice che ha cominciato ad amare  queste pietre a sei anni. A quell’età, dopo aver trovato il brillante smarrito dei suoi genitori, scrive, ha capito che avrebbe lavorato con i diamanti. Cosa ha provato in quel momento?

Allora l’unica cosa che provai fu il divertimento di ritrovare un oggetto che tutti pensavano fosse andato perduto per sempre. E’ solo riguardandomi indietro che mi sono resa conto di quanto quel momento sia stato per me fondamentale per la scelta professionale che ho fatto. La mia passione per i diamanti c’era già allora, ma era semplicemente nascosta da qualche parte dentro di me.

In genere cosa le fa provare maneggiare un diamante?

C’è diamante e diamante. Ci sono diamanti che amo maneggiare, ma che non porterei mai e viceversa. Per me toccare un diamante è una sensazione unica nel suo genere, ma che posso paragonare a quella che si prova bevendo, per esempio, un bicchiere di vino. Il piacere è duplice: si gode del sapore, ma si gode anche del suo colore, dei riflessi che può avere. La stessa cosa accade per il diamante, per cui c’è un godimento tattile, nel maneggiarlo e nello stesso tempo un godimento estetico, nel guardarlo.

Che differenza c’è tra un brillante e un diamante?

Diamante e brillante non sono, come molti credono, sinonimi. Il termine brillante si riferisce a un tipo di taglio (cut), che riprende la forma tonda. Il brillante è quindi un diamante rotondo, tra i più costosi al carato, visti i maggior sacrifici che richiede in termini di peso.

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Quali qualità bisogna avere per fare  il commerciante di diamanti? 

Il commerciante di diamanti deve capire la pietra, deve conoscere il suo mercato e deve avere un buon feeling con il cliente, che non si risolve in una semplice relazione, ma che si sviluppa in un rapporto più complesso, dove l’interpretazione del suo desiderio e la traduzione di questo stesso desiderio in un’esigenza, spesso latente, deve essere sempre in primo piano. Deve quindi essere capace di comprare così come di vendere, deve quindi essere un ottimo uomo di affari e, nello stesso tempo, deve avere fiuto per la tendenza del momento.

Patrizia di Carobio diamanti

Per diventare tagliatore?

Non ho granché da dire. E’ un mestiere che conosco di meno. Certo è che nella mia carriera non mi è mai capitato di conoscere un tagliatore donna. L’unico consiglio che posso a dare a chiunque voglia intraprendere questo lavoro è quello di fare uno stage da un tagliatore esperto nel suo laboratorio.

E veniamo al broker o intermediario!

Come dico nel libro, la figura del broker, invece, è molto versatile, visto che non esiste solamente nel mondo dei diamanti. Quindi in questo caso fondamentale è avere un buon network di relazioni, saper ascoltare, sentire e capire cosa succede ogni giorno nel proprio mercato di riferimento e sfruttare a proprio vantaggio questa conoscenza.

In Italia ci sono scuole, in cui si possa lavorare con i diamanti e quindi, imparare a distinguere caratura, taglio, colore, purezza?

Personalmente conosco solo la GIA (Istituto di gemmologia d’America) a Firenze. Ci tengo a sottolineare, però, che vivendo da 30 anni negli Stati Uniti la mia conoscenza degli enti e delle scuole italiane è estremamente parziale. Quindi, citando solo la GIA, non vorrei assolutamente togliere nulla ad altri istituti nazionali, che potrebbero essere altrettanto validi e qualificanti.

Dice che lavorare con i diamanti le ha insegnato a capire l’animo umano: cosa vuole dire? Pensa che  questa professione abbia in sé un valore aggiunto, dia emozioni particolari?

Un tempo pensavo che per entrare in contatto con una persona ci volesse sempre qualcosa di, per così dire, ‘straordinario’. Poi ho capito, che qualsiasi cosa può essere utilizzata per stabilire un rapporto, più o meno profondo, con qualcun altro. E mi sono resa conto di quanto l’acquisto di un diamante sia un atto emozionale fortissimo, un momento estremamente importante che ho la fortuna di vivere spessissimo accanto all’acquirente. Partecipando e condividendo l’emozione di chi compra un diamante ho accesso diretto alla parte più intima delle persone e questo, nonostante i miei 30 anni di carriera, continua a riempirmi di grande emozione.

Si nasce con la passione per i diamanti o la curiosità e l’amore vengono col tempo?

Sono convinta che si nasca con la passione per i diamanti, nonostante l’influenza della cultura e della nostra società si faccia sempre sentire in maniera piuttosto forte. L’Occidente è, infatti, da sempre abituato alla presenza della ‘pietra preziosa che luccica’, del diamante, mentre Paesi come la Cina si stanno abituando solo da pochissimi anni. In ogni caso credo che l’amore per i diamanti sia qualcosa di innato e che spesso però, come è successo a me, rimanga latente per molto tempo, finché un fatto più o meno importante, così come una decisione presa all’improvviso riesce a scovare dentro di noi questa passione e a portarla finalmente alla luce. Il tempo poi, almeno per quel che mi riguarda, riesce ad aumentare e ad amplificare questo amore, portandolo all’estremo della sua intensità.

Perché piacciono tanto alle donne?

I diamanti piacciono tanto alle donne, perché sono legati ai sogni e in un certo senso ne danno accesso. Riportano alla mente il mondo delle fiabe, dove le protagoniste si sposano e la loro vita è sempre meravigliosa.

Lei scrive che i diamanti raccolgono, assorbono  i sentimenti, quindi anche le sofferenze di chi li indossa. Cosa c’è di vero, di scientifico,  in questa affermazione?

Di scientifico nulla. Di vero c’è tutto.

E’ una professione che rende? 

Non me la sento di dare una risposta in termini assoluti: per alcune persone è molto redditizia e per altre molto meno.

Patrizia di Carrobio dealer di diamanti a New York City

Lati positivi e negativi di questa attività?

E’ difficile per me trovare lati negativi. Forse la mancanza di sicurezza, intesa sia in termini fisici (pensiamo a eventuali furti o aggressioni da parte di chi vorrebbe appropriarsi dei preziosi), sia in termini economici (è una professione che si svolge ‘in proprio’ e che non dà quindi garanzia di continuità). I lati positivi, invece, sono infiniti.

Quali sono?

In primis il piacere assoluto di lavorare con cose belle: la mattina quando arrivo in ufficio ho la straordinaria fortuna di vedere e di poter toccare oggetti che suscitano in me un godimento sia estetico, sia tattile. C’è poi il piacere di sapere che si farà felice chi riceverà o chi acquisterà un diamante. O ancora, il piacere di avere un rapporto con il cliente molto “intimo”, potendo accedere alla parte più ‘profonda’ della persona e non doversi fermare a quella più superficiale.

Insomma, posso dire con assoluta certezza che le circostanze e le situazioni che gravitano intorno a questo lavoro sono del tutto positive e quasi sempre connesse a un momento di grande felicità.

Continuerà a lavorare in America? Non tornerà in Italia?

Negli ultimi anni ho passato molto tempo in Italia, come non avevo mai fatto prima. Se potessi scegliere, deciderei di passare due terzi del mio tempo in America e la parte restante in Italia. Credo, comunque, che nel mio prossimo futuro, grazie alla scrittura e alla promozione dei miei libri, passerò molto più tempo in Italia di quanto facessi prima. In America mi ricarico di energia e positività che posso riutilizzare in Italia. E’ come se Oltreoceano la paura non esistesse, o meglio: le paure ci sono e spesso sono tante, ma c’è una spinta culturale e sociale che ti permette di affrontarle a viso aperto e di superarle.

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Meglio lavorare all’estero, se si decide di occuparsi di diamanti?

Personalmente conosco molto bene New York, ma penso che oggi Hong Kong, Tel Aviv, Bombay e Delhi siano ottime piazze. L’Italia, invece, è una piattaforma più piccola e più chiusa rispetto alle altre.

A chi sconsiglia di lavorare con i diamanti?

Per lavorare con i diamanti, ma in generale per operare nel commercio, è necessario essere metodici, ordinati, organizzati, autonomi, ma, soprattutto è fondamentale avere fiuto e talento. Cosa innata, o lo si ha o non lo si ha: impararlo è impossibile.

Quando si guarda un diamante, si pensa al duro lavoro dei minatori o peggio alle guerre e agli affari sporchi dietro il traffico dei diamanti.  Ammetterà che non è facile indossare un diamante, chiudendo gli occhi su quello che c’è dietro. E’ per questo che molte donne non lo indossano? O è perché il diamante dà un’aura particolare, difficile da reggere?

Non voglio nemmeno pensare alla sofferenza di alcune persone e delle vite perse a causa dei diamanti. Sfortunatamente ritengo quasi impossibile certificare l’origine dei diamanti. Quindi consiglio, a chi ne senta il bisogno, di procedere con una purificazione del diamante prima di indossarlo, per essere così sicuri che l’aura emanata sia la propria e quella soltanto.

Che tipo di diamante, dunque, che tipo di montatura, colore, taglio, consiglia alle signore un po’ timide? E a quelle più disinibite?

Consiglio del tutto personale, ovviamente. Alle timide suggerirei un brillante importante, ben visibile. Il diamante diventerebbe per loro l’oggetto di conversazione capace di rompere il ghiaccio, togliendole, eventualmente, dall’imbarazzo del silenzio. Alle disinibite, consiglio di divertirsi e quindi di indossare qualsiasi cosa vogliano, dal diamante più piccolo a quello più grande, senza alcun limite.

L’importante, comunque, sia per le timide, sia per le disinibite, è quello di ricordarsi che è sempre tutto un gioco!

E agli uomini? Perché a loro non piacciono tanto?

Credo che agli uomini i diamanti non piacciano tanto, perché hanno paura di quanto possano costare loro. Evitano il confronto con un prezzo che credono di non poter sostenere.  Leggendo il mio libro, però, capiranno che la parte economica non li deve affatto preoccupare e quindi, a quel punto, ne sono sicura, inizieranno ad amarli anche loro.

Prospettive per il mercato dei diamanti in Italia?

Credo che in Italia, negli ultimi anni, si sia assistito a una sorta di democratizzazione del brillante: poco a poco diventa sempre più accessibile. In un mondo di insicurezze, poi, il brillante viene vissuto come un bene rifugio e quindi acquistato volentieri. Mi diverto a osservare che in un’epoca in cui sembra si siano persi di vista quelli che da sempre sono stati considerati ‘valori tradizionali’ ci sia un ritorno del valore simbolico attribuito al gioiello e al diamante in particolare e di come questo venga però ‘spalmato’ su una fetta più ampia di mercato.

Intervista di Cinzia Ficco

Foto di Pucci Scafidi