La storia di Mohan, da 19 anni in Colombia
Di Enza Petruzziello
Nell’affrontare le sfide della vita, talvolta ci troviamo di fronte a decisioni che richiedono coraggio e determinazione. Mohan, imprenditore 47enne originario di Alessandria, ne è un esempio. Diciannove anni fa decide di abbandonare tutto: il suo lavoro da autista dirigenziale, la sua casa, i suoi amici e trasferirsi in Colombia alla ricerca di nuove opportunità lavorative e di un cambiamento di vita.
Gli inizi non sono semplici, eppure non molla: apre il suo ristorante e incomincia la sua nuova vita a Bogotà, una città che ha visto crescere e cambiare nel tempo, insieme a lui. Divorziato, con una figlia di 12 anni, Mohan dopo numerosi successi imprenditoriali ha deciso, adesso, di dedicarsi completamente a se stesso. «Se prima lavoravo per soldi, adesso i soldi lavorano per me – ci racconta -. Le mie priorità sono seguire mia figlia e dedicarmi a ciò che mi piace: fare attività fisica, leggere, viaggiare e lavorare poco». Ecco la sua storia.
Mohan quando e perché hai deciso di mollare tutto? Che cosa non ti piaceva della tua vita in Italia?
«Fin da giovanissimo ho capito che la mia piccola città, dove ero nato e cresciuto, non era il posto in cui avrei voluto continuare a vivere. Se fossi rimasto avrei vissuto una sola vita, mentre io desideravo viverne molte, avrei fatto le stesse cose tutta la vita, lo stesso lavoro, la stessa gente, le stesse abitudini. Non avrei fatto alcun progresso né sentito alcuna emozione; non avrei dovuto combattere per niente: tutti i mesi con uno stipendio sicuro. Inoltre mi sarebbe piaciuto rischiare provando ad aprire una mia attività ma ero consapevole che in Italia non avrei mai potuto farlo per gli alti costi, l’alta tassazione, la forte concorrenza in tutti i campi. Ecco perché, appena finiti gli studi (scuola alberghiera), ho pensato solo a lavorare (doppio lavoro 60-70 ore settimanali), mettere da parte il più possibile e andarmene non appena possibile».
Come mai la scelta è ricaduta proprio sulla Colombia? Come sono stati gli inizi qui?
«Non è stata una scelta, è arrivata per caso, sapevo solo che dovevo andare via dall’Italia e, quando avevo le vacanze, andavo in giro il più possibile. Sono stato in America e ho subito capito che non era il mio posto, poi in Brasile, a Fortaleza. La prima volta mi è sembrata un paradiso, ci ho fatto un pensiero e sono tornato dopo un anno per studiare il mercato. Qui ho cominciato a vedere la realtà, tutto girava intorno al turismo (stagionale) che a sua volta aveva il perno nella prostituzione e droga. Così ho abbandonato l’idea. L’anno seguente su consiglio di un amico colombiano in Italia sono andato a trovare la sua famiglia a Bogotá e ho visitato anche un amico di un amico che si era trasferito a Bogotá da qualche anno. Ho visto un paese molto indietro in cui c’era molto da fare e ai tempi, con investimenti esigui, ho fiutato l’occasione. Sono tornato in Italia, ho lavorato ancora qualche mese e poi mi sono licenziato. Tre giorni dopo sono partito con un paracadute: se fallivo e le cose si mettevano male sarei tornato a cercarmi un nuovo lavoro e finire la mia vita nell’anonimato da cui provenivo. L’inizio è stato duro, sono stato 2 mesi a casa della sorella del mio amico e di suo marito, fuori Bogotá. Nel frattempo ci siamo messi alla ricerca di un locale da affittare nella zona giusta per aprire il mio ristorante, l’abbiamo trovato e da lì è iniziata la storia. Le persone locali sono sempre state accoglienti con gli stranieri, quando sono arrivato eravamo in pochissimi, però bisogna stare attenti perché cercano spesso di sfruttarci e fregarci».
Di cosa ti occupi nello specifico a Bogotà? Da un punto di vista professionale hai notato differenze significative rispetto all’Italia?
«Ho gestito diversi tipi di attività: ho avuto un ristorante, una pizzeria, un fast food, un piccolo supermercato, una discoteca e qua e là ho sempre tenuto lezioni di italiano. Gli affari andavano bene finché li gestivo in prima persona, ma quando li ho affidati ad altri, sono sorti problemi. Per questa ragione adesso non ho più attività ma vivo di rendite con il locale in affitto e prestiti legali. Non vivo di lussi (non mi sono mai interessati), ma non faccio mancare niente né a me né a mia figlia. Se prima lavoravo per soldi, adesso i soldi lavorano per me, le mie priorità sono seguire mia figlia e dedicarmi a ciò che mi piace: fare attività fisica, leggere, viaggiare e lavorare poco».
La Colombia è un paese meraviglioso: il mare caraibico che si mescola con l’oceano atlantico, la fauna della foresta Amazzonica. E ancora i colori, la cultura, la gente. Ma come si vive davvero qui?
«In Colombia, ci sono due realtà distinte: quella delle città, come Bogotá, Medellin, Cali, Cartagena, e quella rurale, con piccoli paesini spesso isolati. Nelle città, il ritmo è frenetico, il costo della vita è alto e si trovano molti servizi e opportunità di lavoro e di business. Tuttavia, nei piccoli paesi, i servizi sono quasi inesistenti, le scuole scarse, i servizi ospedalieri minimi e la vita è più difficile. È quasi impossibile trovare un lavoro decente e reperire beni di prima necessità. Basti pensare che ci vogliono giorni per arrivare in alcuni paesini sperduti nella giungla. Qui manca spesso la luce (a volte anche il generatore) e si ricicla acqua piovana. Diciamo che noi, abituati a certi standard, riusciremmo a resistere solo qualche giorno».
Quali sono stati i principali cambiamenti che hai notato nel paese nel corso di questi 19 anni?
«Al contrario della mia città italiana, in cui torno tutti gli anni e che trovo sempre uguale, Bogotá è cambiata totalmente tanto da sembrare un’altra città. Il parco macchine si è modernizzato di almeno 50 anni, la città è diventata verticale con grattacieli sempre più alti. Le strade sono state ampliate e ci sono molte zone con locali all’avanguardia, centri commerciali ecc. Anche la classe media è notevolmente aumentata, anche se la pandemia ha rallentato questo processo. Il costo della vita e il potere d’acquisto stanno aumentando in modo significativo. Nel 2005 lo stipendio minimo era 400.000 pesos, oggi di 1.300.000».
Molte persone vedono la Colombia come un paese pericoloso. Certo, la criminalità c’è, ma ci sono anche molti aspetti positivi. Qual è la tua opinione sui pregi e difetti di questo Paese?
«Personalmente, e forse per fortuna, non ho mai subito un episodio violento nonostante abbia avuto una discoteca per 8 anni in una zona tra le più malfamate della città, ma quasi ogni giorno sento conoscenti che raccontano di furti di cellulari, biciclette, macchine,ecc. Bisogna cercare di non attirare l’attenzione e utilizzare il meno possibile oggetti di valore. I pregi sono l’allegria e la solidarietà della gente anche di fronte alle difficoltà; i difetti più grandi sono il vivere alla giornata, come fanno soprattutto quelli che appartengono a classi sociali più basse. Ciò non gli permette di progredire, si indebitano per comprare cose inutili come cellulari di ultima tecnologia, e nella guida e sulle strade vanno avanti con la regola del più forte».
Qual è l’iter da seguire per chi decide di trasferirsi definitivamente qui? Penso agli aspetti burocratici.
«Quando sono arrivato io, 19 anni fa, era molto semplice. Adesso ho sentito di complicazioni estreme, tuttavia per chi ha un coniuge o un figlio colombiano o è pensionato, è più semplice. Come investitore, è necessario avere un capitale significativo per ottenere un visto, mentre come dipendente è molto difficile trovare lavoro, poiché viene data priorità alla manodopera locale».
A proposito di questo, sempre più persone come te decidono di lasciare l’Italia per cercare nuove occasioni lavorative all’estero. In Colombia quali sono le opportunità che possono trovare?
«Come dipendente, sconsiglierei di cercare lavoro in Colombia, poiché i salari sono generalmente più bassi rispetto all’Europa. Come imprenditore, è possibile trovare opportunità, ma è fondamentale arrivare con un buon capitale e assolutamente non improvvisare (poteva funzionare 20 anni fa ma non adesso). Consiglio di fare una ricerca di mercato accurata sia di ciò che si vuole fare sia di dove: anche 200 metri possono fare la differenza».
Che consigli daresti a chi come te sta pensando di mollare tutto per inseguire i suoi sogni ma non trova il coraggio?
«Più passa il tempo e più è difficile prendere certe decisioni, per esempio alla mia età non sarei capace di cambiare paese e ripartire da zero».
Come è cambiata la tua vita da quando vivi in Colombia?
«All’inizio è stata dura, lavoravo 15 ore al giorno per mettere le basi per un futuro, avevo poca vita sociale e mi privavo di molte cose, adesso vivo molto più tranquillo, con altre priorità».
Ti manca l’Italia? Hai mai pensato di tornare?
«Torno in Italia tutti gli anni per vedere la mia famiglia e i pochi amici rimasti, dopo una settimana sono già stufo e vorrei andarmene, non mi trovo più a mio agio e non saprei neanche come muovermi per mantenermi».
Sogni o progetti per il futuro?
«Bogotá è stata per me una città di grandi opportunità in cui ho potuto realizzare il mio sogno imprenditoriale, ho avuto meravigliose esperienze e mi ha permesso di vivere bene, ma ormai sono giunto al capolinea. Sto aspettando che mia figlia sia indipendente per trasferirmi, insieme a vari amici, in qualche paesino per costruire una nostra piccola fattoria autosufficiente (permacultura). La nostra idea è che sia a 2 o 3 ore da Bogotá per comodità (visite mediche, necessità, commissioni,ecc. Vorremmo comprare un appezzamento grande, destinare una piccola parte alle nostre attività, coltivazioni, abitazione e il resto riforestarlo per aiutare la fauna locale, in una zona non turistica perciò economica a un’altezza di circa 1500 metri cosicché il clima sia primaverile tutto l’anno. Il progetto è vivere con comodità (luce, internet,ecc.) ma in tranquillità, lontano dal caos e dallo smog della città. Desidero vivere a contatto con la natura. Chiunque abbia la nostra visione di vita e voglia unirsi al nostro progetto può contattarmi!».
E allora se anche voi volete raggiungere Mohan, ecco i suoi recapiti:
E-mail: lallmohan@libero.it
Facebook: https://www.facebook.com/lall.mohan.giuseppe