Lasciarsi indietro tutto. Ripartire. Trovare condizioni di lavoro e di vita migliori, spesso in America o in Europa (che insieme raccolgono più del 90% degli emigrati, secondo le statistiche del Centro Studi e Ricerche Idos). Ma anche lasciare gli amici e lo stile di vita italiano, accettare di non vedere per anni i propri familiari, essere percepito dagli altri come un “immigrato” con tutte quello che ne consegue. Decidere di lasciare l’Italia e le proprie radici vuol dire anche questo.
Un prezzo che per molti, in ogni caso, è più che giusto pagare. In cambio, per un terzo di loro il miglioramento del tenore di vita è arrivato subito. Per gli altri successivamente, cavandosela quasi sempre da soli. L’ 80 per cento degli italiani all’estero, secondo i dati della Fondazione Migrantes, ha migliorato sensibilmente le proprie condizioni di vita.
Ma dove si trovano esattamente i nostri connazionali?
Secondo i dati in possesso della Farnesina, più del 50 % vive in Europa. Il paese europeo con più immigrati italiani è la Germania, con più di 515 mila iscritti al Consolato. Stoccarda e Francoforte sono le città tedesche con più immigrati italiani. Segue la Svizzera, con quasi 223 mila italiani, molti dei quali vivono a Basilea. In Francia vivono 135 mila italiani. In Francia, negli anni Settanta, si rifugiarono centinaia di persone ricercate in Italia perchè ritenute legate al terrorismo per la minore propensione del presidente Mitterrand all’estradizione.
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Nella classifica dei Paesi europei con più immigrati italiani seguono Belgio e Regno Unito.
Più di un milione e mezzo di nostri concittadini si trova in America. In Argentina vivono 660 mila italiani, 200 mila si trovano negli Stati Uniti.
Africa, Asia e Oceania radunano insieme non più del 5% dei nostri connazionali all’estero.
Leggiamo ora i dati con più attenzione: se analizziamo i documenti forniti dai Comitati degli Italiani all’estero, dai consolati e dalla Farnesina, si intuisce subito dalla mole della documentazione che gli italiani all’estero sono ben più di 4 milioni. Considerando infatti i figli degli emigrati e i discendenti (nipoti o pronipoti) interessati ad acquisire la cittadinanza italiana , il numero sale a 60 milioni di persone, la maggior parte delle quali si trova in America Latina. Questo dato dà l’ampiezza assunta dalle seconde e terze generazioni di italiani all’estero.
In questo numero enorme si mescolano diverse generazioni di emigranti. Quelli che lasciano l’Italia oggi sono meno numerosi rispetto al passato (circa 40 mila l’anno), e solitamente hanno una preparazione più elevata.
Chi decide di vivere all’estero oggi, è per certi aspetti più fortunato rispetto ai tempi dei nostri genitori e ai nostri nonni. Gli italiani, nella prima parte del secolo scorso e fino agli anni Settanta, non furono assolutamente ben visti dalla popolazione locale, in particolare negli Stati Uniti. Per moltissimo tempo, gli immigrati che sbarcavano a Ellis Island, a New York, furtono indotti a nascondere l’ascendenza italiana cambiando la consonante finale del cognome e americanizzando il proprio nome. I quartieri italiani erano dei veri e propri ghetti.
Niente a che vedere con l’esperienza di chi emigra all’estero oggi. In generale l’italianità viene ritenuta un fattore di grande appeal, anche grazie alla fatica e alla determinazione con cui molti dei nostri connazionali, cinquant’anni fa, hanno saputo riscattarsi da luoghi comuni ed epiteti razzisti.
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Il successo del “Made in Italy” ne è la conferma più evidente. Ma anche il nostro contributo enogastronomico in tutto il mondo. Nel 2008 lo spumante italiano ha superato negli Stati Uniti il grande rivale, lo champagne francese. La musica italiana primeggia in America Latina, mentre “O sole mio” è la canzone più famosa al mondo, più di “Summertime” di George Gershwin.
Il re della musica statunitense, Elvis Presley, ha omaggiato l’Italia cantando “O Sole mio” nella cover “It’s Now or never” pubblicata nel 1960.
Sono moltissimi i laureati che cercano condizioni migliori in un altro Paese. Questo fenomeno rappresenta una enorme problema, se consideriamo che moltissime scoperte scientifiche e innumerevoli innovazioni tecniche nel mondo vengono realizzate da italiani. Spesso, gli italiani che segnano la storia delle scoperte scientifiche (e sono tantissimi!), svolgono il proprio lavoro quotidiano negli Stati Uniti o nell’Europa del Nord.
Gli italiani sono conosciuti nel mondo anche per aver costruito strade, gallerie, ponti e ferrovie. Alcuni esempi straordinari: il ciclopico spostamento dei templi di Abu Simbel in Egitto e la diga Kariba sul fiume Zambesi sono opera del know how italiano.
Completamente italiano anche uno dei restauri più importanti e impegnativi del mondo: le nostre imprese hanno recentemente salvato la “città proibita” di Pechino progettando e decorando tutti gli interni e hanno preparato la Cina alle olimpiadi del 2008.
Si pensi che il fatturato dei cantieri all’estero (attualmente 190) uguaglia quasi quello interno con 5,5 miliardi di euro.
Gli studenti italiani iscritti all’estero sono circa 43 mila (dato 2007). Anche in questo caso, la Germania è il primo Paese per numero di italiani, seguita da Austria e Gran Bretagna. Grazie al programma Erasmus, i connazionali che studiano in Europa sono aumentati esponenzialmente negli ultimi dieci anni.
In un Paese come il nostro, dove la ricchezza immensa di dialetti e tradizioni secolari è unica al mondo, chi emigra porta inevitabilmente con sè i segni della propria storia regionale e locale e i dati lo dimostrano: secondo l’indagine “Italiano 2000” il 50% degli emigrati parla ancora quotidianamente l’italiano. Il dato interessante, però, è che l’italiano non è la lingua più parlata dai nostri connazionali all’estero. Quasi il 60%, infatti, parla quotidianamente il dialetto!
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Le testimonianze della nostra lingua sono tenute vive oltreconfine da una rete di quasi 500 radio, 300 televisioni e 470 giornali in italiano (la lista dei media è consultabile sul sito del Ministero degli Affari Esteri).
Esistono addirittura vere e proprie lingue nate dal melting pot tra cultura locale e italiano. Il Talian, ad esempio, lingua parlata dagli emigranti veneti in Brasile, viene ancora parlato da un milione di persone. Il Cocoliche era una commistione tra lo spagnolo e i vari dialetti italiani usato a Bueno Aires, dove il 40% degli abitanti è di origine italiana.
Per motivi storici e sociali, la maggior parte (55%) proviene dalle regioni meridionali. Un milione e 400 mila dal Sud e quasi 800 mila dalle Isole. Il 30% proviene dal Nord e il 15% dalle regioni centrali.
Il peso delle regioni del Sud è maggiore in Europa e Oceania. In Asia e in Africa, invece, la metà degli italiani proviene dalle regioni del Nord.
La prima regione per numero di emigrati è la Sicilia, seguita da Campania, Lazio, Calabria e Puglia.
Che il nostro sia sempre stato un paese di emigranti e navigatori viene confermato dai dati dell’Aire, l’anagrafe della popolazione italiana residente all’estero: tutti gli 8101 comuni italiani hanno cittadini iscritti al registro, anche i piccoli centri con solo 100 abitanti!
L’interesse nei confronti dei fenomeni migratori è aumentato dal varo della legge che permette il voto degli italiani all’estero. Molti si attendono quindi, negli anni a venire, dati sempre più precisi che possano raccontare in maniera dettagliata questa importante fetta della nostra Storia comune.
A cura di Leandro Diana