nomadi

Ci siamo messi in viaggio con poche cose, “l’essenziale” per vivere. Siamo in tanti e dormiamo sotto le stelle, ogni volta in un posto nuovo, poi ci rimettiamo in cammino. La benzina che ci muove sono le energie che insieme creano una forza e che ci indicano la via. Vivere sotto le stelle significa paesaggi incantevoli e sempre nuovi, ma anche confrontarsi con i propri limiti e superarli nel cammino. E’ come costruirsi le ali mentre si è in volo. Trovare il giusto equilibrio tra l’adrenalina e le paure, perché entrambe si susseguiranno ad ogni passo. Arriveranno con le maree, e come le maree cambieranno ogni sei ore. Vivere sotto le stelle per dei musicisti significa lasciare in ogni luogo la magia della musica, anche dopo la partenza. Vibrazioni che restano accanto alle ceneri di un fuoco spento.

E viaggiare in tanti significa pazienza e condivisione, e la sfida è imparare a trarne beneficio piuttosto che smanie. Una piccola comunità in cammino non è altro che una scuola a cielo aperto. Ci si confronta con le difficoltà e le incomprensioni, si impara ad accettare e a scegliere il bene comune, anche se a volte è faticoso, anche se a volte non è quello che avremmo scelto singolarmente. E’ paradossale questo gioco costante fra una libertà così estrema e i limiti stessi che da essa stessa nascono.

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I ritmi decelerano improvvisi, a tal punto da disorientare. Quello che prima era semplice diventa complesso e quello che prima si faceva in pochi minuti richiede ore. La prima lezione da apprendere è imparare a non avere fretta, perché i ritmi all’aria aperta cambiano e si dilatano enormemente. E i ritmi di una piccola comunità hanno dei tempi a sé che si sommano e si moltiplicano a loro volta. Si apprende il bello del silenzio. E il bello stesso è sempre dipinto dietro le nostre spalle da un tramonto, mentre oziamo appoggiati ad un muretto, con gli zaini e gli strumenti musicali intorno a noi. Viaggiando leggeri, ovunque siamo abbiamo con noi la nostra casa. Sedersi in dieci ad un bar per noi significa poter caricare cellulari e computer alle prese quando ce lo consentono, ed andare in bagno. Tirare fuori pane e avocado e dividerlo fra tutti. Cambiarsi la maglietta o aggiornare il diario di bordo. E’ il momento in cui Valentin sistema l’arco del violino,e qualcuno approfitta della connessione internet per comunicare con casa.

Lavarsi, mangiare e dormire, quando si è in viaggio, diventano dei riti e delle priorità. Si dà il giusto rispetto a cose che prima si davano per scontate. E queste cose stesse cambiano regolarità e sostanza. Perché prima di mangiare quando si a ha fame, come prima di dormire quando si ha sonno e prima di lavarsi quando si è sporchi può passare del tempo.

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Vivere sotto le stelle significa camminare tanto, mangiare poco ed emozionarsi sempre. Il sentirsi pieni di vita ripaga la fatica del cammino, e quando la stanchezza prende il sopravvento si diventa taciturni. Si resta in cerchio, ma si è altrove. Gli altri rispettano quel silenzio e lasciano che faccia il suo corso e si spenga con un nuovo sole. Viaggiare sotto le stelle significa vivere dentro le cartoline più belle, nelle emozioni più intense e in un mondo più colorato. Si è dentro il disagio, e si è dentro alle favole. Si vivono esperienze incredibili e si conoscono persone speciali, o soltanto bizzarre. Si incontrano mondi ostili e realtà insolite. Si stringono mani sconosciute ogni giorno e a volte nascono legami importanti. Qualcuno fa un pezzo di strada con noi, si riscalda nell’abbraccio della Familia, mangia seduto nel nostro cerchio e dorme accanto alle nostre tende, poi riprende a seguire il suo vento.

La Familia flotante arriva in una conca, o su una spiaggia, in una “casa familia” o nel deserto e nel nulla crea un accampamento, una casa. Si arriva spesso in piena notte, dopo una giornata di cammino e di musica, sotto al sole o in mezzo al vento. La stanchezza diventa più gradevole sapendo che siamo arrivati nel punto in cui costruiremo la nostra “casa”. Illuminati dalla luna si montano le tende e si accende il fuoco. A volte è talmente buio che il primo contatto che si ha con quel luogo è il rumore delle onde vicinissime che sbattono contro gli scogli. Soltanto al mattino si fa conoscenza con l’angolo di mondo in cui si è capitati.

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Il cibo si mette tutto da una parte. Per mangiare ci sediamo a cerchio. Qualcuno è talmente stanco che si addormenta rannicchiato in mezzo agli altri a stomaco vuoto, altri invece non lo sono mai abbastanza e continuano a suonare fino a notte fonda. Hector ha sempre la sua chitarra tra le mani. Valentin segue il ritmo concentratissimo. E’ una spugna, cattura ogni insegnamento, apprende vorace ogni nuova nota. Dopo un pò prende il suo violino, è un richiamo a cui non riesce mai a resistere. Seguono Gas e Manawa. E Rico, che suona con l’accendino, con i bicchieri e con i piatti. Qualsiasi cosa faccia rumore, sotto le sue mani diventa musica.

E’ in questi momenti, con le stelle e l’oceano, le tende montate una accanto all’altra, in mezzo alla natura più selvaggia, che si è consapevoli della bellezza e dell’arte di una vita semplice. E’ come costruirsi le ali mentre si è in volo. La paura di precipitare e l’adrenalina di quel salto nel vuoto si susseguono impazzite, ma che panorami incantevoli!

Graziana Morcaldi