Jacopo, cominciamo dal principio…di dove sei originario?

Sono nato 30 anni fa a Monza, la nota località balneare conosciuta per donne e motori, nel senso di monaca di Monza e autodromo di Monza. Ma mi sono sempre considerato cittadino del mondo, almeno fino a quando il termine “cittadino” non è diventato praticamente inutilizzabile senza che vengano in mente utopie totalitarie, miliardari che fanno jogging in spiaggia e il Gabibbo che urla slogan da ventennio, mentre guarda un video sugli illuminati.

Tre anni fa, quindi a 27 anni, hai lasciato l’Italia per trasferirti a Lisbona. Questa svolta è stata dettata da qualche motivo particolare?

Hai presente il colore del cielo a Monza in un giorno di pioggia? Questo da solo poteva essere un motivo sufficiente, ma in realtà mi sono trasferito più per curiosità che per insoddisfazione, più per conoscere qualcosa che per scappare da qualcos’altro. Il mondo è troppo grande e vario per passare tutta la vita in un luogo solo, neanche se fosse il paradiso terrestre. Anzi, in questo caso a maggior ragione. Ho scelto Lisbona semplicemente perché quando ci sono stato me ne sono innamorato. Come in tutte le storie d’amore, non ci sono motivi particolari e non è una scelta del tutto razionale, ma si prova un’attrazione tale per cui in quel momento non c’è nessun dubbio che sia la scelta giusta. Di solito poi si passano lunghi pomeriggi domenicali a chiedersi come sia potuto accadere, ma questa è un’altra storia e comunque non succederà tra me e Lisbona. Naturalmente la scelta di cambiare dipende anche da ciò che uno lascia e in quel momento non avevo una relazione stabile col lavoro. Il che oltretutto implicava troppo tempo libero da spendere a guardare il colore del cielo.

Vivere a Lisbona

Quando ti sei trasferito l’hai fatto con la consapevolezza che prima o poi saresti tornato in Italia o che l’allontanamento sarebbe stato in qualche modo definitivo?

Sinceramente l’ho fatto con poche certezze, poche ma buone, spero. Quando sono arrivato pensavo che la meta ultima del mio viaggio sarebbe stata l’Italia. Era un desiderio più che una consapevolezza, ma speravo che prima o poi sarei tornato, che non avrei passato tutta la vita in un Paese diverso dall’Italia, anche se in quel momento ero felice di andare altrove. Poi entrano in gioco altri fattori. Come dicevo prima, quando si cambia tutto dipende da ciò che si lascia e da cosa si spera di trovare cambiando e questo vale anche per il ritorno, non solo per l’andata. Tornerei molto volentieri, ma dipende a quali condizioni e per quale motivo. Di sicuro non lascerei quello che ho qui a Lisbona solo per nostalgia dell’Italia o per fare un salto nel buio. Ci vuole qualche congiunzione astrale favorevole.

Qual è il tuo primo ricordo di Lisbona?

Il mio aereo che si schianta sui tetti delle case. O almeno, questa è stata l’impressione. A Lisbona l’aeroporto è in piena città, la prima volta che si atterra non si è preparati a questo dettaglio e quando ci si trova a poche decine di metri dai tetti delle case e dalle macchine sull’autostrada si ha la netta sensazione che il pilota abbia sbagliato qualcosa. Una sensazione spiacevole. Dalla seconda volta in poi si arriva preparati e si pensa solo ai poveracci che ogni notte dormono a poche decine di metri dagli aerei che atterrano. Spero solo che quelle case siano abusive. O magari è l’aeroporto ad essere abusivo.

Sei partito senza sapere a cosa andavi incontro o hai pianificato tutto prima della partenza?

Avevo un piano preciso: non avere un piano. Conoscevo già Lisbona, ci ero già stato e avevo qualche contatto, avevo idea di come muovermi almeno all’inizio, ma oltre a questo sono partito con tanti buoni propositi e nulla di certo. Sapevo cosa avrei cercato, in che direzione andare, ma non avevo un piano a lungo termine né una proposta concreta.

Attualmente di cosa ti occupi?

Lavoro per una società di servizi turistici, come responsabile per Lisbona. Organizziamo visite guidate, percorsi tematici, concerti, degustazioni, eventi vari. In pratica, passo la metà del tempo al computer e l’altra metà in giro per Lisbona a raccontare il vecchio continente ad americani, asiatici ed australiani. Detto così, suona fantastico. E in effetti è un lavoro molto stimolante, costruttivo. Mi piace pensarmi come un incrocio tra un tour operator in franchising e una guida galattica per autostoppisti, ma vivente invece che elettronica. Esagerando, forse è proprio questo l’unico futuro per l’editoria nell’era digitale e non solo quella di viaggio: rendere i libri viventi. Nessun portale specializzato, nessun sito di recensioni, nessuna app in tempo reale, nessun e-book scaricato illegalmente potranno mai competere con l’interattività multimediale di un essere umano. Giusto per contraddirmi, sto anche lavorando ad una guida di Lisbona che sarà scaricabile gratuitamente. Se mi farà perdere il lavoro prometto che vi avviserò per primi.

LISBONA

Come sei riuscito a trovare lavoro, quali sono i canali che hai usato? E soprattutto, sei stato aiutato da qualcuno nella ricerca?

All’inizio ho usato tutti i canali possibili e immaginabili. Candidature spontanee, annunci sui siti principali, iscrizione al Centro de Emprego, spamming massiccio via e-mail. Ma soprattutto, nell’era degli oceani di curriculum in rete, mai sottovalutare il buon vecchio passaparola: sondare gli amici e gli amici degli amici è molto più virale di qualsiasi curriculum sui social network. Bisogna provarle tutte, è una questione di statistica. Poi un giorno un amico architetto mi ha svelato un trucco, raccontandomi la sua storia. Stava cercando lavoro a Lisbona e aveva già inviato centinaia di cv, senza nessuna risposta. Scoraggiato, una sera si è ubriacato al Bairro Alto, luogo principe della movida lisboeta. Quando ormai era completamente sbronzo ha iniziato a importunare i passanti, a imbastire discorsi senza senso con degli sconosciuti, tra cui però ce n’era uno che aveva un amico architetto, il quale sapeva che nello studio tal dei tali stavano cercando un renderista. Insomma, aveva trovato lavoro, anche se il giorno dopo non se lo ricordava. Alla fine è stato assunto. Le vie del lavoro sono infinite, bisogna avere fede.

Oltre ad aver fede…..hai dovuto sostenere dei colloqui di lavoro? Qual è il giusto approccio in quei casi?

Sì, certo, ne ho sostenuti vari. In Portogallo alcune formalità hanno ancora molto peso, molto di più rispetto all’Italia, bisogna imparare a usare certi codici. Ad esempio per scrivere una lettera si usa spesso l’espressione “Ex.mo…” La prima volta pensavo fosse la traduzione del nostro “esimio” e già mi faceva morire dalle risate, ma niente a confronto di quando ho scoperto che è l’abbreviazione per “Ecxelentissimo”. Mi sembrava di mandare il curriculum al Papa: avete per caso bisogno di assumere un cardinale? I portoghesi vanno matti per i titoli, sono tutti Doutor, Engenheiro, Diretor, Professor o più spesso delle combinazioni tra questi. Per trovare lavoro bisogna adeguarsi e rivolgersi all’Ex.mo Sr. Dr. Eng. di turno. Quindi, l’approccio che posso consigliare è prima di tutto quello di cercare di capire chi si ha davanti e che cosa sta cercando costui, per utilizzare di conseguenza il giusto grado di formalità e i codici comportamentali adeguati, visto che per uno straniero possono essere molto diversi. Sembra ovvio, ma è l’unico consiglio sensato che mi viene in mente. Oltre al non dire mai: “Ok, quante sono le ferie?”

Vivere a Lisbona

Sei il fondatore di italianialisbona.it da cosa è nata l’idea di creare un sito come questo?

Ero con degli amici in un bar, ci chiedevamo se fosse meglio operare una decostruzione radicale del concetto di autopoiesi postmoderna intesa come sovrastruttura fenomenologica, oppure semplicemente ordinare due birre. Poi all’improvviso è entrato un capellone completamente fradicio e paonazzo che si è messo a urlare frasi sconnesse, sostenendo di essere un architetto. Quindi è caduto per terra a peso morto, rovesciandosi addosso un’intera ciotola di lupini e un piattino delle mance vuoto. Lì abbiamo capito che nelle nostre vite mancava qualcosa. Un’altra versione apocrifa invece sostiene che un tempo a Lisbona un gruppo di amici usava scambiarsi e-mail per dirsi cosa fare il fine settimana, segnalare concerti, andare al cinema insieme, scroccare cene o avere qualcosa da fare per passare il tempo in ufficio. Fino a quando qualcuno ha pensato che tali futilità potevano interessare tutti e potevano essere messe online invece che rimanere rinchiuse in una serie di e-mail private. Poi la cosa ci è sfuggita di mano. In sostanza, io sono solo l’esecutore o se preferite l’utilizzatore finale.

Quali sono gli argomenti trattati?

Trattiamo un po’ di tutto, tutto ciò che può essere interessante per gli italiani che vivono a Lisbona e per quelli che la visitano, parliamo di eventi, luoghi da vedere, cose da fare, di cultura, attualità, politica, curiosità. Abbiamo solo due regole, scolpite a lettere di fuoco nella nostra coscienza: gli articoli devono essere scritti in italiano e devono avere a che fare con Lisbona. Considerando tutto lo scibile umano, ci sembra già abbastanza restrittivo. Il resto del lavoro di filtraggio viene svolto dalla pigrizia. Nel senso che se qualcuno non ha qualcosa di interessante o utile da dire, semplicemente non lo propone. Pena il linciaggio mediatico. Scherzo, volevo solo far rientrare l’espressione “linciaggio mediatico” nell’intervista, ma ad oggi nessun articolo e nessun commento sono stati cestinati, libertà di parola a tutti. Ci siamo giusto riservati il diritto di non pubblicare dei commenti arrivati in cirillico che segnalavano un sito di negozi di trapani automatici a San Pietroburgo. Squalificato, non era in italiano e i trapani non erano a Lisbona.Sono molti gli italiani che ti contattano per avere informazioni sulla città per un eventuale trasferimento?

Sì, sono in tanti, anche se ultimamente stanno diminuendo, forse perché sui media italiani si parla di Portogallo solo a proposito della crisi o di Fabrizio Corona, il che non dà una bella immagine di questo Paese. Comunque sono sempre in molti, se dovessi giudicare solo dalle e-mail che arrivano, sarei convinto che in Italia sia arrivata la peste.

Quali sono i tuoi consigli in merito?

Ovviamente consiglio di visitare italianialisbona.it, per quattro semplici ragioni: 1) è un sito stupendo, il meglio che sia mai apparso sulla faccia della Terra, 2) è utile per valutare se Lisbona vi piace o meno, 3) comodo per sapere come muoversi per trovare casa e lavoro e 4) imprescindibile per conoscere gli italiani che già ci vivono. All’inizio è fondamentale confrontarsi con più persone ed esperienze possibili e il sito è lì apposta per questo. Messaggio promozionale, leggere attentamente la nota informativa.

Vivere a Lisbona

Sei tremendo! Piuttosto raccontaci, come si vive a Lisbona?

Sarò di parte, ma secondo me Lisbona ha molti punti a suo vantaggio: è una capitale decisamente moderna per vari aspetti, ma intrisa di un’atmosfera tranquilla e vagamente retrò e porta ovunque le tracce della sua storia invidiabile. C’è una luce fantastica, i colori sono incredibili, i ritmi sono meno ossessivi rispetto a quelli delle altre capitali europee, non c’è traffico, la città si gira tranquillamente a piedi o coi mezzi, il clima è caldo ma non afoso, l’aria è pulita a causa del vento dall’oceano, la cucina è latina, il vino è ottimo. Lisbona poi è da sempre un porto di mare, anche in senso lato, è un insieme unico di culture e influenze diverse, sia per posizione – è la punta estrema d’Europa, il far west affacciato sull’Atlantico – che, soprattutto, per storia coloniale portoghese. E’ un mix tra Europa, Sudamerica e Africa. Se cercate il lato europeo del Brasile lo trovate qua. Se poi parliamo di costo della vita c’è una differenza abissale con l’Italia. Rispetto a una grande città italiana, fare la spesa in un supermercato costa la metà, le bollette sono più basse, mangiare fuori costa pochissimo. Ma naturalmente gli stipendi in genere seguono lo stesso rapporto.

Lati belli e brutti del viverci?

Pro: le 7 colline su cui è costruita. Questo dettaglio topologico porta vari benefici, perché diversifica la città in aree distinte, varia il territorio, ma soprattutto permette di vivere i miradouros, che sono dei belvedere, terrazzi o giardini, punti di ritrovo da cui gustare una vista eccezionale.

Contro: le 7 colline su cui è costruita. Le colline comportano salite sfiancanti, che vengono maledette da chi ci vive e le percorre giornalmente. Ho sentito più di una persona rispettabile sostenere che a Lisbona ci siano più salite che discese.

Ci racconti qualche altra curiosità sul posto?

Dunque, dopo tutte le salite a qualcuno sarà venuta fame, quindi parliamo di cucina e del piatto più celebre: il bacalhau, altrimenti noto come merluzzo sotto sale o baccalà in italiano. E’ il piatto tipico portoghese, immancabile in ogni famiglia, per intenderci è il piatto principale del cenone di Natale. Vero piatto nazional-popolare, dicono che ci siano più di mille ricette per cucinarlo, non manca in nessuna famiglia e viene preparato in ogni ristorante che si rispetti. Lo si trova un po’ ovunque, nei piccoli negozi e in tutti i supermercati e ciò disturba non poco gli ignari turisti, dal momento che puzza come un cadavere dimenticato da settimane dietro allo scaffale dei cereali. Il Portogallo è il primo consumatore al mondo di bacalhau, ma incredibilmente questo pesce non si trova davanti alle coste portoghesi. E’ un pesce nordico, viene pescato nell’Atlantico Settentrionale, vicino alla Groenlandia o davanti alla Norvegia. Altro che alimenti a km zero, i mari portoghesi ne sono sprovvisti e il piatto nazionale viene importato fin dall’epoca dei grandi navigatori lusitani. Una globalizzazione ante-litteram, un prodotto impacchettato e trasportato da lontano, grazie al sale che lo conserva. Sappiatelo!

Veniamo alla nota dolente…il lavoro. A che livello è attualmente la crisi?

La crisi è a livelli pesantissimi. A spanne diciamo che siamo messi un po’ meglio della Grecia e un po’ peggio dell’Irlanda, ma non abbiamo capitali della mafia russa come a Cipro. Comunque non c’è il rischio imminente di fallire, perché parliamo di un’economia e di un debito irrisori rispetto alle dimensioni italiane, si tira avanti a oltranza coi milioni iniettati da BCE, FMI e UE. Per dare un senso delle misure: il famoso spread coi titoli tedeschi, l’indice diventato famosissimo in Italia perché era arrivato a toccare la cifra record di 575, l’anno scorso in Portogallo viaggiava sui 1600. Nel frattempo il 35% tra i giovani è disoccupato e il primo ministro Passos Coelho è arrivato a consigliare loro di emigrare, di uscire “dalla zona di comfort” per andare a cercare lavoro altrove. Se questa è la risposta del primo ministro possiamo dormire sonni tranquilli. Un’altra immagine che da sola esemplifica la situazione: l’Angola, ex colonia portoghese fino al 1975, ora si sta comprando lo stato portoghese, il suo debito, le sue imprese. La storia a volte è dotata di grande ironia.

Quindi sarebbe sconveniente a tuo parere programmare un trasferimento?

La situazione qua è peggio, molto peggio. Ma ciò non vuol dire che non valga la pena trasferirsi. Mi spiego. In tanti mi scrivono chiedendo se vale la pena venire a vivere a Lisbona. E la mia risposta non può che essere ovvia: in effetti cosa può rispondere uno che si è trasferito lì e che ha aperto un sito per raccontare quanto è bella Lisbona? Ci sono mille motivi per cui adoro stare qua, ho avuto fortuna e sono contento della mia scelta, ma non è detto che valga per i gusti e le aspettative di tutti. Quindi in questi casi il mio consiglio è del tipo: “La risposta è dentro di te. Usa la Forza Obi-Wan.” Se la domanda invece è: “In Italia c’è la crisi, conviene trasferirsi in Portogallo per cercare lavoro?” la risposta è no. Se ci si vuole trasferire motivati solo dal tentativo di trovare lavoro, se si cerca un Paese con una situazione economica più favorevole, allora forse è meglio scegliere un’altra meta, per usare un eufemismo.

Vivere a Lisbona

Oltre alla ricerca di un lavoro, ci sono altre difficoltà per una persona che decide di trasferirsi?

Di solito la prima difficoltà è rappresentata dalla lingua. Niente paura, il portoghese è una lingua latina molto simile all’italiano, anche senza conoscerla un italiano è in grado di leggere e capire la maggior parte delle parole. Ma la vera differenza sta nella pronuncia. All’inizio non si capisce assolutamente nulla, i suoni sono molto chiusi, tanto che i portoghesi dicono che gli italiani parlano cantando. Consiglio la terapia d’urto: buttarsi in mezzo agli autoctoni e cercare di capire quello che dicono, è l’unico modo per abituarsi. L’altra grande difficoltà viene dall’uso che i portoghesi fanno della pasta. Per loro è un contorno da servire scondito accanto a della carne. Se si supera questa, poi tutto il resto è in discesa.

Tre anni fa la voglia di conoscenza ti ha portato in Portogallo. Cosa poi ti ha trattenuto?

Credo siano state le imperscrutabili coincidenze della vita. Ma soprattutto il Tejo al tramonto, i tram gialli, la guitarra portuguesa, gli azulejos, le vecchie librerie, le sardine stilizzate, le esplanadas, i concerti jazz la domenica, la bifana, il café com cheirinho, i soffitti delle case, l’Adamastor, il porco all’alentejana, i graffiti giganti, Santo António, il trenino di Caparica, i capoverdiani che suonano in strada, la statua vivente di Mozart, i djset al parco, il mercato del pesce, la musica pimba, quelli che ti fermano in Rua Augusta, la doppia R, le vie dell’Alfama ancora da scoprire, il ristorante cinese illegale, i vecchi che urlano i numeri della lotteria, il concetto di “pois”, i baffi enormi e quelli che dicono che se ne vogliono andare da Lisbona ma poi li rincontri sempre.

Per concludere, cosa ne pensi della tua nuova vita a Lisbona?

Penso a quello che scrisse Fernando Pessoa, non ricordo dove: “La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo.” Ognuna di queste tre frasi da sola dice poco o nulla, ma se si pensano tutte e tre all’unisono, ecco che allora affiora un significato inaspettato ma preciso. Tipo un treppiede che regge una macchina fotografica. Se sullo sfondo di questo senso ci mettiamo Lisbona, come se stesse al centro dell’obiettivo, il risultato riassume alla perfezione quello che penso della mia esperienza. Spero che a questo punto sia chiaro che sto farneticando.

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A cura di Nicole Cascione