Famiglie in giro per il mondo

Di Cristina Pellicciotti per Voglio Vivere Così Magazine

 

Girare il mondo, conoscere città nuove oppure angoli reconditi del pianeta, accumulare esperienze senza però mettere radici è il sogno nel cassetto di molti di noi, soprattutto quando in età giovanile abbiamo tutta la vita davanti e la sete di novità ci sprona a muoverci di continuo.

Come si vive invece il cambiamento quando si è già adulti e si è obbligati a spostarsi insieme alla propria famiglia, figli inclusi? È quello che cercheremo di capire dal racconto di oggi: vi vogliamo infatti parlare della bella storia di Catia e della sua famiglia giramondo.

Calgary, provincia di Alberta, Canada: eccoci in videochiamata con Catia, 49 anni, figlia di una siciliana e di un bolognese, nata in Svizzera e cresciuta in Sicilia dai 7 anni in poi.

“Ho fatto il Liceo Linguistico e poi ho iniziato a lavorare nei parchi divertimento Disney, prima ad Orlando e poi a Parigi. Diciamo che ho iniziato a girare il mondo fin da giovane: in effetti avevo questa smania interna di muovermi e conoscere altre realtà e culture. Anche quando ero in Italia mettevo da parte i soldi per comprarmi delle riviste di viaggi, oppure cercavo di fare amicizia con i turisti che venivano in visita dalle mie parti per poter conoscere le loro culture ed allo stesso tempo fare un po’ di pratica con l’inglese, il francese ed il tedesco”.

catia

Insomma, capiamo che Catia è sempre stata una donna inquieta e dinamica. La sua vita però cambiò quando in Svizzera, nel 1990, conobbe Arjun, un giovane indiano che stava frequentando la Management School per lavorare nel settore alberghiero.

“Mio marito è attualmente General Manager di una grande catena di hotel sparsi in tutto il mondo, motivo per cui cambiamo destinazione ogni 2-3 anni. Abbiamo vissuto prima ad Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi, poi ad Amman in Giordania, a Pechino, da qui siamo tornati negli Emirati Arabi, ma a Dubai, quindi ci siamo spostati a Nairobi, in Kenia. Poi ci siamo trasferiti a Sanya, una città in un’isola cinese, quindi da lì a Vanuatu (uno stato in pieno Pacifico tra le Isole Figi e la Nuova Zelanda). Ma non è mica finita: in seguito siamo andati a vivere in India, a Udaipur nel Rajasthan e poi a Delhi, ed infine siamo approdati in Canada, prima a Toronto, quindi a Calgary dove ci troviamo ora”.

Rimaniamo di stucco, non c’è che dire. Le chiediamo perciò che ci racconti la loro esperienza a livello familiare con tanti trasferimenti in giro per il mondo. “I miei tre figli sono tutti nati all’estero” ci risponde Catia. “Il primo, Anil, ha 18 anni ed è stato partorito a Pechino, poi viene Maya di 16, anche lei nata nella capitale cinese, infine c’è il piccolo della casa, Kian, che non ha ancora compiuto 12 anni e che invece è venuto alla luce a Nuova Dheli. Per tanti anni abbiamo vissuto in posti sicuri e a contatto con la natura, dove loro erano bambini felici che potevano andare in giro anche tranquillamente scalzi. Nella maggioranza dei Paesi poi abbiamo vissuto in albergo, nell’appartamento destinato al General Manager: in questo caso ho cercato sempre di portarmi dietro i nostri mobili in maniera da aiutare i miei figli nell’adattamento alla “nuova casa” e non rendere così il cambiamento troppo traumatico. A livello scolastico invece, li abbiamo sempre iscritti a scuole internazionali in maniera che il loro percorso di apprendimento fosse il più coerente possibile”.

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Ma come reagiscono i figli di fronte a tanti cambiamenti? Chiediamo alla nostra amica. “In generale posso dire che si sono dovuti adattare alle esigenze della nostra famiglia ed hanno imparato a ricominciare tutto molte volte”, dice Catia. “Quando erano più piccoli era più facile perchè non si facevano tante domande. Poi quando sono cresciuti un po’, la loro prima reazione era quella di chiedere il perchè dovessero andare via, anche se poco dopo riuscivano a capirlo e lo accettavano. Ora sono più grandi e quindi maggiormente legati alle amicizie ed alla scuola, però a volte mi confessano che avrebbero voglia di andare a vivere in Europa. In questo momento ci troviamo a Calgary ed il grande ha appena iniziato l’Università. Siamo stati fortunati a trovarci qui in questo momento: visto che rimarremo almeno per i prossimi due anni lui riuscirà a completare il ciclo di studi”.

Chiediamo quindi a Catia come viva lei, a livello personale, questa vita da giramondo. “Per me non è stata una scelta sofferta quella di rimanere a casa: sono una mamma felice”, ci dice. “Finora siamo stati in tanti Paesi affascinanti, con lingue e culture molto diverse. Non lavorando, sono sempre stata libera di poter girare, curiosare, conoscere la gente locale ed i loro usi e costumi. A Calgary invece, visto le temperature che d’inverno possono variare anche tra i -20º ed i -40º, è più difficile uscire e conoscere persone. I canadesi poi sono gentili e disponibili ma mi risulta difficile potermi relazionare con loro, visto che sono quasi sempre chiusi in casa. Ultimamente allora, visto che i figli sono anche cresciuti, mi sono certificata come insegnante di yoga e mi piacerebbe dedicarmi a questo”.

E dell’Italia cosa pensi? Ci torneresti? Le chiediamo infine. “Ci torno tutti gli anni per vedere la famiglia ed i miei amici. Del nostro Paese mi mancano naturalmente gli affetti, l’atmosfera tutta europea fatta di strade piccole, chiesette e gente in giro per le strade e poi naturalmente sento anche la mancanza del nostro cibo genuino. Voglia di fermarmi per il momento no, non ce l’ho. In questo momento la mia sete di conoscere il mondo è più forte delle mie radici. In realtà la cosa più bella sarebbe poter portare i miei genitori e mia sorella con la sua famiglia in giro con me. Ma non è detto che un giorno non tornerò. Mai dire mai”.