Fabio, “La musica mi ha aiutato ad affrontare e vivere al meglio la mia esperienza di emigrato”

A cura di Maricla Pannocchia

Appassionato di vari settori artistici sin da piccolo, Fabio si è trasferito a Londra dopo aver risposto a un annuncio di lavoro quando ancora viveva in Italia. “Risposi a un annuncio di lavoro sul social Couchsurfing.com, che all’epoca era gratuito, in cui cercavano un cameriere per un pub in una cittadina poco lontana da Londra. Offrivano anche vitto e alloggio così telefonai e scoprii che il locale era gestito da un albanese ed era di proprietà di un italiano. Il proprietario era di Mondragone, quindi eravamo quasi compaesani, e questo facilitò tutto!” racconta l’uomo, che vive nella capitale inglese da dieci anni.

Da allora, Fabio ha fatto molti lavori, concentrandosi anche sulla sua passione per l’arte e per la musica. “Ho lavorato come attore di teatro in Italia, e comparsa per film hollywoodiani in questo Paese, come il disneyano Artemis Fowl, diretto da Kenneth Branagh, girato in uno studio nei pressi della capitale. Poi, sempre grazie a questa esperienza britannica, mentre camminavo in una cittadina vicino a Londra qualche anno fa, risposi a un annuncio di lavoro per un chitarrista acustico, in un ristorante italiano gestito da turchi. Il manager mi mise alla prova e nel giro di pochissimi mesi passai dal suonare una sera a settimana a due, tre e, infine, quattro!” dice Fabio che, mentre si prepara a girare il video per il suo singolo musicale, ricorda a tutti che, a Londra, i posti di lavoro non mancano ma che ormai, per trasferirsi, è necessario avere l’apposito visto prima di entrare nel Paese.

Fabio Cicala Londra

Ciao Fabio, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao a tutti, sono Fabio, un artista eclettico che spazia tra le arti visive, la musica e la messa in scena. Sono originario di Caianello, un paesino dell’alto casertano. Mi sono laureato in scenografia con il massimo dei voti presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, una città a cui mi sento ancora molto legato. Fin da piccolo sono sempre stato appassionato di musica, arti e spettacolo sotto ogni forma e recitavo nei ruoli principali delle recite scolastiche ma non sapevo cosa avrei voluto fare da grande… tutto quello che sapevo era di non voler essere solo uno spettatore ma un creativo e, magari, un innovatore. Da adolescente, ho preso qualche lezione di chitarra da un guru delle sei corde che abitava nel mio paese e che mi ha incoraggiato a proseguire da solo lo studio dello strumento, anche se non ho preso la musica sul serio, almeno non fino a quando sono emigrato.

Quando e perché hai deciso di lasciare l’Italia?

Volendo fare l’artista, sognavo fin dall’adolescenza di trasferirmi all’estero, anche se non avevo le idee chiare su dove sarei andato. Gli insegnanti dell’accademia, poi, hanno sempre insistito perché noi studenti facessimo delle esperienze più o meno lunghe oltre frontiera. Nell’anno accademico 2007 – 2008 partecipai a un Erasmus presso il Dartington College of Arts, nel sud-ovest dell’Inghilterra, a Totnes, nel South Devon. Fu un’esprienza straordinaria, perché si trattava di una cittadina bohemien piena di hippie moderni provenienti da ogni parte del mondo, che mi ha arricchito molto sia umanamente sia artisticamente. Quando tornai in Italia ero motivato a fare altre esperienze all’estero, possibilmente in Paesi in cui non ero mai stato. Lavorai come scenografo e animatore in villaggi turistici a quattro e cinque stelle, prima in Italia e poi in Egitto. Collaborai con una ditta di decorazioni d’interni napoletana, che mi fece fare una bella esperienza in Germania. Poi feci qualche lavoro saltuario per il cinema e il teatro in Italia però gli effetti della crisi del 2008, anche se con un po’ di ritardo, cominciarono a farsi sentire. Teatri famosi erano costretti a chiudere, in molti ambienti artistici e non, ricercavano “apprendisti con esperienza”, persino i villaggi turistici offrivano delle paghe molto più basse rispetto a quando avevo iniziato qualche anno prima, che spesso non consentivano la possibilità di diventare indipendenti dai genitori per quanto riguardava gli alloggi. Nel 2014 avevo appena ottenuto un contratto per lavorare in un villaggio turistico in Sicilia per 6 mesi quando mi si presentò l’occasione che mi avrebbe reso un emigrato a lungo termine.

Vivi a Londra. Cosa ti ha spinto a scegliere proprio questa meta per il tuo trasferimento?

È stato un caso. Risposi a un annuncio di lavoro sul social Couchsurfing.com, che all’epoca era gratuito, in cui cercavano un cameriere per un pub in una cittadina poco lontana da Londra. Offrivano anche vitto e alloggio così telefonai e scoprii che il locale era gestito da un albanese ed era di proprietà di un italiano. Il proprietario era di Mondragone, quindi eravamo quasi compaesani, e questo facilitò tutto!

Che cambiamenti hai notato, sia in positivo sia in negativo, da quando sei arrivato a ora?

Negli ultimi dieci anni ci sono stati tanti cambiamenti a livello planetario, come il lock-down, per esempio. Dopo il 2020, molte assunzioni, anche in campo artistico, vengono fatte online. Inoltre, la vita virtuale e il lavoro da casa hanno guadagnato una maggiore fiducia, forse proprio come conseguenza di quel periodo. Dopo la Brexit molti stranieri sono andati via da questo Paese, lasciando più opportunità lavorative a chi è rimasto. Tra l’altro, il costo della vita è notevolmente aumentato da quando sono arrivato.

Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti davanti alla tua scelta?

Ricordo che mio padre andò subito a comprarmi un valigione. Molti dei miei amici vivevano all’estero, o vi si sarebbero trasferiti nel giro di pochi anni, quindi erano felici per me. I conoscenti credevano che all’estero avrei potuto avere maggiori opportunità di carriera e delle paghe migliori. Persino il tassista che mi accompagnò dalla stazione di Ciampino all’aeroporto di Fiumicino, mi fece i complimenti!

Come ti sei organizzato prima della partenza?

In realtà la partenza è stata molto repentina, infatti, sono partito pochissimi giorni dopo aver scoperto e negoziato questa opportunità lavorativa. Ho cercato di portare con me lo stretto necessario e di sistemare nella mia stanza quello che non avrei portato. Ricordo di aver disdetto qualche impegno e di aver scritto una lista approssimativa di cosa avrei voluto fare nel Regno Unito.

Sei un artista. Di cosa ti occupi, nello specifico?

Tecnicamente sono uno scenonografo e, infatti, mi sono occupato di scenografie per cinema, teatro e TV. A Londra ho lavorato, tra gli altri, per la CBBC, la BBC dei bambini (Children’s BBC), i 3 Mills Studios, The Marlowe Theatre e ho collaborato alla realizzazione di diversi film indipendenti. Facendo questi lavori dietro le quinte, pero’, ho scoperto fin da giovanissimo che mi piaceva stare sul palco e quindi spesso ho usato la mia laurea in scenografia per accedere al mondo dello spettacolo da dietro le quinte. Ho lavorato come attore di teatro in Italia, e comparsa per film hollywoodiani in questo Paese, come il disneyano Artemis Fowl, diretto da Kenneth Branagh, girato in uno studio nei pressi della capitale. Poi, sempre grazie a questa esperienza britannica, mentre camminavo in una cittadina vicino a Londra qualche anno fa, risposi a un annuncio di lavoro per un chitarrista acustico, in un ristorante italiano gestito da turchi. Il manager mi mise alla prova e nel giro di pochissimi mesi passai dal suonare una sera a settimana a due, tre e, infine, quattro! Cominciai a ridurre gradualmente le mie ore settimanali come barista e cameriere, alternando lavori di scenografia e ritratti, a quello di musicista, e iniziai a comporre le mie prime canzoni. Ottenni la licenza per lavorare come musicista di strada nel centro e da allora la musica è diventata la mia occupazione creativa principale!

Quali differenze ed eventuali punti in comune hai notato fra il mondo artistico italiano e quello londinese?

Londra è una megalopoli che forse ospita un maggior numero di culture rispetto a una città italiana. Questa ricca diversità si riflette anche nella possibilità di trasformare quasi qualunque hobby in un lavoro. Un artista di qualunque genere e tradizione riesce a trovare la propria dimensione nella capitale britannica, e a costruirsi il suo pubblico. In Italia si ha una forte coscienza storica di chi è venuto prima di noi, non solo in campo artistico. Questa reverenzialità da una parte favorisce il nostro eclettismo ma dall’altra può inibire la creatività. Gli inglesi, al contrario, sono molto più pratici e si specializzano fin da giovanissimi, con tutti i pro e i contro che questo comporta. Venendo dall’Italia, cerco di trarre il meglio dalle due scuole di pensiero.

Quali sono, nella tua esperienza, le principali difficoltà da affrontare come artista nella capitale inglese?

A Londra mi sono occupato e mi occupo di diverse forme di arte. Chi non è del posto o chi, come me, è straniero, deve innanzitutto cercare di partecipare a eventi per conoscere altri artisti dello stesso settore e per riuscire a indirizzarsi nella giusta direzione. Questo è determinante nella velocità con cui una persona riesce a inserirsi nel mondo artistico londinese, o britannico in generale. È anche importante sapere di cosa si è capaci, in modo da capire quale delle nostre esperienze artistiche o musicali, possa funzionare nella capitale. In caso si voglia proporre uno stile o un tema non molto famosi, si deve cercare d’inserirsi in contesti anche non artistici ma dov’è possibile trovare persone interessate proprio a quel genere.

Ci sono mai stati momenti in cui hai pensato “mollo tutto e torno in Italia”?

Ci sono stati diversi “momenti no” ma non ho mai gettato la spugna! Per esempio, dopo la Brexit, molti stranieri come me hanno cominciato a sentirsi meno bene accolti e sono andati via… Io sono riuscito a circondarmi di persone britanniche e non che, invece, erano ben disposte nei miei confronti. Superata la fase iniziale, molti posti di lavoro sono rimasti vacanti e la maggior parte della popolazione ha capito le conseguenze negative di tale esito.

Fabio Cicala Londra

Che consigli daresti ad altri artisti italiani che sognano di vivere e lavorare a Londra?

Prima di tutto, dopo la Brexit, bisogna venire con un contratto di lavoro già in mano, non si può più partire all’avventura per cercare un’occupazione sul posto. Se si viene con un visto turistico, bisogna prima lasciare il Paese e poi tornare con un contratto di lavoro. Se si è bravissimi, oppure se si è specializzati in un settore che ha scarsa competizione, è ovviamente più facile riuscire a farsi assumere. Oppure, se parallelamente all’attività artistica si possiede un titolo di studio di una categoria richiesta in questo Paese, si può rispondere alle offerte di lavoro e poi, una volta che si arriva a Londra e ci si ambienta, si può diventare man mano artisti a tempo pieno.

In primavera uscirà il tuo primo singolo. Puoi raccontarci di cosa parla il tuo album e un po’ del percorso che ti ha portato a realizzarlo?

Rude Awakening, tradotto in italiano come “Brusco Risveglio”, esprime l’inizio del mio viaggio di crescita personale e spirituale avvenuto a partire dal 2014, quando mi sono trasferito nel Regno Unito. È un brusco risvelio perché bisogna cambiare il modo di relazionarsi alle persone e alla vita stessa, ci si deve adattare a una nuova cultura, a una nuova temperatura, a nuovi cibi e a nuovi lavori. È una sensazione che tutti abbiamo provato diverse volte nella vita, per esempio quando è finita una relazione, un lavoro, oppure quando abbiamo perso una persona cara. Questo risveglio apre la strada a un processo alchemico di trasformazione, di ricerca interiore che, come nell’archetipo di una fiaba, se da un lato ci fa perdere una parte di noi, dall’altro ci fa scoprire nuovi “doni” che possiamo condividere con chi ci circonda. Per me il dono è stato la musica che, mentre mi barcamenavo tra un turno come barista e uno come cameriere, mi faceva accettare la condizione di emigrante e mi motivava ad allietare gli altri attraverso le mie armonie. Il singolo dà il titolo a un progetto di 9 brani, registrati tra il 2019 e il 2020 soprattutto presso i leggendari Abbey Road Studios, e un paio di brani presso i Soho Sonic Studios di Londra. Si tratta di un diario sonoro di sola chitarra classica accordata con il La a 432 Hz, che raccoglie le mie prime composizioni. Il progetto musicale presenta frammenti di diversi generi armonizzati in sonorità minimali e vibrazionali, a tratti ipnotiche, un tessuto musicale che aiuta a rilassarsi e a meditare. I temi propongono una visione personale, sia di percezioni, sia d’idee scaturite da un “brusco risveglio”, nel mio caso determinato dall’esperienza dell’emigrazione. Infatti, si passa dalla difficoltà nell’adattarsi al cambiamento dello stile di vita di chi emigra, alla voglia di rimanere legati alle usanze e alle credenze di casa, al non accettare il nuovo percorso, presente in alcuni brani, fino all’arrivo salvifico dell’accettazione, che c’è in Rude Awakening stesso, una volta che si riconosono i semi impliciti del cogliere le nuove opportunità e del reinventarsi. Tra questi due estremi, si collocano diverse reazioni, come la voglia di accettare le sfide e di resistere con energia reattiva; il ricordo ovattato e idealizzato di Napoli, città che mi ha segnato emotivamente e artisticamente; un paio di brani a metà strada fra i ricordi dei personaggi dell’epoca classica, cari a generazioni d’italiani, e la magia delle fiabe. Infine, ci sono anche tematiche più leggere e divertenti, tramite le quali esprimo il mio amore per la chitarra!

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Hai partecipato anche al primo musical realizzato da italiani a Londra. Ti va di raccontarci meglio quest’esperienza?

Si tratta di un musical recitato e cantato sia in italiano sia in inglese, The Way Home – il primo musical degli italiani a Londra, che affronta i temi dell’identità, del multiculturalismo e il concetto stesso di comunità, la nostra comunità italiana nella capitale, una città che, per numero di connazionali, può essere annoverata al pari di una del bel Paese. Innanzitutto, sono felicissimo di aver condiviso quest’esperienza con altri talenti, conterranei dalle abilità artistiche poliedriche, compagni di avventura con i quali continua tuttora una forte amicizia. È stato un piacere e un onore aver avuto la possibilità di rappresentare in scena la nostra comunità con tutti i sogni, le contraddizioni, le delusioni, i successi e le esuberanze di cui siamo capaci. Lo spettacolo è andato in scena presso il Britten Theatre e il teatro del Royal College of Music ed è stato sponsorizzato da varie istituzioni e aziende nostrane presenti nel Paese oltremanica, come il Consolato Generale degli Italiani a Londra.

Come ti muovi per farti conoscere come artista?

All’inizio ho partecipato a moltissimi incontri di vari settori artistici (network events). Mi sono iscritto a diverse unioni e società per professionisti del mondo dello spettacolo e dell’arte, come BECTU (Broadcasting, Entertainment Communications and Theatre Union), SBTD (the Society of British Theatre Designers), Spotlight: the Home of Casting (per attori) e the Musicians’ Union. Ho partecipato ai loro seminari gratuiti, in cui spiegavano tutti gli aspetti di un determinato lavoro artistico, dal come fare la dichiarazione dei redditi, al come utilizzare i social network in modo professionale. Ho fatto il musicista di strada nelle zone centrali e ho suonato in locali ed eventi vari. Quando è arrivato il primo lock-down, ho cominciato a dedicare più attenzione alla gestione dei social, a come usare le mie qualità e caratteristiche per consolidare i miei fans e i miei datori di lavoro, e a come attrarne di nuovi.

Come ti sei mosso per cercare un alloggio?

Il mio primo alloggio era incluso nell’offerta lavorativa a cui avevo risposto quando ero in Italia. Dopo essermi trasferito, ho cominciato a guardarmi intorno e ho scoperto alcuni siti come Spareroom.co.uk, che è quello principale, in questo Paese, per trovare un’abitazione. A distanza di qualche anno, avendo costruito amicizie oltremanica, la prima cosa che faccio quando devo cercare un alloggio è chiedere ad amici e conoscenti, perché conoscono le mie esigenze e sono in grado di suggerirmi delle occasioni.

Quali sono i prezzi medi e le zone in cui, secondo te, è possibile vivere bene spendendo il giusto?

Secondo me, poco fuori Londra ci sono occasioni straordinarie, dove si può vivere bene spendendo poco. Tra l’altro, molte persone che vivono un’esperienza londinese come prima volta in questo Paese, decidono di comprare casa nei paesi limitrofi, quando ovviamente non si trasferiscano altrove. Dipende molto dallo stile di vita di ognuno, se si è disposti a vivere con i proprietari, se si vuole abitare da soli oppure con altre persone. Nelle regioni dell’Hampshire e del Surrey, per esempio, a circa 30 minuti dal centro di Londra, si trovano stanze singole tra le £ 300 e le £ 400 sterline al mese, incluse le spese comunali, e quelle di acqua, luce, gas e Internet. Tuttavia, si tratta di alloggi in cui vivono anche i proprietari. Queste stesse condizioni di locazione, nelle zone centrali costano a partire tra le £ 600 e le £ 800 sterline circa. Le ragazze alla pari, oppure chi lavora in hotel nel centro della capitale, possono ottenere un alloggio, e talvolta anche il vitto, inclusi nel contratto di lavoro. Affittare un monolocale dalle dimensioni discutibili nei paesi vicino alla capitale, può costare dalle £ 800 sterline in su escluse le spese, mentre invece nel centro di Londra almeno il doppio. Poi ci sono dei casi alternativi, come chi compra un camper e va a vivere in periferia, pagando l’affitto del suolo e le spese varie. Ancora, c’è chi compra una barca nel centro di Londra a partire da £20-30000 sterline e vive nei canali del Tamigi, spendendo circa £ 2000 sterline all’anno per l’ammarraggio e provvedendo al fabbisogno energetico con pannelli solari. Questo tipo di abitazione però è soggetto a cambiare zona ogni due settimante, altrimenti, se si vuole rimanere sempre nello stesso posto, le spese di ammarraggio diventano di almeno £6000 sterline all’anno. Devo dire che, a volte, si possono trovare anche delle occasioni in centro scorrendo gli annunci affissi nelle vetrine dei newsagents. Per quanto riguarda il costo della vita in generale, dal cibo ai divertimenti, di solito nelle zone dove gli affitti sono bassi, tutto costa di meno. Inoltre, a seconda dei propri interessi, ci possono essere dei settori o dei locali, teatri, palestre, cinema e altro che offrono delle promozioni legate ai loro eventi e servizi, talvolta anche gratuite, sia in zone centrali sia non.

Come sei stato accolto dalla gente del posto?

Sarà stato perché ho la fortuna, come i miei connazionali, di provenire da condizioni geopolitiche favorevoli, per cui ovunque mi presentassi, c’era sempre qualcuno sia inglese sia straniero, a cui brillavano gli occhi quando menzionavo di essere italiano, ma sono rimasto sorpreso nello scoprire che mangiare un panino con la mortadella o il salame, bevendo contemporaneamente birra Peroni, viene considerato elegante, mentre io li mangiavo quando lavoravo con i muratori d’estate, quando ero studente! La mia nazionalità mi ha aiutato anche a trovare lavoro, sia che si trattasse di fare il barista sia di fare l’artista. Infatti, tutti si aspettavano che avessi le “doti genetiche”!

Come descriveresti le loro vite?

È difficile parlare a nome di tutti, perché ci sono tante culture ed esperienze che si mescolano. Ovviamente, lo stile di vita a Londra è diverso da quello in altre città o nei paesi e può cambiare anche in base alle aree geografiche. Per molti di loro, il lavoro è tutto, forse potrei dire che vivono per lavorare! In realtà, hanno quasi sempre un’ottima attitudine nei confronti del lavoro e vanno fieri delle loro professioni. Spesso c’è una forte cultura legata al consumo dell’alcol, che non condivido, che li fa lavorare senza sosta tra il lunedi e il venerdi per poi andare a bere nei fine-settimana. Devo anche dire che sono molto diligenti. Infatti, gli inglesi sono sempre precisi, sia che si tratti d’incanalarsi con largo anticipo nella corsia di una strada, prima di girare in una certa direzione, sia che si svolga una qualunque professione, in cui si deve sempre seguire delle procedure ben determinate e scandite in compiti diversi nell’arco della giornata.

Che consigli daresti a chi vorrebbe trasferirsi lì?

Innanzitutto, come ho detto prima, dopo la Brexit non si può più partire all’avventura e trovare un lavoro dopo essere approdati qui. Bisogna partire con un contratto di lavoro già firmato. Se si è bravissimi nelle proprie professioni, o se si lavora in settori esclusivi e con poca competizione, non dovrebbe esssere difficile farsi assumere. Altrimenti, si possono controllare i siti governativi, per vedere quali siano le professioni che sono a corto di personale. Devo ricordare che dopo la Brexit molti stranieri sono tornati nei loro Paesi di origine, lasciando posti vacanti in diversi settori, come, per esempio, quelli legati agli autotrasporti o al personale infermieristico e sanitario.

E quali a chi vorrebbe andarci in vacanza?

Londra è considerata “la città che non dorme mai”, proprio perché offre di tutto a ogni ora del giorno e della notte. Riuscire a visitarla completamente è un’impresa titanica anche per chi ci vive da molto tempo… Se si hanno degli interessi o degli hobby specifici, si può costruire un’itinerario basato su quelli, magari cercando di venire quando si svolgono eventi importanti legati a un certo ambito. Altrimenti, è d’obbligo cominciare dalle attrazioni principali nelle zone centrali e poi sperare di tornare in futuro per una visita più approfondita.

Se potessi tornare indietro, faresti qualcosa diversamente?

Credo che, se avessi avuto la sfera di cristallo, avrei studiato musica fin da piccolo, magari seguendo un percorso istituzionale, e mi sarei concentrato di più su questo aspetto creativo… Ma chi ha la sfera di cristallo?! Inoltre, chi mi dice che poi, una volta concentratomi sulla musica per anni, non avrei voluto cambiare campo, come ho fatto dopo aver studiato scenografia e arti visive?!

Cos’hai imparato, finora, vivendo lì?

Vivere in questo Paese m’incentiva nel voler cogliere tutte le opportunità che offre, a tratti fino alla FOMO (Fear of Missing Out), regalandomi sicuramente più ottimismo rispetto a quando sono partito. Le opportunità culturali o di lavoro sono così tante che a volte non mi va di cucinare un semplice piatto di spaghetti quindi mangio un pasto veloce, rischiando di non mantenere un’alimentazione sana. Tra le cose più importanti che ho imparato c’è sicuramente l’abilità di reinventarmi spesso. La capacità di vivere ogni lavoro come un “servizio” che si fa per le persone, sia che si tratti di fare il lavapiatti sia di essere un educatore o un musicista, è un altro grande insegnamento che ho ricevuto dal vivere qui. Questo tipo di attitudine mi fa sentire una parte importante dell’ingranaggio della società, inoltre, attrae occasioni migliori e persone positive in quasi ogni circostanza!

Progetti futuri?

I progetti futuri sono sempre tanti e bisogna stare attenti nello scegliere a quale dare la priorità! Nell’immediato, spero di realizzare un video musicale del mio primo singolo, perché mi piace molto curare l’aspetto visivo e filmico del mio lavoro di musicista. Nel medio e lungo termine, vorrei dedicarmi anche al canto, in modo da rendere onore al mio cognome!

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