La nuova vita di Dario Bivona a Montreal

Se c’è qualcuno che sa cosa significa “cambiamento”, quello è Dario Bivona. Quarant’anni, originario di Taranto, con una laurea in farmacia e una passione per la comunicazione e la moda, Dario si trasferisce prima in Francia e poi definitivamente in Canada nel 2006 dove vince l’edizione televisiva de “Le meilleur pâtissier du Québec”, corrispondente al nostro Bake Off Italia.

L’accoglienza dei canadesi? Decisamente migliore dei parigini! «Montreal mi ha offerto una miriade di opportunità che in Italia avrei potuto solo sognare – racconta Dario -. Oggi posso permettermi il lusso di lavorare sui progetti che m’interessano veramente e che mi appassionano. Aver fatto tante esperienze lavorative in Canada è considerato un valore aggiunto e non sinonimo di incostanza e inaffidabilità come in Europa».

Di Enza Petruzziello

Dalla Puglia alla Francia fino al Canada. Dal mondo farmaceutico a quello della pasticceria. Se c’è qualcuno che sa cosa significa “cambiare” è sicuramente Dario Bivona, 40enne di Taranto che nella sua vita ha sempre deciso di inseguire le sue passioni.

Blogger e pasticcere amatoriale numero 1 in Quebec, dopo due anni trascorsi in Francia, a Reims e Parigi, Dario arriva a Montreal nel 2006, innamorandosi letteralmente della città. Con una laurea e due master in farmacia, focalizza la sua attenzione su ciò che gli interessa maggiormente: comunicazione, pubblicità, arte, design e moda la comunicazione e la pubblicità.

Papà orgoglioso di iTzel (il suo chihuahua), lo scorso anno si aggiudica la palma di miglior pasticcere del Quebec nel concorso televisivo “Le meilleur pâtissier du Québec”. Insieme al titolo ottiene anche la possibilità di scrivere un libro di cucina a sua immagine. Vernissage, fashion events e mondanità sono il suo pane quotidiano. Ecco cosa ci ha raccontato.

Dario Bivona canada

Processed with VSCO with a6 preset

Dario che cosa ti ha spinto a lasciare l’Italia per vivere all’estero? Che cosa esattamente non ti soddisfaceva più della tua vita a Taranto?

«Quando ho lasciato l’Italia, oramai era già da qualche anno che vivevo a Chieti, in Abruzzo, per via degli studi in farmacia. E già all’epoca, la provincia di Taranto, a parte per visitare la famiglia, non era tra le mie mete predilette dove vivere. Anche se è una bellissima città, aspiravo ad una grande metropoli, piena di gente, dove ti fai inghiottire dalle migliaia di attività possibili. La voglia di vivere all’estero è cominciata con l’Erasmus e una volta accesa la fiamma è stato impossibile spegnerla!».

Nel 2003 inizia la tua svolta, il tuo cambio vita. Vivi per diversi anni in Francia, a Reims e Parigi. Che esperienza è stata e di cosa ti occupavi qui?

«Da settembre 2003 a novembre 2004, grazie all’Erasmus ho avuto la fortuna di vivere a Reims, in Francia, per completare il quarto anno del mio percorso di studi in farmacia. È stato l’anno che ha cambiato la mia vita, che mi ha fatto capire che l’Italia mi stava stretta e che avevo voglia di scoprire nuovi posti e nuove culture. Le barriere che credevo insormontabili come la lingua, la burocrazia di un altro Paese o il semplice fatto di ritrovarmi solo in una nuova città, in realtà hanno sbloccato in me nuove capacità sociali e d’adattamento che non pensavo minimamente di avere! Ho imparato il francese nei primi due mesi di Erasmus e l’ho perfezionato durante tutto il soggiorno».

Cosa è successo dopo l’Erasmus?

«Rientrato in Italia, in tempo record ho finito gli ultimi tre esami, fatto il tirocinio in farmacia e scritta la tesi: mi sono laureato in 5 anni precisi. Nel frattempo cercavo uno stage, un master o una qualunque cosa che potesse farmi approdare a Parigi, e lo trovai! Qualche mese prima di laurearmi, sono stato accettato per un master in Biologia e Biochimica dell’Invecchiamento all’Université Pierre et Marie Curie accompagnato da una borsa di studi rilasciata dai Laboratori DIOR. Quindi, dopo essermi laureato nell’ottobre 2005, nel novembre 2006 ero a Parigi per cercare casa, aprire un conto in banca, incontrare il nuovo direttore di ricerca e cominciare una nuova vita parigina!».

Com’è stato abitare nella Ville Lumiere?

«Vivere a Parigi è stato un sogno che si realizzava. Durante la settimana, passavo le mie giornate in laboratorio a fare i miei esperimenti per la mia tesi di master e la sera uscivo per visitare Parigi, andare nei musei (c’erano delle serate in cui i musei restavano aperti fino alle 21:00 circa e gli studenti potevano entrare gratis, non so se lo fanno ancora però), cenare con gli amici… aspettando il week-end per uscire in discoteca o nei bar e fare festa. Ho vissuto un anno intenso a Parigi, sempre a mille, ma forse perché sapevo dentro di me che non sarei rimasto lì a vita».

Nel 2006 arrivi a Montreal, in Canada. Come mai la scelta è ricaduta su questa città? Già la conoscevi o sei partito all’avventura?

«Dopo un anno di vita frenetica a Parigi, sinceramente la città mi aveva stancato. Vivere a Parigi è tutt’altro che andarci una settimana in vacanza. I parigini all’epoca non erano così accoglienti e in un certo senso mi sentivo sempre come uno straniero, quasi un pesce fuor d’acqua. Quindi a maggio 2006, qualche mese prima di discutere la tesi di master a Parigi, ho cominciato a cercare dei nuovi programmi nella francofonia: il resto della Francia, Belgio, Svizzera… e boom, nelle mie ricerche appariva di continuo Montréal in Canada. All’inizio non capivo, perché non avevo idea che si parlasse francese anche in Canada. Dopo qualche scambio di mail a destra e a sinistra, due università mi hanno selezionato offrendomi una borsa di studio: una a Ginevra e una a Montréal. Non ci ho neanche pensato su, ho praticamente accettato immediatamente la proposta dell’Université de Montréal. Non avevo nemmeno idea di tutti i visti che bisognava fare, e non conoscevo nessuno lì, ma il fatto di partire senza nessun appiglio, non so perché, mi stimolava più che spaventarmi. Sono arrivato a Montreal nel lontano 18 settembre 2006. Ho soggiornato in un ostello per una settimana mentre cercavo casa e cominciavo ad andare al laboratorio per incontrare il mio nuovo team di lavoro».

Dario Bivona

Con Montreal è amore a prima vista. A differenza dei francesi, l’accoglienza è stata migliore?

«Penso che per un europeo, Montreal sia la città perfetta per integrarsi al meglio nel Nord America, perché ha un carattere ambivalente tra lo stile delle capitali europee e le grandi metropoli nordamericane. È stata forse questa sua qualità a permettermi di non sentirmi completamente spaesato. Poi, è la città canadese multiculturale per eccellenza e la popolazione è abituata a questo mix di culture, allora la gente è strafelice di incontrare nuove culture, di sapere da dove vieni, che cosa fai, come mai ti sei trasferito a Montreal, etc. Davvero l’opposto dell’accoglienza che avevo ricevuto a Parigi».

Quali sono stati gli aspetti di Montreal che ti hanno conquistato maggiormente?

«La città è un mix di storia, di modernità, di natura. Ci sono i vecchi quartieri, come il Plateau, con le case colorate tipiche di qui; il Vieux-Montréal che è la parte la più antica dove c’è il porto sul fiume Saint-Laurent, la Basilica Notre-Dame di Montreal, ecc.; il quartiere internazionale e il centro dove si trovano grattacieli immensi tutti vetrati, negozi, ristoranti moderni; infine il Mont-Royal che troneggia al centro della citta con la sua natura incontaminata, diversi grandi parchi. Insomma, Montreal offre tutto ciò che si possa desiderare in un’unica città. Ma come dico sempre, manca solo una cosa per renderla perfetta: il mare!».

Trasferirsi in un nuovo Paese, per di più oltreoceano, non deve essere stato facile. Come sono stati gli inizi in Canada?

«Quando sono arrivato, per motivi economici, e soprattutto per avere qualche contatto da subito, ho deciso di andare in affitto con altri ragazzi. Trovai una stanza a Outremont, il quartiere prediletto dei francesi che si trasferiscono a Montreal. Eravamo in tre, io e due francesi. La casa era a due stazioni di metropolitana dall’università, con negozi vari nei dintorni. Il quartiere faceva un po’ Desperate Housewives, perché c’erano una miriade di famiglie, però mi dicevo che un po’ di tranquillità non era poi così male! A livello di burocrazia per contratti di affitto, apertura conto in banca o altro, non appena hai il visto canadese, sinceramente tutto il resto è una passeggiata! Per il resto, lato pratico, sono un minimalista quando viaggio: ho riempito une valigiona con il necessario e amen. E lungi da me l’idea di portami appresso il parmigiano o altre robe italiane (sì, ho amici che lo fanno), cavolo, vengo in Canada per scoprire cose nuove e poi – detto tra noi – c’è sempre una Little Italy che ti aspetta ovunque, anche qui a Montreal. Il parmigiano lo compro lì!».

Per i visti e i permessi di soggiorno in Canada vigono leggi piuttosto severe. Quali sono i passaggi da seguire per trasferirsi? A te come è andata?

«Nel 2006 non era così difficile. Ricordo di aver riempito dei formulari vari di richiesta di visto di studi che avevo scaricato dal sito canadese “Immigration Canada”, più un certificato di selezione specifico del Québec, la provincia dove si trova Montréal. Essendo una provincia francofona ha caratteristiche, anche burocratiche, diverse dal resto del Canada. Qui per esempio, per venire, tra le varie richieste, bisogna saper parlare francese. Se non sbaglio, ho inviato i formulari nel luglio 2006 e a settembre ho ricevuto i documenti da presentare all’arrivo alla dogana in Canada a Montreal dove rilasciano il vero visto. Oggi i tempi sono un po’ più lunghi, ma i visti di studio sono sempre abbastanza accessibili perché sono temporanei, solitamente della durata di 3 anni. Trascorsi i primi tre anni ho chiesto un rinnovo del permesso di studi perché dopo il master ho continuato con un nuovo percorso formativo, ma nel frattempo ho fatto anche la domanda di residenza permanente, sempre compilando alla lettera un formulario immenso d’Immigration Canada e allegando vari documenti italiani che bisogna far tradurre da un traduttore certificato. È un percorso un po’ lungo, ma fattibile. Se ricordo bene, in qualche settimana avevo finalizzato il tutto, verificato che ogni documento fosse compilato correttamente perché anche per un minimo errore annullano la domanda. Ho aspettato 18 mesi prima di ottenere la residenza permanente senza poter uscire dal Canada perché, almeno all’epoca, se uscivi dal paese mentre la tua domanda di residenza permanente era all’esame della commissione, al rientro l’agente alla dogana canadese poteva decidere se annullarla o meno. Non ho voluto rischiare e per quei 18 mesi ho fatto solo dei viaggetti in Canada, a Toronto in Ontario, un po’ ovunque qui in Québec, ecc. Ovviamente ci sono dei costi associati alla richiesta dei visti. Tra domande di visto, traduzioni e il resto ho speso intorno ai 1500-1600 dollari canadesi. Mentre per un visto di studi ci vogliono circa 300-400 $ CAD».

Deciso a restare in Canada, chiedi ed ottieni anche la cittadinanza. È stato complicato ottenerla?

«Ottenuta la residenza, ho dovuto aspettare un paio d’anni prima di poter chiedere la cittadinanza, secondo il conteggio degli anni di soggiorno fatto dall’agenzia dell’immigrazione. Oramai ero deciso a restare qui, allora passati i due anni ho fatto la richiesta per la cittadinanza che, stranamente, era meno complicata e meno costosa della residenza permanente, ma forse solo perché per arrivarci devi passare prima attraverso tutto il resto. Una volta fatta la visita medica (perché vogliono assicurarsi che una persona non abbia malattie e che voglia venire qui solo per curarsi visto che il sistema sanitario pubblico è comunque buono e gratuito), inviata la domanda, pagati i 400$ CAD (tanto costava nel 2013), ho fatto un esame di cultura canadese per cui bisogna prepararsi bene. Finito tutto ciò, 11 mesi dopo sono diventato cittadino canadese, nel luglio 2014!».

Dario Bivona montreal

Il giuramento di cittadinanza è una cerimonia molto bella. Ricordi quel momento?

«È stupendo perché convocano tutti i nuovi cittadini insieme in una sala immensa dove, dopo discorsi vari e congratulazioni ecc., ti danno un foglio contenente una dichiarazione solenne (in francese o in inglese secondo la lingua di preferenza). A quel punto tutti si alzano e in coro leggono la dichiarazione, in cui presti giuramento di fedeltà alla Regina d’Inghilterra (oggi sarebbe al Re Carlo). È obbligatorio altrimenti non ti rilasciano l’attestato di cittadinanza. Ci sono delle guardie che girano per la sala e se per caso hanno il dubbio che tu non abbia pronunciato la dichiarazione correttamente ti portano davanti e te la fanno rileggere! Quindi vedi tutti che gridano in inglese o in francese…. Ma à comunque emozionante! Poi fai le varie foto con il tipo in toga che non mi ricordo più che funzione abbia. Insomma, è un momento incredibile da vivere. Non appena avuta la cittadinanza, fai la richiesta passaporto, vai lì in ufficio e in una giornata è fatta: il passaporto canadese è nelle tue mani!».

Città multiculturale situata nella provincia del Quebec, Montreal è famosa per essere una delle metropoli più ricche del mondo. Come è vivere qui da residente?

«Montreal è una delle città più ricche del Canada, non ai livelli di Vancouver che è oramai intoccabile, ma ha comunque i suoi costi. Il bello di Montreal è che ancora oggi, a seconda del quartiere dove ti sposti, i prezzi degli affitti o delle case da comprare variano, ci sono zone che io stesso negli anni ho visto passare da quartiere abbordabile a quartiere costoso. Ma tutto si fa gradualmente. Soprattutto il rapporto qualità-costo della vita è ancora equilibrato e lo stipendio medio ti permette di vivere in modo dignitoso e anche di mettere qualcosa da parte. Quando sono arrivato avevo una borsa di studio di 1500$ CAD al mese e vivevo con coinquilini in un quartiere chic, non mi privavo di nulla, uscivo e mi divertivo, e riuscivo comunque a mettere da parte quei 200-300$ CAD al mese per farmi un fondo di sicurezza così da star tranquillo in caso di bisogno. Montreal offre tanto non solo per la vita di tutti i giorni, ma anche a livello di attività culturali, sportive, di piacere. Ci sono più di 3000 ristoranti di tutti i tipi, dai lussuosi ai piccoli ristoranti di quartiere, ovviamente fastfood vari, ma anche ristoranti di Healthy Food, Vegan Food, Raw Food, insomma ce ne è per tutti i gusti. Ovviamente ci sono tanti ristoranti italiani anche notevoli, come “Graziella” uno dei miei preferiti, caro, ma ne vale veramente la pena! Poi, abbiamo lo stadio di calcio con la torre più inclinata del mondo (mi pare), il giardino Botanico, l’Insectarium, La biosfera, il Circuito Gilles-Villeneuve per la Formula 1, la ruota panoramica di Montreal, l’Osservatorio, il Planetario, ecc».

Per quanto riguarda la sanità e il servizio sanitario, come funziona in Canada?

«A livello sanitario, il sistema è un mix di pubblico e privato. Tutti hanno diritto alla sanità pubblica e si paga una quota annua nelle dichiarazione dei redditi. Se il tuo datore ha un programma privato d’assicurazione allora tu impiegato sei obbligato ad aderire, così come i coniugi a meno che non abbiano già sottoscritto il programma del loro datore di lavoro. Il sistema sanitario canadese è ottimo, al punto che anni fa ci fu lo scandalo delle cittadinanze comprate da gente che non aveva messo mai piede in Canada se non per venirsi a curare. È uno dei motivi per cui le richieste di residenza e di cittadinanza sono diventate molto più complicate oggi.

L’unico problema è che per avere un medico di famiglia possono passare degli anni. Io sono ormai 5 anni che aspetto! C’è troppo richiesta e non ci sono medici di famiglia. Quindi ogni volta per una qualunque cosa o vai al pronto soccorso e accedi al sistema così, o prenotati una visita tramite la piattaforma web ma è tipo la lotteria… per avere un appuntamento ci vogliono delle settimane o devi spostarti fuori città, se ti va bene! Quindi, sistema ottimo, ma accesso complicato se non hai già un medico che ti segue».

Dopo una laurea e due master in farmacia, decidi di focalizzare la tua attenzione sulle tue più grandi passioni: comunicazione, pubblicità, arte, design e moda la comunicazione e la pubblicità. Due mondi, se vogliamo, completamente opposti. Perché a un certo punto hai cambiato direzione nella tua carriera? Oggi di cosa ti occupi a Montreal?

«Diciamo che farmacia è stata un po’ una scelta di gioventù. A 18 anni, non sapevo ancora cosa fare della mia vita, e poi la famiglia, gli amici, tutti ti dicono di pensare al futuro a qualcosa di stabile, bla bla bla. Mi sono lasciato un po’ influenzare e così presi farmacia. Già dai primi anni, però, sapevo che non mi sarei mai infossato in una farmacia di un paesino sperduto in Italia. Con l’Erasmus ho scoperto che all’estero non c’era differenza tra farmacia e CTF come in Italia, il campo della ricerca si indirizzava anche ai farmacisti. È stato quello lo scatto mentale che mi ha fatto dire: vado a fare il ricercatore all’estero. Dopo 5 anni di studi in farmacia e quasi 7 nella ricerca, qui a Montreal ho ottenuto un Master in farmacologia. Alla veneranda età di 30 anni, ho avuto, come dico sempre, la mia crisi d’adolescenza tardiva! Farmacia non mi era mai piaciuta, ma ero riuscito a trovare una branca che mi attirava di più: la ricerca, anche se con i suoi limiti. In più io sono uno che si annoia facilmente quando il lavoro diventa ripetitivo, allora il cambiamento era inevitabile. Ho avuto un anno assurdo, nel senso positivo, per i miei trent’anni. Ho partecipato a un programma televisivo “Paquet Voleur” e ho vinto 32.500 $ CAD, poi qualche mese dopo ho ottenuto una borsa di merito dalla Puglia per il mio master completato con successo all’estero, quindi altri soldi che mi piovevano dal cielo! Allora nel 2013 mi sono detto: “Dario hai un botto di soldi, adori comunicare, socializzare, ricomincia da zero!”. E mi sono iscritto alla facoltà di Comunicazione e Pubblicità all‘Université de Montréal. Nel frattempo ho ottenuto uno stage pagato dal governo del Québec, alla commissione della salute e della sicurezza al lavoro, quindi lavoravo e studiavo (un stage boring, ma strapagato, allora non potevo dire no!). Nell’aprile 2016 ho conseguito la mia seconda laurea qui in Canada e in pratica due mesi dopo sono stato reclutato e ho cominciato a lavorare come responsabile delle comunicazioni al Raggruppamento metropolitano della moda di Montreal. Due anni dopo ho cambiato per un posto di Coordinatore comunicazioni e eventi in un organismo universitario. Oggi la mia vita va verso una nuova direzione dopo aver vinto “Le meilleur pâtissier du Québec”, la versione quebecchese di The Great British Bak Off o Bake Off Italia, e sto scrivendo un libro di pasticceria! Proprio questo mese sono in studio fotografico per scattare le foto di tutte le mie ricette. Un lavoraccio, ma ADORO! Un futuro in cucina, in pasticceria, o come autore, tutto è possibile!».

Blogger, comunicatore, amante della moda e anche pasticcere! Che esperienza è stata quella de “Le meilleur pâtissier du Québec”?

«Mamma mia, incredibile! Sì, sono “Il miglior pasticcere (amatoriale) del Québec” della prima edizione del programma registrato nell’estate 2021 e diffuso nel 2022 sulla piattaforma Web di Quebecor e sul food channel “Zeste”. Questa primavera andrà in onda sul canale pubblico TVA (un po’ come Italia 1) e il mio libro uscirà alla fine della messa in onda.

Ho sempre cucinato. La nonna materna e la mamma sin da piccoli, a me e a mio fratello, hanno insegnato le basi della cucina per renderci indipendenti e autonomi. È stata una benedizione all’università, anche per i miei coinquilini!!! Poi io, ho sempre amato fare dolci, ma i dolci caserecci, quelli che ricordano giustamente le nostre nonne. Una buona torta di mele, una ciambella, un dolce al cioccolato, niente di troppo complicato perché le cose complicate non mi hanno mai attirato in generale.

Seguivo già il programma originale inglese, vedevo la versione canadese e ho seguito qualche episodio italiano durante le vacanze. Quando il programma è arrivato in Québec, in francese, appena ho visto passare la pubblicità in cui si cercavano concorrenti, mi sono iscritto immediatamente senza nemmeno pensarci. In più durante la pandemia avevo cucinato, provato e fotografato tanti dolci. Insomma avevo un bel po’ di materiale da allegare alla domanda. Il telefono ha squillato qualche giorno dopo e mi sono ritrovato a fare il primo casting telefonico. Poi la settimana dopo mi hanno convocato per il provino dal vivo. Bisognava portare un dolce, io ho fatto un Caprisù (un mix di torta caprese tiramisù. Lo hanno adorato), e fare una prova tecnica live. Qualche settimana dopo mi hanno contattato per annunciarmi che ero stato selezionato per l’avventura! In tutto abbiamo registrato 8 puntate. Ho passato 20 prove tra dolci proposti da me e prove tecniche a sorpresa, una per ogni episodio, fino alla vittoria».

Ti aspettavi di vincere? Qual è stato il tuo segreto, forse i dolci italiani?

«Sinceramente, quando partecipi a un programma così, speri di vincere ma con la consapevolezza che qualcosa può andare male, soprattutto in pasticceria, e che lo stress o altri fattori esterni purtroppo possono giocare brutti scherzi. Inizialmente speravo di passare la prima settimana, almeno la prima puntata, perché altrimenti che vergogna!!!! Poi sono stato eletto lo Star Baker della prima settimana, allora ci tenevo a passare la seconda puntata per non passare dalle stelle alle stalle. Dopo la seconda puntata, vedi la vittoria avvicinarsi e arrivato in semifinale mi son detto: “O esco ora oppure devo vincere”. Arrivare in finale e non vincere sarebbe stato deludente, ma va bene, si sopravvive comunque! La finale, con Marion, una ragazza del nord del Québec, e Daren, un ragazzo di Montreal, è stata tosta perché entrambi erano dei validi avversari. Marion purtroppo aveva perso qualche punto nelle varie prove, e io e Daren sapevamo di giocarci la vittoria. Sinceramente sino all’ultimo momento non sapevamo chi dei due ce l’avrebbe fatta. Poi hanno gridato il mio nome “Dario” e non potevo crederci! Che emozione! Mi sono fatto notare grazie all’utilizzo nelle mie ricette degli alcool e della frutta, senza dimenticare il tocco italiano sempre presente anche per variazioni di dolci tipici di qui, come il “Pouding chômeur” un dolce a base di sciroppo d’acero e di brown sugar, che ho riproposto in chiave italiana “sciroppo d’acero, caffè e Sambuca”. I giudici lo hanno adorato! Mi hanno definito “un intuitivo” nell’accostamento dei sapori a volte inusuali per loro, tipo il mio Saint-Honoré ai fichi caramellati, crema diplomatica all’alloro e mandorle tostate, ispirato ai fichi secchi pugliesi messi in barattolo con mandorle e alloro che faceva mia nonna materna ogni estate. Allora sì, il lato italiano li ha sicuramente conquistati!».

Oltre alla vittoria, il programma ti ha dato la possibilità di scrivere un libro. Quando sarà pubblicato e quali saranno le ricette contenute al suo interno?

«Esatto. Ho finito di scrivere il libro la scorsa estate nella mia casa italiana a Copertino, vicino Lecce. Dall’inizio della pandemia, torno ogni anno 3-4 mesi in Italia per vedere la famiglia e gli amici. Al momento l’editore sta correggendo il manoscritto in francese, ed io sono in studio fotografico per fare le ricette e fotografare tutto. Le foto sono davvero strepitose! Il libro sarà pubblicato in primavera e se tutto va in porto (perché sto lavorando sodo con l’editore) dovrebbe essere disponibile anche in Europa via Amazon Francia! Non posso ancora dare tanti dettagli per quanto riguarda il contenuto del libro, ma all’interno troverete delle ricette d’ispirazione italiana, ma anche internazionale, e molte ricette che ho preparato durante la competizione televisiva tra cui il mio “Pouding corretto” al caffè e alla sambuca e il mio Saint-Honoré ai fichi e all’alloro. Questa settimana abbiamo fotografato la copertina del libro. Sono ancora in estasi!!!!! Veramente, un sogno inimmaginabile che si realizza!».

Nel frattempo come pasticcere sei molto attivo sui social, in particolare su Facebook e Instagram dove curi le pagine “Cuisiner avec Dario”, in cui condividi ricette per torte, pasticcini, ma anche squisiti piatti di pasta. Dove trai ispirazione per i tuoi dolci?

«I miei social preferiti sono Instagram e Facebook. Ho cominciato anche su TikTok ma sinceramente non mi ispira per nulla, sarà che sono più della generazione primi social, ho comunque quasi 41 anni! L’Italia ovviamente mi influenza tanto nelle mie creazioni, abbiamo una cucina così ricca che è impossibile non trarne ispirazione. Ma adoro prendere dolci e ricette di altri paesi e rivisitarli in chiave italiana, perché amo unire culture diverse. La cucina, la tavola, secondo me rappresenta il miglior punto d’incontro e di scoperta tra i popoli, da sempre».

Hai anche un tuo blog “Dario Bivona”. Che cosa racconti in questo spazio virtuale?

«Quando mi sono iscritto alla facoltà di Comunicazione e Pubblicità, mi son detto che il miglior modo per mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti era scrivere un blog. Grazie a Dario Bivona Blog ho potuto incontrare tanta gente nel campo della moda, del design, ristorazione, arte, cultura, insomma mi sono creato un network che mi ha permesso di accedere a serate ed eventi unici e di fare una vita mondana relativamente eccitante. Da qualche anno, però, il blog è fermo perché non ho il tempo materiale per riempirlo. Anche l’arrivo della Pandemia non ha facilitato le cose, non essendoci più eventi non aveva più senso scrivere».

Dal punto di vista lavorativo, Montreal ti ha aperto diverse porte. Come è la situazione attuale in Quebec e in generale in Canada?

«Montreal offre tanto in tutti i settori, e la cosa che mi è sempre piaciuta è che qui una persona come me – con un CV atipico e hyper vario – stimola i datori di lavoro al posto di scoraggiarli. In Europa, ho inviato qualche CV qua e là, anche in Italia, e quando mi rispondevano era per dirmi che il mio profilo era incostante e che non davo sicurezza. Certo, non sono mai rimasto in un posto più di 2-3 anni, ma penso che per un nuovo datore di lavoro sia più una ricchezza d’esperienze. No? Almeno, grazie al cielo, qui la vedono così. A parte questa parentesi che riguarda me, il mercato del lavoro in Canada e in Québec è ancora in crescita, con un leggero aumento della disoccupazione, ma lievissimo rispetto a tanti paesi che vivono un post pandemia difficile. I settori dell’aerospaziale, dell’energia verde, della metallurgia, della ristorazione, del turismo, dell’alberghiero sono in forte crescita da anni e nel post pandemia alcuni settori, un po’ come altrove anche, sono in penuria di lavoratori».

A chi consiglieresti Montreal per un trasferimento e un cambio di vita?

«Consiglierei Montreal come meta per vivere a chi è temerario e intraprendente! Trasferirsi qui richiede pazienza e costanza già per la domanda dei visti. Non abbiamo parlato del clima, ma qui in inverno si toccano i meno 40 gradi a volte. Non credo che gli irriducibili del sole, mare e abitino leggero tutto l’anno possano farcela! Sono uno dei pochi italiani, del gruppo che avevo nel 2006 appena arrivato, a essere rimasto, tutti gli altri amici italiani che ho incontrato sono scappati via dopo un inverno. Io adoro passare l’inverno in un posto dove l’inverno è un vero inverno, come adoro passare l’estate in Italia perché il caldo, secondo me, si addice all’Italia! Però è un cambiamento climatico importante che bisogna essere pronti a vivere. Sinceramente, Montreal è una sorta di micro mondo dove tutto è possibile, basta essere un po’ intraprendenti, ambiziosi e rimboccarsi le maniche. Nel mio caso ha avuto anche una buona dose di fortuna. Ma se considerate che sono arrivato qui 16 anni fa con una laurea in farmacia e un master in biologia e biochimica dell’invecchiamento, e che oggi sto pubblicando un libro di pasticceria, dopo aver fatto il modello qualche anno (quando ero giovane, bello e magro… facevo meno dolci!!!!), aver lanciato una collezione di gioielli upcycling fatti di bottoni (per tre anni… vendevo nelle boutique di tutti i più grandi musei di Montreal), essere passato attraverso una nuova laurea in comunicazione e pubblicità e aver lavorato nel settore quasi 10 anni se includiamo lo stage durante gli studi, aver vinto Bake Off Québec… beh penso che anche un po’ di mio ce l’ho messo!

Ho sempre pensato che con un po’ di volontà e un po’ di testardaggine, nella vita tutto è possibile. Se siete pronti a fare un cambio di vita radicale a livello climatico, a immergervi in una nuova cultura senza però sentirvi completamente perduti, a lavorare sodo e a cogliere le opportunità che vi passeranno davanti, Montreal è sicuramente la destinazione perfetta per voi».

In che modo è cambiata la tua vita da quando vivi a Montreal?

«La mia vita è cambiata completamente. Montreal mi ha offerto una miriade di opportunità che in Italia avrei potuto solo sognare. Oggi posso permettermi il lusso di lavorare sui progetti che m’interessano veramente e che mi appassionano. Basta il lavoro d’ufficio dalle 9:00 alle 17:00, basta le riunioni infinite per non arrivare a nulla e dover fare un’altra riunione per riprendere la precedente, basta la noia mortale della routine lavorativa standard: ecco cosa è cambiato veramente da quando sono arrivato a Montréal!».

Hai altri sogni nel cassetto e progetti per il futuro?

«Al momento (perché sogno di continuo!), il mio più grande sogno nel cassetto sarebbe di avere un programma televisivo mio in Quebec sulla cucina e magari scrivere un secondo libro. Dopo l’uscita del mio libro in primavera, forse altri sogni si realizzeranno, chi lo sa… Incrocio le dita!».

E noi per te!

Per contattare Dario Bivona ecco i suoi recapiti:

Mail: dariobiv@gmail.com

Instagram: @dariobiv / @cuisineravecdario

Facebook: https://www.facebook.com/cuisineravecdario /

https://www.facebook.com/dariobiv/