Costruire una comunità accogliente in Ecuador: il sogno di Alberto e Daniela

Originari di Bergamo, dopo essere stati in Paraguay, Uruguay, Ungheria e Inghilterra, Alberto e Daniela da un anno vivono stabilmente in Ecuador. Qui hanno trovato relax, tanta natura e un ambiente accogliente nei confronti degli expat. Il loro desiderio è comprare un terreno e costruire una casa, per creare una comunità con famiglie a loro affini: “Un gruppo di vicini di casa, che si aiutano e si appoggiano a vicenda, magari lavorano insieme, ed alimentano valori elevati che trasmettono anche alla comunità circostante”. Ecco cosa ci hanno detto!

Di Enza Petruzziello

Una regione dal clima straordinario e dalla biodiversità invidiabile: da oltre un anno Alberto e Daniela hanno scelto di fare del Ecuador la loro casa.

Originari di Bergamo, prima di trasferirsi vivevano in un delizioso paesino chiamato Roncola San Bernardo, a 700 metri sul livello del mare. Ingegnere elettronico lui, artigiana artistica lei, Alberto e Daniela per un breve periodo hanno lavorato insieme in un’azienda immobiliare turistica delle valli Bergamasche.

Lasciano l’Italia nel 2006, per unirsi ad una scuola di rigenerazione interiore ad Asuncion, in Paraguay. Da allora hanno sempre vissuto all’estero, fra Paraguay, Uruguay, poi due anni in Ungheria, e sei in Inghilterra, fino al 2022.

Ora si trovano nella pittoresca regione di Pichincha, vicino alla capitale Quito e a Mindo, la rinomata “capitale delle farfalle”. Qui, dove l’aria è fresca e le acque abbondano, la coppia ha un sogno: costruire una comunità accogliente e un ambiente condiviso con famiglie affini, una fiamma di amicizia e avventura che brucia intensamente nei loro cuori. Ecco cosa ci hanno detto.

Costruire una comunità accogliente in Ecuador: il sogno di Alberto e Daniela

Alberto, Daniela come vi siete conosciuti?

«Tutto parte dai nostri interessi nel campo dello sviluppo dell’essere umano, della liberazione dai nostri problemi, a partire dalla mente. È per questo che ci siamo conosciuti, perché sia io (Alberto) che Daniela eravamo membri di un movimento per la autoconoscenza: compagni di scuola, per così dire. Scoprimmo in seguito che si trattava di una setta, ma il tutto divenne chiaro quando eravamo ormai ad Asunciòn, cosa che ci creò una grossa crisi, ma che ci diede anche straordinarie comprensioni su come l’essere umano viene soggiogato da forze che non comprende».

Perché a un certo punto della vostra vita avete sentito l’esigenza di mollare tutto e trasferirvi in Sudamerica?

«Nel 2022, quando vivevamo a Sheffield, UK, notammo qualcosa di nuovo: il governo britannico, che nel 2016 aveva fatto un notevole autogol con la Brexit, senza motivo apparente, incominciò a fare mosse provocatorie verso la Russia, del tipo invadere le loro acque territoriali con un incrociatore nel Mar Nero. A quel punto, e considerando le loro mosse successive, ci siamo accorti di quanto fossero pericolosi per il proprio popolo, che a mio modo di vedere non rappresentano più da molto tempo. Vedendo poi le imprese degli altri governanti dell’Unione Europea ci siamo detti che era meglio cambiare proprio Continente.

Pur trovando molto gradevoli le persone nel Regno Unito, incluso Galles e Scozia, ed adorabili i loro paesini (non tanto le città) decidemmo che il nostro tempo lì era finito, lasciammo il lavoro all’Università di Sheffield, vendemmo la nostra casa col giardino, affidammo le nostre cose di casa ad un’azienda di trasporti marittimi di Liverpool, e comprammo un biglietto di sola andata per l’altro lato del mondo».

Cosa vi ha spinto a scegliere l’Ecuador come luogo in cui vivere?

«Da anni leggevamo i testi online di uno scrittore inglese che vive nel Paese dal 2012 (Bill Ryan), e questo aveva acceso la nostra curiosità, per cui l’Ecuador era entrato nella rosa dei candidati. Si tratta, inoltre, di un Paese con una politica migratoria abbastanza aperta, dove si parla lo spagnolo che già conoscevamo, che ha risorse abbondanti di tutti i generi, dai gamberi al petrolio, e che risulta spesso in cima alle destinazioni preferite dai migranti a livello mondiale. Oltretutto non era molto esigente in termini di vaccini per entrare, ed alla fine si piazzò saldamente in testa alla nostra classifica».

Parlateci dei vostri viaggi e delle vostre esperienze nel sud del paese, tra Vilcabamba, Loja e la regione di Pichincha. Cosa vi ha colpito di più di queste diverse località?

«In generale la natura, è qualcosa che non puoi ignorare in Ecuador. Il sole è molto forte, le piogge, in molte regioni, sono quotidiane, quindi il verde è “potente”, ed alimenta una biodiversità altrettanto affascinante. Senza arrivare alle isole Galapagos, che fanno storia a sé, le grandi regioni del Paese, come quelle in cui siamo vissuti noi, sono delle riserve naturali ricchissime, a volte dichiarate protette, a volte senza tanta ufficialità. La regione orientale, che qui chiamano Amazzonia, ed è parte del grande polmone verde del pianeta, in cui non siamo ancora andati, pare essere tutto questo, però moltiplicato per due sotto molti aspetti, dalla quantità di piogge quotidiane, alla dimensione delle formiche».

Perché avete deciso di stabilizzarvi proprio nella regione di Pichincha? Cosa vi affascina di questo luogo?

«Questa zona riunisce vari vantaggi, perché in due o tre ore puoi arrivare a Quito, la capitale, che è una città di livello europeo, dove puoi trovare di tutto, ma quando non sei lì puoi vivere in zone piene di alberi, uccelli di ogni tipo, e coltivare quello che vuoi, scegliendo addirittura il clima che preferisci: spostandoti un po’ più ad est stai più fresco, mentre ad ovest trovi caldo e afa, perché vai verso la costa. Un ettaro di terra qui costa mediamente 40.000 dollari, e costruire una casa nuova sui 35.000 dollari, dunque chi abbia dei risparmi o una pensione può farsi una bella residenza. In Amazzonia, inutile dirlo, la terra costa molto meno, ma fa più caldo! Indiana Jones non ci penserebbe due volte».

Abitate nel cantone di Pedro Vicente Maldonado, pittoresca località della regione. Com’è vivere qui?

«Il valore della zona sono i suoi boschi e le sue acque: ogni grossa proprietà della zona vanta ruscelli, sorgenti proprie, fiumi e cascatelle di passaggio, e poi alberi di frutti che in Italia non avevamo mai visto, come il Salak, il Noni, la Guanabana, la Pitahaya, Guayaba, oltre ai classici come la Papaya, le banane e gli agrumi, e spesso piantagioni di palmito, cacao e caffé. Tutti hanno appeso da qualche parte attorno alla casa l’abbeveratoio con acqua e miele dei colibrì, ed i clienti non mancano!

I paesini qui hanno un’architettura piuttosto “spelacchiata”, ma bisogna dire che grazie ai governi degli anni passati si è rinforzata molto l’infrastruttura, per cui le strade principali sono discrete, Internet viaggia su fibra ottica, e chi ha provato gli ospedali, in generale nel settore privato, ne parla bene. Una otturazione dal dentista costa tra i 25 e i 40 dollari, che sono la moneta nazionale dal 2000. Il cibo è abbondante, e a mezzogiorno ne hai la riprova quando ogni ristorantino del Paese offre l’almuerzo (il pranzo) intorno ai tre dollari e mezzo o quattro (primo, secondo e bibita). La loro cucina non è sofisticata come la nostra, ma abbondano carne e pesce, e minestre varie a base di tuberi e legumi».

Quali sono le sfide principali che avete incontrato e come avete superato gli ostacoli? Sia da un punto di vista burocratico che pratico?

«La burocrazia per ottenere i visti o per avere i documenti di identità è stata efficiente. Devo dire che ho avuto più problemi con l’Italia che con le autorità locali. Naturalmente, se non si parla bene lo spagnolo, la cosa è proibitiva, e bisogna appoggiarsi a qualcuno che aiuti, come in ogni Paese.

Per noi la difficoltà è stata più che altro dover scoprire il Paese senza avere dall’inizio un’automobile. Nei primi sei mesi abbiamo fatto moltissimi chilometri sugli autobus e sui taxi, che comunque è una eccellente maniera di conoscere i posti sia perché si vede gente vera sia perché i tassisti, qui, sono delle enciclopedie, e sempre disposti a chiacchierare. Ora stiamo prendendo la patente locale, ed abbiamo una macchina, quindi le cose sono più semplici. Qualche volta l’intestino si è “offeso”, bloccandoci a casa per qualche giorno. Abbiamo preso la cosa come una sorta di processo di “tropicalizzazione” dell’organismo, che gradualmente si abituava ai germi locali, e adesso la cosa non succede più».

Invece per quanto riguarda la cultura e la sicurezza?

«La gente non pensa come noi. Forse per via del sistema scolastico, che somiglia a quello italiano di 80 anni fa, qui non si vede tanta indipendenza e originalità come in Italia. Questo, in fondo, è un vantaggio per gli italiani che sbarcano qui. Il lato positivo è anche che gli ecuatoriani (non esiste la parola ecuadoregni) hanno meno grilli per la testa. È vero che qui le forze dell’ordine non sono molto trasparenti, ossia non sei mai sicuro se fanno il proprio lavoro, e in certe zone del Paese (più che altro sulla costa, a Guayaquil e nella provincia di Esmeraldas) questo è un brutto periodo dal punto di vista dell’ordine pubblico. In compenso, in molte città si vedono dei grossi cartelli che avvisano che: “Il delinquente che pigliamo, lo sistemiamo noi”, ossia che i cittadini si coalizzano per fare giustizia a modo loro, specialmente nelle zone a maggiore componente indigena. La polizia non contrasta questa pratica, e se la gente consegna loro un ladro un po’ malconcio, non fanno domande sul chi o sul come, e se lo prendono».

Costruire una comunità accogliente in Ecuador: il sogno di Alberto e Daniela

Avete menzionato il desiderio di comprare un terreno e costruire una casa, magari per creare una comunità con famiglie affini. Come immaginate questa comunità e quali sono le caratteristiche che devono avere i potenziali membri?

«I nostri amici sono persone animate dalla sete per la verità, e sanno mettere in discussione le idee e le presunte certezze, incluso il loro stesso modo di pensare, quando vedono che qualcosa non torna, e non difendono per orgoglio le loro convinzioni: son capaci di dire “mi sono sbagliato”, guardando in faccia la realtà. Sanno, o per lo meno sospettano fortemente di essere spiriti che abitano nel mondo fisico, e quindi anelano andare al di là delle apparenze, e dei dogmi nei quali siamo vissuti per generazioni, per perseguire valori elevati. Sono persone amanti della natura, ma che non rifiutano la tecnologia, quando questa li serve e non li domina. Rispettano le abitudini altrui, dunque se il vicino mangia carne o grilli non si offendono, purché la loro casa non sia un allevamento di bestiame. Noi curiamo la nostra dieta, che tende al vegetale ed al crudo, ma senza fanatismi. La nostra comunità dovrebbe essere quindi composta da un gruppo di vicini di casa, che si aiutano e si appoggiano a vicenda, magari lavorano insieme, ed alimentano valori elevati che trasmettono anche alla comunità circostante».

Mindo, la “capitale delle farfalle”, sembra un luogo magico. Che tipo di legami avete stabilito con questa zona e quale ruolo svolgerà nella vostra avventura?

«La bellezza e biodiversità di questo luogo è un magnete che attrae molto turismo, dunque può servire da catalizzatore per imprese di tipo turistico ed alberghiero. In questa area comprano e costruiscono seconde case gli abitanti della capitale, e questo ha dato impulso alla creazione di innumerevoli “urbanizzazioni”, ossia quartieri privati dove si può godere di una maggiore sicurezza e di infrastrutture superiori a quelle pubbliche. Alcune urbanizzazioni hanno lotti da 500 metri quadrati, per casa da weekend, altri da un ettaro, per avere la propria piccola fattoria. Stiamo guardando in particolare a questi ultimi. Tutto quello che si fa da queste parti può fruire di un pubblico che va ben al di là degli abitanti del luogo. Per la stessa ragione si conoscono qui persone assai interessanti, ed anche alcuni italiani!».

Quale impatto sperate di avere sull’ambiente circostante e sulla comunità locale tramite il vostro progetto?

«Attraendo persone portatrici di conoscenze e di idee che vengono da lontano si può “impollinare” positivamente quella parte della società locale aperta al cambiamento, lavorando insieme, facendo corsi, conferenze, o anche aprendo una scuola di cucina italiana, un’idea che culliamo da tempo. Il mese scorso abbiamo tenuto le prime due conferenze a Mindo, sul tema “La mente misteriosa”, dove parliamo della conoscenza di sé stessi. Così abbiamo conosciuto una trentina di persone interessate ai temi che per noi sono il principale oggetto di indagine. Con loro intendiamo continuare in questa direzione, per diffondere quello che conosciamo ed apprendere cose nuove».

Come vorreste coinvolgere altre persone nella vostra comunità? Quali sono i vostri desideri per il futuro di questa avventura condivisa?

«Per noi va bene sia una comunità aperta, di gente che vive vicino, e si aiuta e frequenta, portando avanti progetti comuni, per esempio un vivaio di orchidee, o una panetteria italiana, ma ciascuno con la propria casa sul proprio terreno, o anche un concetto più coeso, dove si diventa comproprietari di un terreno grande, nel quale oltre alla propria casa ed orto personali, si possono fare infrastruttura idrica ed elettrica comune, o gestire attività come serre, vivai, o di trasformazione dei prodotti della terra.

Per chi come voi sta pensando di trasferirsi all’estero, quali sono le opportunità che possono trovare in Ecuador, e che consigli dareste loro?

«Se si ha una specializzazione o esperienza e si parla spagnolo, ovviamente, si può entrare nel tessuto economico in modo tradizionale, magari gestendo clientela di oltreoceano per aziende locali. Tuttavia, con le possibilità di lavoro online, oggigiorno non occorre piegarsi alle limitazioni del mercato lavorativo locale. Occorre riflettere bene sulle proprie capacità, e considerare che non solo qui mancano varie cose, come gli insegnanti di materie come inglese o italiano, ma che queste conoscenze possono essere usate su internet. Se alcune cose scarseggiano, altre sono qui molto abbondanti, per esempio frutta straordinaria, cacao, caffè o orchidee, che altrove mancano. Se pretendi di vivere facendo il giardiniere, al quale qui non mancherà mai lavoro, occorre metterci quel pizzico di extra che ti permetta di non prendere il salario minimo, cioè sui 500 $ mensili, per esempio facendo anche l’architettura dei giardini. Insomma, si devono sfruttare le opportunità derivanti dalle importanti differenze che facilmente saltano agli occhi.

Il cambio è notevole, dunque occorre avere una notevole capacità di adattamento. Se si soffre all’idea di rinunciare ad abitudini come l’aperitivo al bar con gli amici o le partite la domenica, è meglio non fare cose del genere. Per noi questo è stato un aiuto a svincolarsi: non abbiamo una televisione dal 2006, e le notizie ce le cerchiamo noi, e da fonti multiple ed opposte, per esempio BBC e RT, tanto per non sbagliare. Non dobbiamo scordarci che un “grande viaggio” è anche un’espressione di un cambio interiore che vuole avvenire, e trova la sua forma apparente nel nostro spostamento fisico».

Come è cambiata la vostra vita da quando siete in Ecuador?

«Moltissimo. In particolare abbiamo conosciuto nuovi luoghi ed amici significativi, di molti Paesi, ad un ritmo che non avevamo mai sperimentato. Una sorta di apertura che ci ha fatti sentire sempre meno “italiani” o “europei”, e sempre più “umani”. I luoghi comuni che una volta punteggiavano la nostra giornata, e che sono figli dei media, ora sono un lontano ricordo. Momenti difficili, in cui ci chiedevamo se avevamo fatto la cosa giusta, ce ne sono anche stati. Poi, però, vedevamo le ultime notizie dall’Europa, le nuove “linee rosse” superate con nonchalance dei nostri governi nell’escalation del conflitto in Ucraina, e capivamo che avevamo fatto la scelta migliore. Quando parlavamo con i vecchi amici e colleghi in Inghilterra non mancavano mai di dire che siamo partiti “al momento giusto”. Sul morale degli italiani in questi ultimi anni, lasciamo ai lettori il giudizio».

Oltre al vostro sogno di creare una comunità, quali sono gli altri progetti per il futuro?

«Il nostro sogno (lucido!) è di creare un centro di crescita interiore, per lo sviluppo armonico dell’essere umano, nel quale possano venire persone nobili da varie direzioni a dare apporti, ed anime assetate a riceverli, perché, non dimentichiamo, nessuna sa esattamente quando si concluderà la sua vita, e se è bene stare lontani da una guerra, è ancora meglio conoscere la propria natura in un’ottica più ampia della vita materialistica e indottrinata che ci propina la ideologia dominante».

Per contattare Alberto e Daniela ecco i loro recapiti:

Mail: alberto.e.daniela@gmail.com

Whatsapp: +44 7710 762209

Youtube: @AlbertoeDaniela

Sito web: www.spaziosereno.com.

PS

Vorremmo anche far sapere a chi è interessato ma non sa da che parte si comincia per vivere in Ecuador, che noi organizzeremo dei piccoli tour ogni mese, per conoscere la zona dove viviamo, e stiamo lavorando per creare la base di una comunità. Questi tour includono:

– visite a Quito, la capitale del paese, per vedere l’aspetto urbano, la parte più moderna dell’Ecuador, col suo centro storico coloniale, il giardino botanico e dei bonsai, il museo de la Mitad del Mundo, i mercati, magari un tour di degustazione di cioccolato!- visite a Mindo, per vedere una parte turistica più caratteristica, le farfalle, le orchidee, le tante specie di uccelli, che ne hanno fatto la capitale del bird watching- conoscere la natura della regione, ricca di fiumi, cascate, e vedere le urbanizzazioni presenti nella zona che si estende fra la capitale ed il paese dove noi viviamo, Pedro Vicente Maldonado.

– piccole lezioni giocose di Spagnolo, tenute da noi stessi, per capire quanto questa lingua somigli all’Italiano – conversazioni su come si può ottenere la residenza legale nel paese

– capire quali sono le principali differenze con l’Italia,in positivo, come:la disponibilità costante di frutta e verdura durante l’anno, incluse molte specie che noi non conosciamo affatto, come la Guanabana, il Salak, oltre alle altre che conosciamo, come il Caffè, il Cacao, le Banane, o il prezzo molto basso di gas, benzina ed elettricità

o in negativo (magari per alcuni irrilevanti ma che ad altri potrebbero non piacere), come:la mentalità diversa della gente, l’edilizia brutta delle aree rurali, le difficoltà di trovare certi articoli, il prezzo elevato delle importazioni

Naturalmente, fare un viaggio dall’altra parte del Mondo con la famiglia non è una decisione che si prenda alla leggera, dunque per chi vuole fare domande e conoscerci meglio offriamo di fare una videoconferenza di un’ora o due, in cui ci mettiamo a disposizione per ogni chiarimento che possiamo fornire.

Il tour e le conferenze, naturalmente, richiedono tempo ed impegno per noi, dunque sono servizi che per noi costituiscono un vero e proprio lavoro, e come tali, hanno un costo.

Alberto e Daniela