Dal senso di insicurezza ai sentimenti rigeneranti: intervista alla psicologa Silvia Fanini

A cura di Enza Petruzziello

È trascorso più di un mese da quando in Italia il lockdown è diventato obbligatorio. Tutti a casa per prevenire la diffusione di COVID-19 . E ci resteremo ancora per diverso tempo. La reclusione forzata sta già cambiando il nostro stile di vita. Lontani dagli affetti, in alcuni casi dalla famiglia, impossibilitati a muoverci liberamente, ed affrontare ansie e paure finora sconosciute.

La curva del contagio ha iniziato la sua discesa. Probabilmente tra poco entreremo nella fase 2: di una lenta riapertura sia delle attività che della nostra vita. E non sarà facile, saremo liberi di uscire ma sempre con le limitazioni del distanziamento sociale e di usare guanti e mascherine.

Come possiamo prepararci a questa fase per evitare crolli emotivi? E come possiamo uscire rinforzati da una situazione unica nel suo genere?

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Silvia Fanini, psicologa e psicoterapeuta di Verona. Da oltre dieci anni impegnata in ambito clinico, si occupa delle difficoltà che giovani, adulti, genitori e coppie possono incontrare.

Inoltre collabora con Associazioni, Servizi sul territorio e Professionisti afferenti a varie discipline (medici di base, psichiatri, psicomotricisti, dietisti, ecc.).

SILVIA FANINI PSICOTERAPEUTA

Dottoressa Fanini, la situazione attuale è una circostanza in cui ci troviamo tutti a vivere per la prima volta: bambini, adulti e anziani. Qual è lo stato d’animo che prevale in questo momento?

«Come Lei ha sottolineato stiamo decisamente affrontando un momento che non ci saremmo mai aspettati di vivere. Proprio per questo ci troviamo impreparati davanti ad una pandemia che ci costringe a stare a casa e ad adattarci ad un dimensione di vita nuova. Quando affrontiamo qualcosa di nuovo, bello o brutto che sia, si affaccia in primis il senso di insicurezza: perdiamo i riferimenti, la stabilità che avevamo e che costituiva la nostra abitudine, ci vuole del tempo per ricrearne una nuova e trovare nuovi terreni stabili. In questa particolare situazione inoltre si aggiunge il senso di incertezza (non sappiamo quanto durerà tutto questo), la paura, l’ansia, la rabbia per ciò che sta accadendo, il senso di solitudine ( la mancanza di un abbraccio, della vicinanza con gli altri che è elemento vitale per gli esseri umani), la confusione.

Non Le nego però che, anche se smarriti e confusi, noto un fiorire di sentimenti “rigeneranti”: la speranza, la gioia anche per piccoli gesti, la gratitudine, il bisogno di distinguere il superfluo dal necessario».

Pesa la costrizione, la privazione di quelle libertà che forse davamo per scontate. Si vive tra la preoccupazione e l’attesa. Quali sono i problemi, le paure e le ansie che le persone le sottopongono in questo momento così delicato?

«In questi giorni le paure sono diverse e si sono diversificate anche nelle varie fasi di questa emergenza: se all’inizio la paura più grande era quella di essere contagiati o che ad esserlo fossero i propri cari, ora stanno emergendo paure legate all’aspetto economico ed alla ripresa, a come riaffrontare un mondo che inizialmente sarà diverso, che ci obbligherà, ancora una volta, a ripensare i nostri stili di vita. Dovremo creare nuovi modi di stare nel mondo!».

Soprattutto nei primi tempi ci sono state diverse scene di panico. Persone che anche di notte hanno preso d’assalto i supermercati facendo razzia di beni alimentari e carta igienica. Abbiamo visto gente prendere il treno per tornare al sud prima della chiusura completa. Che cosa è scattato in quei momenti nella mente e nell’animo di queste persone?

«Come dicevamo prima è una situazione completamente nuova, una situazione che abbiamo visto, molto probabilmente, solo nei film. C’è stata subito un‘attivazione emozionale: LA PAURA HA ORIENTATO LE AZIONI. Le persone hanno cercato di “accaparrarsi” quelli che vengono chiamati bisogni primari, il cibo e la vicinanza dei propri cari, probabilmente non pensando ai rischi che questo poteva comportare.

La responsabilità però, in questo momento, va ben oltre noi stessi, il rispettare le regole che sono state date è un dovere per tutta l’umanità. Ciò che sta accadendo ci sta insegnando che siamo tutti interconnessi. Una bella sfida per la nostra società individualista».

Sappiamo che non c’è un antidodo, ma un consiglio che lei potrebbe dare per gestire e contenere la paura e l’ansia?

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«Ciò che posso consigliare è, prima di tutto, attingere alla propria solidità (siamo vivi anche se chiusi in casa). Ricordiamocelo spesso e, nel ricordarlo, facciamo cose che ci facciano stare bene: mangiamo in modo equilibrato, facciamo attività fisica, respiriamo (tante sono le app messe a disposizione o brevi articoli che possano orientarvi nella respirazione), dedichiamoci a passioni che abbiamo messo da parte, INVENTIAMO nuovi modi di essere in contatto con gli altri, cerchiamo di essere “amorevoli” con i nostri stati d’animo (non giudichiamoci se cambiamo spesso umore!).

Un’altra raccomandazione: non passare troppo tempo alla ricerca di informazioni dai media o dai social!».

In tanti si ritrovano a casa da soli, altri con un partner che stavano per lasciare, e altri ancora vivono una convivenza forzata 24 ore su 24. Forse sono le situazioni più difficili da affrontare. In che modo è possibile aiutare queste persone?

«Il primo modo di aiutare le persone che si trovano a casa da sole è far sentire la nostra vicinanza, il nostro esserci con loro, anche se distanti. Una telefonata, un messaggio può essere un dono prezioso in questo momento. Penso, in particolar modo, alle persone anziane e ammalate: i loro cuori sono i più impauriti, far sapere che ci siamo per loro è essenziale.

A questo proposito voglio ricordare la bella iniziativa di SENIOR ITALIA FEDERANZIANI  che ha attivato un numero verde nazionale 800 99 14 14 per affrontare l’emergenza solitudine.

Per quanto riguarda le coppie e le convivenze forzate la soluzione non è semplice: ognuno può cercare di creare spazi propri, ma so che non è sempre possibile. Anche qui il supporto degli altri può essere utile, anche se non risolutivo.

Ci tengo ad aprire una parentesi anche per un’altra situazione che desta preoccupazione e che riguarda le donne che vivono situazioni di violenza e maltrattamento in casa. I Centri Antiviolenza hanno attivato e potenziato in tutta Italia il sostegno telefonico per ricordare alle donne che non sono sole».

Quali saranno gli effetti psicologici a medio e lungo termine?

«Penso che gli effetti saranno diversi a seconda delle esperienze attraversate. Chi ha subito lutti e perdite dovrà confrontarsi con un dolore profondo, reso ancora più grave dalla mancanza dei rituali che permettono il saluto ai nostri affetti. Chi ha attraversato la malattia probabilmente proverà gioia nel tornare alla vita, ma il fantasma della paura di ciò che ha vissuto potrebbe riapparire.

Tutti noi, in ogni caso, faremo i conti con la nostra fragilità: ci credevamo i padroni del mondo, ma il mondo ci ha ricordato che non è una nostra proprietà e che non possiamo controllare tutto. Potrebbe però questa essere l’occasione per celebrare la vita e per apprezzare la bellezza che ci circonda e che, spesso, diamo per scontata».

In un’epoca di impegni frenetici, di genitori distanti dai figli, le persone hanno ritrovato la condizione di trascorre il proprio tempo in famiglia. Può essere l’occasione giusta per riacquistare certi valori da mantenere anche in futuro?

«Può essere sicuramente un’occasione per iniziare a rivedere la mappa delle nostre priorità e dei nostri stili di vita. Come tutte le occasioni, però, deve essere colta: piantare un seme non basta per far crescere una pianta forte e rigogliosa, deve essere poi annaffiato e curato».

Tra poco entreremo nella fase 2. Ci sarà una lenta riapertura sia delle attività che della nostra vita. Che consiglio si sente di dare ai nostri lettori per cercare di vivere questa situazione nel modo meno traumatico possibile?

«Vivere giorno per giorno: concentrarsi su una cosa alla volta e un giorno alla volta. Sarebbe inutile e controproducente pensare “troppo avanti”, ad un futuro che genera incertezza. Se pensiamo a ciò che possiamo affrontare oggi, ci focalizziamo sul presente e sulla situazione reale, su quello che c’è e non su quello che potrebbe esserci».

Un’ultima domanda. Dopo un grande trauma c’è spesso una rinascita. È possibile secondo lei che questo possa verificarsi anche adesso?

«Lo spero… E auguro a tutti che questo tempo non sia solo perso, ma anche ritrovato; che quando usciremo dalle nostre case lentamente, dandoci la mano, gusteremo ogni nostro passo e la pienezza della vita».

Il sito delle Dottoressa Fanini:

Punto d’incontro, Dottoressa Fanini