Trasferirsi in Bolivia

A cura di Nicole Cascione

La Bolivia è entrata a far parte della vita di Patrizia Palonta in maniera del tutto casuale. Un Paese dai mille colori e dalle tante sfaccettature. Un posto per tutti quelli che sanno vedere e che offre la possibilità di sentirsi utili per qualcuno. Proprio alla luce di questo, Patrizia ha deciso di dare vita al progetto quadriennale “Sistema Titicaca”, nato con la finalità di provare a riportare un maggiore rispetto per l’ambiente e per la natura nelle attività umane, al fine di difendere la salute delle popolazioni e del lago.

Patrizia, quando e per quale motivo hai deciso di trasferirti in Bolivia?

In Bolivia ci sono arrivata per questioni familiari, mio figlio si è sposato con una donna boliviana. Decise di sposarsi all’Isola del Sol sul lago Titicaca. Il giorno prima di trasferirci tutti sul posto, vidi un uomo picchiare la propria donna e la propria figlia e tirarle per capelli per farle salire in auto. Un gesto che mi colpì molto. Il giorno dopo, arrivati a Isla del Sol, decisi di allontanarmi per una passeggiata in solitaria. Salii su una montagna e all’altezza di 3.900 metri chiusi gli occhi. Ad un tratto sentii una musichetta. Pensai fosse il cellulare, ma il telefono era spento e, con mia grande sopresa, mi resi conto di essere sola, così intrapresi una conversazione con me stessa e ripensai alla donna picchiata. In quel momento il cielo si schiarì all’improvviso e allora capii che in qualche modo sarei dovuta intervenire in quella realtà tanto violenta, ripromettendomi che, se avessi trovato dei soldi, sarei intervenuta in qualche modo con la nostra associazione. Qualche mese dopo, quando tutto era stato dimenticato, un amico, parlando di progetti, mi disse che era uscito un bando della Convenzione delle Alpi che premiava le migliori attività svolte in ambito alpino. Abbiamo vinto il primo premio consistente in 10 mila euro. Quando andai a ritirare il premio, una cartolina di uno degli invitati raffigurante il Titicaca, mi fece ricordare il patto di alcuni mesi prima e così decisi di investire metà del premio nella prima attività di formazione in Bolivia.

Patrizia Palonta bolivia

Quali sono state le tue prime impressioni all’arrivo?

La Bolivia è un posto stranissimo, perchè ti offre un’immagine quando la visiti da turista e successivamente te ne offre un’altra, completamente diversa, nel momento in cui ci vivi. E’ sicuramente un gran bel posto, dai mille colori. Se qualcuno mi chiedesse qual è la cosa più bella della Bolivia, risponderei le nuvole, perchè sono completamente diverse da quelle del resto del mondo. Siamo a 4mila metri in un posto ventoso. La luce, i colori e le nuvole sono le cose più belle. Qui tutto brilla.

Quali sono gli aspetti positivi e quali quelli negativi del vivere in Bolivia?

Qui hai la sensazione di essere utile, cosa che in Europa manca. Nella mia vita ho cambiato tanti mestieri, perchè ogni volta che apprendo una professione decido di cambiare per imparare altro. A conti fatti mi sembra quasi di aver fatto un percorso di formazione nella mia vita, un percorso che mi ha condotto qui, dove sto mettendo in pratica tutto quello che ho imparato negli anni passati. E’ un popolo, quello boliviano, che ha ancora un percorso di crescita da compiere, a causa del colonialismo che lo ha bloccato per secoli, ecco perchè qui mi sento utile. Ma per essere utile devi imparare a comunicare con loro ed è una cosa molto difficile. Bisogna avere il giusto approccio. Se ti poni come fossi quella che sa, stai pur certa che non ti ascolteranno. Se invece fingi di saperne meno di loro e di volere il loro aiuto per poter andare avanti, riesci ad ottenere molto.

Bolivia per pochi o per molti?

Bolivia per tutti quelli che sanno mediare e sanno vedere. In realtà qui esistono due Bolivie, così come esistono due tipi di moneta. Esiste la Bolivia europea, quella dove c’è il dollaro. Ed è quella parte adatta a tutti. E poi c’è la Bolivia dei boliviani, quella dove vivo io. E qui nulla è semplice. Basti pensare che ci sono ben 36 etnie differenti e le due più diffuse sono: i quechua e gli aymara, questi ultimi sono autoreferenziali, il che rende difficile la collaborazione e il lavoro per un bene comune.

Alcuni episodi o aneddoti ricchi di signficato?

Quando un aymara, uomo o donna, si sposa, la scelta del coniuge avviene per priorità che spesso sono di ordine materiale: eventuali possedimenti e capacità di lavoro. L’amore è solo una delle componenti del contratto matrimoniale. Il tutto è comprensibile se si analizza la storia del Paese, le cui popolazioni, nel passato, hanno avuto vita difficile.

Ti andrebbe di parlarci del tuo progetto Sistema Titicaca?

Il nome offre indicazioni sull’idea di base: intervenire sull’economia (artigiananto, agricoltura e allevamento), vista come un sistema integrato all’ambiente e alla sua popolazione. L’obiettivo è quello di intervenire sull’economia, trasmettendo buone pratiche e contenuti innovativi, limitando in questo modo le fonti di inquinamento che lentamente stanno uccidendo tutte le forme di vita del lago sacro, il Titicaca. Quest’area della Bolivia, proprio a causa dell’inquinamento delle acque causate principalmente da scarichi urbani non trattati e dalle lavorazioni minerarie prive di controllo, ha il più alto tasso di tumori al collo dell’utero e di tubercolosi a causa di sistemi immunitari danneggiati dalle condizioni di vita.

Sistema Titicaca vuole provare a riportare un maggiore rispetto per l’ambiente e per la natura nelle attività umane, al fine di difendere la salute delle popolazioni e del lago.

In campo artigianale stiamo svolgendo corsi di formazione sul feltro e sul recupero della tintura naturale per le lane; in agricoltura stiamo producendo ortaggi da seme per combattere il mercato degli ibridi (F1) e dei semi OGM, per ridare un po’ di libertà, anche economica, agli agricoltori. Stiamo inoltre informando sulle nuove tecniche agricole, sperando di riuscire a fare abbandonare i prodotti chimici (concimi e diserbanti). Sempre in campo agricolo, stiamo introducendo nelle varie comunità della provincia OMASUYOS le mele da altura, per fornire vitamine ai bambini delle scuole primarie.

Tutto ruota tra l’informazione agricola e ambientale e la formazione agricola e artigianale. Tutte le nostre attività sono rivolte alle donne, in quanto soggetti in grado di apportare i cambiamenti.

A proposito di queste ultime, in quali condizioni vivono le donne boliviane?

Dipende. Di quali donne boliviane stiamo parlando? Quelle dell’etnia aymara sono molto particolari, lavorano tantissimo. Nei campi, alle quattro del mattino, si alzano per preparare il cibo, la colazione e i vari lavori sino alle sette/otto, poi portano gli animali nei campi, seguono varie faccende, pranzo, figli e altre attività. Mentre la sera e la notte sono dedicate ai lavori artigianali. Le donne commercianti invece, quelle che lavorano al mercato, sono in grado di restare sedute alla propria bancarella per 12 ore di fila senza mai alzarsi, aspettando clienti e vendendo. Il valore del loro tempo è variabile, ma sempre piuttosto basso. Avere un marito equivale a possedere una posizione sociale (moltissime in Bolivia sono single, senza compagno, donne con figli, a volte avuti da più uomini, ma abbandonate dai propri mariti, conviventi, amanti), posizione che viene difesa con i denti. Una volta ho assistito alla scena di un marito che picchiava per strada la moglie e quando, abbiamo cercato di farlo smettere, anche minacciandolo di chiamare la polizia, la donna ci ha risposto: “Mio marito può picchiarmi quando e come vuole”.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Bella domanda. E’ difficile per me rispondere. Sono arrivata qui in maniera del tutto casuale. Il progetto “Sistema Titicaca” E’ quadriennale, perchè tutto dipende dai fondi e dai finanziamenti che riusciremo a conquistare. Perchè sono quelli che ci fanno andare avanti.

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