Alice: i pro e i contro del vivere a Londra

A cura di Maricla Pannocchia

Alice, 36 anni, originaria di Palermo, ha lasciato l’Italia perché, per lei, era un Paese troppo soffocante. “Essere una donna in Italia è già difficile, figurarsi essere una donna con taglio e colore di capelli inusuale o con tatuaggi e anfibi, in cerca di lavoro.” Oltre a questo, ogni volta in cui faceva domanda per qualche lavoro, Alice si sentiva chiedere, “chi ti raccomanda?”. E così, la ragazza è partita alla volta del Regno Unito. “Ho vissuto a Manchester, città dove ho lasciato il cuore, e a Londra, ma non sono felice lì”. Al momento Alice si trova in Spagna, dove si sta prendendo una pausa di riflessione.

“Non so se voglio tornare a vivere a Londra, la città è cara, c’è una sorta di razzismo velato e tutti gli incontri nascono per fare networking professionale mentre a me piace frequentare persone che mi stimolano.” Tra gli aspetti positivi di vivere nella capitale inglese ci sono i concerti, i numerosi parchi e giardini, le piste ciclabili e la comunità d’italiani, attiva anche su Facebook, composta da tante persone che si aiutano fra loro. “Venire a vivere nel Regno Unito senza uno sponsor è diventato impossibile” racconta Alice, “è come voler vivere negli Stati Uniti. Suggerisco, dunque, di guardare altrove, ma se proprio volete venire qui, dovete trovarvi uno sponsor”.

Alice Castiglione Londra

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Ciao Alice, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao, sono Alice e sono palermitana. Ho 36 anni e sono una viaggiatrice, nomade femminista punkrocker nell’anima e nella vita. Adoro i videogiochi, la musica, le arti visive, la lettura, il cibo, il vino, la scrittura, gli animali e soprattutto adoro sentire la meraviglia che suscita la scoperta del mondo e delle creature che lo abitano.

Quando e perché hai lasciato l’Italia?

Ho lasciato l’Italia per insoddisfazione. Essere una donna in Italia già è uno schifo sia a livello lavorativo sia dal punto di vista sociale, immagina essere una matta con i capelli colorati, tatuaggi e anfibi che cerca di lavorare applicando conoscenze acquisite nell’ambito artistico e creativo. Certo, si potrebbe dire “ti devi dare una sistemata, ci vuole la bella presenza, non é professionale” ma io non ho mai accettato queste regole perbeniste. Io devo essere apprezzata per il mio cervello, non per le scarpe che porto o per il taglio/colore dei capelli. Posso dire anche, e parlo della Sicilia perché é la realtà in cui sono cresciuta, che ho promesso a me stessa che non mi sarei mai più trovata a sentirmi dire “Signorina, ma a lei chi la manda?”. Io non ho bisogno di qualcuno che mi raccomanda, ma evidentemente in Italia sono quelle le persone che vanno avanti. Ho studiato all’accademia delle belle arti e ho visto i miei colleghi e colleghe cercare di lavorare con delle competenze che in Italia non sono quasi considerate lavoro, in ambienti poco accessibili e tenuti elitari. In alternativa si cerca di diventare insegnanti e non tutti lo fanno per vocazione. Ho visto persone depresse per la mancanza di lavoro o perché facevano un lavoro precario di cui non gliene fregava assolutamente niente ma che drenava le energie. Ho promesso a me stessa che sarei stata una persona felice. Per questo me ne sono andata. Purtroppo l’Italia é un Paese che non dà peso allo sviluppo culturale, tranne che per propaganda politica. Le eccezioni sono davvero poche.

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Hai ricevuto supporto dalle persone a te care?

Sono partita alla fine del 2014 con il mio compagno ed è stata la cosa migliore che potessimo fare. Ci siamo sempre supportati a vicenda e continuiamo a farlo. Abbiamo lavorato sodo e siamo partiti da lavori molto umili e faticosi ma siamo riusciti a creare una certa armonia. Certo, ci sono voluti anni e molta fatica, ma ne è valsa la pena.

Come ti sei organizzata per la partenza?

Rispetto a quando me ne sono andata da Palermo nel 2007, quindi parliamo di migrazione interna dal Sud, mi sentivo mentalmente molto più preparata, energica e carica. Non sapevamo dove saremmo andati a sbattere. La prima meta è stata Manchester, città in cui avevo fatto l’Erasmus e di cui mi ero innamorata. É una città bellissima, uno dei pochi posti in cui mi sono sentita a casa.

Abbiamo raccolto dei soldi tra risparmi e cosette vendute, non erano molti ma abbastanza per prendere una stanza in periferia e coprire i costi dei primi due o tre mesi.

Di cosa ti occupi?

Lavoro nell’intersezione tra cultura visuale, comunicazione visiva/multimediale (diversi tipi di fotografie, visual analysis, visual sequencing per storytelling ecc.), project management per progetti creativi e culturali online e offline. Mi occupo anche di educazione, infatti sono online tutor per il National Tutoring Programme, ma mi occupo anche di supportare l’apprendimento basato sulla visuale e sensoriale sia per situazioni mainstream sia per bambini con esigenze educative speciali, siano esse dovute alla lingua o alla neuro-diversità. Questo grazie al connubio tra il mio background artistico, il mio interesse per il metodo Malaguzzi (i bambini costruiscono la propria intelligenza, mentre gli adulti devono fornire loro le attività e il contesto in cui farlo e, soprattutto, devono essere in grado di ascoltarli) e l’esperienza di teaching assistant e learning coach in diverse scuole e colleges londinesi. Sono passata nel giro di un paio d’anni dal fare la ragazza ai piani o servire hamburger e patatine ad aprire il mio piccolo business Alysvisualart.com tramite il quale offro diversi servizi (attualmente solo da remoto) e tramite il quale collaboro con una ONG, femLENS; con loro mi occupo di foto-documentaristica, che é uno dei campi in cui mi sono specializzata. Tramite loro racconto le donne che incontro e faccio controcultura/attivismo. Inoltre scrivo e fotografo per Eco Internazionale, un giornale composto da una redazione davvero stimolante e variegata. Tutto questo mi consente di muovermi, viaggiare, spostarmi e non sentirmi legata a un luogo specifico. In questo modo mi sento libera. Al momento mi trovo in un “barrio obrero” in Andalusia, nel Sud della Spagna. Avevo bisogno di staccare da Londra che è una città in cui sono andata per necessità più che per volere. La considero un poco come si può considerare Panem in Hunger Games. Sto bene tra la gente “normale”, tra quelle persone che una volta qualcuno chiamava “proletariato.”

Alice Castiglione Londra

Come ti sei organizzata per trovare alloggio e che consigli daresti in merito?

Rispetto a quando sono partita io sono cambiate molte cose a livello tecnologico. Noi al tempo abbiamo trovato alloggio tramite un forum per via di un ragazzo che offriva una stanza, ma oggi lo facciamo tramite piattaforme come Idealista, SpareRoom eccetera in cui si può facilmente trovare un alloggio per tutti i budget. Il consiglio che do é quello di contrattare tramite la piattaforma. Diffidate da chi vuole passare a contrattare su Whatsapp, Telegram ecc… Le piattaforme hanno delle policy mirate a proteggere le parti. Leggete le policy e decidete se vi sentite tutelati da quella piattaforma. Purtroppo Internet è pieno di fregature, a volte è difficile riconoscerle, specialmente per chi muove i primi passi.

Qual è, secondo te, lo stipendio minimo con cui si può vivere bene a Londra, senza fare particolari sacrifici?

Dipende. Considera che su Londra per una stanza singola mediamente se ne vanno tra le 700 e le 900 sterline il mese. Per quel che riguarda la mia esperienza con meno di 2000/2500 sterline al mese si parla di sopravvivenza. Tra bollette, council tax, trasporti, cibo, vestiario e affitto spesso la gente con un lavoro full time non ha nemmeno una vita sociale, che per troppa gente è un lusso. Per questo credo che avvenga quella sorta di auto-ghettizzazione che lascia spazio occasionale a nuove “amicizie”. Per questa mancanza di sfogo umano la gente molte volte va in burnout, perché lavora e non ha una vita che vada oltre l’obiettivo di lavorare. Poi certo, ci sono le persone che guadagnano sopra le 45.000 sterline l’anno, ma non è la norma. La comunità italiana a Londra è fatta di tantissime persone che lavorano in hospitality, ristorazione e altri lavori che non vanno oltre le 30k sterline annue però è anche vero che Londra è un caso particolare con costi della vita spropositati rispetto al resto del Regno Unito. Ho vissuto in diverse città tra cui Liverpool, Manchester e Porsmouth e nessuna è così cara e pretenziosa. Per dire, Londra ha un salario minimo più alto rispetto al resto della nazione eppure risulta comunque basso.

Come valuteresti la burocrazia, la sanità e i mezzi pubblici?

Ah, tasto dolente. Nel Regno Unito esiste un form per tutto. Questo può essere un bene se non fosse che normalmente i burocrati hanno le capacità di problem solving di un sasso in fondo al mare. Ma passiamo a quello che è più critico: la sanità pubblica é davvero carente, la prevenzione é quasi del tutto inesistente e non è solo un luogo comune che “curano” tutto con il paracetamolo. L’accesso alla comunicazione con il GP (general practictioner, una sorta di medico di base) è limitato alle consultazioni via telefono che devono essere richieste via app. L’accesso alla sanità è carente per il semplice fatto che risulta spesso difficile essere visitati o ricevere risultati di analisi anche importanti in tempi umani. L’alternativa è andare dal privato (che non ha costi esigui), ma a questo punto a che serve pagare le tasse per supportare il servizio sanitario nazionale? La comunità italiana é piena di gente che torna in Italia perfino per fare la visita dal dentista. I mezzi pubblici funzionano, con dei difetti ma funzionano, e questo è parecchio comodo. Ma anche questo immagino che dipenda dai luoghi. La central line nelle ore di punta, specialmente d’estate, é un carro bestiame in cui a malapena si respira. Le autorità locali invece di parlare di WiFi nella metro potrebbero pensare di rinnovare i condotti d’aria delle stazioni e mettere almeno l’aria condizionata nei vagoni. A Manchester, invece, ricordo che era tutto più semplice, anche i mezzi erano più sistemati.

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Come sei stata accolta dalla gente del posto?

Come ho detto, Manchester la considero il mio luogo del cuore, dove ho fatto amicizie che durano nel tempo. Le persone sono generalmente accoglienti, inclusive e molto amichevoli. A Londra, di contro, i rapporti umani sono completamente dettati dal lavoro. Io ho avuto la fortuna che, nel corso del tempo, mio fratello e buona parte dei miei amici si sono trasferiti a Londra, quindi comunque ho avuto una vita sociale, ma se andiamo a vedere i rapporti al di fuori di questa cerchia, sono rapporti che sono finalizzati a fare networking e ampliare le conoscenze a scopi puramente lavorativi. Inoltre ho notato un classismo profondo, cosa che a Manchester, città storicamente della working class, non ho percepito. Anche quando frequentavo l’università mi sentivo così. Ho studiato per ottenere un MA in fotografia del documentario e praticamente tutte le interazioni erano finalizzate a costruire “la carriera”. Non sono a mio agio con i rapporti costruiti in questo modo, cioè, capisco che si debba lavorare, ma ridurre i rapporti a questo no. Io non sono abituata a frequentare chi mi é utile, ma chi mi arricchisce umanamente. Mi è capitato di esporre a Londra e incontrare persone che avevano anche una certa rilevanza ma non mi hanno lasciato nulla se non il vuoto e il bisogno di trattare l’arte e la creatività come qualcosa di elitario, invece che per quello che è dal mio punto di vista: un modo che ha l’essere umano per esprimere emozioni, bisogni materiali, spirituali e suggestioni oniriche. Londra è la città con il più forte impatto capitalistico in cui sono stata e questo mi ha disturbata non poco. A Londra, rispetto alle atre città in cui ho vissuto, ho sentito quella brutta cosa che è l’hidden racism condito da una buona dose di atteggiamenti passivo aggressivi. Per questo, dopo 5 anni, ho deciso che era il momento di uscire da quella città. L’ho trovata drenante. Sebbene in passato sia stata piena di possibilità, ad oggi posso dire che tutto è cambiato. Perfino Camden Town, storicamente il covo punk e alternativo della città, è ormai un luogo di turismo per famigliole. La cosa bellissima di Londra, però, sono i concerti. L’offerta musicale è bella, vasta e (sebbene sia costosa) si riescono a trovare concerti fighissimi a prezzi più che ragionevoli.

Concludo dicendo che a Londra i londinesi sono pochissimi. Londra è un centro di produzione abitata più da stranieri e pendolari che da londinesi. I londinesi che la abitano vivono generalmente in posti “ricchi” o fuori Londra.

Come te la sei cavata con la lingua?

Quando ho frequentato io le superiori l’inglese non si studiava. Ho fatto studi artistici e non c’erano le lingue nel piano di studi, il che secondo me è stato un bene perché è pieno di insegnanti d’inglese che non hanno mai messo il naso fuori dall’Italia e insegnano robe che non stanno né in cielo né in terra… L’inglese con cui sono arrivata era un inglese di base imparato con i testi delle canzoni e l’esperienza Erasmus a Manchester. Proprio per questo ho evitato Londra per molto tempo, troppo piena d’italiani per imparare la lingua in modo efficace e in tempi ragionevoli. La comunità italiana a Londra e nel Regno Unito in generale è molto forte, su Facebook si trovano gruppi che contano tantissime persone e fortunatamente tutte sempre pronte a darsi una mano. In questo modo in un paio d’anni sono riuscita a prepararmi da autodidatta all’esame IELTS. Ho ottenuto un C1 per Academic English, che era il requisito per iscrivermi all’università e completare gli studi. L’inglese non é una lingua difficile se si riesce a distaccarsi dall’abitudine “latina” di pensare, anche se ci sono moltissime parole derivanti dal latino che sono riconoscibilissime e che possono dare un punto di riferimento.

Hai parlato ampiamente della comunità italiana che c’è a Londra. Ne fai parte?

Certo, ne faccio parte. Sono una delle creatrici del gruppo di Donne Self Employed in Uk. Un gruppo di ormai più di 1300 professioniste nato dalla necessità di supportare i bisogni specifici delle donne nel Regno Unito che sono già autonome o che vogliono mettersi in proprio per svariate ragioni. Siamo un gruppo di professioniste molto affiatato che cresce costantemente grazie al reale supporto emotivo e professionale delle persone che ne fanno parte.

Come hai superato le difficoltà?

Con la testardaggine. Non sono una che molla. Se non vedo una soluzione al problema, me la invento.

Hai mai avuto momenti di sconforto?

A un certo punto, con la pandemia, sono andata in terapia. Bisogna, credo, normalizzare il fatto che ci sono momenti in cui abbiamo bisogno di supporto. Non va bene questa narrazione del “se vuoi, puoi”. A volte serve guardarsi allo specchio e ammettere che ci serve una mano. Ho avuto la fortuna di trovare una psicologa femminista che ha capito le mie frustrazioni profonde e mi ha aiutata a elaborarle perché tantissime cose derivavano dalla frustrazione di vivere in un sistema che, per fortuna, vivo da outsider, ma misfit. Questo mi ha portata a trovare una soluzione cioè diventare lavoratrice indipendente ed essere io a scegliere con chi vale la pena lavorare e, soprattutto, a gestire la mia vita e il mio tempo.

Quali sono, secondo te, i pro e i contro del vivere a Londra?

Ho parlato abbastanza dei contro, vorrei concentrarmi sui pro. Le piste ciclabili: esiste una cosa bellissima chiamata “Greenway” che permette ai ciclisti di non infilarsi nel traffico. É un’integrazione alle Cycleways che sono presenti sulle strade del 90% della capitale. Questo è un bene perché puoi andare in bici praticamente ovunque. Certo, Londra è immensa, ma se ti piace pedalare è la vita. Inoltre, Londra è piena di parchi e giardini. Quando abitavo a Bow Road mi piaceva fare una passeggiata nel parco dietro casa. In realtà è un vecchio cimitero, ma tutti lo usano per andare a correre, fare picnic, fare un giro in bici o semplicemente passeggiare con il cane o trovarsi con gli amici. Ho trovato questa cosa estremamente affascinante, andavo lì quasi ogni sera al tramonto per rigenerarmi. A qualcuno può sembrare creepy, ma per me era un momento di relax immenso. Invece nell’ultimo periodo, zona Dagenham, avevamo a letteralmente 10 minuti di bicicletta una piccola riserva naturale integrata all’Eastbrookend Country Park, chiamata The Chase. Ci andavo spesso con il mio compagno in mountain bike e a giocare.

Cosa consiglieresti a chi pianifica la sua prima vacanza nella capitale inglese?

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Consiglio d’informarsi bene, purtroppo non basta più avere la carta d’identità per entrare nel Regno Unito. In termini di luoghi, consiglio di non fare i soliti giri turistici, Londra è una città piena di storie nascoste che avevo solo letto nei libri. E non parlo solo della storia di Jack lo squartatore. I pub non sono solo luoghi in cui farsi una pinta di ale, i pub raccontano storie. Prendiamo per esempio il pub The Prospect of Whitby: è un pub che risale al 1520 in cui ancora adesso si può vedere il palo a cui venivano giustiziati pirati e centinaia di persone che complottavano contro l’impopolare King James II. Insomma, Londra è un luogo pieno di storia, se uno sa riconoscerla.

Un anno ho preso casa a 10 minuti da Whitechapel e ho trovato molto affascinante osservare come lo slump di età vittoriana sia ancora visibile attraverso architetture e particolari nascosti tra i vicoli. Per me è stato uno stimolo per scrivere molti articoli, ma uno in particolare vorrei lasciarlo perché parla di un tipo di fotografia davvero particolare che trova le sue radici proprio nella storia della Londra Vittoriana: https://ecointernazionale.com/2022/12/il-limbo-tra-i-vivi-e-i-morti-indagando-la-fotografia-post-mortem/

Hai scoperto qualche posto poco gettonato dai turisti che, secondo te, merita una visita? Sei riuscita a visitare altri posti del Regno Unito?

Sì, ma non posso dire di essere stata in posti “turistici”. Tra i posti che ho visitato posso menzionare Pendle Hill o Barrowford per visitare i luoghi delle streghe di Pendle, o luoghi nella natura a forte impatto spirituale come Bridestone Moor. Senza contare che, da patita dei Black Sabbath, non potevo non andare in pellegrinaggio a Mapledurham. Non molti sanno, infatti, che l’immagine del disco Black Sabbath è un luogo reale e si trova nell’Oxfordshire. Non potevo perdermelo. Sono una che fa turismo non convenzionale.

Che suggerimenti daresti (anche per via della Brexit) a chi sogna di trasferirsi a Londra?

Lasciate perdere, attendete tempi migliori. Inoltre ci sono moltissime mete che possono essere esplorate. Ma se proprio vi siete incaponiti, prima di tutto cercatevi uno sponsor. Senza lo sponsor non potete vivere e lavorare nel Regno Unito. Ormai é come andare negli Stati Uniti. Iscrivetevi ai gruppi Facebook dedicati agli italiani nel Regno Unito, sono molto utili, pieni d’informazioni e di gente che dà supporto, specialmente per quel che riguarda l’esperienza delle donne che scelgono di viaggiare da sole.

Progetti futuri?

Al momento mi sto prendendo un momento di riflessione, sono in Spagna e non so se voglio tornare a vivere nel Regno Unito. Certo, lì ho il mio business e gli stipendi sono dignitosi, ma è anche vero che non mi sento felice vivendo a Londra. L’unica cosa certa è che voglio continuare a collaborare con la ONG femLENS e cominciare un percorso da tatuatrice e/o piercer e tenere il lavoro da remoto come backup. Voglio reinventarmi, scoprire altri lati di me e ricominciare a disegnare, che è quello che mi ha sempre resa felice sin da bambina. Purtroppo ho smesso di dipingere e disegnare anni fa, perdendo per strada una parte di me che adesso voglio recuperare e valorizzare. Inoltre, ho un sogno nel cassetto, che è quello di recuperare un borgo abbandonato e trasformarlo in un polo culturale dedicato alla cultura visuale delle donne.

Come disse Pepe Mujica in un’intervista di qualche anno fa, “La vita non è solo lavoro, bisogna lasciare un buon capitolo per la follia che ognuno di noi ha. Perché una cosa che si fa per obbligo non è libera. Siete liberi quando dedicate il tempo della vostra vita a cose che vi motivano, che vi piacciono e che vi rendono felici.”

Da quando ho finito la terapia ho deciso che la mia salute mentale e la mia felicità sarebbero venute prima di ogni altra cosa.

Per seguire e contattare Alice:

www.alysvisualart.com

https://www.instagram.com/alys.thewitch/