L’Aquila, una città ai ferri corti

A volte, per decidere di cambiar vita ci vuole un terremoto. Non uno scossone metaforico: un sisma vero e proprio. Quello che ha devastato l’Aquila il 6 aprile 2009 ha riunito nel capoluogo abruzzese cinque artiste aquilane, attive nel campo del teatro, delle arti figurative, della comunicazione che per molti anni si erano perse di vista lavorando in città diverse. I loro nomi: Patrizia Bernardi, Donatella Mecchia, Antonella Cocciante, Maria Luisa Serripierro, Rita Biamonti. “Dopo il sisma, – spiega Patrizia Bernardi – ci siamo sentite in dovere di fare qualcosa per la nostra gente, la nostra città e per noi: quello che sapevamo fare era raccontare.” Nasce così l’associazione culturale Animammersa, che inizialmente fa teatro, dando voce agli sfollati delle tendopoli e degli alberghi. Gli spettacoli nascono numerosi, uno dopo l’altro, in una sorta di catarsi collettiva: prima Lettere dall’Aquila; poi La conta d’Aquila, uno spettacolo di denuncia sulla ricostruzione; Il terremoto delle donne, e Memoriter, un cortometraggio sui 150 anni dell’Unità d’Italia visti dagli aquilani.

Animammersa l'aquila

Foto di Matteo Marini

Urban Knitting: mettiamoci una pezza!

“A un certo punto, – spiega Patrizia – eravamo stanche: non potevamo continuare a raccontare l’Aquila con la lente deformante del terremoto. Volevamo cambiare. La città aveva bisogno di attenzione, di riavere i riflettori puntati e noi volevamo gente nuova, con un nuovo linguaggio. Soprattutto, volevamo colore”. L’idea che unisce cambiamento e colore si chiama urban knitting, o guerrilla knitting, una forma d’arte di strada nata negli Stati Uniti nel 2005, che consente di personalizzare lo spazio urbano con lavori fatti a maglia o all’uncinetto. Solitamente si tratta di azioni non autorizzate, all’Aquila invece le autorità hanno contribuito attivamente a realizzare lo scopo dell’iniziativa: colorare il centro storico della città con cento metri quadri di lavori fatti in tutto il mondo. Il progetto è stato lanciato su internet a febbraio, chiedendo che i lavori arrivassero all’Aquila per il 5 di aprile, e le risposte sono state clamorose: 5.000 pezze giunte dall’Aquila, da tutta Italia, da Belgio, Svizzera, Portogallo, Spagna, Germania, Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Iran, Ucraina e Venezuela.

l'aquila

Foto di Marco D’Antonio

Il manifesto programmatico

Si legge sul blog, aperto a febbraio: “Prendi il centro storico di una città. Togli le persone che ci abitano, che entrano nei negozi, che frequentano gli uffici, che fanno la spesa alle bancarelle del mercato quotidiano, togli i negozi, gli uffici, le banche. Togli, togli, togli e ottieni il vuoto. Questa è L’Aquila. Una città dove il grigio impera. Niente vita, niente colore.” Una città grigia perché tutti i principali edifici, dichiarati inagibili, sono chiusi da tre anni. A parte qualche bar che ha riaperto, tutto il resto è chiuso. L’Aquila oggi è una città vuota, abbandonata dalle istituzioni ma anche dagli stessi abitanti stanchi delle parole, delle promesse e dei progetti di ricostruzione rimasti sulla carta.

Come si vive in una città fantasma

Dice Patrizia: “Tutte le attività cittadine, dall’Università all’Archivio di Stato, dalla biblioteca agli uffici pubblici, sono state spostate nei capannoni industriali di periferia. Noi abitiamo nei cosiddetti progetti-case, palazzine nate fuori l’Aquila, lontane dai paesi e senza servizi. Ci si muove in macchina, percorrendo chilometri e chilometri per vedere un amico, per ritrovare un ufficio, un teatro, un cinema. La spesa si fa solo negli ipermercati e nei centri commerciali, che dopo il sisma sono decollati, perché i negozi e le botteghe, che sono proprie dei centri cittadini, non esistono più. Tutti vanno lì, anche i giovani si danno appuntamento nei centri commerciali. In generale, direi che la cosa più brutta è che ci si abitua a tutto: noi ci stiamo abituando a vivere in una città che non c’è. Finché ci sei dentro, in un certo senso non ci fai più caso, ma quando arrivi in un’altra città d’improvviso ti rendi conto di ciò che non hai più, e che hai dovuto imparare a viaggiare su altri binari.”

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Foto di Max Mangione

I prossimi appuntamenti

La maggior parte delle pezze non sono ancora state installate, perché dai primi di aprile il tempo è stato inclemente. Il 28 aprile sarà allestito il parco di San Bernardino, una delle basiliche più importanti della città, chiusa da tre anni. Per l’estate, a luglio, c’è in progetto di organizzare un raduno di tutti i partecipanti all’urban knitting, in contemporanea con un festival di danza e teatro. Per seguire tutti gli appuntamenti di urban knitting all’Aquila, anche su facebook, e per le attività dell’associazione Animammersa:

http://mettiamociunapezza.wordpress.com/

 

Claudia Ceroni

Animammersa l'aquila
Foto di Matteo Marini