Tendenze: green jobs, cohousing e baratto

Downshifting: ossia prendersela slow. E dire basta allo shopping inutile, ad orari massacranti di lavoro e  alla corsa. Il downshifter  è colui che preferisce fare o avere poche cose per assaporarne meglio il piacere.  Colui che investe sulla felicità, sul rispetto dell’ambiente. Un fenomeno che si sta diffondendo anche in Italia. Vanno in questa direzione i green jobs, il cohousing, il baratto, e la produzione di vini su misura.

Vediamo questi trend in dettaglio.

Cohousing

E’ la risposta al caro mutui e al desiderio di vivere in modo ecocompatibile

Sono le porte “sblindate”. Che non inquinano e ti permettono di condividere servizi, spese e fatiche. Il cohousing è un modello abitativo sorto negli anni Settanta in Danimarca, diffuso nel Nord Europa e negli Stati Uniti e che da due anni comincia a planare anche in Italia. Soprattutto a Milano, Bologna, Ancona, Torino, e Roma, dove forte si avverte la necessità di ricreare l’atmosfera familiare dei piccoli borghi.

Complici gli alti prezzi delle case e le relazioni di vicinato sempre più “liquide”, scattano  legami di solidarietà tra amici, parenti o solo conoscenti. Affinità elettive che si incrociano su un solo obiettivo: riprendere il governo del territorio in modo equo, solidale. Eppure low cost.
Devi solo scegliere single o coppie con i quali coabitare, e nel giro di qualche anno diventi architetto e costruttore della tua casa, ti sganci dai costi sempre più imprevedibili di petrolio, gas e carbone, non hai più l’obbligo di comprare una lavatrice o un freezer, di cucinare tutti i giorni o scervellarti per scegliere una baby sitter. Non solo.  I piccoli  sono sempre con te. Possono correre da una casa all’altra senza la tua sorveglianza in quel piccolo villaggio che hai progettato  con altri, che ha porte semichiuse, ma che rispetta la tua privacy. E’ la coabitazione, buona per fronteggiare una sensazione sempre più diffusa di spaesamento, solitudine e spreco di denaro. Oltreché di tempo.

Il cohousing? E’ una coabitazione light- afferma Roberta Rendina, portavoce di E’Cohousing (http://www.cohousingbologna.org/), la prima Associazione costituita a Bologna per tenere in Rete tutti i Progetti concreti di Cohousing – Ci si sceglie e si va a vivere insieme.  Non si tratta di una comune, tipica degli anni Settanta. In quell’epoca  le famiglie condividevano tutto, persino la casa. Con il cohousing le abitazioni private conservano autonomia e privacy. Si condividono, però, spazi e risorse: una stanza adibita a micro-nido per i bambini, oppure la cucina o la lavanderia, una palestra, la gestione di un orto o un giardino, spazi per gli ospiti, laboratori per il fai da te,  internet- cafè, biblioteca ed altro”. Si può avviare un progetto in campagna, ristrutturando un casale, ma anche in un condominio di città. Il progetto, che comprende di solito dalle 20 alle 40 unità abitative, parte dalla ristrutturazione di uno stabile in modo ecologico, con pannelli fotovoltaici e criteri di risparmio energetico. Si punta infatti ad uno stile di vita a basso impatto ambientale. Un risparmio notevole, inoltre, è garantito dagli orti collettivi autogestiti. Per Claudio Gagliardini, addetto stampa dell’associazione Cohabitando aps, nel Torinese, “il risparmio e la sopravvivenza sono, però, due piccole conseguenze di un progetto a più ampio respiro, in cui un gruppo di persone decide di operare un cambio vita impegnativo e responsabile. Quello che si divide, o meglio che si condivide, è la propria esistenza quotidiana, la propria disponibilità a limare una parte delle proprie risorse per goderne assieme agli altri, senza rinunce. Avere tutto e disporne in modo esclusivo, ma utilizzarne una minima parte è uno spreco che una civiltà moderna non può e non deve concedersi”.

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Baratto

Di recente si è aperto un negozio a Roma, dove si pratica il baratto. Unico nel suo genere. E’ in via di Tor Fiorenza e a dicembre si sposterà in via Amatrice 24.
A Bologna c’è un negozio di usato che ha un corner di baratto. A Milano hanno aperto un’associazione in un locale–garage. Quello di Roma è unico.
“L’idea è nata tre anni fa- spiega Ariana Alaimo, titolare- leggevo articoli su quotidiani esteri su come i vip barattano tra loro borse costosissime, abiti unici. Ad aiutarmi è stata la mia esperienza con la sartoria. Mi riesce semplice capire cos’è di tendenza. E poi mi piace andare incontro alle donne che vogliono vestirsi bene e spendere poco”.

Ma come funziona? La cliente porta un capo, una borsa, una cintura, un foulard, che non mette più, in buone condizioni. Lo può scambiare con un altro. Si tratta di capi di un certo livello e non solo griffati. A valutare il valore della merce c’è “il personale- aggiunge la proprietaria – che è superpreparato”. Cosa guadagna il negozio, preso d’assalto da donne di età compresa tra i 20 e i 78 anni? Una quota di servizio oscillante tra i 13 e i 20 euro.

“La crisi incide- aggiunge- ma è anche un modo per divertirsi. Ci si può liberare anche di regali poco graditi. Sono sicura: in futuro sarà la normalità. Noi intanto puntiamo per quest’anno ai mille capi”.

Green Jobs

Creano occupazione e salvano l’ambiente. In Italia, secondo un libro appena uscito “Guida ai green jobs” di Tessa Gelisio e Marco Gisotti (edizioni Ambiente) i posti di lavoro “green” sarebbero 850 mila, ma il numero è destinato a crescere.  Sono 100 occupazioni “tutela ambiente”, tra cui: installatore di fotovoltaico, ecocool hunter (cacciatore  di tendenze ecologiche) , eco diplomatico, eco parrucchiere, carabinieri delle ecomafie, che lottano contro i reati ambientali, ecochef, agricoltore bio, avvocato ambientale, stilista sostenibile, esperto in prodotti di riciclo. In molti casi si tratta di impieghi già esistenti che si arricchiscono di nuove competenze. In ogni caso sbocchi interessanti, visti alcuni fattori combinati: accordi per la riduzione delle emissioni di gas serra, crisi economica, necessità di un’autonomia energetica, nuovo appeal dell’ecologia.
Secondo l’Onu i green jobs impiegano già 2,3 milioni di persone.

Vini su misura

Ma di cosa si tratta? Del Tailor made, bottiglie esclusive create come un vestito dal sarto. L’idea è venuta nel 2004 a Miriam Caporali , alla guida di Tenuta Valdipiatta (www.valdipiatta.it), griffe del Nobile di Montepulciano..

Immaginate un vino prodotto da zero in base ai gusti e alle esigenze specifiche del cliente, commissionato ad una cantina d’eccellenza proprio come si fa dal sarto di fiducia con un vestito.  L’azienda toscana, unica in Italia, offre un personal wine consultant, Sara Passeri, di origini umbre, ma vissuta in Veneto, che ascolta attentamente i desideri del cliente, offrendogli la possibilità di scegliere i vitigni direttamente nel vigneto, assaggiare i vini in barrique, assemblare a piacere il blend preferito. Fino al risultato finale, un vino unico al mondo, da custodire in cantina o da regalare agli amici. Certo, in questo caso si dovrebbero avere tempo, un buon palato, ma anche denaro.

Cinzia Ficco